sabato 27 dicembre 2014

Piano Ilva, pochi i soldi per il risanamento ambientale

Siderurgico. L’azienda andrà in amministrazione straordinaria secondo la legge Marzano. Il testo varato dal Cdm è ancora poco più di una bozza. Previsti tre commissari. Difficile lo sblocco del «tesoro» offshore dei Riva. Il testo del decreto legge sull’Ilva e Taranto varato dal Con­si­glio dei mini­stri lo scorso 24 dicem­bre, è ancora poco più che una bozza. In que­sti giorni sono state appron­tate alcune modi­fi­che, men­tre tra lunedì e mar­tedì sono in pro­gramma diverse riu­nioni tra i tec­nici degli uffici legi­sla­tivi del Mini­stero dello Svi­luppo Eco­no­mico e della pre­si­denza del Con­si­glio per le ultime lima­ture al testo, che poi sarà pub­bli­cato sulla Gaz­zetta Uffi­ciale.
Stando a quanto dichia­rato dal pre­mier Renzi e a quanto pub­bli­cato sul sito del Con­si­glio dei mini­stri, il decreto non avrà più di 6–7 arti­coli, e si arti­co­lerà su due diret­trici: il side­rur­gico e il rilan­cio turistico-culturale della città, con uno sguardo anche alla tutela della salute e dell’ambiente.  Come già anti­ci­pato, l’Ilva sarà sot­to­po­sta in ammi­ni­stra­zione straor­di­na­ria secondo la legge Mar­zano, che sarà estesa «alle società che gesti­scono almeno uno sta­bi­li­mento indu­striale di inte­resse stra­te­gico nazio­nale». Que­sta inte­gra­zione si è resa neces­sa­ria per­ché al momento l’Ilva è ancora di pro­prietà di un gruppo pri­vato (i Riva) e non è in stato di insol­venza (pre­sup­po­sto essen­ziale per l’applicazione della Mar­zano): il tutto per «garan­tire la pro­se­cu­zione dell’attività pro­dut­tiva assi­cu­rando che le risorse azien­dali siano prio­ri­ta­ria­mente desti­nate a tale scopo». L'entrata in ammi­ni­stra­zione straor­di­na­ria, che per l’Ilva segnerà la fine del com­mis­sa­ria­mento ini­ziato nel giu­gno del 2013 sotto il governo Letta, par­tirà nella seconda metà di gen­naio, per con­sen­tire al com­mis­sa­rio Piero Gnudi, di pagare ai dipen­denti diretti dell’azienda gli sti­pendi di dicembre. Il decreto varato mer­co­ledì, attri­bui­sce inol­tre al com­mis­sa­rio straor­di­na­rio (che pare però saranno addi­rit­tura tre con fun­zioni diverse) i poteri «per attuare le pre­scri­zioni di carat­tere ambien­tale pre­vi­ste dall’Autorizzazione inte­grata ambien­tale». Allo stesso com­mis­sa­rio saranno desti­nate «le somme seque­strate all’Ilva, che con­flui­ranno in una con­ta­bi­lità spe­ciale. La gestione dell’impresa sarà con­si­de­rata atti­vità di pub­blica uti­lità e gli inter­venti pre­vi­sti dal piano ambien­tale ven­gono dichia­rati urgenti e indif­fe­ri­bili». Le somme seque­strate di cui si parla, sono in realtà quelle del gruppo Riva. Risorse che Gnudi ha chie­sto e «otte­nuto» dalla Pro­cura di Milano che ha sbloc­cato, secondo quanto pre­vi­sto dalla legge Terra dei Fuo­chi varata lo scorso feb­braio, parte del «tesoro» off­shore dei Riva: 1,2 miliardi di euro. Sblocco al momento del tutto vir­tuale, sul quale pesa sia il ricorso in Cas­sa­zione pre­sen­tato dai legali di Adriano Riva (che hanno sol­le­vato ecce­zione di inco­sti­tu­zio­na­lità), sia l’oggettiva dif­fi­coltà, o impos­si­bi­lità (?), di otte­nere i fondi inte­stati a otto trust pro­tetti nel para­diso fiscale dell’isola bri­tan­nica del Jer­sey e depo­si­tati nelle casse delle ban­che sviz­zere Ubs e Aletti del gruppo Banco Popo­lare. Inol­tre, le risorse liquide ammon­te­reb­bero a non più di 800 milioni di euro, di cui sol­tanto 164 milioni sono in Italia. Il che, se le cose non cam­bie­ranno, esporrà il governo Renzi a più di qual­che pro­blema in merito all’attuazione del piano di risa­na­mento ambien­tale, pre­vi­sto dal Piano ambien­tale appro­vato la scorsa pri­ma­vera dal governo che pare sarà rivi­sto nella sua appli­ca­zione temporale. Discorso ancora più nebu­loso invece, la futura for­ma­zione socie­ta­ria dell’azienda. Prende sem­pre più piede l’ipotesi di ricor­rere a Fin­tecna, la società pub­blica tra­sfe­rita dal Mef alla Cassa depo­siti e pre­stiti, e alla crea­zione di una new​.co. Incer­tezza che fa restare alta l’attenzione dei sin­da­cati, visto che nella bozza del decreto non c’è alcun rife­ri­mento alla que­stione occu­pa­zio­nale, così come di ban­che e Con­fin­du­stria: le prime per­ché van­tano cre­diti per 1,4 miliardi di euro, la seconda per­ché teme riper­cus­sioni nega­tive sull’indotto (da mesi in grande sof­fe­renza) e sui for­ni­tori (che atten­dono ancora un saldo di 440 milioni di euro). Più fredda la rea­zione della città. Divisa tra una poli­tica locale che plaude all’iniziativa del governo — con il sin­daco Ezio Ste­fàno (Sel) che ieri ha dichia­rato: «Forse siamo sulla strada giu­sta anche per­ché, que­sta volta, c’è il coin­vol­gi­mento totale della città di Taranto. Apprezzo inol­tre che il governo non voglia met­tere in discus­sione l’Autorizzazione inte­grata ambien­tale anche se vor­rei una mag­giore cer­tezza sui tempi da rispet­tare» — una dif­fi­denza gene­rale e la con­tra­rietà delle asso­cia­zioni ambientaliste. Per quanto riguarda Taranto, il decreto isti­tui­sce «un’unica gover­nance inte­ri­sti­tu­zio­nale» attra­verso «uno spe­ci­fico con­tratto isti­tu­zio­nale di svi­luppo», che sarà sot­to­scritto da un appo­sito Tavolo isti­tu­zio­nale per­ma­nente per l’area ionica, coor­di­nato da Palazzo Chigi e da vari mini­steri. Il Tavolo si occu­perà della boni­fica dell’area esterna all’Ilva, del porto e dell’Arsenale della Marina. Pre­vi­sto il poten­zia­mento dell’Arpa Puglia (l’Agenzia regio­nale per la pro­te­zione ambien­tale) e l’autorizzazione per la Regione, nel 2015, a pre­ve­dere l’utilizzo di 30 milioni di euro (25 erano stati stan­ziati dalla legge Terra dei Fuo­chi) per la costi­tu­zione di un cen­tro per la dia­gnosi e la cura dei tumori infan­tili. Ma siamo ancora alle parole e alle promesse. http://ilmanifesto.info/piano-ilva-pochi-i-soldi-per-il-risanamento-ambientale/

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