"Nonostante Convenzioni come quella di Rio de Janeiro nel 1992, di Encicliche (Laudato Si’) e di programmi multimiliardari della Commissione Europea (il Next Generation EU che si prefigge la transizione ecologica) sono ancora moltissimi gli scettici che etichettano come ecologista, conservatore e fuori dalla realtà chi chiede che, finalmente, si rendano sostenibili i sistemi di produzione e consumo. Da una parte dicono che è troppo tardi per invertire la rotta, dall’altra chiedono, a chi pone i problemi, di fornire “numeri” che indichino le soluzioni. Di solito chi chiede “numeri” appartiene alla categoria di chi ha generato i problemi e ignora i “numeri” dei disastri causati dall’applicazione dei principi correnti.

Le Nazioni Unite hanno calcolato che nei prossimi 50 anni un milione di specie sarà a rischio di estinzione. Abbiamo dato il nome a due milioni di specie, ma le stime sono che il pianeta sia abitato almeno da otto milioni di specie. Dietro i numeri ci deve essere la conoscenza del loro significato. Sarebbe utile sapere quante specie ci sono sul pianeta non attraverso una stima ma attraverso un progetto scientifico. E occorrerebbe anche capire il ruolo di ogni specie nel far funzionare gli ecosistemi. Le cifre, i numeri, non bastano. Soprattutto se sono stimati. Come si fa a gestire il capitale naturale (specie ed ecosistemi) se non se ne conosce l’entità?"