giovedì 3 agosto 2023

Il Fatto di domani. Se 4700 euro netti vi sembran pochi: i privilegi che Fassino non vede. Rdc e lavoro, il governo costringe i poveri a una corsa a ostacoli

 tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-2-agosto-2023/

La giornata in cinque minuti

 Ascolta il podcast del Fatto di domani

DOPO I SENATORI, I DEPUTATI PROVANO AD AUMENTARSI LO STIPENDIO. FASSINO FUORI DAL MONDO: “4.700 EURO NETTI NON SONO UNO STIPENDIO D’ORO” (MA DIMENTICA I BENEFIT). Mentre i poveri si barcamenano nel caos dopo l’abolizione del Reddito, alla Camera dei deputati gli onorevoli tentano il colpo gobbo per tornare all’era dei privilegi, senza dimenticare il decoro dell’abbigliamento. Oggi l’aula di Montecitorio ha approvato il bilancio, con contorno di polemiche sugli ordini del giorno. Il meloniano Donzelli si è scagliato contro Giuseppe Conte, colpevole di aver additato le destre per il ritorno del vitalizio al Senato. Dopo il blitz di palazzo Madama con il ritorno dell’assegno, infatti, Giorgia Meloni ha provato a vestire i panni dell’eroina contro la casta con un ordine del giorno a Montecitorio firmato del capogruppo FdI Tommaso Foti. Il documento impegna la Camera ad evitare il taglio del vitalizio e a conservare “la vigente normativa di calcolo su base contributiva”: promosso con 240 voti favorevoli, 5 contrari e 24 astenuti. Tra i contrari il veterano dem Piero Fassino, che ha sventolato in Aula l’assegno parlamentare da 4.718 euro netti, tuonando contro chi invoca tagli: “Basta demagogia, non è vero che guadagniamo stipendi d’oro”. Ma dimentica la diaria e i benefit da migliaia di euro di cui godono i parlamentari. Sulla stessa scia la maggioranza, con un altro ordine del giorno di Maurizio Lupi (Noi moderati) per valutare l’adeguamento delle indennità dei senatori a quelle dei deputati, più basse di alcune centinaia di euro al mese. Proposta accolta, nessun deputato è intervenuto. Del resto, già i capigruppo di Montecitorio avevano ricevuto un aumento delle indennità da 1.269 euro al mese. Oggi vi abbiamo raccontato il tentativo della Casta di riprendersi il malloppo. Sul Fatto di domani vi racconteremo il nuovo capitolo sul bilancio della Camera. Oltre ai soldi, gli onorevoli si sono occupati anche di abbigliamento. Un ordine del giorno del meloniano Salvatore Caiata obbligherebbe gli uomini ad indossare la cravatta, con il divieto di calzare sneakers per tutti. Ma lo scatto di bon ton è rimandato: l’odg alla fine è stato approvato in forma generica, dando ai questori il compito di valutare il dress code adeguato, in futuro. Un altro capitolo degno di nota, in questa storia di casta, riguarda la ministra del Turismo Daniela Santanchè. Non solo Dani non si è dimessa dopo l’inchiesta aperta sulle società che gestiva, ma anzi punta a far approvare nel prossimo consiglio dei ministri un raddoppio del numero di dipendenti del suo ministero del Turismo (e non solo: anche consulenti e dirigenti).


RDC, IL PERCORSO A OSTACOLI DEGLI EX PERCETTORI. E DOMANI LA MAGGIORANZA BLOCCA IL SALARIO MINIMO. Nessuna incertezza normativa, nessun abbandono dei nuclei familiari. La ministra del Lavoro Marina Calderone si difende e difende la linea del governo sul taglio al reddito di cittadinanza, che in questi giorni sta agitando la politica e, soprattutto, gli ex percettori a cui è stato tolto con un sms. Dei 159 mila nuclei familiari raggiunti dal messaggio di sospensione, ha detto Calderone in aula, 112 mila sarebbero “attivabili al lavoro”, ma solo il 35% di loro è iscritto a un programma di politiche attive che gli permetterà di ricevere i 350 euro mensili per massimo un anno per la formazione professionale. La piattaforma, garantisce il governo, sarà attiva dal 1 settembre. Vedremo. E gli altri, i non attivabili al lavoro, potranno ricevere Rdc anche oltre i 7 mesi previsti, solo se si faranno prendere in carico dai servizi sociali. Poi Calderone continua ad avvolgere la trama, e oggi ha consigliato a chi ha ricevuto l’sms di non recarsi al Comune (ma era lo stesso messaggio a parlare di “attesa eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali”), ma di confidare nell’apertura di una nuova piattaforma online entro settembre. Un percorso a ostacoli, duramente attaccato dalle opposizioni in Parlamento. Giuseppe Conte provoca: “Mandate un nuovo sms e chiedete scusa”, ha detto alla Camera. “I divanisti siete voi, dopo nove mesi il governo non ha fatto nulla”. Parole simili dal Pd e da Sinistra-Verdi. Sul Fatto di domani continueremo a raccontarvi le storie reali di chi ha perso il reddito, nella loro drammaticità così lontana dalla retorica di governo. Oggi a Napoli si è tenuta un’altra manifestazione senza particolari tensioni. Parleremo anche di salario minimo. Domani la Camera voterà la sospensiva di 60 giorni sulla legge proposta dalle opposizioni, come chiesto dalla maggioranza.


PNRR, LE REGIONI CONTRO IL GOVERNO: “CANTIERI A RISCHIO PARALISI”. Raffele Fitto aveva tranquillizzato tutti, dopo il taglio di 16 miliardi dal Piano di ripresa e resilienza: “I progetti andranno avanti, nessun definanziamento”. Peccato che non abbia convinto neppure gli enti locali, preoccupati che la sforbiciata ai fondi paralizzi i cantieri. Assessori e governatori hanno espresso i malumori stamattina, durante la riunione della Conferenza delle Regioni, presieduta dal leghista Massimiliano Fedriga. L’uomo forte del Carroccio, presidente del Friuli Venezia Giulia, ci tiene a smorzare i toni contro il governo. Le destre, del resto, governano in 15 Regioni. Ma la sostanza del documento, inviato al ministro Fitto con la richiesta di un incontro urgente, è poco conciliante. Sulle modifiche al Pnrr, le Regioni lamentano di essere state escluse da Palazzo Chigi, malgrado giochino un ruolo chiave nella realizzazione delle opere. I governatori sollevano forti dubbi sulla scelta di sostituire le fonti di finanziamento per progetti, sovente, già avviati. L’idea del governo è di sostenere gli interventi tagliati dal Pnrr con i Fondi di coesione e sviluppo. Nell’attesa, tuttavia, i cantieri rischiano di impantanarsi nelle secche della burocrazia. È lo stesso scenario paventato da Antonio De Caro, presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni). In ballo ci sono le opere contro il dissesto idrogeologico e per mitigare gli effetti delle alluvioni, ma anche ospedali e strutture per rafforzare la sanità territoriale. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutti i guai del Pnrr.


STRAGE DI BOLOGNA, MATTARELLA CHIARISCE: “LA MATRICE È NEOFASCISTA”, MA MELONI NON NE PARLA. SUL FATTO DI DOMANI INTERVISTA A SCARPINATO. “La matrice neofascista è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi, cui hanno partecipato associazioni segrete e agenti infedeli di apparati dello Stato”. Le parole del Presidente della Repubblica alla cerimonia per l’anniversario della strage di Bologna hanno messo un punto sulle acrobazie tentate dalla destra di fare revisionismo sulla bomba del 2 agosto 1980 che uccise 85 persone. Niente pista palestinese, niente discussioni sulla verità accertata dai processi: più di uno, e molti dei quali definitivi, come ha raccontato Gianni Barbacetto sul Fatto di oggi. Certo, non tutto è stato ancora accertato, e come ha detto Mattarella “La ricerca della verità completa è un dovere che non si estingue, a prescindere dal tempo trascorso”, perché “è in gioco la credibilità delle istituzioni democratiche”. Argomento che deve aver convinto anche Ignazio La Russa, che presiedendo la commemorazione in Senato ha detto: “Va doverosamente ricordata la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage”. Eppure la premier continua a non citare la matrice: nella sua nota ufficiale (non è andata alla manifestazione bolognese) parla solo di “terrorismo”, senza colore. Come nessun accenno ha fatto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che anzi ha tirato fuori la questione della “pacificazione” rispetto agli anni di piombo. Se ne sono accorte le opposizioni, dal Pd ai 5S. Anche l’Anpi ha parlato di tentativi di negazionismo da parte di FdI, che alla Camera ha presentato una mozione per chiedere una nuova commissione d’inchiesta. Sul Fatto di domani leggerete un’intervista all’ex magistrato e senatore 5S Roberto Scarpinato.

GUERRA IN UCRAINA, PAPA FRANCESCO: MANCANO ROTTE CORAGGIOSE PER LA PACE. BLOCCO DEL GRANO, PUTIN COLPISCE IL PORTO DI ODESSA E CHIEDE L’APPOGGIO DELLA TURCHIA PER LE SUE ESPORTAZIONI. Papa Francesco da Lisbona torna sulla guerra in Ucraina: “Nell’oceano della storia, stiamo navigando in un frangente tempestoso e si avverte la mancanza di rotte coraggiose di pace”. Bergoglio si è rivolto all’Europa: “Verrebbe da chiederle: verso dove navighi, se non offri percorsi di pace, vie creative per porre fine alla guerra in Ucraina e ai tanti conflitti che insanguinano il mondo?”. Il Vaticano ha cercato di tracciare una via del dialogo con la recente missione del cardinale Zuppi che è stato sia a Mosca che Kiev, ed ha in programma nel mese di agosto di andare in Cina. Il conflitto ha ricadute anche sulle esportazioni del grano: la Russia ha interrotto l’accordo con Kiev dal 18 luglio e da allora le navi sono bloccate nei porti. C’è stata oggi una telefonata tra il presidente russo Putin e l’omologo turco Erdogan. Quest’ultimo, che era stato artefice della precedente intesa, ha affermato che la fine del patto non gioverà a nessuno e che Ankara continuerà a mediare attraverso la diplomazia per fare ripartire l’iniziativa. Il presidente Putin invece punta a trovare alternative ed ha chiesto a Erdogan un sostegno per esportare i cereali russi e di fatto aggirare le sanzioni occidentali. Nel frattempo però i droni russi ha colpito il terminal fluviale e l’edificio amministrativo della Danube shipping Company di Izmail, che sono stati distrutti; tutte le operazioni commerciali sono state sospese. La struttura si trova nel distretto di Odessa, al confine con la Romania, ed è cruciale per il trasporto dei cereali ucraini. Secondo il ministro delle Infrastrutture, Koubrakov “i russi hanno danneggiato quasi 40.000 tonnellate di grano, attese dai Paesi africani, dalla Cina e da Israele”. Sul Fatto di domani leggeremo anche il punto sulla controffensiva ucraina che va sempre a rilento, e le tensioni tra Polonia e Bielorussia, da un lato causate dalla presenza dei miliziani di Wagner che si addestrano con le truppe di Minsk, dall’altro legate a motivi interni alla politica di Varsavia; il Paese si appresta nel mese di ottobre ad affrontare le prossime elezioni nazionali.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Niger, dopo il golpe la Nigeria taglia la fornitura di energia elettrica. La Nigeria ha interrotto la fornitura di elettricità al Niger dove nei giorni scorsi i militari hanno preso il potere, mettendo agli arresti il presidente Bazoum. La decisione è in linea con le sanzioni decise dai Paesi dell’Africa occidentale. Il Niger dipende per il 70% delle sue forniture energetiche proprio dalla Nigeria. Oggi c’è stato anche l’incontro tra una delegazione dell’Ecowas, la Comunità economica dell’Africa Occidentale, e i golpisti. Il tentativo è di far rientrare la crisi per via diplomatica. Un intervento militare, dicono le fonti dell’Ecowas, è l’ultima opzione. Il Niger ha ottenuto l’appoggio del Mali e del Burkina Faso, dove ci sono state analoghe azioni militari, con posizioni molto critiche verso la Francia e un avvicinamento alla Russia di Putin.

Trump, terza incriminazione per l’assalto a Capitol Hill. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato incriminato per la terza volta, in questo caso per l’assalto al Congresso del 6 Gennaio 2021, quando avrebbe ostruito il legittimo passaggio dei poteri nelle mani del neoeletto presidente Joe Biden. Il capo di accusa più pesante, fra i quattro presentati nelle 45 pagine, è quello riguardante la “cospirazione per frodare gli Stati Uniti”. Le precedenti incriminazioni del leader repubblicano (che i sondaggi danno per netto distacco come favorito del suo partito alla corsa presidenziale e in testa a testa con Biden) riguardavano i soldi dati alla pornostar Stormy Daniels e i documenti top secret spostati di Mar-a-Lago. Lo staff di Trump ha comunicato che questa nuova vicenda giudiziaria è solo l’ultimo “capitolo corrotto di una vera caccia alle streghe”.

Gli Usa declassati da Fitch: scendono da “tripla A” ad AA+. L’agenzia di rating Fitch ha deciso di declassare il rating Usa da “tripla A” a “AA+”. La decisione, subito commentata dalla segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen come “arbitraria” e “obsoleta”, è basata sul deterioramento previsto nei prossimi tre anni per i conti pubblici statunitensi. L’agenzia ha giudicato raffazzonati e “dell’ultimo minuto” gli interventi sul tetto del debito, frutto peraltro di pesanti scontri politici, oltre che manchevole la politica Usa in una adeguata strategia fiscale, stimando, inoltre, una probabile recessione americana nel quarto trimestre del 2023 e nel primo del 2024, con il debito previsto al 112,9% del Pil a fine 2023.

Rinviata dall’autorità Onu la decisione sulle attività estrattive in alto mare. L’autorità internazionale per i fondali marini dell’Onu, riunita in Giamaica, ha rinviato alla riunione di novembre la decisione in merito all’autorizzazione per attività estrattive nei fondali marini, riguardanti metalli e terre rare. Il rinvio senza deliberare una decisione è stato determinato dall’insuccesso nel giungere a un regolamento per l’estrazione mineraria in acque profonde. La regolamentazione della materia ha i riflettori puntati sia delle multinazionali interessate al mercato che delle oganizzazioni ambientaliste che si oppongono all’ennesimo intervento massiccio a fini di lucro negli ambienti naturali marini (seppur in alto mare).


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L’avvocata Robinson: “La legge viene usata per zittire le donne vittime di violenza”

di Stefania Maurizi

Lavora per uno dei più prestigiosi studi legali internazionali con sede a Londra, è una delle amiche più strette di Amal Clooney e rappresenta clienti di alto profilo da Julian Assange a Amber Heard. Ma l’avvocata australiana esperta in diritti umani, Jennifer Robinson, è accessibile e generosa. Recentemente con la sua collega Keina Yoshida ha pubblicato un libro in inglese dal titolo “How Many More Women?“, una potente ricostruzione di come, dal Regno Unito alla Tasmania, dagli Stati Uniti a Dubai, la legge viene usata come un’arma contro le donne vittime di violenza. Come Nicola Stocker, per esempio, una signora inglese che ha affrontato un calvario legale per aver scritto su Facebook che l’ex marito aveva tentato di strangolarla. Sebbene i verbali di polizia lo confermassero, l’ex marito la querelò per diffamazione e il giudice della High Court del Regno Unito dette ragione all’uomo, sentenziando: “La sua intenzione era di zittirla, non di ucciderla”. Ci vollero anni di battaglia legale, che la misero in ginocchio economicamente, prima che la Stocker ebbe giustizia dalla Corte Suprema. Il Fatto Quotidiano ha intervistato Robinson.

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