Il direttore del United
Nations Environment Programme anticipa la strategia Onu dei prossimi
mesi per arrivare a un accordo alla conferenza di Parigi. "500 miliardi
di dollari vanno spostati dagli aiuti ai combustibili fossili al
rilancio delle rinnovabili"
di ANTONIO CIANCIULLO "Una sola terapia per guarire due mali: quello che sta devastando l'ambiente e quello che frena l'economia. È la scommessa di Parigi, l'obiettivo della conferenza della Nazioni Unite che si terrà a dicembre per difendere la stabilità del clima. Si tratta di cambiare le basi del sistema produttivo diminuendo progressivamente il consumo di combustibili fossili e aumentando fonti rinnovabili, efficienza energetica, recupero e riciclo dei materiali. Ce la possiamo fare. La cura è già cominciata". Achim Steiner, direttore dell'Unep (United Nations Environment Programme), a Roma per partecipare al meeting "Giustizia ambientale e cambiamenti climatici" organizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e dal Pontificio consiglio per la giustizia e per la pace, anticipa la strategia Onu dei prossimi mesi.
Lei parla di un processo iniziato. Ma dal 1992, l'anno della Convenzione per la difesa dell'atmosfera, a oggi la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera invece di diminuire è aumentata del 30%.
"È vero, se prendiamo gli ultimi decenni il quadro è drammatico. Ma fino a una decina di anni fa era solo una minoranza ad aver capito che rischiamo veramente un collasso sociale di dimensioni apocalittiche. Oggi la percezione del problema è diversa. Da due anni più del 50% degli investimenti globali sull'energia viene collocato sulle fonti rinnovabili: parliamo di 270 miliardi di dollari all'anno. E il flusso potrebbe aumentare: basta mettere a punto i meccanismi di riequilibrio delle convenienze finanziarie".
Gli investimenti privati in campo energetico si sono spostati sulle rinnovabili, ma i governi, quelli che dovrebbero guardare più lontano, continuano a sostenere i combustibili fossili con sussidi molto generosi.
"Proprio questi sussidi, 510 miliardi di dollari nel 2014, possono essere trasformati in un sostegno alla riconversione green diventando il motore di un'economia carbon neutral. Si tratta di calibrare i meccanismi di mercato: i soldi non mancano. Il sistema finanziario, dalle banche ai Fondi sovrani, ha a disposizione più di 200 trilioni di dollari che sono a caccia di investimenti proficui".
Finora sono stati destinati in buona parte all'economia tradizionale.
"Ma i segnali di cambiamento sono netti. Il Fondo sovrano norvegese, il più grande del mondo, ha deciso di disinvestire dal carbone. La Fondazione Rockefeller ha annunciato l'uscita dal business delle trivelle. Molti Paesi hanno fissato target di riduzione delle emissioni serra. Anche perché i vantaggi di questa scelta appaiono evidenti".
La spinta verso l'innovazione che aumenta la competitività?
"Questa è la ragione di fondo. Ma ci sono benefici su molti piani. Innanzitutto per l'occupazione: sostituiamo settori capital intensive con investimenti in attività che richiedono più lavoro. Poi c'è il problema sicurezza. Sicurezza ambientale. Ma anche sicurezza dell'approvvigionamento energetico. Puntare sulle rinnovabili vuol dire avere garanzie sulla disponibilità di energia a prezzi che non subiscono oscillazioni violente perché il vento e il sole sono ben distribuiti, mentre i giacimenti di combustibili fossili sono concentrati in alcune aree".
Aree come il Medio Oriente, in cui si registrano le tensioni più alte.
"Non si può immaginare che i Paesi del Medio oriente rinuncino dall'oggi al domani al petrolio. Ma in prospettiva potrebbero sostituirlo con l'energia solare e il processo porterebbe molti benefici".
Questi progetti finora non sono decollati nonostante l'allarme sui cambiamenti climatici che la comunità scientifica lancia da almeno trent'anni.
"È prevalsa a lungo una sensazione di impotenza che ha portato alla rimozione psicologica del problema: le forze in campo a difesa dello status quo sembravano troppo grandi per lasciar spazio al cambiamento. Ma oggi il quadro della situazione è cambiato in maniera radicale. C'è spazio per ripetere il successo ottenuto nella difesa dello strato di ozono che difende la vita sulla Terra".
In quel caso però l'allarme degli scienziati fu lanciato a metà anni Settanta e già nel 1987 fu firmato il protocollo di Montreal.
"Si trattava di eliminare solo una sostanza, i clorofluorocarburi. Questa volta il cambiamento è molto più radicale: è il passaggio da una fonte energetica a un'altra. Ma il meccanismo è lo stesso. Ha funzionato per i cfc, può funzionare per i gas serra. A patto di vedere la soluzione oltre il problema". http://www.repubblica.it/ambiente/2015/09/17/news/il_direttore_dell_unep_i_soldi_per_aiutare_la_green_economy_non_mancano_la_battaglia_contro_i_gas_serra_si_puo_vincere_-123061647/?ref=HREC1-44
Nessun commento:
Posta un commento