Nel 2015 ben 49 incendi hanno colpito impianti di recupero o discariche in attesa di bonifica. Eventi casuali o attacco all’economia circolare?
Inceneritori al pettine di ADRIANA SPERA
L’Italia pianifica nuovi inceneritori, ma i rifiuti bruciano già. Solo nel 2015 sono stati quarantanove gli incendi che hanno danneggiato impianti di trattamento in Italia. Alcuni sono impianti di riciclaggio in funzione, altri appartengono a consorzi commissariati o sotto sequestro, altri ancora sono discariche abusive in attesa di bonifica. Tutti devastati dalle fiamme: incendi spesso inspiegabili, altre volte palesemente dolosi, diffusi in tutto il paese, ma concentrati nelle regioni che riciclano di più. A bruciare è soprattutto la plastica, non mancano però pneumatici, carta, compost, rifiuti speciali e pericolosi, rifiuti in attesa di corretto smaltimento, o già lavorati e pronti al riuso. I roghi si concentrano nel periodo estivo, tanto che diversi amministratori hanno imputato le fiamme a fenomeni di autocombustione.
«Un’ipotesi assolutamente ridicola – commenta Walter Ganapini, fra i massimi esperti sul ciclo dei rifiuti in Italia, oggi direttore generale Arpa Umbria – In termini probabilistici, se definiamo come accidentale più dell’1% dei casi, sovvertiamo le leggi fisiche e matematiche. Distruggere gli impianti di separazione e riciclaggio è un colpo pesantissimo alla filosofia europea di riuso, recupero e riciclo delle parti utilizzabili del rifiuto – continua Ganapini – È un favore molto grosso a chi detiene discariche e a chi vuole fare inceneritori sul modello dello Sblocca Italia». I danni maggiori si hanno nei territori in cui il riciclo è una realtà consolidata: il consorzio Cosmari, colpito a luglio, raccoglie l’80% dei rifiuti urbani in provincia di Macerata. «Abbiamo subito danni per alcuni milioni di euro – ha detto Giuseppe Giampaoli, direttore dell’azienda – È andato distrutto l’impianto di selezione della raccolta differenziata, insieme a molte balle di plastica, carta e materiali leggeri in genere. Entro quattro mesi entrerà in funzione l’impianto d’emergenza, per quello distrutto ci vorranno non meno di due anni». Le indagini sono ancora in corso, la procura ha aperto un fascicolo per incendio doloso. «Certo è curioso che tutti questi impianti vadano a fuoco – sottolinea Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – Alcuni casi saranno indipendenti, ma molti danno l’idea che ci sia una regia, sia per le dinamiche simili che per la frequenza degli eventi».
Le procure stanno seguendo i singoli casi indipendentemente. «Sia la commissione bicamerale di inchiesta sul Ciclo dei rifiuti, sia la direzione antimafia –aggiunge Ciafani – devono far luce sulla dimensione nazionale del fenomeno, sulla frequenza dei casi e sul numero effettivo di incendi dolosi». Non a caso le regioni che smaltiscono gran parte dei rifiuti in discarica sono quasi esenti dal fenomeno. In Sicilia, dove la percentuale di riciclo è poco superiore al 10%, c’è stato un solo incendio, in provincia di Agrigento. Sono colpite invece con maggiore frequenza le regioni del Centro- Nord, la cui percentuale di riciclo è mediamente superiore al 50%, e nelle quali la presenza di impianti di riciclaggio è più massiccia. Solo in provincia di Torino hanno preso fuoco cinque impianti fra aprile e luglio, otto in Lombardia, fra questi la Ddb ecologia di Limbiate, oggetto di intimidazioni e vittima di un rogo doloso nel 2009. L’azienda lombarda lo scorso anno è stata colpita da un attacco incendiario compiuto da sei persone e ha subito la distruzione di rifiuti speciali, balle di plastica e macchinari. Nell’agguato è stato aggredito anche il guardiano. Questi attacchi hanno distrutto milioni di tonnellate di rifiuti riciclabili, con un danno ambientale ed economico incalcolabile. Ma a preoccupare è anche il danno strutturale e di immagine per gli impianti di riciclaggio colpiti, proprio in una fase in cui la loro utilità all’espansione dell’economia circolare è evidente. http://lanuovaecologia.it/misteri-sui-roghi/
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