tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-3-agosto-2023/
Ascolta il podcast del Fatto di domaniREDDITO ADDIO, TUTTE LE BALLE DELLA MINISTRA DEL (NON) LAVORO. Mentre anche oggi gli ex percettori di reddito di cittadinanza hanno protestato davanti alla sede dell’Inps del Tuscolano a Roma, la ministra Calderone ha continuato la sua opera di demolizione della misura, prima a reti unificate sui principali giornali, poi in Senato. E senza che il giornalista di turno abbia controllato le cifre sparate dalla titolare del Lavoro. Lo faremo noi con un fact-checking sulle balle che hanno riempito paginate di giornale. “Il Reddito di cittadinanza è costato agli italiani 25 miliardi di euro in tre anni senza produrre i risultati attesi: né in termini di riduzione della povertà né in termini di accompagnamento al lavoro”. Ha detto alla Stampa. Peccato che tutti gli osservatori hanno già certificato il contributo della misura alla riduzione della povertà. E ancora, questa volta Corriere della sera (ma anche su altri quotidiani), la ministra sostiene che chi dice che in Italia ci sono scarse possibilità di lavoro è disinformato o è in malafede. “Il lavoro c’è ed anche tanto – afferma Calderone – d’altronde, i dati ufficiali parlano chiarissimo: l’occupazione cresce e la disoccupazione è in calo. Il problema è inverso: le aziende non riescono a trovare i lavoratori che cercano”. Una balla di cui ci siamo già occupati. Poi l’affondo: “Non si deve attendere che lo Stato ti dia un sussidio, ma bisogna rendersi parte attiva per cercare lavoro. Vuole un esempio? In Campania, regione con il numero più alto di percettori di Rdc (circa 25 mila), sono stati censiti 108 mila posti di lavoro disponibili”. Fosse così facile. Ma la ministra del Lavoro ha anche ammesso che l’sms dell’Inps andrà precisato. “A seminare il panico fra i cittadini sono state oltre alle scelte del Governo anche i grossolani errori di comunicazione a persone che sono in condizione di grave difficoltà”, attacca Giuseppe Conte. Intanto l’Inps ha reso noto lo stato dell’arte sull’addio al Rdc: lo stop riguarderà 30mila persone dopo la rata di agosto e meno di 50mila nei restanti mesi dell’anno per un totale di 80mila nuove comunicazioni che si aggiungono alle 159mila già inviate con gli sms. Un bagno di sangue. Sul Fatto di domani metteremo in fila tutte le bugie della ministra e ne parleremo anche con il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. Poi parleremo di un altro grave problema, diciamo “tecnico”, che riguarderà centinaia di migliaia di famiglie scaricate dal Rdc. Ma ci occuperemo anche del salario minimo, dopo che è stata votata la sospensiva di 60 giorni che posticipa il problema e l’opposizione sta stringendo i tempi sulla raccolta di firme sulla legge popolare per tenere caldo l’argomento in estate. Il motto è: “La povertà non va in vacanza”. FASSINO E I SUOI FRATELLI “DI CASTA”: POLITICI SENZA IL SENSO DELLA REALTÀ. Mentre la maggioranza prosegue a distruggere le tutele per i più fragili, c’è chi si ostina a difendere i suoi privilegi. Piero Fassino tiene il punto, mostrando stupore per le critiche ricevute dopo la sua sparata alla Camera, quando agitando il cedolino da deputato ha detto, in sintesi, che 4700 euro non erano uno stipendio d’oro (l’aula stava votando la possibilità di ripristinare i vitalizi, respinta). “Ho fatto un’operazione di verità – dice oggi ai giornalisti –. Ho detto ai miei colleghi che quello che percepiamo è lontano dalle cifre spropositate che spesso vengono comunicate”. Quindi Fassino continua a dire solo una parte della verità: come abbiamo spiegato sul Fatto di oggi numeri alla mano, l’indennità non è l’unica parte del compenso mensile di un parlamentare, ci sono poi migliaia e migliaia di altri benefit da calcolare. “Sono stato ingenuo – ha detto ancora Fassino – pensavo che in questo Paese di potesse ragionare”. Sul Fatto di domani vedremo che il marziano dem torinese non è l’unico. Faremo la lista di tutti quei politici che negli ultimi anni hanno avuto la faccia di lamentarsi del loro vitalizio o stipendio a quattro zeri. Qualcuno ha addirittura sostenuto di non riuscire ad arrivare a fine mese. L’INCHIESTA SUL PRESUNTO DOSSIERAGGIO DI POLITICI. Tutto è nato da una notizia. A ottobre 2022 il quotidiano Domani ha svelato che il ministro della Difesa Guido Crosetto (allora fresco di nomina) aveva ricevuto quasi 2 milioni di compensi per consulenze dal colosso italiano degli armamenti Leonardo, tra il 2018 e il 2021. Niente di illecito, ma per il giornale abbastanza per sospettare un conflitto di interessi. Dopo la notizia è arrivata la denuncia: Crosetto, oltre a negare il conflitto, ha presentato un esposto alla procura di Roma per diffusione di notizie riservate. I pm hanno individuato la fonte del giornale in un ufficiale della Guardia di finanza in servizio presso la Direzione nazionale antimafia dell’epoca, che aveva accesso al sistema informatico dove sono archiviate le segnalazioni di operazione sospetta (Sos). Nell’interrogatorio, il finanziere (che oggi non lavora più per l’antimafia) ha rivendicato la correttezza del suo operato e detto che le ricerche venivano effettuate in coordinamento con il magistrato responsabile Antonio Laudati. Otre ai dati di Crosetto, però, sono venuti fuori almeno un altro centinaio di accessi al sistema che i pm ritengono non giustificati da richieste della magistratura (come dovrebbe essere). Molti riguardavano personaggi pubblici. Così l’inchiesta si è allargata, spostandosi a Perugia per competenza, e ora dovrà chiarire il motivi di questi accessi e se ci sia stata un’attività di dossieraggio illegale a scopi di ricatto. È il procuratore di Perugia Raffaele Cantone a precisare la vicenda in un comunicato, sottolineando che le indagini sono ancora in corso e che sono state sentite già “numerose” persone. Il ministro della Difesa ha commentato parlando di “tentativo di condizionare la formazione del governo”. Sul Fatto di domani approfondiremo il caso anche con un profilo del magistrato Antonio Laudati. GUERRA IN UCRAINA, KIEV BRUCIA RISORSE: L’ADDESTRAMENTO OCCIDENTALE NON HA FUNZIONATO. ITALIA, EXPORT DI ARMI: IL GOVERNO NON VUOLE LIMITI. L’addestramento fornito dall’Occidente alle truppe di Kiev – nove brigate, circa 36.000 soldati – non ha dato i risultati sperati, nonostante i 44 miliardi di dollari stanziati dagli Usa. La controffensiva sino ad ora non ha portato risultati tangibili. Lo ha sottolineato anche il New York Times che ha evidenziato come non ci siano stati successi paragonabili a quelli ottenuti lo scorso autunno, quando gli ucraini hanno preso punti strategici, tra cui Kherson e Kharkiv. Il quotidiano americano cita Rob Lee, analista ed ex ufficiale di Marina con esperienza al fronte, che dei reparti ucraini dice: “Hanno avuto poco tempo per addestrarsi su nuove attrezzature e per sviluppare la coesione dell’unità, e poi sono stati gettati in una delle situazioni di combattimento più difficili”. Fatto è che il 20% degli armamenti che Kiev aveva ottenuto dagli alleati – tra cui tank e blindati – è stato distrutto o danneggiato dai russi. Ora i comandanti ucraini hanno deciso di cambiare tattica, tornando ad un logoramento delle posizioni difensive russe, piuttosto che provare a sfondarle secondo tattiche imparate dall’Occidente. Anche in Russia non si prendono bene le notizie che riguardano gli insuccessi: Radio Liberty racconta che dal sito web del ministero della Difesa è stato rimosso il saluto del colonnello generale Mikhail Teplinsky ai paracadutisti, per la Giornata delle forze aviotrasportate (2 agosto); l’ufficiale ha ricordato che 8.500 parà sono rimasti feriti nella guerra in Ucraina. Ancora tensioni tra Polonia e Bielorussia: Varsavia accusa i jet di Minsk di aver violato il proprio spazio aereo ed ha deciso di rafforzare la presenza di truppe al confine. Di pari passo con il conflitto si muove anche il commercio delle armi a livello internazionale. Il governo italiano ha stabilito che non vuole più avere limiti sui soggetti a cui poter vendere la propria merce. Così la linea è quella di commissariare l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama). Durante il Consiglio dei ministri è stato portato un disegno di legge per rivedere la legge 185 del 1990, che, tra le altre cose, impone di non vendere armi a Paesi dove si violano i diritti umani. L’obiettivo è la creazione di un comitato presieduto dalla premier con la partecipazione dei ministeri coinvolti (Difesa, Esteri) che avrà il compito di “formulare gli indirizzi generali” sull’export di armi: si chiamerà Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento (Cisd). Sul Fatto di domani leggeremo maggiori particolari, e di come dietro questa manovra c’è l’idea di eliminare possibili ostacoli all’export, nata in particolare dopo lo stop alla vendita di armamenti ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi. LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE La destra dorme in aula, passa odg sulla patrimoniale. Passa in Aula Camera un ordine del giorno presentato da Nicola Fratoianni (SI) che impegna il governo a valutare l’opportunità di introdurre una “next generation tax, che colpirebbe i patrimoni delle persone fisiche solo se superiori ai 500 mila euro”. Una svista, secondo la maggioranza, che dopo poche ore ha bocciato l’iniziativa e precisato che “il provvedimento non è in discussione”. Catania, l’aeroporto è ancora nel caos. A quasi un mese dall’incendio dello scorso 16 luglio, l’aeroporto Fontanarossa si trova ancora in estrema difficoltà, con numerosi disagi per i passeggeri in arrivo e in partenza dalla città siciliana. Dalla mezzanotte di oggi è attivo un terminal provvisorio, costituito da una tensostruttura di circa 500 metri quadri con il minimo per le operazioni di imbarco e attesa prima dei voli. Continua lo scaricabarile politico: il ministro delle imprese Adolfo Urso ha lamentato i ritardi accumulati negli anni nell’attuazione del piano strategico dello scalo, il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, ha dichiarato che la situazione si sta risolvendo e l’aeroporto catanese tornerà a breve a pieno regime. Sole 24 Ore, decurtati gli stipendi dei freelance. Il quotidiano economico ha tagliato del 20% l’importo del compenso per i suoi collaboratori esterni, che ne sono stati informati attraverso una comunicazione e-mail. La vicenda ha innescato le proteste dell’Associazione Lombarda Giornalisti (Alg) che giudica l’operazione come “l’ennesima dimostrazione di come la forte componente del lavoro freelance nel settore dell’editoria venga colpita senza tanti scrupoli dalla chi gestisce giornali e riviste”. Niger, i golpisti: “Non cederemo a pressioni per il ritorno del presidente Bazoum”. Il leader della giunta militare che ha preso il potere in Niger, Abdourrahmane Tiani, durante un discorso televisivo, ha affermato che i golpisti non cederanno “a pressioni regionali e internazionali” per un ritorno al potere del presidente eletto, Mohamed Bazoum. Tiani si è scagliato contro le sanzioni imposte dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale che ha definito “illegali, ingiuste e disumane”. Di parere opposto l’ambasciatore nigerino negli Usa, Kiari Liman Tinguiri, secondo cui le sanzioni diplomatiche ed economiche imposte dai vicini del Niger stanno iniziando a dare i loro frutti: “La giunta militare, che ha lanciato questo tentativo di colpo di stato, tornerà alla ragione e restituirà il potere per evitare inutili sofferenze al nostro popolo”. In occasione del 63esimo anniversario dell’indipendenza dalla Francia c’è stata una manifestazione nella capitale, in sostegno dei militari, sollecitata dall’M62, una coalizione di organizzazioni di ispirazione sovranista. Tra gli slogan scanditi nel corteo: “Abbasso la Francia”, “Viva la Russia, viva Putin”. |
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