Il 2015 ha stabilito il triste primato di anno con il maggior numero di uccisioni di attivisti ambientalisti nel mondo. Lo sostiene un rapporto della organizzazione per i diritti dei popoli indigeni Global Witness. L'anno scorso sono stati registrati 185 omicidi in 16 paesi. I paesi più colpiti sono stati il Brasile (50 omicidi), le Filippine (33) e la Colombia (26).
La principale causa scatenante dei delitti sono le lotte contro i progetti minerari: seguono le lotte contro l'agribusiness, le dighe e il disboscamento. Nel 2015 il 40% degli attivisti uccisi appartenevano a gruppi indigeni. Global Witness ha documentato 16 omicidi opera di gruppi paramilitari, 13 dell'esercito, 11 della polizia e 11 di vigilantes privati.
Secondo la ong, "è probabile che il bilancio reale delle vittime sia molto più alto. Molti degli omicidi di cui abbiamo notizia sono avvenuti in villaggi remoti o in foreste profonde.
Per ogni delitto che siamo in grado di documentare, altri non possono essere verificati, o rimangono sconosciuti".
La principale causa scatenante dei delitti sono le lotte contro i progetti minerari: seguono le lotte contro l'agribusiness, le dighe e il disboscamento. Nel 2015 il 40% degli attivisti uccisi appartenevano a gruppi indigeni. Global Witness ha documentato 16 omicidi opera di gruppi paramilitari, 13 dell'esercito, 11 della polizia e 11 di vigilantes privati.
Secondo la ong, "è probabile che il bilancio reale delle vittime sia molto più alto. Molti degli omicidi di cui abbiamo notizia sono avvenuti in villaggi remoti o in foreste profonde.
Per ogni delitto che siamo in grado di documentare, altri non possono essere verificati, o rimangono sconosciuti".
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