Il Fatto di domani. Reddito e lavoro, il Sud "avvisa" l'esecutivo: scontri a Napoli, proteste a Cosenza
tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-28-agosto-2023/
LAVORO E REDDITO: IL SUD È ABBANDONATO, SCONTRI A NAPOLI CON LA POLIZIA, PROTESTE ALLA SEDE INPS DI COSENZA. La rabbia sociale che cova da settimane, dopo che il governo ha annunciato la sospensione del Reddito di cittadinanza, ha trovato spazio stamattina a Napoli, dove circa trecento manifestanti si sono riuniti in piazza Garibaldi, per un corteo di protesta contro la revoca della misura di sostegno. I manifestanti hanno effettuato blocchi stradali in corso Garibaldi e via Marina, ed è stato in quella zona che è avvenuto il contatto con la polizia. Alcuni manifestanti hanno cercato di raggiungere l’ingresso dell’autostrada per bloccare il traffico e gli agenti sono intervenuti. Dal corteo sono partite delle urla verso gli uomini in divisa: “Vergognatevi”. La rampa di accesso alle autostrade è rimasta impraticabile per trenta minuti. Poi il corteo è ripreso, seguito da un nutrito numero di forze dell’ordine in assetto antisommossa. Manifestazione anche davanti alla sede Inps di Cosenza. Proprio venerdì scorso, 25 agosto, sono arrivate dall’Inps le altre comunicazioni di fine del Reddito di cittadinanza: sul totale di 33.765 famiglie in questo secondo invio per aver raggiunto il limite delle sette mensilità nel 2023, 5.275 sono nel capoluogo partenopeo (dopo le 21.063 di fine luglio). Mille a Cosenza. A livello regionale, in testa si piazzano, per numero di nuclei coinvolti, Sicilia e Campania, seguite da Calabria, Lazio e Puglia. A fine luglio lo stop ha riguardato oltre 154mila nuclei in tutta Italia. Si pone, dunque, la questione di una parte della Penisola abbandonata dal governo, che ha avviato tutta una serie di misure mirate a isolare la parte più debole del Paese. Sul Fatto di domani leggeremo molti altri particolari di cronaca ed i commenti degli esperti. Inoltre, ci sarà la nuova puntata dell’inchiesta sul “lavoro povero” che si occuperà della giungla degli stage offerti a cifre irrisorie in Lombardia. I SOLDI NON CI SONO, I GUAI SÌ: IN CDM SI AFFILANO I COLTELLI. ARIANNA MELONI PRONTA A CANDIDARSI. Ripresa dei lavori oggi per il governo dopo la pausa estiva, durante la quale sono esplosi i problemi enormi di cui Meloni e i suoi dovrebbero occuparsi. A cominciare dalla manovra d’autunno che, a detta dello stesso ministro Giorgetti, non potrà accontentare tutti. Il primo passo ufficiale sarà la Nota di aggiornamento al Def, da presentare alle Camere entro il 27 settembre. I soldi non ci sono: la manovra è da 25-30 miliardi di euro, ma le coperture si fermano per ora a 6-7 miliardi. Come abbiamo scritto ieri, tra le misure praticamente certe ci sono la proroga del taglio del cuneo fiscale per i redditi sotto 35mila euro, la riduzione da quattro a tre aliquote Irpef e il “pacchetto famiglia”, oltre alle spese obbligatorie. Toccherà vedere da quale parte l’esecutivo intende tirare la coperta corta. Ma di sicuro tra i guai c’è anche quello dell’immigrazione da record: da giorni il ministro Piantedosi ripete che i risultati sono “significativi ma non soddisfacenti”, il collega Urso, che ieri ha visitato l’hotspot di Lampedusa, ha parlato di una “situazione insostenibile” ma il solito Salvini ha annunciato l’ennesimo decreto-fuffa (che conterebbe, tra l’altro, la costruzione di un Centro di permanenza per i Rimpatri in ogni regione). E poi c’è la bomba sociale innescata dal taglio del Reddito di cittadinanza (come leggerete qui sotto). Insomma, i dossier sono tanti, come pure il malcontento all’interno della maggioranza. Ufficialmente, all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi, non c’era nulla di tutto questo: c’erano provvedimenti per i lavoratori dello spettacolo e qualche ratifica, nulla di più. Sul giornale di domani, vedremo però come sono andate le franche discussioni tra i ministri e la premier, alle prese pure con i movimenti in vista delle elezioni Europee del 2024: in un’intervista al Corriere, oggi la sorella di Giorgia, Arianna Meloni (moglie del ministro Lollobrigida), si è definita “un soldato”, pronta alla candidatura. CAIVANO, L’INFERNO DEI BAMBINI: COSÌ LA POLITICA S’È DIMENTICATA DI PARCO VERDE. Lo ha detto in un’intervista al Mattino l’ex procuratore Francesco Greco, che nel 2014 coordinò l’inchiesta sulle violenze e sulla morte della piccola Fortuna Loffredo: “Emerse una “emergenza Parco Verde”, ed ebbi modo di dire, ripetendolo alla stessa commissione Antimafia, che se non si fosse intervenuto subito, avremmo avuto altre tragedie simili”. Ad aprile 2016 il procuratore aggiunto di Napoli Nord, Domenico Airoma, parlò di un giro di pedofilia a Parco Verde con almeno 5 casi di minori vittime di violenze. Negli anni, effettivamente ci sono state inchieste e arresti. L’ultimo episodio delle due bambine stuprate più volte dal branco non ha stupito, dunque, gli inquirenti. Come abbiamo scritto, Parco Verde è un comprensorio degradato, dove gli unici che continuano a combattere sembrano essere, oltre ai giudici, don Maurizio Patriciello, il prete sotto scorta, che sabato ha lanciato un invito alla premier Meloni a visitare quei luoghi,. Oggi la premier in Cdm gli ha finalmente risposto: “Obiettivo del governo è bonificare l’area – le sue parole -: per la criminalità non esistono zone franche. Intendo accogliere l’invito di don Patriciello a recarmi sul posto, la mia non sarà una semplice visita, offriremo sicurezza alla popolazione. Il centro sportivo deve essere ripristinato e reso funzionante il prima possibile”. A operare, finora, sono state anche le forze di polizia: negli ultimi 13 mesi, i carabinieri hanno eseguito 223 e 408 denunce. I comitati cittadini hanno organizzato per domani pomeriggio una manifestazione, che partirà proprio dalla parrocchia del sacerdote. Sul Fatto di domani seguiremo gli sviluppi delle indagini e ripercorreremo l’inferno che la politica, in tutti questi anni, ha finto di non vedere. GUERRA IN UCRAINA, ZELENSKY APRE ALLA “SOLUZIONE POLITICA” SULLA CRIMEA E DICE: “ELEZIONI NEL 2024 POSSIBILI”. MA CHIEDE AGLI ALLEATI 5 MILIARDI. GRANO, INCONTRO TRA PUTIN E ERDOGAN L’8 SETTEMBRE IN RUSSIA. Cambio di passo del presidente Volodymyr Zelensky sulla Crimea. Dall’inizio del conflitto, che si protrae ormai da 550 giorni, il leader aveva indicato la ripresa della Crimea dal punto di vista militare come uno dei punti essenziali per poter poi trattare con gli invasori russi. Oggi, a sorpresa, Zelensky ha parlato di “soluzione politica”, ammettendo che la controffensiva riesca a fare passi avanti sul terreno: “Quando saremo ai confini amministrativi della Crimea, penso che sia possibile forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio della penisola”. Altro tema è quello delle elezioni presidenziali e parlamentari in Ucraina nel 2024. Zelensky ha sostenuto che per andare al voto in tempo di guerra saranno necessarie modifiche legislative, e la disponibilità degli alleati a dare i fondi necessari. Intervistato ieri dalla giornalista Natalia Moseichuk sul canale tv 1+1, Zelensky ha commentato la posizione del senatore repubblicano Lindsey Graham secondo cui le elezioni in Ucraina dovrebbero tenersi già l’anno prossimo, nonostante il conflitto. Chiarendo di aver parlato con Graham, Zelensky ha affermato: “Se siete pronti a darmi cinque miliardi, perché non potrò semplicemente prendere cinque miliardi dal bilancio, penso che questa sia la somma necessaria per tenere le elezioni in tempi normali, e in tempo di guerra non so…Comunque, se gli Stati Uniti d’America assieme all’Europa ci daranno un sostegno finanziario”, allora l’Ucraina terrà le elezioni. Sul giornale di domani leggeremo altre notizie sul conflitto tra Mosca e Kiev, le novità al fronte e un incontro fissato tra il presidente turco Erdogan e il russo Putin, l’8 settembre in Russia – come ha scritto l’agenzia Bloomberg – per discutere come rilanciare l’accordo sul grano da esportare dai porti del Mar Nero. Inoltre, leggeremo quale futuro ci sarà per la compagnia privata Wagner dopo la morte del suo capo, Prigozhin, soprattutto rispetto alle sue attività in Africa. LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE Palermo, il video dello stupro non sarebbe sul web. Il video dello stupro avvenuto il 7 luglio, vittima una diciannovenne, violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato del Foro Italico, non sarebbe finito in Rete. La polizia postale ha setacciato per giorni il web, soprattutto dopo la caccia al filmato, girato da uno degli stupratori: diversi utenti avevano pure offerto somme di denaro. L’inchiesta prosegue: restano in carcere i primi quattro ragazzi, in cella dopo la denuncia della vittima, mentre i legali degli altri tre indagati, finiti in manette dopo alcune settimane, non hanno ancora presentato istanza di riesame. Spagna, il bacio di Rubiales alla giocatrice: la Procura apre inchiesta per “aggressione sessuale”. La Procura ha aperto un’indagine preliminare per “aggressione sessuale”. Si tratta dell’ultimo capitolo sulla vicenda scatenata dal bacio sulla bocca di Luis Rubiales, presidente della Federcalcio – sospeso dalla Fifa – alla calciatrice Jenni Hermoso dopo la finale vittoriosa della nazionale femminile ai Mondiali. La madre di Rubiales, Ángeles Béjar, si è barricata in una chiesa di Motril, nella provincia di Granada, e ha annunciato che sarà in sciopero della fame fino a quando “non sarà fatta giustizia per suo figlio”. Intanto la ministra del Lavoro ad interim Yolanda Diaz, in conferenza stampa dopo l’incontro con il sindacato Futpro che rappresenta la calciatrice Hermoso, ha detto: “Quello che tutto il mondo ha visto non rappresenta il nostro Paese che è esemplare nell’uguaglianza. La Spagna è migliore di così: serve un rinnovo profondo degli organi sportivi”. Libia, costretta a scappare in Turchia la ministra degli Esteri dopo l’incontro con l’omologo israeliano a Roma. I ministri degli Esteri di Israele e Libia hanno parlato per oltre due ore il 23 agosto scorso nel corso di un incontro che era stato approvato “ai più alti livelli”. Lo ha detto una fonte israeliana, smentendo i resoconti libici secondo cui quello tra Eli Cohen e Najla Mangoush era stato un “incontro informale, non previsto”. Al Mangoush è stata sospesa dall’incarico dal premier Dbeibah e ha dovuto lasciare la Libia per rifugiarsi in Turchia, a Istanbul, a causa delle proteste veementi nella capitale del Paese nordafricano. Rimane da chiarire il ruolo svolto dal ministero degli Esteri italiano. |
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