martedì 12 aprile 2011

Pontinia: interrogazione Senato sulle centrali

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-04967

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=16&id=530102
Atto n. 4-04967

Pubblicato il 6 aprile 2011
Seduta n. 535

BUGNANO , PEDICA , BELISARIO - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico. -
Premesso che:
secondo quanto riportato il 30 marzo 2011 da un articolo del quotidiano "Terra", a firma di Giorgio Libralato, nella città di Pontinia, in provincia di Latina, proliferano i progetti per impianti energetici;
l'economia della città, ubicata nell'agro pontino, è ancora strettamente legata all'agricoltura, ma questo non ha impedito lo sfruttamento dei terreni per attività diverse da quelle agricole. Dal 2002 ad oggi sono 30 le proposte passate per enti pubblici, Regione, Provincia e Comune, finalizzate alla realizzazione di centrali. Nel 2002 è stato avanzato il progetto della centrale a turbogas da 400 MW. Nel 2004 è stato presentato il progetto della prima centrale a biomasse di 20 MW, nel 2010 altre due centrali a biomasse. Solo nel 2011, sono 3 i progetti per cui è stata chiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA), come si evince dallo stesso sito della Regione Lazio. Si tratta di centrali fotovoltaiche per cui sono state individuate aree specifiche. I progetti, ovviamente, sono ancora in attesa di valutazione. L'amministrazione comunale ha inoltre destinato più di 200 ettari di terreni agricoli agli impianti fotovoltaici a terra (da 4 a 10 ettari);
secondo quanto si apprende dall'articolo citato, l'amministrazione comunale di Pontinia dal 2006 si oppone alle centrali elettriche a turbogas e a biomasse. Le motivazioni sono legate all'aumento di emissioni in atmosfera, all'immissione di diossina e al dato non trascurabile che il Lazio produce oggi il doppio dell'energia che consuma. La Regione Lazio, già nel 2008, decise, infatti, che il settore termoelettrico laziale disponeva di una potenza sufficiente a sostenere i consumi prevedibili al 2020, per cui non sembrava necessario aumentare la potenza attualmente installata;
il territorio pontino è già gravemente compromesso dalla realizzazione nel Comune di Aprilia di un'ulteriore centrale turbogas (che avrà una potenza di 770 MW e una produzione annua stimata di 4 miliardi di kWh circa, con un investimento di 450 milioni di euro e la cui entrata in funzione è prevista per il secondo semestre 2011), nonché dalla presenza delle scorie radioattive di Borgo Sabatino che continuano a stazionare in loco. Come se non bastasse, pare che lo stesso territorio di Borgo Sabotino sia uno dei siti prescelti per la costruzione di una nuova centrale nucleare;
relativamente alla presenza di rifiuti radioattivi sul territorio pontino, è opportuno ricordare che sono attualmente stoccati presso la centrale citata rifiuti radioattivi pari ad un volume di 950 metri cubi. Sul sito della ex centrale di Borgo Sabotino si sta realizzando un deposito temporaneo per rifiuti radioattivi, la cui realizzazione è quasi ultimata: il nuovo deposito temporaneo per lo stoccaggio di rifiuti radioattivi di seconda categoria avrebbe una superficie di 2.100 metri quadri. Non si può trascurare il fatto che la sua costruzione è stata affidata ad un'associazione temporanea di imprese rappresentata dal consorzio stabile AEDARS: del consorzio fanno parte ben 55 aziende, alcune delle quali detentrici di una sola azione. Di queste, la maggior parte hanno sede in Campania tra le province di Napoli e Caserta. Si deve sottolineare che tutta la procedura di affidamento dei lavori è avvenuta utilizzando le poco trasparenti procedure di "decretazione di emergenza", che più volte hanno favorito comportamenti collusivi in diversi appalti su lavori pubblici;
da tale quadro emerge chiaramente che ci si trova dinanzi ad una pianificazione caotica e poco coerente di progetti concernenti impianti di produzione di energia elettrica. L'impianto turbogas di Pontinia, che interessa un'area di quattro ettari, comprende la realizzazione di un elettrodotto di 6,5 chilometri e di un metanodotto di 7,3 chilometri ed oltre all'emissione di gas combusti e sostanze chimiche (in particolare biossido e monossido di carbonio, ossido di azoto, anidride solforosa, benzene, particolato, polveri fini ed ultra fini) comporterà anche il prelievo ed il consumo di ingenti quantitativi di acqua dagli acquedotti e dalle falde, incidendo quindi sull'equilibrio idrogeologico di una zona a vocazione agricola;
la costruzione, in un raggio ristretto di territorio, di ben due centrali termoelettriche turbogas, quella di Aprilia e quella di Pontinia, rischia di causare danni, che devono quindi essere compiutamente valutati, sia all'ambiente, in termini di scarichi ed immissioni, che alla salute delle persone, derivanti dall'emissione di polveri fini ed ultra fini a proposito delle quali recenti studi epidemiologici hanno confermato l'esistenza di una correlazione con l'insorgere di patologie dell'apparato respiratorio e cardiovascolare;
è inoltre da valutare, come già accennato, l'effetto combinato degli impianti sulle attività agricole, che continuano a ricoprire un ruolo centrale nell'economia locale, dal momento che la realizzazione di questi impianti vanificherebbe, di fatto, molti investimenti e sforzi compiuti verso un'agricoltura di qualità;
la localizzazione di entrambi gli impianti a turbogas in un contesto che presenta profili naturalistici di rilievo impone una riconsiderazione della localizzazione stessa. In particolare l'area archeologica denominata Latium Vetus insiste sul sito destinato alla centrale di Aprilia, mentre la turbogas di Pontinia è destinata ad essere costruita ad appena tre chilometri dall'abbazia di Fossanova, al centro di quattro fra aree protette e siti di interesse della Comunità europea;
per quel che riguarda gli impianti produttori di energia da fonti rinnovabili, pur sempre riconoscendo l'insostituibile ed imprescindibile importanza di tali fonti, si può affermare che le decisioni prese nel caso specifico del territorio pontino, così come accade anche in altre aree del nostro Paese, disconoscono totalmente i criteri sulla base dei quali i progetti vengono valutati positivamente: il minor consumo possibile di territorio, il riutilizzo di aree già degradate (tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati) e il collegamento tra progettazione e specificità dell'area in cui viene realizzato l'intervento. Anziché destinare, nel caso specifico, nuovi ettari di terreni agricoli alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, ad avviso degli interroganti sarebbe più opportuno prevedere, ad esempio, che sul 10 per cento degli edifici già esistenti si proceda all'installazione di pannelli fotovoltaici, giungendo così ad ottenere il quantitativo di energia elettrica necessaria alle esigenze di consumo dell'intero comune per uso domestico o assimilato;
la necessità di favorire prioritariamente la diffusione dei piccoli impianti fotovoltaici sui tetti degli edifici, nonché la collocazione delle strutture non domestiche, ove possibile, in aree marginali, in modo da produrre energia in una misura più rispettosa del paesaggio ed alla specifica storia e tradizione locale, rappresenta una priorità su tutto il territorio nazionale;
il caso di Pontinia evidenzia chiaramente che in Italia la pianificazione energetica non ha mai funzionato. Non si è mai provveduto ad una comparazione delle diverse esigenze che gravano su un territorio al fine di individuarne un punto di sintesi. Non si è mai proceduto ad una valutazione combinata tra piani energetici, piano dei trasporti, piani di sviluppo industriale, piani urbanistici. Di fatto non si è mai compiuta a priori alcuna valutazione delle necessità di una collettività al fine di determinare i conseguenti interventi sul territorio;
gli effetti di tali mancanze sono molteplici. È di tutta evidenza, infatti, che l'inserimento sul territorio nazionale di impianti di produzione energetica dovrebbe avvenire all'interno di una cornice sistematica complessiva delineata in sede di programmazione degli interventi e delle aree di destinazione delle nuove opere. In materia energetica, tale compito potrebbe essere assolto a livello nazionale dal Piano energetico nazionale (Pen), ma l'ultimo atto di programmazione di questo tipo risale al 10 agosto 1988, e risulta ovviamente superato poiché si riferisce al quadro istituzionale e di mercato di quegli anni, a fronte di uno scenario nazionale e mondiale profondamente mutato, che ora comprende i meccanismi del Protocollo di Kyoto e le energie rinnovabili. A livello regionale e locale, invece, già a partire dalle leggi n. 9 e n. 10 del gennaio 1991 è stato previsto l'obbligo per le Regioni di dotarsi di uno specifico Piano energetico ambientale regionale (Pear), in attuazione e specificazione di quello nazionale. Anche tale previsione normativa, però, è rimasta a lungo lettera morta e solo da qualche anno questa forma di programmazione ha iniziato a vedere la luce tra molte difficoltà,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza delle questioni inerenti ai progetti per impianti energetici relativi al territorio di Pontinia e quali misure, nell'ambito delle proprie competenze, intendano adottare al fine di evitare che l'area continui ad essere sfruttata ai fini della realizzazione di impianti energetici di ogni tipologia;
se non si ritenga, nello specifico, che la realizzazione dell'impianto di Pontinia, anche alla luce del vicino impianto di Aprilia, non sia in linea con gli impegni assunti in adempimento delle disposizioni comunitarie o nazionali di abbattimento delle emissioni;
se non si ritenga comunque opportuno, in ordine alla localizzazione dell'opera, effettuare una più approfondita valutazione dell'impatto delle polveri sottili e ultrasottili tipicamente emesse dalle centrali a gas, in quanto la produzione del particolato primario e secondario a determinati livelli di concentrazione è suscettibile di provocare effetti nocivi per la salute dell'uomo, approfondendo inoltre l'effetto combinato della emissione di NOX che andrebbe ad incidere su un territorio regionale già saturo per le attività urbane, agricole ed industriali presenti;
se si intenda porre rimedio all'errore di concentrare in provincia di Latina, in un territorio limitato e per di più ad alta vocazione agricola, più di una centrale per la produzione di energia;
se non si ritenga prioritaria e non più procrastinabile l'adozione di un Piano energetico nazionale, la cui mancanza, e la conseguente assenza di indicazioni puntuali sulle potenzialità e possibilità di inserimento sul territorio di infrastrutture energetiche, fanno sì che le amministrazioni locali valutino, caso per caso, l'idoneità del sito prescelto per l'ubicazione dell'impianto, circostanza suscettibile, in difetto di un'indispensabile visione d'insieme, di generare situazioni anomale alla stregua di quelle riportate in premessa;
se non si ritenga necessario ed urgente, in ragione dell'assenza di una pianificazione energetica efficace, provvedere al coordinamento e all'integrazione tra il contenuto dei piani nazionali e regionali di sviluppo energetico;
se non si intenda favorire, attraverso l'adozione degli strumenti più idonei, la più ampia informazione e partecipazione della cittadinanza e degli enti locali alle scelte concernenti l'utilizzo corretto del territorio.

Nessun commento: