venerdì 18 ottobre 2013

Biogas, biocombustibili, industria chimica "agricoli" = truffa di stato

Per favorire la proliferazione delle centrali a biomasse e biogas  l' art 423. della legge 266 del 2005 (sostituito dall’art. 1, co. 369, l. finanziaria 27.12.2006, n. 296) ha stabilito che  la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario.  
Una intrepretazione che non solo consente di dare il la a centrali a biomasse e biogas ma anche alla produzione di prodotti chimici e biocarburanti, quindi ad assimilare ad attività agricole processi industriali basati non solo sulla trasformazione di prodotti agricoli ma anche su ulteriori processi (per es. purificazione del biogas per ottenere biometano, produzione di concimi chimici come solfato d'ammonio a latere della produzione di biogas).  In teoria, a partire da prodotti agricoli ottenuti dal fondo e dai prodotti chimici da essi ottenuti, si possono sviluppare una serie di ulteriori processi di trasformazione che possono portare ad ottenere prodotti in cui il valore della materia prima agricola originaria diventa infinitesimale.

Il citato art. della finanziaria 2006 infatti recita:

 «ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'art. 2135 c.c., co. 3, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario».


  

Come si calcola la prevalenza? Un ulteriore regalo alla lobby 

La condizione che queste attività industriali vengano considerate agricole e i loro proventi tassati quale "reddito agrario" è la "prevalenza". Ma qui si apre una questione enorme: prevalenza su che basi: fisiche? di valore economico? di contributo al prodotto energetico o chimico finale? La risposta a questo quesito è cruciale. Sono in gioco materie prime, sottoprodotti, rifiuti che hanno valore economco diversissimo (nel caso dei rifiuti negativo). Adottare un criterio fisico, piuttosto che economico, nel valutare la "prevalenza" ribalta completamente i termini del problema.

La circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 44 del 15 novembre 2004 chiariva che il requisito della prevalenza si debba ritenere soddisfatto quando i prodotti utilizzati nello svolgimento dell’attività connessa ed ottenuti direttamente dall’attività agricola svolta sul fondo risultano prevalenti rispetto a quelli acquistati presso terzi.  La successiva Circolare n. 32 del 6 luglio 2009 ha chiarito (si fa per dire) che, nello specifico, tale requisito sarà verificabile nell’ipotesi in cui sia  possibile un confronto quantitativo dei beni (ad esempio, scarti vegetali propri rispetto a quelli acquistati presso terzi). 
Nell’ipotesi in cui tale confronto quantitativo non sia possibile, in quanto i beni sono di natura diversa, si dovrà procedere ad un confronto basato sul valore degli stessi. Laddove risulti difficile una comparazione, in quanto i prodotti non sono suscettibili di valutazione (è il caso dei residui zootecnici), sarà sufficiente confrontare “a valle” del processo produttivo, l’energia proveniente dai prodotti propri rispetto a quella derivante dai prodotti acquistati da terzi.  

Tutto risolto? Per nulla. Perché molti "scarti" e "sottoprodotti" hanno un preciso valore economico, un mercato. Così come i rifiuti che hanno un preciso valore, ma negativo (ovvero chi li riceve percepisce un compenso). Trattando dell'infinota gamma di materie seconde, scarti, sottoprodotti e varie tipologie di rifiuti dovrebbe essere categoricamente escluso il criterio di valore e applicato solo quello del contributo all'energia prodotta. E' evidente che se la prevalenza delle materie vegetali e dei reflui zootecnici prodotti direttamente in azienda non viene osservata in termini di potenziale energetico l'imprenditore agricolo diventa un'imprenditore del trattamento scarti e rifiuti. Basterebbe coltivare pochi ettari (mediante terzisti) e utilizzare una minima quantità di biomasse aziendali. 

Resta il fatto che queste norme sono state pensate da chi "vedeva lungo", dalla lobby dell'energia e della chimica verde che ha il preciso obiettivo di sfruttare come un parassita che divora dall'interno l'ospite, sfruttando tutti i vantaggi del mimetizzare le proprie attività di trattamento rifiuti e di produzione chimica ed energetica da attività agricole. 




Un arbitrio palese che stravolge i fondamenti del diritto agrario 

L'arbitrarietà di queste norme, che stravolgono i fondamenti del diritto dell'impresa agricola, emerge palese quando si considera la disparità di trattamento applicata alle attività agrituristiche e a quelle di produzione di prodotti chimici a partire non già direttamente da materie prime agricole, ma da materie già oggetto di un primo processo di trasformazione. Perché l'attività di ospitalità turistica, di agrieducative ecc. che utilizzano attrezzature e risorse utilizzate in modo complementare con le attività di coltivazione e produzione zootecnica vengono considerate connesse all'attività agricola ma sostanzialmente diverse tanto da richiedere una verifica del criterio di prevalenza basato sull'impiego della risorsa lavorativa aziendale mentre la produzione chimica e il trattamento rifiuti di varia natura sono considerate attività agricole a tutti gli effetti? C'è una logica in tutto ciò se non la forza di influenza delle lobby?

La foglia di fico pudicamente applicata a questa truffa legalizzata è data dalla distinzione stabilita dall' Art. 2135 del codice civile tra le attività "comunque connesse" quali quelle "esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali" e quelle connesse ma in modo condizionale alla verifica di un ulteriore requisito ovvero quelle "dirette allafornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge". 

Così attività gestite da "Società agricole" di capitali che creano ex-novo impianti industriali al di fuori di qualsiasi  presistente struttura agricola, che coltivano superfici in affitto coltivate mediante terzisti non disponendo né di fabbricati né di attrezzature che caratterizzano qualsiasi impresa agricola, zootecnica, boschiva ecc., che trattano scarti e rifiuti e che gestiscono processi di chimica industriale di successiva trasformazione di prodotti intermedi ottengono tutti i benefici fiscali dello status di impresa agricola vedendosi tassato un reddito che consiste per lo più in una royalty (derivante dall'aver ottenuto l'autorizzazione all'esercizio dlel'impianto a "energie rinnovabili" che automaticamente consente di fruire per 20 anni della possibilità di incassare la lussuosa tariffa onnicomprensiva). In più beneficiano di contributi in conto capitale sui Piani di sviluppo rurale (sic), fruiscono delle agevolazioni sui carburanti agricoli ecc. ecc.  

Una vera truffa di stato possibile in forza della trasformazione degli appareti pubblici in maggiordomi premurosi e ossequiente delle lobby. 


http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2013/10/biogas-biocombustibili-industria.html

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