giovedì 23 marzo 2017

Acque e clima, serve un approccio di sistema

Il tema della tutela delle acque va coniugato con le risposte al cambiamento climatico. È necessaria una visione strategica comune integrata e il Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa) avrà un ruolo importante nell’implementazione di sistemi avanzati di monitoraggio e di strumenti di modellazione. Il caso del bacino padano.
Il problema della tutela delle acque per garantire la salvaguardia degli ecosistemi e il soddisfacimento dei fabbisogni idrici nelle adeguate quantità e qualità è una delle sfide maggiori dei prossimi anni.
La quantità di acqua estratta dalle falde acquifere supera in molti casi la capacità di ricarica naturale, mentre l’utilizzo delle risorse superficiali pone a rischio il mantenimento del deflusso minimo vitale dei fiumi e quindi il raggiungimento degli obiettivi di qualità.
Il rischio di alluvioni è elevato a causa delle distribuzioni disomogenee delle precipitazioni e dell’eccessivo deflusso superficiale, proveniente dalle aree urbanizzate in costante aumento, e dal territorio montano e agricolo di pianura che necessita di manutenzione continuativa. L’aumento di frequenza degli eventi estremi sta cambiando la risposta sociale alla gestione delle risorse idriche.
Ormai è evidente che occorre puntare su un pacchetto di soluzioni, tra cui:
– maggiore efficienza in agricoltura
– riduzione delle perdite
– maggiore consapevolezza pubblica e partecipazione
– impegno per l’equità e i diritti sociali
– condivisione delle informazioni
– maggiore trasparenza e sviluppo di nuove risorse, anche attraverso il riuso e il riciclo.
La strategia deve basarsi su un approccio bilanciato in cui una migliore gestione delle risorse esistenti è completata da investimenti nelle infrastrutture prioritarie (twin track approach). Questo implica un’importante modifica della percezione dei valori: l’acqua come una risorsa sensibile da condividere e utilizzare a beneficio della collettività e degli ecosistemi. Questo è ancor più vero per una regione di valle come l’Emilia-Romagna, che deve confrontarsi con un modello di utilizzo e consumo delle risorse idriche nell’intero bacino padano, che genera forti pressioni, e che è resa ancor più vulnerabile dagli effetti del cambiamento climatico.
Ci troviamo ad affrontare problemi di siccità e alluvioni, con cicli idrologici fortemente alterati dal cambiamento climatico, ma anche dal sovrasfruttamento delle risorse. Allo stesso tempo, è sempre consistente la pressione di carattere qualitativo rappresentata dai carichi inquinanti diffusi e puntiformi, con la necessità di mettere a punto strategie di abbattimento di microinquinanti organici e inorganici e con l’urgenza di comprendere l’impatto dei nuovi microinquinanti emergenti, quali ad esempio gli interferenti endocrini.
Una visione strategica e di lungo periodoÈ sempre più necessaria una visione strategica comune, integrata a livello di distretto idrografico del Po, che punti all’integrazione amministrativa (scala di bacino) e multisettoriale, assumendo come obiettivo la diminuzione dei carichi inquinanti generati e delle pressioni e che punti a diminuire la vulnerabilità dei sistemi acquatici, incrementando la loro resilienza. Alla pianificazione di Distretto è richiesta la capacità di gestione strategica del rischio e di coniugare e rendere sinergiche le misure da implementare in tempo differito con le azioni da attuare in tempo reale.
La sfida ai cambiamenti climatici in atto e la nostra capacità di adattamento necessita di nuova progettualità che ponga la sufficiente enfasi verso soluzioni win-win e noregret, assumendo come scenari temporali di riferimento tempistiche ben più lunghe rispetto a quelle previste dagli attuali riferimenti di pianificazione. In altre parole, avremo sempre più la necessità di integrare la pianificazione integrata di gestione dei distretti idrografici con le strategie di adattamento e mitigazione per fronteggiare il cambiamento climatico. Tutto questo comporta un approccio innovativo anche per il Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa), sia per quello che è il suo ruolo nel supporto alle attività di pianificazione, sia per i nuovi sistemi di monitoraggio.
La natura dei fenomeni, la loro dinamica, la necessità di implementare metodologie integrate per la comprensione sistemi, che risultano complessi per l’articolata interrelazione delle diverse componenti, comporta un cambiamento paradigmatico anche per le strategie di monitoraggio.
È sempre più necessaria una nuova impostazione del sistema di conoscenza finalizzata alla comprensione dei fenomeni nella scala temporale e spaziale in cui si manifestano, un’impostazione che:
  • definisca gli stati qualitativi degli ecosistemi
  • preveda l’utilizzazione delle reti di monitoraggio, insieme alla modellistica
  • si adatti alle caratteristiche dinamiche degli eventi e alle loro cinetiche
  • si specializzi nelle tecnologie analitiche consentendo la determinazione dei microinquinanti organici e inorganici e dei loro pathway all’interno delle componenti biotiche e abiotiche degli ecosistemi.Integrazione delle conoscenze e strumenti avanzati di previsione
    Le evidenze di queste nuove necessità sono tante. Gli studi condotti dall’Università di Parma (professor  Viaroli), su incarico dell’Autorità di bacino del Po, dimostrano con chiarezza che i carichi di azoto e fosforo sversati in Adriatico sono in massima parte legati ai regimi di piena del fiume, correlati al trasporto solido. Non solo azoto e fosforo, ma anche i metalli pesanti, pesticidi e fitofarmaci seguono lo stesso andamento, lo dimostrano proprio gli studi di Arpae.
    Ma ancora. Gli esiti della campagna di monitoraggio delle acque di balneazione 2016 in Emilia-Romagna, dimostrano da un lato l’efficacia delle strategie di collettamento e depurazione messe in atto da diversi decenni in Regione; dall’altro l’esigenza di potenziare gli interventi sulla regimazione delle acque di deflusso meteorico, sia urbano che agricolo. 622 campioni conformi, solo 29 non conformi di cui solo 3 con una durata dell’evento superiore alle 72 ore.
    Ventuno delle “non conformità” legate inequivocabilmente agli eventi piovosi, le altre 8 a eventi non ancora individuati, ma anche essi caratterizzati da una dinamica molto repentina.
Davanti a fenomeni di tal genere, è evidente che anche il sistema di monitoraggio deve evolversi per poterne cogliere la dinamica e indirizzare le politiche di salvaguardia della salute, ma anche di orientamento degli interventi da effettuare. Dal punto di vista della pianificazione, è sempre più urgente la necessità di coniugare le misure per la riduzione integrata dei carichi da fonte diffusa attraverso misure multisettoriali anche di carattere territoriale.
Dal punto di vista del monitoraggio, è necessario aumentare la capacità di modellazione dei fenomeni, attraverso l’implementazione di metodologie e tecniche coerenti con le caratteristiche dinamiche del fenomeno, integrando le reti per il monitoraggio della sicurezza idraulica con quelle della qualità e ampliando la nostra conoscenza sul trasporto solido e il bilancio dei sedimenti.
Arpae, per storia e per propria intrinseca cultura, ha garantito l’integrazione della conoscenza degli acquiferi, dei corsi d’acqua superficiali e delle acque marine sia per gli aspetti quantitativi, idrologici e idraulici, con quelli della qualità. La nostra capacità di modellazione sta crescendo ed è strumento importante sia per la difesa “dalle acque” che “delle acque”.
Il Snpa può oggi, forse più di altri, contribuire all’implementazione di sistemi avanzati di monitoraggio e di strumenti di modellazione a servizio della gestione integrata delle risorse idriche su scala di bacino, in stretto rapporto con le Autorità di distretto.
Giuseppe Bortone, direttore generale Arpae Emilia-Romagna
Il tema della tutela delle acque va coniugato con le risposte al cambiamento climatico. È necessaria una visione strategica comune integrata e il Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa) a…
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