mercoledì 3 aprile 2024

anticipazioni de il fatto quotidiano di domani. VERSO IL SALVATAGGIO DI SANTANCHÈ E SALVINI, RENZI IN SOCCORSO DELLA MINISTRA INDAGATA

 tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-3-aprile-2024/

La giornata in cinque minuti

VERSO IL SALVATAGGIO DI SANTANCHÈ E SALVINI, RENZI IN SOCCORSO DELLA MINISTRA INDAGATA. Obiettivo del governo: chiudere la questione entro poche ore, anche per evitare assenze o defezioni dell’ultimo minuto. E così la maggioranza questa mattina ha deciso, con un blitz, di mettere ai voti oggi stesso, a meno di possibili sorprese e allungamento dei tempi causa ostruzionismo delle opposizioni, le due mozioni di sfiducia presentate nei confronti dei ministri Salvini e Santanchè. Le opposizioni chiedono la testa del leader della Lega per i suoi legami con la Russia (ieri ne ha preso le distanze per la prima volta in maniera decisa), e quella della ministra del Turismo perché indagata per truffa ai danni dell’Inps nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano sulla cassa integrazione Covid della società Visibilia. La discussione delle mozioni di sfiducia è cominciata stamattina ed è durata poco più di mezz’ora: cinque interventi, quasi tutti delle opposizioni e senza dichiarazioni di deputati di Lega e Fratelli d’Italia. Per il governo erano presenti solo i ministri Anna Maria Bernini e Roberto Calderoli e la sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento, Matilde Siracusano, che è intervenuta per chiedere alla Camera “di non anticipare processi della magistratura”. Banchi mezzi vuoti nelle file della maggioranza. Nel tardo pomeriggio, le dichiarazioni di voto e poi il voto stesso (che nel caso della ministra potrebbe però slittare a domattina) Come avevamo anticipato sul giornale di oggi, Santanchè ha deciso di non presentarsi in aula. Non solo: le è stato consigliato anche di non difendersi pubblicamente dalle accuse delle opposizioni, dopo l’episodio del luglio scorso quando fu smentita dalla Procura di Milano provocando malumori a Palazzo Chigi. E anche Salvini, al termine del question time che lo riguardava, ha lasciato Montecitorio. Il risultato sarà ovviamente scontato: l’Aula salverà entrambi, ricompattando – seppur per qualche giorno, considerando le elezioni Europee alle porte – la maggioranza. In soccorso della ministra indagata arriva prontamente il leader di Italia Viva: “Votiamo no alla sfiducia a Santanchè perché basata sulle indagini giudiziarie che la riguardano. E noi non chiediamo le dimissioni per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio. Il garantismo è tale se si applica a tutti, soprattutto agli avversari” ha dichiarato Matteo Renzi, che invece fa l’opposto con Salvini. Sul Fatto di domani, ricostruiremo la giornata parlamentare.


ELEZIONE DIRETTA DEL PREMIER, FDI APRE AL BALLOTTAGGIO E LA LEGA FA SUBITO IL CONTROCANTO. La “madre di tutte le riforme” (Meloni dixit), la svolta per consentire ai cittadini di eleggere direttamente il presidente del Consiglio, inizia a prendere forma nelle stanze della commissione Affari costituzionali del Senato. Ieri la maggioranza ha approvato l’articolo 3, il cuore della legge, perché definisce le modalità dell’elezione e i poteri del premier: la norma prevede il tetto dei due mandati a Palazzo Chigi, mentre è stato cancellato il premio di maggioranza del 55% dei seggi parlamentari. Sul punto erano insorte le opposizioni, perché il testo depositato a novembre non specificava neppure la percentuale di consensi necessari per incassare il premio. Con il rischio, dunque, di consegnare una maggioranza parlamentare vastissima a una coalizione ben lontana dal 50% dei consensi nelle urne. Dunque le destre hanno dribblato il problema. Il premio per il vincitore ci sarà, nessun dubbio: ma a fissare l’asticella per riscuoterlo (e a definirne il perimetro) sarà la legge elettorale. Il testo della riforma costituzionale resta vago: si specifica solo che la coalizione vincente debba aver garantita “una maggioranza in ciascuna delle Camere”. Due le possibilità sul tavolo: una soglia superiore almeno al 40% dei voti, oppure il ballottaggio tra le prime due coalizioni. Sono le ipotesi paventate ieri sia dal relatore a Palazzo Madama Alberto Balboni (FdI) che dalla ministra per le Riforme istituzionali Maria Alberta Casellati (Forza Italia). Oggi è arrivato subito il controcanto leghista, con il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo: “Il ballottaggio? Insomma… Io ero per toglierlo dai Comuni se nessuno raggiungeva il 40%”, e anche a livello nazionale “è un sistema non mi piace”. Sul giornale di domani vi racconteremo i retroscena dell’assalto alla Costituzione del governo Meloni e ci faremo guidare da un costituzionalista nella lettura delle modifiche fatte finora.


GUERRA RUSSIA-UCRAINA, L’ALLARME DEI GENERALI: “I RUSSI POSSONO SFONDARE LE NOSTRE LINEE, NIENTE CI PUÒ AIUTARE”. Ovunque i generali russi decideranno di concentrare gli sforzi, quel fronte crollerà. A dirlo sono gli alti ufficiali ucraini al magazine Politico: in base al maggior numero di truppe russe e ai bombardamenti che da settimane distruggono le posizioni ucraine, la Russia sarà in grado di “penetrare la linea del fronte e di distruggerla in alcune parti”. In effetti Kiev da settimane si prepara al peggio. Secondo gli ufficiali sentiti da Politico “non c’è nulla che possa aiutare l’Ucraina adesso perché non esistono tecnologie serie in grado di compensare la grande massa di truppe che la Russia probabilmente scaglierà contro di noi. Noi non disponiamo di queste tecnologie e anche l’Occidente non le possiede in numero sufficiente”. Tuttavia, uno degli ufficiali ha ribadito che la grinta e la resilienza degli ucraini, assieme agli errori dei comandanti russi, potrebbero alterare questa dinamica. Per ottenere più soldati da mandare al fronte, ieri il presidente Zelensky ha firmato la legge che porta da 27 a 25 anni l’età per l’arruolamento. L’Istituto per gli studi sulla guerra (Isw) ritiene però che “per armare adeguatamente tutto il personale militare mobilitato, è necessario l’aiuto occidentale”. Zelensky, e il suo ministro Kuleba, continuano a chiedere agli Stati Uniti più missili difensivi Patriot. Oggi c’è stato l’incontro dei ministri degli Esteri per fare il punto sugli aiuti da dare a Kiev. Per il segretario della Nato, Stoltenberg “se si vuole che questa guerra finisca, prima riusciamo a convincere Mosca che non vincerà sul campo di battaglia, prima potremo raggiungere un accordo di pace”. Sul Fatto di domani leggerete altri approfondimenti, tra cui un reportage dalle linee difensive ucraine.


GUERRA ISRAELE-HAMAS, LE FAMIGLIE DEGLI OSTAGGI CONTESTANO IL GOVERNO. GANTZ SFIDA NETANYAHU: “ELEZIONI ANTICIPATE A SETTEMBRE”. Sono trascorsi 180 giorni di guerra in seguito al massacro firmato da Hamas con 1.200 morti e la cattura di tanti civili. Ad oggi, 134 ostaggi restano nelle mani dei fondamentalisti islamici dentro i tunnel di Gaza, 123 sono stati rilasciati in cambio del triplo di detenuti palestinesi. I parenti di coloro che sono ancora prigionieri hanno inscenato una nuova protesta alla Knesset, a Gerusalemme, chiedendo a gran voce che il premier Benjamin Netanyahu trovi un accordo con Hamas per la loro liberazione. Durante la manifestazione alcuni hanno spruzzato di giallo – il colore che in Israele è diventato simbolo dei rapiti – i vetri di protezione dell’aula. Ci sono stati momenti di tensione anche con la polizia all’esterno del parlamento. Ronen Bar, capo dell’agenzia israeliana per la sicurezza interna Shin Bet, ha espresso preoccupazione: “Esiste una linea netta tra protesta legittima e protesta violenta e illegale. Si tratta di una tendenza preoccupante”. Non è un mistero che una parte della società israeliana ritenga proprio Netanyahu responsabile di quanto sia avvenuto il 7 ottobre, e che sia sempre sua la responsabilità per la mancata liberazione di tutti gli ostaggi. A proposito della trattativa con Hamas, i colloqui al Cairo proseguono, ma fonti degli islamisti hanno fatto sapere che non ci sono svolte in arrivo perchè lo Stato ebraico non assicura che la pausa dai combattimenti per rilasciare gli ostaggi sia seguita dal ritiro dell’esercito dalla Striscia. Dal canto suo, l’Idf ribalta la richiesta: prima Hamas liberi tutti gli ostaggi, poi si parlerà di ritiro. Intanto, sul fronte politico, per la prima volta si parla di elezioni anticipate: “Dovremmo concordare una data delle elezioni generali per settembre prossimo” ha detto Benny Gantz, leader centrista e ministro del Gabinetto di Guerra, che è in vantaggio nei sondaggi. Sul Fatto di domani leggerete altri particolari sul conflitto in Medio Oriente che riguarda anche lo scontro tra Israele, Hezbollah, e l’Iran che lo sostiene.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Quattordici scienziati a difesa del Servizio Sanitario. Dal premio Nobel per la Fisica, Giorgio Parisi, al farmacologo Silvio Garattini, dal presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, all’immunologo Alberto Mantovani: sono 14 gli scienziati che hanno firmato una lettera-appello a difesa della sanità pubblica. “La vera emergenza è adeguare il finanziamento del Ssn agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del Pil) – uno dei passaggi del testo –. Ed è urgente e indispensabile, perché un Ssn che funziona non solo tutela la salute, ma contribuisce anche alla coesione sociale”.

Confindustria, passo indietro di Edoardo Garrone. Domani il voto. A questo punto rimane un nome solo per la guida degli industriali: Emanuele Orsini. L’altro pretendente, Edoardo Garrone della Erg, ha annunciato oggi, con una lettera, la sua rinuncia. Sul giornale di domani, l’analisi di Salvatore Cannavò.

La segretaria Pd, Elly Schlein, incontra il padre di Ilaria Salis. La leader del Partito democratico ha incontrato questa mattina il padre di Ilaria Salis, l’insegnante che da quasi un anno è detenuta in Ungheria, accusata di aver aggredito militanti di estrema destra. Il colloquio è stato l’occasione per fare il punto sulla “situazione incresciosa” in cui si trova la cittadina italiana. Nei giorni scorsi era circolata l’ipotesi di candidare Ilaria Salis alle europee proprio con il Pd.

Terremoto a Taiwan, 9 morti e decine di dispersi. Un violentissimo sciame sismico (magnitudo 7.4 la scossa più forte) ha colpito stamane la costa orientale di Taiwan. Il bilancio finora è di 9 vittime e 730 feriti, ma la conta è destinata ad aggravarsi. Decine sono infatti gli edifici crollati, sotto i quali si troverebbero centinaia di persone.

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