tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-26-gennaio-2024/
Ascolta il podcast del Fatto di domaniLA CORTE DELL’AJA: “LO STATO EBRAICO ADOTTI MISURE PER PREVENIRE IL GENOCIDIO”. MASSACRO DEL 7 OTTOBRE, INDAGINE SU 12 DIPENDENTI DELL’ONU PER COMPLICITÀ CON HAMAS. La Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha fatto conoscere oggi il pronunciamento rispetto all’accusa, mossa dal Sudafrica ad Israele, di voler compiere un genocidio nella Striscia di Gaza. La Corte, ritenendo di non dover respingere l’istanza, ha chiesto al governo israeliano di “adottare le misure” per evitare un possibile sterminio dei gazawi, in seguito all’operazione militare avviata dallo Stato ebraico per rispondere all’attacco subito il 7 ottobre da parte di Hamas. Un raid che ha causato 1.200 morti e la cattura da parte dei fondamentalisti di più di 300 ostaggi. A proposito di questi, la Corte dell’Aja ha sollecitato il loro rilascio “incondizionato”; dal canto suo, Hamas ha pubblicato su Telegram un nuovo video che mostra tre donne in prigionia. Gli estremisti islamici sostengono che la liberazione di tutti gli ostaggi avverrà solo se Israele interromperà i combattimenti e uscirà dalla Striscia. Inoltre, i giudici dell’Aja non si sono pronunciati su un cessate il fuoco ma hanno sollecitato lo Stato ebraico a tornare all’Aja, tra un mese, per presentare le prove che si stia impegnando per impedire il genocidio. La giornata è stata caratterizzata anche dal caso dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi: il commissario generale, Philippe Lazzarini, ha confermato di aver rescisso i contratti con 12 componenti dello staff in seguito alla denuncia di Israele che “ha fornito all’Unrwa informazioni sul presunto coinvolgimento di diversi dipendenti nei terribili attacchi del 7 ottobre”. Lazzarini ha parlato di “accuse scioccanti”. Gli Stati Uniti hanno sospeso i finanziamenti all’agenzia. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari. ISRAELE-PALESTINA: “UN POPOLO CHE HA SOFFERTO NON PUÒ NEGARE A UN ALTRO IL DIRITTO A UNO STATO”, PAROLA DI MATTARELLA. IL RITORNO DELL’ANTISEMITISMO CHE PREOCCUPA L’EUROPA. Ricorre domani la giornata della memoria delle vittime dell’Olocausto, istituita dall’Onu nel 2005. Le celebrazioni ufficiali avverranno come sempre alla presenza del presidente della Repubblica. Sergio Mattarella già oggi ha parlato a un evento commemorativo al Quirinale, attualizzando il tema alla luce del conflitto in Medio Oriente. Il 7 ottobre è stata una “raccapricciante replica della Shoah”, ha detto Mattarella, riconoscendo le sofferenze passate e presenti di Israele. Ma il capo dello Stato ha anche sottolineato l’angoscia per “le numerose vittime tra la popolazione civile palestinese nella striscia di Gaza” e ha detto parole forti per il governo di Netanyahu: “Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno Stato”. Come già nel discorso di Capodanno, Mattarella ha sostenuto la via della convivenza pacifica. Le sue parole risuonano con quelle della Corte internazionale di giustizia dell’Aja, ma anche con il dibattito che riguarda le manifestazioni pro-palestina organizzate domani, come ogni sabato dall’inizio della guerra di Gaza. Ieri il Dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno ha inviato ai Questori una nota per suggerire di spostare ad altra data le manifestazioni. La Questura di Roma ha deciso subito di spostare la manifestazione di domani. Lo stesso quella di Milano, dove il sindaco Beppe Sala ha comunicato che i cortei saranno vietati. Le associazioni pro-palestina e la sinistra radicale contestano la limitazione della libertà d’espressione. L’Associazione dei Palestinesi in Italia ha accettato di scendere in piazza il giorno dopo, domenica a Milano. Domani, invece, terrà una conferenza stampa. Il dubbio resta sul gruppo dei Giovani Palestinesi, che aveva già annunciato l’intenzione di scendere in piazza malgrado i divieti. “I giovani pretendono di manifestare nelle date previste, noi siamo in contatto con loro e speriamo che vada tutto in senso positivo”, ha dichiarato il presidente dell’associazione palestinesi d’Italia Mohammad Hannoun. Sul Fatto di domani leggerete anche un dossier sull’aumento dei rigurgiti di antisemitismo in Europa e nel nostro Paese. SGARBI INSULTA SUI SOCIAL LE DEPUTATE MANZI E PICCOLOTTI: LE OPPOSIZIONI CHIEDONO (DI NUOVO) LE DIMISSIONI. La capogruppo dem Chiara Braga ha chiesto a gran voce le dimissioni di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla cultura. Stavolta non per il dipinto del ’600 che risulta molto simile a uno rubato. E neppure per le consulenze e i convegni a pagamento tenuti da quando è al ministero, su cui indaga l’Autorità della Concorrenza. Stavolta, a suscitare indignazione sono i video diffusi sui canali social del critico d’arte: una sequela di accuse alle deputate Irene Manzi (Pd) e Elisabetta Piccolotti (Avs). Le due parlamentari sono state le prime firmatarie della mozione di sfiducia contro Sgarbi, discussa a Montecitorio il 22 gennaio scorso. Per questo il sottosegretario le ha messe nel mirino. Tra urla e strepiti, Elisabetta Piccolotti è stata dipinta in una clip come una raccomandata del marito Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana. Stesso trattamento è riservato alle dem Irene Manzi: “A Macerata molti non sanno chi sia, cosa ha fatto da vicesindaca?”. Del resto, è il metodo Sgarbi. Offese e insulti erano piovuti copiosi anche sui giornalisti del Fatto Thomas Mackinson e Andrea Scanzi. Il secondo giudicato “malato al cervello”. Il primo invece scontava la colpa degli scoop sul sottosegretario, dal dipinto di Manetti ai compensi per le conferenze. Sul giornale di oggi Thomas Mackinson ha raccontata l’ultimo capitolo della saga-Sgarbi: un’opera di Valentin de Boulogne sarebbe stata comprata in nero per soli 10 mila euro. Sul Fatto di domani torneremo sul critico e vi racconteremo la sua vendetta sulle deputate che hanno osato chiederne le dimissioni. IL PROBLEMA DEI FONDI ALL’UCRAINA VISTO DA KIEV. La guerra in Ucraina è in stallo, ma anche lo stallo costa caro. La metà del bilancio nazionale di Kiev del 2024 è destinato alle spese per la Difesa: sono circa 40 miliardi di dollari. L’altra metà serve a garantire il funzionamento del resto dell’apparato statale, dai trasferimenti di sicurezza sociale al sistema sanitario. La tenuta di questo equilibrio dipende in larga misura dagli aiuti occidentali, che invece cominciano a vacillare. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’Ucraina ha bisogno di almeno 37 miliardi di dollari dall’esterno quest’anno, la maggior parte dei quali dall’Ue e dagli Stati Uniti. Solo che nessuno dei due ha ancora stanziato nulla, causa campagna elettorale. Il dibattito Usa è bloccato, quello europeo invece potrebbe risolversi la settimana prossima. Al Consiglio europeo del 1 febbraio dove i sostenitori di Kiev confidano di riuscire a piegare Viktor Orban, che ha messo il veto sul pacchetto da 50 miliardi spalmati fino al 2027 per ricattare la commissione sui finanziamenti all’Ungheria. Sul Fatto di domani leggerete qual è lo stato dell’arte delle trattative. Nel frattempo, la Russia ha fatto sapere di aver aumentato in modo significativo la produzione di armi e munizioni quest’anno, mentre la testata Bloomberg riferisce che, secondo fonti vicine al Cremlino, Putin sta sondando il terreno per capire se gli Stati Uniti siano pronti a impegnarsi in colloqui per porre fine alla guerra. LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE La svendita di Poste, tutto quello che sappiamo. Si cominciano a intravedere i profili della svendita dell’asset dello Stato, la cui privatizzazione è un antico progetto berlusconiano. I sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil hanno inviato una lettera con richiesta di incontro al Ministro dell’Economia e Finanza, Giancarlo Giorgetti ed all’Amministratore delegato di Poste Italiane, Matteo Del Fante. Due morti sul lavoro a Caserta e Cagliari. Un cittadino romeno 48enne è morto ieri a Castel Campagnano (Caserta) a causa del ribaltamento del suo trattore. L’altro incidente è avvenuto stamane a bordo di una nave battente bandiera finlandese noleggiata dal Gruppo Grendi: l’operaio Raffaele Massa, residente a Quartucciu (Cagliari), è rimasto schiacciato tra due rimorchi mentre lavorava all’interno della stiva. Sul posto sono intervenuti anche gli agenti della squadra volante, la polizia scientifica e il medico legale. Baby Gang arrestato di nuovo, è ai domiciliari. È stato arrestato a Lecco il trapper Baby Gang: avrebbe sparato a un suo amico, ferito con un colpo di arma da fuoco alla gamba sinistra. Il musicista era già sottoposto all’obbligo di dimora dopo il caso della faida con il collega Simba La Rue (sono entrambi condannati per una sparatoria avvenuta tra il 2 e il 3 luglio 2022 a Milano), ora è sottoposto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. OGGI LA NEWSLETTER IL FATTO INTERNAZIONALE Siria, la grande spartizione: Putin, Erdogan e Khamenei trattano sulla pelle dei Curdidi Roberta Zunini Si è tenuto ad Astana, capitale del Kazakhstan, il 21° round dei colloqui sulla Siria nel formato chiamato con lo stesso nome della città asiatica sotto la “garanzia” di Turchia, Russia e Iran. Le virgolette sono necessarie perché si tratta, in realtà, dei tre Paesi che hanno alimentato il conflitto siriano di fatto fin dall’inizio, nel 2011, appoggiando – Mosca e Teheran – il regime di Bashar al Assad e Ankara l’esercito siriano libero e quindi i gruppi jihadisti, tra cui l’Isis. Ora queste tre feroci autocrazie stanno provando ad accelerare la spartizione della Siria dove a nord-ovest, nella provincia di Idlib, rimangono arroccati gli estremisti islamici sorvegliati (nonché finanziati dalla amica Turchia). |
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