Molte persone sono pervase da un comprensibile senso di disagio quando passano per caso nei pressi di un macello. Vedere camion carichi di animali che entrano in un luogo da cui non faranno ritorno e immaginarsi quello che accadrà, non è piacevole ed è, quindi, un pensiero che viene immediatamente rimosso. E’ facile provare disagio anche alla vista di un carcere. Un disagio accomunato al precedente dalla “rimozione collettiva” che, nella nostra società, caratterizza i luoghi in cui le persone sono detenute e le persone stesse che, entrate in quei luoghi, diventano “socialmente invisibili”.
Un altro parallelo, tra la situazione degli animali “da reddito”e quella dei carcerati, è rinvenibile nelle condizioni di “non vita” cui sono assoggettati: ammassati gli uni sugli altri in spazi ridottissimi (come emerge dal rapporto 2016 dell’associazione Antigone), assai inferiori a quelli necessari per le più basilari esigenze. Nel caso degli animali da reddito, questa “non vita” si conclude con la morte nel macello, nel caso dei detenuti dovrebbe avere come conclusione il reinserimento nella società, il che è quasi impossibile viste le condizioni nelle quali viene scontata la pena (che, non è un caso, vengono spesso definite “bestiali”). Ecco, quindi, che si possono trovare parallelismi tra la condizione animale e la quella carceraria che mettono in discussione alcuni aspetti dell’attuale struttura sociale.
È giusto far nascere miliardi di animali ogni anno per poi ucciderli al fine di trasformarli in cibo? È possibile che l’unico modo che si è trovato per perseguire la giustizia sia rinchiudere dentro quattro anguste mura chi esce dalla “linea prestabilita”, dimenticandosi totalmente di lui il momento dopo il suo ingresso in carcere? Possono sembrare domande slegate tra loro. Ma come, sul piano teorico, è possibile trovare una connessione tra le due situazioni, così, sul piano pratico, tale legame ha un punto di emersione nell’esperienza svoltasi sull’isola di Gorgona.
Stiamo parlando del “Progetto Gorgona”, a sostegno del quale,sabato 18 giugno a Livorno, Essere Animali, Lav (Lega antivivisezione) e Ippoasi organizzano una manifestazione per chiedere alle autorità competenti (tra le quali, in primis, il ministro della Giustizia Andrea Orlando) il salvataggio di questa esperienza unica. Gorgona è dal 1879 un’isola carcere (l’ultima rimasta) dove scontano la propria pena alcune decine di detenuti che trascorrono molte ore della giornata all’aria aperta e hanno la possibilità di svolgere attività agricole e zootecniche. Grazie al precedente direttore del carcere, Carlo Mazzerbo, e al medico veterinario, Marco Verdone, negli anni scorsi è iniziato un percorso per la tutela degli animali presenti sull’isola e per la progressiva fine delle loro macellazioni.
Questo percorso ha, tuttavia, subito un brusco arresto con il cambiamento della direzione del carcere e con il trasferimento di Mazzerbo e Verdone: le macellazioni – che erano statetemporaneamente interrotte e che, nelle intenzioni degli ideatori del percorso, avrebbero dovuto cessare per sempre – sono da alcuni mesi riprese. Ciò ha spinto migliaia di persone a firmare una petizione con la quale si chiede che il percorso ideato da Mazzerbo e Verdone venga ripreso. Si sono mossi anche molti esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, firmando un appello pubblico nel quale si sottolineano l’importanza e unicità del “Progetto Gorgona”.
Recentemente poi, la scrittrice Susanna Tamaro è intervenuta sulle pagine de Il Corriere della Sera scrivendo le seguenti parole: “È giusto che persone che hanno avuto a che fare nella vita, a livelli diversi, con la violenza, si trovino, nel loro percorso rieducativo, ad esercitarla ancora una volta, conducendo al macello gli animali a loro affidati?”. Gorgona rappresenta la possibile concretizzazione di un’utopia (“Gorgona, l’isola che c’è”, recita lo slogan ideato da un’associazione che sostiene il progetto): un luogo in cui i detenuti potrebbero sperimentare relazioni diverse con gli animali, recuperando la propria individualità e scoprendo che anche gli animali ne hanno una, e in cui gli animali non abbiano come inevitabile destinazione il macello e i detenuti quale probabile destino il ritorno in carcere (il tasso di recidiva, pari all’80% a livello nazionale, a Gorgona scende drasticamente al 20%).
Ecco perché il ‘Progetto Gorgona’ deve essere salvato: bisognaconservare la possibilità di un futuro diverso, in cui gli animali “da reddito” non siano più considerati “pezzi di carne”, ma compagni di vita (come la maialina Bruna, salvata dal macello e adottata dai bambini di una scuola con il riconoscimento dello status di “animale rifugiato”) con un “provvedimento di grazia” dell’ex direttore Mazzerbo) e i detenuti non siano più considerati “scarti della società”. Le associazioni promotrici della manifestazione di sabato 18 giugno, da molto tempo chiedono di fermare subito le macellazioni. Il Progetto Gorgona aiutava i detenuti a essere uomini migliori e, allo stesso tempo, tutelava gli animali. Salviamolo! di Essere Animali | 18 giugno 2016 http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/06/18/in-piazza-contro-la-macellazione-degli-animali-dellisola-carcere-gorgona/2839821/
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