Il
Procuratore capo
Gianfranco
Amendola
“Il
ddl Ecoreati
?
È
debole e ispirato
da
Confindustria”
ECOLOGISMO
TRADITO
Con
la legge approvata
ieri
in Senato punire
i
disastri ambientali
sarà
difficilissimo. Chi
pensa
‘meglio questo
che
niente’ sbaglia:
si
è passato il limite
di
Virginia
Della Sala
Vent’anni
per averla,
tre
elementi per renderla
inutile,
se non
dannosa.
A spiegare
le
criticità della legge sugli ecoreati
– che
ieri è passata in carrozza
in
Senato – è il procuratore
capo
di Civitavecchia,
Gianfranco
Amendola, uno dei
padri
dell’ambientalismo italiano:
“Il
primo problema si pone
sul
termine ‘abusivamente’:
mette
paletti rispetto alla punibilità
di
alcuni importanti reati
come
il ‘disastro ambientale’.
La
legge non prevede che sia punito
chi
commette un omicidio
‘abusivamente’
o chi provoca
un
incendio ‘abusivamente’. È
un
termine superfluo”.
E
allora perché lo hanno scritto?
Per
accontentare Confindustria,
che
vuole sempre avere la
‘certezza
del diritto’. Hanno
paura
che, pur rispettando tutte
le
leggi ambientali, le imprese
finiscano
sotto processo. Ma è
un
falso problema. Qualsiasi
studente
di diritto penale sa che
non
esiste la responsabilità oggettiva,
si
è puniti solo se si agisce
con
dolo o colpa: cioè, nel
nostro
caso, imprudenza, imperizia,
negligenza
e inosservanza
di
norma.
Insisto:
perché abusivamente?
Per
avere un termine che condizioni
la
punibilità. Quella parola
è
già nel Testo unico ambientale,
ma
si riferisce a “chi
gestisce
abusivamente ingenti
quantità
di rifiuti”. La precisazione
è
necessaria, perché non
si
può perseguire chiunque gestisca
rifiuti,
ma solo chi lo fa
senza
autorizzazione. In questo
caso
però mi chiedo: come può
una
persona essere autorizzata
a
commettere un disastro?
C’è
chi contesta questa sua interpretazione.
In
audizione in Senato, a settembre,
Confindustria
ha sostenuto
esattamente
la tesi secondo
cui
“abusivamente” significa
“senza
autorizzazioni”. Davano
per
scontato che, se un’azienda
è
autorizzata, non sia punibile
per
disastro ambientale. Solo
che
non gli bastava: siccome per
la
Cassazione un’autorizzazio -
ne
illegittima non esiste, volevano
che
“abusivamente” co -
prisse
anche questi casi. La responsabilità
della
ditta dovrebbe
insomma
scattare solo in caso
di
corruzione. La tesi di Legambiente,
invece,
che sostiene
che
l’avverbio estende il campo
di
applicazione della legge non
ha
senso. Semplicemente, hanno
trovato
un compromesso.
Cioè?
Gli
industriali non hanno contrastato
il
ddl, ma hanno preteso
che
restasse il termine. Le
leggi
sono frutto di compromessi.
Quali
saranno le conseguenze?
Ce
n’è una sola per l’indefini -
tezza
dei termini e la presenza di
aggettivi
vaghi come “significa -
tivo
deterioramento” dell’am -
biente:
si lascia spazio all’inter -
pretazione
e diventa più difficile
accertare
il reato.
Cosa
ne pensa delle pene?
Secondo
punto critico. Non
credo
che la difesa del territorio
si
faccia con la galera, ma ci sono
normative
Ue che richiedono
sanzioni
“efficaci, proporzionali
e
dissuasive”. Questa
legge
prevede, per il disastro
ambientale,
una pena fino a 15
anni
di reclusione. Poi però dice
che
nell’ipotesi di disastro colposo
-
cioè quello che succede
sempre,
perché solo i terroristi
lo
causano di proposito - la pena
si
riduce a cinque anni. Uno
scippo
ne ‘vale’ sei. Poi c’è il
“ravvedimento
operoso”: se chi
sta
commettendo il reato ambientale
si
ravvede e cerca di sistemare
le
cose, può puntare allo
sconto
di due terzi della pena.
Ci
manca che gli diano un premio.
Qual
è il terzo punto critico?
Reati
già previsti, ma che non
costituiscono
delitto. Chiunque,
ad
esempio, gestisce una
discarica
senza autorizzazione
potrà
avere un termine temporale
entro
cui mettersi in regola.
Le
prescrizioni gliele dà la polizia
giudiziaria
e, se si mette in
regola,
il processo penale si
estingue.
Questa legge elimina
parte
del poco che c’è e il nuovo
che
porta non è granché.
Perché
quasi tutto l’ambientali -
smo
italiano sostiene la legge?
Anch’io,
come loro, all’inizio
pensavo
“meglio poco che niente”,
ma
c’è un limite oltre il quale
non
si può andare. Legambiente
ha
replicato alle mie posizioni
dicendo
che nel 1999 sono
stato
consulente per una
norma
simile. Non me lo ricordo,
ma
non è il consulente che fa
le
leggi. Una caduta di stile.
Cosa
succederà adesso?
In
attesa che cambino le condizioni
politiche
e si possa migliorare
questa
legge, per fortuna
resta
in vigore il buon vecchio
codice
penale degli anni ’30. il fatto quotidiano 20 maggio 2015
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