mercoledì 27 gennaio 2016

“L’amianto lo chiamavamo borotalco” Processo ex Olivetti Le testimonianze dei malati terminali per mesotelioma pleurico

Gli imputati
Tra le 17 persone
alla sbarra anche
Carlo e Franco
De Benedetti
e l’ex ministro
Corrado Passera
ANDREA GIAMBARTOLOMEI
Sono malati di mesotelioma
pleurico, un tumore ai polmoni
che non lascia scampo. È
un male la cui unica causa è
l’amianto e loro lo hanno respirato
in fabbrica o negli uffici
della Olivetti di Ivrea, azienda
che per anni ha rappresentato
un modello di responsabilità
e attenzione verso
i dipendenti. Ieri due testimoni,
Bruna Luigia Perello e
Pierangelo Bovio Ferassa,
hanno raccontato le loro storie
nel processo agli ex vertici
dell’azienda in corso nell’au -
ditorium del liceo Gramsci di
Ivrea.
DICIASSETTE gli imputati, tra i
quali ci sono Carlo De Benedetti
e il fratello Franco insieme
all’ex ministro per lo sviluppo
economico Corrado
Passera, accusati di omicidio
colposo e lesioni colpose, a cui
si aggiunge anche il presidente
e amministratore delegato
del gruppo Piaggio Roberto
Colaninno, a processo solamente
di lesioni nei confronti
della Perello. Proprio lei, la
vittima, ieri si è presentata al
liceo Gramsci in modo drammatico
portando una bombola
di ossigeno per respirare meglio:
“Quando ho avuto la diagnosi
è come mi fosse crollato
un masso addosso”, ha detto al
giudice Elena Stoppini. I medici
le hanno diagnosticato il
mesotelioma nel 2011 dopo una
vita passata a lavorare negli
edifici caratterizzati dalle architetture
olivettiane che aspirano
a diventare patrimonio
Unesco. Dal 1971 al 1977 era
a Palazzo Uffici, dove l’amianto
si trovava nella controsoffittatura
della mensa.
Dal 1989 al 1994 era invece
nelle ex Officine H della Nuova
Ico e qui le fibre killer erano
n el l’intonato che ricopriva
pareti e soffitte di uffici e mensa.
Anche nel Centro Studi Olivetti,
dove la testimone ha lavorato
dal 1995 fino al 1999, l’asbesto
era contenuto nell’in -
tonaco, nonostante fosse stato
messo al bando nel 1992.
HA SPIEGATO a magistrati e
avvocati che ogni mattina, andando
nel suo ufficio nelle Officine
H, trovava moltissima
polvere bianca sulla scrivania,
ragione per cui “mi ero portata
uno straccio da casa”, ha raccontato.
I capi non avevano
mai dato informazioni, ma i
suoi colleghi e lei cominciavano
ad avere qualche dubbio:
“Un sospetto ci veniva, ma
nessuno dell’azienda ci ha mai
detto niente”. Eppure, questa
l’ipotesi del sostituto procuratore
Laura Longo e della Procura
di Ivrea, i vertici sarebbe
stati al corrente della presenza
dell’asbesto negli impianti.
Dopo la signora ha parlato un
operaio, Pierangelo Bovio Ferassa,
impegnato alla catena di
montaggio per
realizzare macchine
per scrivere
dal 1963 al
1980: “Q u a nd o
facevamo le copie
c’erano dei
rulli che erano
pieni di polvere
bianca, noi la
chiamavamo borotalco,
non c’era
nessuna aspirazione
d’ar ia
particolare dove
l a v o r a v a m o ” .
Quella polvere serviva ad assemblare
meglio parti metalliche
e parti di gomma.
FORSE I MANAGER sapevano
che quel prodotto faceva male:
“Mi ricordo che c’era un camion
che veniva ogni anno o
ogni due in azienda e ci controllava
ci faceva delle lastre
ma non so dire perché, nessuno
ci spiegò a cosa serviva”.
Nel frattempo ieri la Telecom
ha affermato
che la società ha
raggiunto un accordo
conciliativo
con quattro famiglie
delle vittime:
“La società,
che è stata coinvolta
come responsabile
civile
per fatti datati nel
tempo e di gran
lunga antecedenti
all’ingresso di
Olivetti nel Gruppo
nel raggiungere
questo accordo ha voluto
fornire un segno tangibile di
solidarietà nei confronti delle
persone coinvolte e dei loro
familiari”, ha detto l’avvocato
Luca Santa Maria.
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