C'è un legame tra l'aumento del numero di delfini morti nel nord del Golfo del Messico e la marea nera provocata dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nell'aprile 2010. La conferma viene da uno studio condotto da ricercatori Usa, tra cui scienziati dell'agenzia federale Noaa, che sottolinea come i danni ai polmoni e alle ghiandole surrenali trovati nelle carcasse di delfini arenati tra giugno 2010 e dicembre 2012 sulle coste di Louisiana, Mississippi e Alabama siano compatibili con il tipo di lesioni provocate dall'esposizione al petrolio. La ricerca è stata pubblicata su PlosOne. Secondo gli scienziati, i tempi, la posizione e la natura dei danni riscontrati suggeriscono che a causare questo tipo di danni (che hanno contribuito all'aumento della mortalità) siano stati proprio le sostanze inquinanti legati alla perdita di petrolio. Nello studio i ricercatori hanno messo a confronto campioni prelevati da delfini morti nell'area della marea nera con quelli di altri animali della stessa specie deceduti in regioni lontane e tempi diversi da quelli della fuoriuscita di petrolio. Il risultato? Un terzo dei delfini esaminati in Louisiana, Mississippi e Alabama avevano la corteccia surrenale più sottile, condizione che aumenta il rischio di morte e malattie.
E questa percentuale saliva alla metà per i mammiferi trovati morti nella Barataria Bay, in Louisiana, una zona pesantemente colpita dalla marea nera. Un dato anomalo rispetto al normale: solo il 7% di delfini morti al di fuori delle zone coinvolte dalla fuoriuscita di petrolio avevano questo tipo di danno. Inoltre, i delfini nell'area della marea nera avevano maggiori probabilità di avere una polmonite batterica: l'hanno contratta il 22% dei mammiferi, percentuale che si ferma al 2% tra i mammiferi deceduti in altre aree.(ANSA).
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C'è un legame tra l'aumento del numero di delfini morti nel nord del Golfo del Messico e la marea nera provocata dall'esplosione della piattaforma Deepwater Horizon nell'aprile 2010. La conferma viene da uno studio condotto da ricercatori Usa, tra cui scienziati dell'agenzia federale Noaa, che sottolinea come i danni ai polmoni e alle ghiandole surrenali trovati nelle carcasse di delfini arenati tra giugno 2010 e dicembre 2012 sulle coste di Louisiana, Mississippi e Alabama siano compatibili con il tipo di lesioni provocate dall'esposizione al petrolio. La ricerca è stata pubblicata su PlosOne. Secondo gli scienziati, i tempi, la posizione e la natura dei danni riscontrati suggeriscono che a causare questo tipo di danni (che hanno contribuito all'aumento della mortalità) siano stati proprio le sostanze inquinanti legati alla perdita di petrolio. Nello studio i ricercatori hanno messo a confronto campioni prelevati da delfini morti nell'area della marea nera con quelli di altri animali della stessa specie deceduti in regioni lontane e tempi diversi da quelli della fuoriuscita di petrolio. Il risultato? Un terzo dei delfini esaminati in Louisiana, Mississippi e Alabama avevano la corteccia surrenale più sottile, condizione che aumenta il rischio di morte e malattie.
E questa percentuale saliva alla metà per i mammiferi trovati morti nella Barataria Bay, in Louisiana, una zona pesantemente colpita dalla marea nera. Un dato anomalo rispetto al normale: solo il 7% di delfini morti al di fuori delle zone coinvolte dalla fuoriuscita di petrolio avevano questo tipo di danno. Inoltre, i delfini nell'area della marea nera avevano maggiori probabilità di avere una polmonite batterica: l'hanno contratta il 22% dei mammiferi, percentuale che si ferma al 2% tra i mammiferi deceduti in altre aree.(ANSA).
E questa percentuale saliva alla metà per i mammiferi trovati morti nella Barataria Bay, in Louisiana, una zona pesantemente colpita dalla marea nera. Un dato anomalo rispetto al normale: solo il 7% di delfini morti al di fuori delle zone coinvolte dalla fuoriuscita di petrolio avevano questo tipo di danno. Inoltre, i delfini nell'area della marea nera avevano maggiori probabilità di avere una polmonite batterica: l'hanno contratta il 22% dei mammiferi, percentuale che si ferma al 2% tra i mammiferi deceduti in altre aree.(ANSA).
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