mercoledì 20 maggio 2015

Amendola risponde a legambiente e libera sul ddl ecoreati con l'ecologismo tradito: È debole e ispirato da Confindustria”

Il Procuratore capo
Gianfranco Amendola
Il ddl Ecoreati ?
È debole e ispirato
da Confindustria”
ECOLOGISMO
TRADITO
Con la legge approvata
ieri in Senato punire
i disastri ambientali
sarà difficilissimo. Chi
pensa ‘meglio questo
che niente’ sbaglia:
si è passato il limite
di Virginia Della Sala
Vent’anni per averla,
tre elementi per renderla
inutile, se non
dannosa. A spiegare
le criticità della legge sugli ecoreati
che ieri è passata in carrozza
in Senato – è il procuratore
capo di Civitavecchia,
Gianfranco Amendola, uno dei
padri dell’ambientalismo italiano:
Il primo problema si pone
sul termine ‘abusivamente’:
mette paletti rispetto alla punibilità
di alcuni importanti reati
come il ‘disastro ambientale’.
La legge non prevede che sia punito
chi commette un omicidio
abusivamente’ o chi provoca
un incendio ‘abusivamente’. È
un termine superfluo”.
E allora perché lo hanno scritto?
Per accontentare Confindustria,
che vuole sempre avere la
certezza del diritto’. Hanno
paura che, pur rispettando tutte
le leggi ambientali, le imprese
finiscano sotto processo. Ma è
un falso problema. Qualsiasi
studente di diritto penale sa che
non esiste la responsabilità oggettiva,
si è puniti solo se si agisce
con dolo o colpa: cioè, nel
nostro caso, imprudenza, imperizia,
negligenza e inosservanza
di norma.
Insisto: perché abusivamente?
Per avere un termine che condizioni
la punibilità. Quella parola
è già nel Testo unico ambientale,
ma si riferisce a “chi
gestisce abusivamente ingenti
quantità di rifiuti”. La precisazione
è necessaria, perché non
si può perseguire chiunque gestisca
rifiuti, ma solo chi lo fa
senza autorizzazione. In questo
caso però mi chiedo: come può
una persona essere autorizzata
a commettere un disastro?
C’è chi contesta questa sua interpretazione.
In audizione in Senato, a settembre,
Confindustria ha sostenuto
esattamente la tesi secondo
cui “abusivamente” significa
senza autorizzazioni”. Davano
per scontato che, se un’azienda
è autorizzata, non sia punibile
per disastro ambientale. Solo
che non gli bastava: siccome per
la Cassazione un’autorizzazio -
ne illegittima non esiste, volevano
che “abusivamente” co -
prisse anche questi casi. La responsabilità
della ditta dovrebbe
insomma scattare solo in caso
di corruzione. La tesi di Legambiente,
invece, che sostiene
che l’avverbio estende il campo
di applicazione della legge non
ha senso. Semplicemente, hanno
trovato un compromesso.
Cioè?
Gli industriali non hanno contrastato
il ddl, ma hanno preteso
che restasse il termine. Le
leggi sono frutto di compromessi.
Quali saranno le conseguenze?
Ce n’è una sola per l’indefini -
tezza dei termini e la presenza di
aggettivi vaghi come “significa -
tivo deterioramento” dell’am -
biente: si lascia spazio all’inter -
pretazione e diventa più difficile
accertare il reato.
Cosa ne pensa delle pene?
Secondo punto critico. Non
credo che la difesa del territorio
si faccia con la galera, ma ci sono
normative Ue che richiedono
sanzioni “efficaci, proporzionali
e dissuasive”. Questa
legge prevede, per il disastro
ambientale, una pena fino a 15
anni di reclusione. Poi però dice
che nell’ipotesi di disastro colposo
- cioè quello che succede
sempre, perché solo i terroristi
lo causano di proposito - la pena
si riduce a cinque anni. Uno
scippo ne ‘vale’ sei. Poi c’è il
ravvedimento operoso”: se chi
sta commettendo il reato ambientale
si ravvede e cerca di sistemare
le cose, può puntare allo
sconto di due terzi della pena.
Ci manca che gli diano un premio.
Qual è il terzo punto critico?
Reati già previsti, ma che non
costituiscono delitto. Chiunque,
ad esempio, gestisce una
discarica senza autorizzazione
potrà avere un termine temporale
entro cui mettersi in regola.
Le prescrizioni gliele dà la polizia
giudiziaria e, se si mette in
regola, il processo penale si
estingue. Questa legge elimina
parte del poco che c’è e il nuovo
che porta non è granché.
Perché quasi tutto l’ambientali -
smo italiano sostiene la legge?
Anch’io, come loro, all’inizio
pensavo “meglio poco che niente”,
ma c’è un limite oltre il quale
non si può andare. Legambiente
ha replicato alle mie posizioni
dicendo che nel 1999 sono
stato consulente per una
norma simile. Non me lo ricordo,
ma non è il consulente che fa
le leggi. Una caduta di stile.
Cosa succederà adesso?
In attesa che cambino le condizioni
politiche e si possa migliorare
questa legge, per fortuna
resta in vigore il buon vecchio

codice penale degli anni ’30. il fatto quotidiano 20 maggio 2015

Nessun commento: