sabato 27 febbraio 2016

Il crack del nucleare francese: conti catastrofici per Areva ed Edf La voragine degli EPR, i reattori che doveva comprare l’Italia prima del referendum

I contribuenti dovranno pagare il fallimento dell’industria nucleare francese

Il crack del nucleare francese: conti catastrofici per Areva ed Edf

La voragine degli EPR, i reattori che doveva comprare l’Italia prima del referendum
[26 febbraio 2016]
Il 25 febbraio Il Consiglio di amministrazione del gigante nucleare Francese Areva si è riunito per esaminare i conti dell’bilancio chiuso il 31 dicembre 2015 e ha comunicato che «Areva a appena trovato un accordo con 6 banche di prestito su un prestito ponte di 1,1 miliardi di euro, destinato ad assicurare la liquidità dell’impresa per l’anno fiscale 2016, il Consiglio ha deciso di differire di 24 ore la chiusura dei conti per permettere  la finalizzazione della documentazione tecnica afferente a questi finanziamenti. Di conseguenza, la pubblicazione dei risultati è stata rinviata di 24 ore».  Ma, come dicono quelli di Réseau Sortir du Nucléaire, il fatto che non sia ancora riuscita a chiudere i suoi conti  è «segno delle difficoltà inestricabili che attraversa l’impresa. Una cosa è sicura: il “fiore all’occhiello” dell’industria francese dovrebbe conoscere nuove perdite quest’anno. E’ inaccettabile che il salvataggio di questa filiera senza futuro incomba ai cittadini».
Le Mode rivela che «Secondo diverse fonti, lo Stato – che detiene l’86,5 % d’Areva – ha preteso all’ultimo minuto che questa somma non sia più rimborsata nel gennaio 2017, come previsto, ma piuttosto a giugno. Cioè dopo l’elezione presidenziale». La cosa non è piaciuta per niente ai banchieri e alla fine, dopo una notte di trattative serrate, condotte dall’Agence des participations de l’Etat (APE). Société générale, Crédit agricole, BNP Paribas, Natixis, il governo ha rinunciato a questo rinvio e Crédit mutuel e HSBC hanno accettato di accordare il finanziamento. Ma i preoccupatissimi amministratori di Areva hanno preferito assicurarsi che la  documentation technique  fosse davvero firmata, prima di validare i conti.
Il prestito di emergenza è indispensabile per permettere ad Areva di superare il 2016, anno durante il quale dovrà rimborsare circa un miliardo di obbligazioni, che arriveranno a scadenza a settembre.  Le Monde spiega che «La vendita dell’attività reattori del gruppo (Areva NP) a EDF per 2,5 miliardi di euro e l’aumento di capitale di 5 miliardi di euro promesso dallo Stato non interverranno prima di questa scadenza. Senza questo finanziamento di emergenza, Areva rischiava quindi l’insolvenza entro la fine del 2016 e i revisori dei conti non avrebbero potuto assicurare   la continuità operativa” dell’impresa, un concetto essenziale per poter chiudere il bilancio di esercizio».
E’ una situazione nota da mesi, ma l’intervento della politica ha contribuito a rendere ancora più opaco il fallimento del nucleare francese e il governo francese ha comunicato in ritardo alla Commissione europea il suo piano di salvataggio di Areva, che potrebbe soccombere sotto i colpi delle procedure per gli aiuti di Stato.
ieri la quotazione del titolo Areva è stato sospeso alla Borsa di Parigi e gli interrogativi sul fatto che Areva sia in grado di riprendersi si moltiplicano.  Dopo aver ceduto la sua attività di costruzione dei reattori a EDF, Areva ormai si occupa quasi solo del ciclo del combustibile: estrazione e arricchimento dell’uranio, trattamento delle scorie radioattive, smantellamento delle centrali. Ma con questa cessione in corso Areva vedrà ridursi il suo valore: i suoi dipendenti in tutto il mondo passeranno da 42. 000 a 20. 000 e il suo giro di affari si ridurrà da 8,3 a 5 miliardi di euro. Ma il suo debito già oggi supera i 6 miliardi di euro, dopo  8 miliardi di perdite accumulate in 5 anni e ce, probabilmente sono aumentate nel 2015. I finanziamenti necessari a tappare questa voragine  sono stati stimati in 7 milliardi di euro per i prossimi 3 anni e dovrebbero essere rivisti al rialzo, soprattutto per tener conto del disastro economico e tecnico dell’infinito cantiere del reattore EPR finlandese di d’Olkiluoto (OL3), in Finlandia, non ancora concluso dopo 10 anni e per il quale i finlandesi della TVO chiedono 2,6 miliardi di euro ai francesi, mentre Areva pretende 3,4 miliardi di euro dalla TVO. Dalla conclusione di questa disputa dipende gran parte della ristrutturazione della terremotata filiera del nucleare francese.
Gli EPR sono i reattori che Berlusconi doveva comprare da Sarkozy per costruire le 7 nuove centrali nucleari italiane che avrebbero dovuto avviare il rinascimento nucleare italiano, per fortna ci ha pensato il referendum a risparmiarci questa avventura verso la bancarotta. Forse gli italiani e la politica dovrebbero ringraziare le associazioni che ci hanno evitato questo disastro alla francese.
Infatti, l’altro gigante del nucleare transalpino, EDF, non è messo molto meglio di Areva. A gennaio EDF è stata scossa da diversi scioperi perché, a causa delle sue difficoltà finanziarie, ha annunciato la chiusura anticipata di diverse centrali a olio combustibile e a carbone. Thierry Gadault, caporedattore di Hexagones.fr e autore del libro “EDF, la bombe à retardement” ha ricordato che lo stesso amministratore delegato di EDF, Jean-Bernard Lévy, ha ammesso che la situazione di EDF è critica: se le entrate sono cresciute del 2,2%, nel 2014  i guadagni sono passati da 3,7 miliardi a 1,2 miliardi. «Per comprendere perché oggi la situazione è così complicata – dice Gadault-  bisogna risalire agli anni 2000 quando EDF ha acquistato delle imprese dappertutto nel mondo, hanno perso un ammontare mostruoso, si sono sovra-indebitati e oggi EDF non ha più soldi».
Ma, come per Areva, lo Stato francese è il principale azionista di EDF e per tirarla fuori dai guai dovrebbe sganciare  circa 5 miliardi di euro e rinunciare ai dividendi che gli spettano. Cosa molto difficile, vista la crisi economica. Quindi EDF non può più investire, ma secondo Gadault  «dovrebbe spendere 51 miliardi di euro per modernizzare ed aumentare la durata di vita delle sue centrali nucleari in Francia». E’ questa quella Gadault chiama “bomba a scoppio ritardato”: «Prolungando la durata di vita delle centrali, si prende il rischio di un incidente molto grave. Le centrali sono state costruite per durare 40 anni ed EDF vuole spingerle fino a 60 anni. Sappiamo che almeno una quindicina di reattori nucleari sui 58 in Francia sono in uno stato molto cattivo: crepe, contenimenti che non sono più sigillati… Un certo numero di casi sono estremamente inquietanti».
Anche secondo  Réseau Sortir du Nucléaire «Areva paga oggi la follia dell’EPR d’Olkiluoto e dei suoi investimenti disastrosi in Uramin. Lo Stato, azionista maggioritario di Areva, ha una importante responsabilità in questa situazione, per aver lasciato Areva commettere degli errori strategici monumentali e, ancora di più, per aver chiuso gli occhi sullo scandalo  Uramin, i sospetti di corruzione dei dirigenti e i possibili crimini di insider trading. Dato che Areva non conta di limitare le sue attività e prevede un piano sociale che colpirebbe  6.000 posti di lavoro, il Piano economico previsto avrà inevitabilmente delle ripercussioni sulla sicurezza, con un ricorso accresciuto al sub-appalto per diminuire i costi, una manutenzione limitata ed una pressione supplementare sui lavoratori.Gli anti-nucleari fanno notare che «Mentre è prevista una ricapitalizzazione di 5 miliardi di euro, alle fine saranno i contribuenti  – ai quali il nucleare è imposto –  che sopporteranno il peso del “salvataggio” di Areva. In periodo di austerità economica, mentre numerosi bilanci subiscono dei tagli drastici, è immorale che il denaro pubblico  continui a scorrere a fiotti per  salvare un’impresa sospettata di malversazioni. Pesantemente indebitata, Areva non potrà inoltre far fronte ai suoi incarichi per lo smantellamento e la gestione delle scorie. In virtù di una recente ordinanza, che prevede la solidarietà degli azionisti maggioritari in caso di défaillance dell’operatore, lo Stato, e quindi i contribuenti, dovranno di nuovo mettersi le man in tasca».Sortir du Nucléaire chiede che non ci sia accanimento terapeutico per una filiera in fallimento: «Fuga degli investitori, esplosione della fattura dell’EPR, provvigioni insufficienti per lo smantellamento e la gestione delle scorie radioattive, frodi e malversazioni in ogni genere di affari, lavori titanici, il “Grand carénage” (un vasto programma di lavori destinato a prolungare d la durata del funzionamento delle centrali nucleari al di là dei 40 anni). Le multinazionali EDF e  AREVA sono vicine ad essere messe al rogo per la loro fuga in avanti verso il tutto-nucleare. Un vero e proprio salasso finanziario si apre di nuovo per la filiera nucleare francese che dovrebbe logicamente, ancora una vola, essere colmato dai contribuenti, con la complicità dello Stato».
I no-nuke non hanno dubbi: «E’ la filiera nucleare francese nel suo insieme  che è in fallimento. Mentre  EDF, già appesantita dai costi futuri del “Grand carénage” è già indebitata a un livello di 37,5 miliardi di euro, esigere che acquisti una parte delle attività di Areva non ha alcun senso. Le ristrutturazioni previste e le ricapitalizzazioni annunciate sono solo delle manovre vane per lasciar pensare che un salvataggio della filiera sia possibile. Il nucleare è un pozzo senza fondo! Lo stato deve smetterla di inghiottire miliardi in questo  impossibile salvataggio di un’industria pericolosa, inquinante e superata, Per impedire la catastrofe industriale, la sola soluzione è quella di smettere di spendere impegnandosi subito per un’uscita dal nucleare e una riconversione verso un’autentica transizione energetica. In particolare, è più che mai il momento di mettere fine al ritrattamento delle scorie a La Hague ed alla produzione di combustibile MOX, operazioni care, inquinanti e inutili,  dato che gli impianti si degradano più rapidamente del previsto»
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