lla
sttoriia
Nelle
intercettazioni sul caso Cerroni: «Un pm si è inventato che
dobbiamo stare 20 giorni sul pontile»
DIALOGHI
«
ME CHIAMANO ALLE
SEI
E MEZZO DA LATINA
...
CHE C’È... SICCOME
LÌ
CI STA UN PROBLEMA,
UN
PM DI CASSINO S’È
INVENTATO
CHE
SECONDO
LUI L’ARPA
LAZIO
PER VENTI
GIORNI
DOVREBBE
STARE
SU UN PONTILE AL
PORTO
A VERIFICARE
COME
TRATTANO I
RIFIUTI
FERROSI, MA TE
PARE
UNA COSA
NORMALE
MICHELE? »
L’ultimo
anno vissuto pericolosamente,
in
bilico tra un’inchiesta, molte
proteste,
un corteo e la domanda
dei
comitati civici di maggiore trasparenza
su
ciò che entra: è la storia
recentissima
del porto commerciale
di
Gaeta, apparentemente strategico
per
la Regione Lazio. Invece si scopre
che
persino i controlli ambientali sono
un
«fastidio» per l’Agenzia regionale
per
la protezione dell’ambien -
te.
DI
GRAZIELLA DI
MAMBRO
Da
almeno due anni il Comitato
contro
le polveri sottili di Gaeta
si
batte per sapere esattamente
cosa
entra nel porto di Gaeta. E’ una
guerra
perduta dentro una notizia che
sembrava
dimenticata e che, invece, per
una
serie di «sfortunate» coincidenze
investigative
torna alla ribalta, più ambigua
che
mai.
I
rifiuti pericolosi
Partendo
dai dati di fatto si sa che il
5
novembre 2014 viene
chiusa l’in -
chiesta
della Procura di Cassino con
la
denuncia di diverse persone e società
operanti
nel trasporto verso il
porto
commerciale di Gaeta; tutti, a
vario
titolo, rispondono di gestione e
traffico
illecito di rifiuti poiché avevano
dichiarato
di aver fatto entrare al
porto
materiale adatto a partire immediatamente
per
l’estero ma in realtà
la
merce stoccata doveva essere
riprocessata,
cosa che è avvenuta tra
marzo
e novembre scorsi. Una volta
terminata
questa operazione i rifiuti
adatti
all’esportazione sono stati imbarcati
sulla
motonave Michelle 1 e
spediti
in Albania, così è scritto negli
atti
anche se è difficile verificare la
effettiva
destinazione una volta che
hanno
lasciato il porto italiano. Il
giorno
precedente il dissequestro, per
una
curiosa coincidenza, Rocco Antonio
Burdo,
direttore dell'ufficio intelligence
della
Direzione centrale
antifrode
e controlli dell’Agenzia
delle
Dogane e dei Monopoli viene
audito
in Commissione parlamentare
d’inchiesta
sui rifiuti e dice a proposito
dei
rifiuti pericolosi che questi
«devono
essere caricati in container e
su
navi... pertanto, la logistica portuale
nel
traffico di rifiuti è importantissima.
I
Paesi che hanno fatto maggiori
investimenti
nella logistica portuale
tendono
ad attirare i traffici di
rifiuti...».
Nel corso dell’audizione
emergono
le preoccupazioni per il
traffico
via mare dei rifiuti.
I
controlli disponibili
Buona
parte della consapevolezza del
problema
nonché l’esito degli accertamenti
dipendono
da chi controlla. E
il
porto di Gaeta ha avuto fortune
alterne
in questo senso, quando non è
stato
del tutto sfortunato. Un primo
sequestro
di un maxideposito di materiali
ferrosi
avvenne, infatti, a dicembre
del
2013 e cominciarono in
quel
momento i primi rilievi della
Procura
di Cassino, che per farli aveva
bisogno
di Arpa Lazio (Agenzia
Protezione
Ambiente). La quale
quando
ha saputo che sarebbe dovuta
andare
al porto più a sud di tutta la
Regione
l’ha presa con fastidio, come
si
evince da una telefonata intercettata
in
quei giorni nell’ambito dell’in -
dagine
della Procura di Roma su Manlio
Cerroni;
ecco cosa dice l’allora
capo
di Arpa Lazio Corrado Carruba
all’assessore
(tuttora in carica) regionale
all’ambiente
Michele Civita. Entrambi
dovrebbero
essere interessati
a
ciò che accade nel porto di Gaeta,
invece
Carruba quasi se la prende con
l’ufficio
inquirente: «...io sono stanco
al
pari di te Michè (Michele Civita
ndc)...
a me stasera mi girano le palle,
io
so’ stato a lavorà tutto il giorno,
mo’me
chiamano alle sei e mezzo da
Latina
... che c’è... siccome lì ci sta un
problema,
un pm di Cassino s’è inventato
che
secondo lui l’Arpa Lazio
per
venti giorni dovrebbe stare su un
pontile
al porto a verificare come
trattano
i rifiuti ferrosi, ma te pare una
cosa
normale Michele? noh... siamo...
cioè
non esiste al mondo...».
Non
si preoccupa Carruba del fatto
che
se quei controlli al porto non li
può
o non li vuole fare l’Arpa non si
sa
a chi altri spettino. Però si capisce
quanto
è difficile anche arrivare ad
avere
un monitoraggio serio e prolungato
sul
questo martoriato approdo
che
sta a Gaeta ma sembra essere ai
confini
del mondo.
Gli
appelli civici
Il
comitato contro le polveri sottili e
l’Assemblea
popolare del Golfo
chiedono
di sapere cosa c’è «dietro
questi
residui» e aspettano la notifica
della
chiusa inchiesta per valutare se
costituirsi
parte civile e avere in questo
modo
accesso a tutti gli atti dispo-
nibili,
l’unica traccia per ricostruire
cosa
è accaduto fino ad oggi nel porto
di
Gaeta. «Durante le indagini sono
stati
riscontrati gravi illeciti amministrativi
connessi
con reati ambientali
accertati
- dice Paola Villa dell’As -
semblea
popolare del Golfo, che segue
la
vicenda - per questo occorre
cercare
di capire l’intera filiera del
recupero».
La
difesa
Proprio
ieri la società Intergrup che
movimenta
le merci ferrose al porto
ha
sottolineato in una nota che « tutta
la
merce in arrivo in area portuale,
prima
dell'eventuale sosta temporanea
è
sottoposta al vaglio, verifica e
controllo
degli Enti di competenza»,
compresa
l’Arpa che, come si è visto,
si
era molto risentita persino delle
verifiche
chieste dalla magistratura
inquirente.
Il
primo blocco
per
le verifiche
LE
TAPPE
Il
5 marzo 2014 vengono avviate le operazioni
di
riprocessamento di un maxicarico di
rifiuti
ferrosi sequestrato dalla guardia costiera.
Le
operazioni terminano a novembre
scorso
con accuse nei confronti di diversi soggetti
e
ditte che effettuano il trasporto verso il porto
del
sud pontino. Si rileva infatti che il materiale
aveva
una composizione diversa da quella dichiarata
nei
documenti di trasporto e stoccaggio.
La
manifestazione
popolare
A
novembre
2013 c’è stata la prima grande
manifestazione
popolare dei cittadini del
comprensorio
del golfo di Gaeta contro le
polveri
sottili che si sprigionano dai carichi di
materiale
diretto al porto e gli eventuali danni alla
salute
dei residenti. Ma soprattutto si chiede maggiore
trasparenza
su ciò che entra nel secondo porto
del
Lazio su cui dovrebbe vigilare la Regione Lazio
e
il suo organismo di controllo ambientale, l’Ar -
pa.
Il
sopralluogo
dei
parlamentari
Agiugno
2014 c’è stato il primo sopralluogo di
un
gruppo di parlamentari (Movimento 5
stelle)
ma buona parte delle informazioni
richieste
erano coperte dal segreto istruttorio poiché
era
allora in corso (appunto) l’indagine della Procura
di
Cassino che aveva disposto le verifiche per un
periodo
di venti giorni sul pontile del porto. La
società
privata che effettua le operazioni dice che
nessun
passaggio nei controlli previsti è stato mai
saltato.
IL
QUOTIDIANO - Mercoledì 17 Dicembre 2014
Gaeta
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