martedì 27 novembre 2018

il cambiamento climatico lo chiamavano "questione ideologica" e ci hanno fatto finire nel loro fango



Negli ultimi 40 anni ambientalisti e verdi avevano avvertito cittadini e istituzioni sul rischio dei cambiamenti climatici in atto per colpa della deforestazione, del consumo del suolo, della riduzione dell'impermeabilizzazione della cementificazione dei corsi d'acqua e delle coste. Oltre all'evidente inquinamento con l'esplosione di tumori, di morti per malattie cardiovascolari, malattie degenerative, dell'apprendimento, della memoria, leucemia, tiroide tutte riconducibili ai veleni sparsi nell'aria, nell'acqua, nel suolo e sottosuolo, falde e corsi d'acqua la tropicalizzazione del nostro clima è un fatto evidente. Adesso che tutti si accorgono che questo modello è fallito economicamente e sta portando alla distruzione dei territori, con modelli matematici che evidenziano la scomparsa, entro questo secolo, della pianura pontina e fondana per l'innalzamento delle acque, quello che continua a ripetersi a Terracina, Pontinia, Sabaudia e Latina rischia di diventare la normalità. Lo ha addirittura dichiarato il Sindaco di Terracina Procaccini che non è certo un ambientalista, che è il fenomeno è irreversibile, il territorio è cambiato e bisogna prenderne atto. Con 40 anni di ritardo e tanta devastazione che doveva essere risparmiata con il buon senso. La gran cassa politica in stragrande maggioranza hanno etichettato i veri ambientalisti e i verdi di "allarmismo", indicando la questione del cambiamento climatico come "un fatto ideologico". Oltre che disumano dire ai parenti dei malati di tumore e leucemia (solo per fare qualche esempio) che è il "progresso", che gli impianti cancerogeni e nocivi "da qualche parte bisogna pur farli", che "non si può dire sempre no", il crollo della Pontina e l'allagamento di Pontinia non sono ne calamità, ne fatalità. Non so se sia come titola oggi il quotidiano "Latina editoriale oggi": "omicidio stradale". Di sicuro qualcuno dopo il crollo del Ponte Morandi del 14 agosto doveva inviare al Ministero la situazione delle infrastrutture a rischio. Sono curioso di leggere cosa hanno scritto per la Pontina e in particolare per il ponte crollato domenica mattina nei pressi dello svincolo di San Vito. Pontinia ha avuto il più elevato consumo di suolo per il fotovoltaico a terra. Pontinia è forse il centro dove si sta cotruendo di più palazzi e strade, tutto regolare secondo legge naturalmente. Non sono queste le cause dell'allagamento. Il Linea era sabato mattina di molto sotto al solito livello e infatti l'acqua, già dal pomeriggio di domenica ha ricevuto molti corsi d'acqua abbassandone il livello. Il Selcella dopo le prime difficoltà, grazie al pompaggio di Mazzocchio, ha fatto abbassare il livello degli affluenti migliorandone la situazione dei terreni che vi scaricano. Nel passato, secondo diverse testimonianze, il regime del Sisto veniva regolato anche deviando l'acqua verso il Botte o verso il Linea. Forse questo domenica non è potuto succedere. Di certo a Pontinia un fenomeno simile era avvenuto nel 1985 anche se non con questa portata e dimensione e, se non ricordo male, per colpa di qualche errore di gestione del reticolo idraulico. Adesso ci vorranno mesi per tornare alla normalità, sempre che non si ripetano danni ulteriori. Questa mattina ancora chiuse la maggior parte delle strade del centro. Deviate anche le corse dei mezzi pubblici. Chiuse parte di via Trieste, via Tortona, viale Europa, via Aleardi, via Cavour, viale Italia, via Lazio, Leonardo da Vinci (Migliara 48). Fare la spesa o andare in farmacia o dal medico di fiducia o in banca o alla scuola diventa molto difficile. Per questo non si capisce il motivo che si siano riaperte alcune scuole creando diversi problemi per la viabilità e i parcheggi già di per sè in sofferenza. Infatti lo stesso Sindaco invitava a non uscire se non per stretta necessità. All'interno del centro abitati in tanti si vedono vagare alla ricerca di una strada percorribile. Al netto di eventuali responsabilità (ovviamente tutte da dimostrare) abbastanza improbabili e della casualità dell'abbondante precipitazione è ovvio che va cambiato l'atteggiamento nei confronti del territorio. Un territorio che va probabilmente gestito meglio nell'insieme della complessità delle competenze. Anche programmato meglio salvaguardando quel complesso idraulico troppo spesso dimenticato in nome del "progresso" che si è rivelato un fallimento. Dovrebbe scattare la cautela che c'era con il pericolo che ciò che non è necessario o prioritario non deve diventare, per la speculazione di pochi, il motivo per abbandonare il controllo del territorio e la normale manutenzione. Probabilmente una maggior cautela, dicono gli esperti, avrebbe attenuato gli effetti degli agenti atmosferici e sopratutto non ne avrebbe aumentato a dismisura l'effetto. La chiamavano questione ideologica e ci hanno costretti nel loro fango. Basterà questo per illuminare questa "classe dirigente" oppure cosa altro deve succedere?


immagine tratta da https://www.latinacorriere.it/ltcwp/wp-content/uploads/2018/11/allaga-696x522.jpg

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