Tra comunità di indigeni che lottano in nome di diritti ancestrali sul territorio e piccoli villaggi che si ribellano alla corruzione dei loro politici, il documentario ovviamente simpatizza con gli ultimi della terra, che sono poi i primi a subire le conseguenze della devastazione ambientale. “Crescita è il nome che più si avvicina oggi a una divinità globale. In nome di una cultura consumistica occidentale che sfrutta e inghiotte tutte le risorse della terra”, dice infatti Naomi Klein, che poi ricorda: “In Canada dove stiamo combattendo contro l’estrazione di bitume abbiamo scoperto che il governo sorveglia gli attivisti, una grave violazione dei diritti civili, e poi condivide le informazioni con le multinazionali. Ma nonostante ciò siamo riusciti a ottenere le nostre vittorie, come quando poche settimane fa Obama ha dovuto sospendere la costruzione della Keystone Pipeline, l’oleodotto che dal Canada doveva arrivare negli Stati Uniti”.
Per ogni vittoria locale però, c’è l’ennesima decisione presa a discapito delle popolazioni e delle loro battaglie. Per questo dice ancora Avi Lewis a ilfattoquotidiano.it: “Per ottenere dei risultativanno abbattuti i pilastri centrali del neoliberismo, oggi in particolare quelle leggi internazionali che diventano lo strumento che permette agli investitori stranieri, e quindi alle multinazionali, di citare in giudizio un governo perché le sue leggi locali potrebbero privarli di guadagno. Ovvero il cuore di trattati come il ttip, tisa e ttp. Non è possibile che comitati di presunti esperti non eletti dalle popolazioni possano poi decidere in favore delle multinazionali e dei loro guadagni invece che della tutela delle persone e dell’ambiente. E’ la logica mortale del libero scambio”. C’è poi un ultimo rischio, quello del cosiddettocapitalismo verde. “L’ideologia della crescita verde è una battaglia critica in termini di narrazione del problema, se vogliamo pensare di migliorare il sistema così come è o di cambiarlo – continua Avi Lewis -. I trattati oggi in vigore permettono alle grandi compagnie dicontinuare a inquinare, in cambio di piccole multe, e già le multinazionali si sono impossessate dell’economia delle energie rinnovabili. Il problema principale di conferenze come quelle della Cop21 di Parigi infatti è che non si tocca nemmeno lontanamente il problema della ridistribuzione della ricchezza, senza cui ogni paletto messo all’inquinamento risulta inefficace, perché poi entrano in gioco il potere dei soldi e la corruzione”.
Twitter @ellepuntopi http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/28/cop21-naomi-klein-voce-narrante-di-this-changes-everything-a-parigi-non-si-parlera-di-ridistribuzione-della-ricchezza/2261161/
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