ricevo e pubblico
A conclusione della
Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle
donne vogliamo continuare a parlare di questa “piaga”
strutturale che attraversa molte società del mondo.
Nel
nostro manifesto “sei STATO tu” abbiamo scritto i nomi di
donne uccise da uomini che hanno voluto fermarle per sempre piuttosto
che consentire loro di fare una scelta di autodeterminazione. “sei
STATO tu” si riferisce alla responsabilità delle Istituzioni
che non vanno oltre la sottoscrizione di Protocolli che non
realizzeranno e l’approvazione di Leggi che non applicheranno.
Le donne hanno avuto
fiducia nello Stato sia per le leggi che avrebbe approvato, sia
per le politiche di prevenzione che avrebbe attuato, ma il
sistema non è stato in grado di garantire loro la vita e la
giustizia. Le Istituzioni non hanno saputo proteggerle e non hanno
fatto abbastanza per impedire le conseguenze di gesti estremi.
Per
lo Stato la “piaga” della violenza sulle donne non è una
priorità sociale su cui intervenire con ogni mezzo culturale e
risorsa economica, investendo in programmi educativi nelle Scuole,
percorsi di sensibilizzazione dei giovani e politiche attive di
prevenzione.
Sono
però le Istituzioni ad avere un ruolo primario nel prevenire e
combattere ogni forma di abuso sulle donne e i loro figli e lo fanno
invece con poco convincimento e scarsa convinzione. L’enormità del
problema e il fatto che questi comportamenti incidono sulla sfera
privata diventano l’alibi per interventi formali, che lasciano
tutto immutato o quasi.
Dopo
questo 25 novembre si fa sempre più chiaro il disegno delle forze
conservatrici al potere: cercare nella difesa di facciata del diritto
alla vita delle donne una loro legittimazione, per poi accantonare
con una certa fretta tutti gli impegni presi e gli slogan di
circostanza, privi di sostanza.
In Italia di
maltrattamenti e abusi si parla poco, sottovoce, e le Istituzioni non
contrastano con convinzione il pregiudizio e l’arretratezza
culturale, che fa da sfondo a comportamenti oppressivi e di dominio
degli uomini, nella vita privata e pubblica delle donne.
Le leggi e la cultura
giuridica hanno aiutato le conquiste di libertà femminili,
soprattutto dopo il 1948, ma non hanno cambiato la loro vita. Manca
il riconoscimento effettivo delle donne ad avere giustizia,
uguaglianza e parità di diritti, nella vita di tutti i giorni e
nelle aule giudiziarie.
E’ molto difficile
cambiare le tradizioni del nostro Paese se non si parte dai ragazzi e
dalle Scuole, coinvolgendo i giovani e le famiglie per far attecchire
e affermare una cultura – sociale e giuridica - fondata
sull’uguaglianza della persona in quanto tale.
Anche una componente del
mondo musicale ha dato voce ad atteggiamenti e comportamenti dove la
donna è vissuta come oggetto di proprietà.
Nel 1963 Mia Martini
esordisce con temi forti come lo stupro in “La vergine e il mare”
e “Padre davvero” in cui canta la ribellione di una figlia nei
confronti di un genitore padrone. Anni dopo con “Gli uomini non
cambiano” conferma il ruolo dominante e di potere del maschio. La
canzone “Io donna, io persona” del 1976, la storia di tre donne
che difendono i loro diritti in una società che tende a giudicare
pesantemente, come “Padre davvero”, incappa nella censura della
Rai per il riferimento a temi come l’erotismo e l’aborto. Il
brano “Donna”, sicuramente in anticipo sui tempi, parla delle
violenze degli uomini che si fanno forti muovendosi all’interno di
un branco e per loro, come diceva Lennon, la donna è il negro del
mondo.
Nel 1971 Celentano incide
“Una storia come questa” e nel 1978 I Nomadi cantano “Ho difeso
il mio amore” dal significato ancora oggi controverso. Solo nel
1981 la legge abroga la rilevanza penale della causa d’onore.
Per Antonella è ora di
dire basta a chi dice donna dice danno; a chi non vuole riconoscere
il loro prezioso lavoro dentro e fuori casa; a chi nega la capacità
delle donne di affrontare ogni giorno molteplici responsabilità. La
violenza è l’ultimo rifugio di uomini incapaci ad accettare la
donna per come è.
Migliaia le scarpe rosse
ieri in piazza, è il commento di Cristina, che dubita si sia
compreso il significato vero di quel colore e cosa si nasconda dietro
tutte le recondite parole. E’ importante essere quello che si è,
saper conservare e realizzare i propri obiettivi.
Paola cerca qualcosa di
nuovo in questa giornata, ma poi conclude che cambiano le parole, ma
la musica è la stessa.
Prevale intorno a noi la
consapevolezza che vi sia nei confronti di una “piaga”
estrema e definitiva, indifferenza politica e culturale a
livello nazionale e locale, soprattutto nelle Istituzioni che abbiamo
più vicino.
A questo le donne
rispondono tornando di nuovo in piazza per denunciare che prima che
si compia il dramma esse vivono un quotidiano fatto di solitudine e
paura, con la quasi certezza che non troveranno nello Stato l’aiuto
necessario a salvarle o a portarle fuori dal tunnel incolumi.
Nel
momento del bisogno estremo, le donne trovano la solidarietà delle
amiche, di una rete di amicizie, di sostegni del volontariato e dopo
il 25 novembre resta il silenzio delle Istituzioni, lontane e vicine.
Nei nostri Comuni questa
giornata è stata particolarmente trascurata, i rappresentanti
istituzionali e i delegati alle pari opportunità non gli hanno dato
il giusto rilievo, promuovendo una o più iniziativa culturali, come
per altri temi, coinvolgendo in particolare le Scuole.
Proporre e condividere
con le realtà sociali un evento culturale è il primo strumento per
richiamare l’attenzione delle coscienze collettive e iniziare un
lungo percorso che veda su un piano privilegiato la Scuola e ogni
altra aggregazione organizzata.
Se a questi si negano
deliberatamente attenzioni e cure, si ammala una società.
Gruppo Consulta le Donne
e Associazione culturale Segni
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