http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/08/articolo/3240/
Come inchiostro simpatico
La prima prova, la carta che poteva raccontare cosa si cela nella pancia della gigantesca discarica di Latina sparisce appena esce dalla tomba dove era stato sotterrato. «È come il nastro degli 007 - commenta Pecorella - che dopo essere stato ascoltato si dissolve».
A Latina non sono solo i veleni di Borgo Montello a volatilizzarsi. Del sequestro di migliaia di fusti in un deposito a Pontinia non c'è più traccia. «Personalmente, non sono riuscita a recuperare eventuali procedimenti penali», racconta con una vena di sconforto Nunzia D'Elia. Forse era un episodio minore, uno di quei processi da Pretura, che finiscono subito negli archivi. Ma non era così. Basta rileggere quello che scriveva la commissione rifiuti guidata da Scalia nel 2000: «Il sequestro di Pontinia è stato (in termini quantitativi) il più rilevante del genere mai effettuato in Italia ed esso è stato lo spunto per un'attività di indagine autonoma della Commissione (...) per valutare l'esistenza o meno di una sorta di holding affaristico-criminale attiva sul territorio nazionale nel ciclo dei rifiuti». Si trattava di 11.600 fusti, con i residui delle industrie farmaceutiche e chimiche di rilievo nazionale. Rifiuti stoccati a partire dal 1997 dalla società Sir di Roma, al centro del complesso intreccio societario che Massimo Scalia ricostruì dieci anni fa. Ma di tutto questo non c'è più una sola traccia a Latina.
Camera dei deputati http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/doc/xxiii/016/d030.htm
rapporto ecomafie 1998 http://www.scribd.com/doc/47260001/RAPPORTO-ECOMAFIA-1998
Come inchiostro simpatico
La prima prova, la carta che poteva raccontare cosa si cela nella pancia della gigantesca discarica di Latina sparisce appena esce dalla tomba dove era stato sotterrato. «È come il nastro degli 007 - commenta Pecorella - che dopo essere stato ascoltato si dissolve».
A Latina non sono solo i veleni di Borgo Montello a volatilizzarsi. Del sequestro di migliaia di fusti in un deposito a Pontinia non c'è più traccia. «Personalmente, non sono riuscita a recuperare eventuali procedimenti penali», racconta con una vena di sconforto Nunzia D'Elia. Forse era un episodio minore, uno di quei processi da Pretura, che finiscono subito negli archivi. Ma non era così. Basta rileggere quello che scriveva la commissione rifiuti guidata da Scalia nel 2000: «Il sequestro di Pontinia è stato (in termini quantitativi) il più rilevante del genere mai effettuato in Italia ed esso è stato lo spunto per un'attività di indagine autonoma della Commissione (...) per valutare l'esistenza o meno di una sorta di holding affaristico-criminale attiva sul territorio nazionale nel ciclo dei rifiuti». Si trattava di 11.600 fusti, con i residui delle industrie farmaceutiche e chimiche di rilievo nazionale. Rifiuti stoccati a partire dal 1997 dalla società Sir di Roma, al centro del complesso intreccio societario che Massimo Scalia ricostruì dieci anni fa. Ma di tutto questo non c'è più una sola traccia a Latina.
Camera dei deputati http://www.camera.it/_dati/leg13/lavori/doc/xxiii/016/d030.htm
rapporto ecomafie 1998 http://www.scribd.com/doc/47260001/RAPPORTO-ECOMAFIA-1998
http://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=179&ved=0CGkQFjAIOKoB&url=http%3A%2F%2Fwww.stopndrangheta.it%2Ffile%2Fstopndrangheta_583.doc&ei=wvZtT-_4Jor2sgaescSLAg&usg=AFQjCNERiK80LVigzA_DVTD278EFhAgiAA
Camera dei deputati e senato della Repubblica DOCUMENTO SUI TRAFFICI
ILLECITI E LE ECOMAFIE (Relatore: Presidente MASSIMO SCALIA)
Approvato nella seduta del 25 ottobre 2000
Basti citare, a titolo di esempio, quanto verificatosi a Pontinia, dove la Commissione ha individuato un sito in cui erano stati stoccati oltre undici mila fusti per il trasporto di rifiuti pericolosi che dovevano essere recuperati, ma mancavano i macchinari per le diverse fasi di lavorazione; la società aveva presentato una semplice comunicazione di inizio attività, che non era palesemente in grado di svolgere. Per questi motivi la Commissione ha convocato sul posto l'autorità giudiziaria di Latina, che ha provveduto al sequestro dei fusti e dell'area.
Tale meccanismo viene utilizzato anche per la gestione illecita della frazione secca dei rifiuti solidi urbani: in pratica tale materiale, anziché essere riciclato, viene inviato allo smaltimento abusivo, con ciò truffando in primo luogo il cittadino che aderisce alla raccolta differenziata e paga per tale servizio.
commissione Senato di Pontinia si parla a pag. 58 e 59 http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/14139.pdf
fusti tossici Mazzocchio Pontinia
collegamenti ditta SIR
VITTORIO UGOLINI
Socio al 50% della SIR (Società Imprese Riunite S.r.l.) di Roma.
Nel gennaio 1999 ne diventa direttore tecnico.
Socio al 50% della TIBURTINA GESTIONI S.r.l. di Roma.
Socio al 30 % della BOHEMIA S.r.l. di cui è stato anche amministratore
unico.
Nel 1992 costituisce a Roma, con Marina D'Innocenti e Liborio Polizzi,
la BOHEMIA SICILIA S.r.l.
Titolare del 22.1 % delle quote sociali della INES SUD S.r.l. (dato
riferentesi al 30 Maggio 1998).
o Vedere connessioni con Vincenzo Fiorillo
e Francesco Rando.
GRUPPO S.I.R. SOCIETA IMPRESE RIUNITE S.r.l.
La
S.I.R. costituita nel 1982 ha sede a Roma, via Buccari 3.
Capitale sociale 20 milioni.
Detiene quote di capitale delle seguenti società:
- 25% della ECODASTY S.r.l. di Caserta.
- 80% della SATECO S.r.l..
- 50% delle IMPRESE RIUNITE SPRA SCRI..
Il 75% del capitale della ECODASTY S.r.l.
è controllato dalla D.E.S.
DASTY ECOLOGICAL SERVICE S.r.l.
La IMPRESE RIUNITE SPRA SCRI, è
controllata per il 50% dalla NUOVA SPRA AMBIENTE
S.p.A. di Napoli. Quest'ultinia società
inizialmente (1972) era denominata SPRA S.p.A. (attiva nella raccolta, nel
trasporto, nello stoccaggio e nel trattamento dei rifiuti). Cambia
denominazione nell'aprile 1998 e, contemporaneamente, si verifica la fusione
per incorporazione nella EMAS AMBIENTE (già COLUCCI APPALTI).
Si osserva che il capitale sociale della
SPRA era diviso tra la S.I.R. di Ugolini e Fiorillo e il gruppo Colucci.
Infine, la EMAS AMBIENTE ha sede a Napoli,
capitalesociale 1 miliardo
detenuto da ERCOLE MARELLI SERVIZI
AMBIENTALI S.p.A.
La EMAS controlla il 49% del capitale
sociale della LATINA AMBIENTE
(dati al maggio 1998).
Da notizie di fonte notarile si ha
conferma del fallimento di questa
società (S.I.R. Società Imprese Riunite
S.r.l.).
Ulteriori ricerche hanno condotto alla
individuazione di una Società
ATA ECOLOGIA S.r.l. costituita il
5.11.1997 dal Notaio Mangiapane Paolo Bruno Maria, il medesimo studio notarile che
aveva redatto l'atto costitutivo, nel 1982, della citata S.I.R.
L’ATA ECOLOGIA S.r.l. ha un capitale
sociale di 20.000.000 di lire
Inizio attività il 10.06.1999
Tra quanto previsto nell'oggetto sociale:
lo stoccaggio, provvisorio e
definitivo, nonché il trattamento di
rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, compreso il loro autotrasporto
per conto proprio e conto terzi.
Per quanto riguarda la sede, prima
risultava in via di Valleranello
111 mentre ora è al 281 della medesima
via, in posizione attigua ad un laboratorio di prodotti chimici.
Dalla documentazione ufficiale
dell’inchiesta condotta dalla
Commissione Parlamentare risulta che in
Via Valleranello 281 in Roma era registrate, come già indicato in altra parte
dell’inchiesta,
le seguenti società: la SATECO S.r.l.
Servizi Applicazioni Tecnico Ecologiche.
la BOHEMIA S.r.l. la INES SUD S.r.l.
Presidente del Consiglio di amministrazione
della ATE ECOLOGIA, Fabio
Primiani (dal 2.05.2001).
Consiglieri di amministrazione (sempre
dalla data dei 2.05.2001)
Francesca Neri, Alessandro D'Innocenti.
Dalla visura camerale si è accertato che
la ATE ECOLOGIA S.r.l. ha
assunto tale denominazione sociale nel
1998. Il protocollo nr. 18730/1 dei 18.02.1998 relativo al verbale
dell’assemblea straordinaria per il cambio di denominazione/ragione sociale
tenutasi il 21.01.1998, atto pubblico
redatto dal notaio Mangiapane Paolo Bruno
Maria, repertorio n.
58330/6508 in Roma (RM), omologato in data
11.02.1998 n. 1193. atto iscritto il 18.02.1998.
indica Variazione della denominazione.
Denominazione precedente SIR GROUP S.r.l. trascrizione iscritta il 18.02.1998.
intero documento vedi
10 FEBBRAIO 2014
interrogazione M5S fusti tossici a Pontinia
caso isolato o organizzazione? quali collegamento con Latinambiente?
L'interrogazione
in merito al destino degli 11.600 fusti tossici di Mazzocchio, rinvenuti nel
1997 nell'area industriale del comune di Pontinia riapre una pagina poco
conosciuta o dimenticata forse troppo in fretta. C'è da chiedersi (come se lo
chiedeva la commissione parlamentare presieduta da Massimo Scalia lo stesso che
interrogherà sul traffico dei rifiuti Carmine Schiavone nei famosi atti poi
secretati e resi pubblici solo lo scorso anno) se si era trattato di un singolo
episodio oppure di un'organizzazione. Di certo secondo i documenti dell'epoca
ci sono collegamenti della ditta SIR (che la commissione parlamentare individua
come gestore del sito vengono rinvenuti a Mazzocchio i fusti sequestrati) per
esempio con Latina Ambiente e con il gruppo Colucci recentemente interessati da
arresti. Secondo Andrea Palladino in un suo articolo su http://www.ilfattoquotidiano. it/2013/10/10/rifiuti-tossici- nel-sud-del-lazio-aperta- inchiesta-dopo-dichiarazioni- di-schiavone/738879/ ci
sarebbe il collegamento con altre persone già attenzionate dalla Criminalpol.
Al di là degli atti parlamentari e delle indagini effettuate quasi 20 anni fa è
importante capire se certi fenomeni si siano interrotti o se siano continuati
nel territorio pontino e come e dove. Sopratutto in relazione ai fatti analoghi
di Aprilia, Borgo Montello, Penitro. Oppure a singoli episodi di sequestri e
arresti come era successo lungo l'Ufente un paio di anni fa in almeno due
situazioni. Risulta quanto mai urgente che quindi la politica, dopo 20 anni
persi, stando alle cronache dell'ultimo periodo, diventi sentinella attiva del
territorio e predisponga atti per prevenire fenomeni simili. Come quelli
raccontate da diverse procure che stanno indagando per esempio sullo
smaltimento illecito di rifiuti magari mascherati da finto compost o da
conferimenti nelle centrali a biogas e a biomasse. Interessante le osservazioni
della commissione parlamentare che si chiede se c'erano “collegamenti con altri episodi illeciti avvenuti in altre aree
del Paese, e per valutare l'esistenza o meno di una sorta
di holding affaristico- criminale attiva sul territorio nazionale
nel ciclo dei rifiuti” e anche “Diversi gruppi imprenditoriali sono
stati inizialmente analizzati in maniera separata; l'incrocio successivo dei
dati emersi ha evidenziato collegamenti tra gli stessi gruppi, elemento di cui
si dà conto nella parte conclusiva del documento. Dall'esposizione, infatti,
emergono nettamente gli stretti rapporti che corrono tra società che operano
nelle diverse fasi del ciclo dei rifiuti e, più concretamente, la
riconducibilità delle stesse ad un ristretto giro di operatori, chiaro indice
di un'assenza di trasparenza del settore e del delinearsi di un sostanziale
oligopolio. “ secondo la commissione parlamentare “La ditta
responsabile dell'impianto è stata individuata nella SIR SRL di Roma che aveva
iniziato ad utilizzare l'area sin dal febbraio 1997, dando la comunicazione di
inizio attività alla regione Lazio solo nel luglio 1997. Dalla lettura dei
documenti presenti nell'area emersero ulteriori episodi singolari, come ad
esempio il trasporto effettuato nel settembre 1997 di 9 tonnellate di residui di
polipropilene; partito da Avezzano il 9 settembre, il camion giunse a Roma
(presso la sede della SIR) dopo quindici giorni, il 24 settembre. Dopo una
sosta di sei giorni, il medesimo camion ripartì il 30 settembre alla volta di
Pontinia”. Secondo altre informazioni VITTORIO UGOLINI era Socio al 50%
della SIR (Società Imprese Riunite S.r.l.) di Roma. GRUPPO S.I.R. SOCIETA
IMPRESE RIUNITE S.r.l.
La S.I.R. costituita nel 1982 ha sede a Roma, via Buccari 3. Deteneva
quote di capitale delle seguenti società:
- 25% della ECODASTY S.r.l. di Caserta.
- 80% della SATECO S.r.l..
- 50% delle IMPRESE RIUNITE SPRA SCRI..
Il 75% del capitale della ECODASTY S.r.l. è controllato dalla D.E.S. DASTY
ECOLOGICAL
SERVICE S.r.l.
La IMPRESE RIUNITE SPRA SCRI, era controllata per il 50% dalla NUOVA SPRA
AMBIENTE
S.p.A. di Napoli. Quest'ultinia società inizialmente (1972) era denominata SPRA
S.p.A. (attiva
nella raccolta, nel trasporto, nello stoccaggio e nel trattamento dei rifiuti).
Cambia denominazione
nell'aprile 1998 e, contemporaneamente, si verifica la fusione per
incorporazione nella EMAS
AMBIENTE (già COLUCCI APPALTI). Si osserva che il capitale sociale della SPRA
era diviso tra la S.I.R. di Ugolini e Fiorillo e il gruppo Colucci.
Infine, la EMAS AMBIENTE ha sede a Napoli, capitalesociale 1 miliardo detenuto
da ERCOLE
MARELLI SERVIZI AMBIENTALI S.p.A. La EMAS controlla il 49% del capitale sociale
della LATINA AMBIENTE
(dati al maggio 1998 da
http://www.mauriziomelandri. it/documenti/pdf/La_rifiuti_ connection.pdf ).
Interessante notare il collegamento con il gruppo Colucci e con la Latina
Ambiente. Scriveva lo scorso anno Andrea Palladino a proposito su
Ilfattoquotidiano on line “ Alla procura di Latina non c’è però traccia di
un procedimento su quello che venne definito come uno dei principali
ritrovamenti di rifiuti pericolosi degli anni ’90, mentre i documenti acquisiti
tra il 1997 e il 1998 dalla commissione sul deposito di Pontinia non
appaiono nell’elenco dei fascicoli liberamente consultabili. Secretati, come le
parole di Schiavone, la cui audizione continua a non essere pubblica,
nonostante le assicurazioni di un mese della presidenza della Camera. Quei
fusti di Pontinia erano gestiti da un imprenditore di rilievo, attivo ancora
oggi, Vittorio Ugolini. Il suo nome appare in una informativa della Criminalpol
di Roma datata 12 dicembre 1996, come uno dei tanti imprenditori in stretto
contatto con Cipriano Chianese, avvocato considerato in molte inchieste la
mente dei traffici gestiti dai casalesi, oggi imputato per disastro
ambientale.”
Rifiuti tossici nel sud del Lazio, aperta inchiesta
dopo dichiarazioni di Schiavone
La Procura di Cassino cerca i fusti
velenosi di cui ha parlato l'ex collaboratore di giustizia del clan del
Casalesi. Sospetti sulla cava di Penitro, a Formia, appena riattivata con
un'ordinanza del sindaco
di Andrea Palladino |
10 Ottobre 2013
Carmine Schiavone di dubbi non ce
n’erano. “Abbiamo sversato veleni anche nel sud del Lazio”, ha
sempre dichiarato, dal 1993 ad oggi. Parole ripetute davanti alle telecamere nei mesi scorsi,
per gli amanti del dubbio. La procura di Cassino ha
deciso di andare fino in fondo, andando a cercare i fusti tossici,
dopo aver ascoltato le parole dell’ex collaboratore di giustizia. Lo ha fatto
su un territorio che fino a qualche giorno fa apparteneva ad un altro
Tribunale, quello di Latina, passato sotto la sua giurisdizione dal
primo ottobre, dopo la riorganizzazione decisa dal governo. Con un’inchiesta
che parte da Formia – città roccaforte da trent’anni di almeno
cinque gruppi di camorra – dove i sospetti si sono concentrati su una
cava, Penitro. Uno sversatoio chiuso diverse volte, ma
tornato attivo qualche giorno fa dopo un’ordinanza del sindaco Sandro
Bartolomeo.
Ha una storia curiosa la cava di Formia.
Il nome è riportato nella copiosa rassegna stampa che la Polizia provinciale
presentò alla commissione d’inchiesta sui rifiuti nel 1997 –
presidente Scalia – per mostrare le tante operazioni
realizzate alla caccia dei veleni. Il primo sequestro dell’area era avvenuto il
14 aprile del 1991. La replica arriva sei anni dopo, nel 1997, quando la
polizia provinciale rimette i sigilli nella discarica, trovando – sotto uno
strato di argilla – alcuni contenitori da 200 litri “con sostanze
tossiche e nocive”. All’epoca la notizia aveva ricevuto un certo rilievo,
con l’apertura di un’indagine contro ignoti da parte della procura di Latina.
Caso archiviato qualche anno dopo, nel 2001. Nessuno sa, però, se
l’amministrazione comunale ha bonificato l’area. Non risultano, al momento,
neanche delle ricerche specifiche per verificare se i due contenitore da 200
litri fossero solo la punta di iceberg ben più pericoloso. La cava, nel
frattempo, sta continuando a ricevere rifiuti inerti, che coprono
l’area del sospetto sversamento di rifiuti tossici.
Gli anni ’90 furono un decennio tragico
per il sud pontino. Nel 1997, durante un’ispezione della commissione Scalia, i
parlamentari scoprirono, in un deposito di Pontinia, 11.600
bidoni contaminati, molti dei quali ancora pieni di scorie. Un ritrovamento
che ha poi occupato diverse pagine della relazione finale. Alla procura di
Latina non c’è però traccia di un procedimento su quello che venne definito
come uno dei principali ritrovamenti di rifiuti pericolosi degli anni ’90,
mentre i documenti acquisiti tra il 1997 e il 1998 dalla commissione sul
deposito di Pontinia non appaiono nell’elenco dei fascicoli liberamente
consultabili. Secretati, come le parole di Schiavone, la cui
audizione continua a non essere pubblica, nonostante le assicurazioni di un
mese della presidenza della Camera. Quei fusti di Pontinia erano
gestiti da un imprenditore di rilievo, attivo ancora oggi, Vittorio
Ugolini.
Il suo nome appare in una informativa
della Criminalpol di Roma datata 12 dicembre 1996, come uno
dei tanti imprenditori in stretto contatto con Cipriano Chianese,
avvocato considerato in molte inchieste la mente dei traffici gestiti dai
casalesi, oggi imputato per disastro ambientale. Nella lunga lista dei veleni
del sud del Lazio il primo posto tocca alla discarica di Borgo Montello. “Qui portavamo i
fusti tossici”, ha raccontato Carmine Schiavone. Oggi le analisi dell’Arpa
Lazio dimostrano – dati alla mano – la presenza di sostanze di origine
industriale nelle falde acquifere. Dagli archivi spunta l’unica
sentenza di condanna per l’avvelenamento di quel sito, del gennaio 1997:
quattro mesi di reclusione per l’allora direttore della discarica, Adriano
Musso. Motivo: “Aver effettuato fasi di smaltimento di rifiuti tossici e
nocivi”. Nessuno, però, ha mai cercato il corpo del reato. Quei veleni sono
ancora lì.
9 OTTOBRE 2008
Sistema Cosentino
di Marco Lillo
Quattro pentiti accusano: il sottosegretario era al servizio dei boss
casalesi. Ecco tutti gli affari del politico di Casal di Principe. Con una
holding di famiglia a cui avevano negato il certificato antimafia
L’espresso - Speciale Casalesi
http://temi.repubblica.it/espresso-speciale-casalesi/2008/10/14/sistema-cosentino/?printpage=undefined
L’impero Cosentino Il gruppo è composto da
Aversana gas, Aversana Petroli (ingrosso); Ip Service (distributori di
benzina); Immobiliare 6C e Agripont, che ha comprato una fattoria di 180 ettari
a Pontinia, in provincia di Latina. Ma la società centrale è la Aversana
Petroli, 80 milioni di euro di fatturato, fondata nel 1975 da papà Silvio ‘o
Americano’, come lo chiamavano tutti per i rapporti di affari con gli Alleati
nel primo dopoguerra.
Il settimanale di Latina SETTEMBRE ottobre 2011
Sep impianto di compostaggio a Mazzocchio Pontinia, la storia
1. parte "Il settimanale di Latina" del 17 settembre 2011
Tra i problemi ambientali di Pontinia è riemerso periodicamente il problema
dell'impianto di compostaggio realizzato nell'area industriale di Mazzocchio.
Tale impianto secondo i cittadini, i diversi comitati locali (di Pontinia, ma
anche di Sonnino e Priverno a poche centinaia di metri dalla zona industriale),
le aziende della zona avrebbe provocato emissioni moleste. In altre parola la
cosiddetta “puzza” che in certi periodi si è sentita anche a decine di km di
distanza, nello stesso centro abitato di Pontinia. L'ultimo periodo ha visto la
chiusura dell'impianto in seguito al sopralluogo del consigliere provinciale
(residente a Cori) Nuglio, interessato da alcuni cittadini della zona. Nuglio è
stato accompagnato da Eligio Tombolillo (che oltre a sindaco è anche
consigliere provinciale) e sarebbero stati segnalati alcuni adeguamenti.
L'ennesima chiusura temporanea ha registrato una forte presa di posizione
dell'assessore comunale di Pontinia, Patrizia Sperlonga dichiarando che non
avrebbe votato nessun altro documento in favore della società che gestisce
l'impianto. Infatti, nonostante le diverse richieste, segnalazioni, denunce,
anche chiusure deliberate dal comune di Pontinia, lo stesso vi conferisce (ad
un prezzo notevolmente più basso rispetto a quello di mercato) la parte umida
dei rifiuti. Conferire a Mazzocchio anziché ad altri centri analoghi della zona
(tra Aprilia e Nettuno) consente un risparmio mensile di 3.000 €. Per
comprendere l'irrisorietà del risparmio la raccolta differenziata a Pontinia ha
raggiunto il 20% (1/3) rispetto ai limiti di legge risparmiando 100 mila euro,
rispetto al conferimento in discarica. Quindi arrivando alla quota di legge
Pontinia, anche conferendo altrove risparmierebbe l'anno oltre 250 mila euro,
con la vecchia tariffa, oggi aumentata del 17% e di cui nessuno parla. I
politici locali della destra hanno cercato di alimentare una polemica inutile
sulle colpe dimenticando che l'impianto è stato autorizzato dalla Regione Lazio
proprio quando era presidente Storace (fino al 2005) e sindaco Mochi (dal
maggio 2003 al dicembre 2005). Quello che dispiace leggere sono le polemiche
fine a sé stesse e non una proposta e un'analisi seria e costruttiva per la
risoluzione del problema. Previsto da chi scrive, ancora una volta inascoltato,
già dalla seconda metà degli anni '80. E gli stessi polemisti dimostrano di non
conoscere, oltre alla tecnica, nemmeno le date. La richiesta di autorizzazione
per l'impianto di compostaggio inizia nel 2002, mentre l'iter burocratico di
autorizzazione (che dura 5 anni) si perfeziona nel periodo agosto 2003 – agosto
2004. La prima autorizzazione era del 18/08/2003, nonostante le prescrizioni ostative
del comune di Pontinia (giunta di sinistra sindaco Tombolillo). La Regione
imponeva il rispetto di 25 prescrizioni. Secondo la società proponente e il suo
tecnico a tale prescrizioni si adempiva il 18/8/2004. L'azienda, senza alcun
controllo, dichiarava l'inizio del trattamento per la produzione di compost il
13/01/2004. Sempre la stessa società dichiara di iniziare a produrre compost di
qualità nei primi mesi del 2005.
http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/09/sep-impianto-di-compostaggio-mazzocchio.html
2. parte "Il settimanale di Latina" del 24 settembre 2011
L'autorizzazione concessa all'impianto di compostaggio prevedeva il
conferimento da parte di industrie agro alimentari (scarti di vegetali e
materiale inutilizzabile), fanghi da aziende agricole, industrie di vario
genere (legno, pannelli. Segatura, trucioli), iniziano a conferire i comuni di
Ceccano, Pomezia, Gaeta, Sabaudia, Sermoneta, Sonnino, Alatri, Piglio con
rifiuti solidi urbani organici, vari Enti (comunità montane, Fiuggi terme) sempre
con rifiuti solidi urbani. L'attività anziché iniziare in apposito stabilimento
o sito industriale realizzato con le caratteristiche specifiche veniva
installato in una parte di un vecchio capannone industriale già della Pressati
legno. Secondo gli accertamenti, sopratutto da parte dell'Arpa Lazio, nel
periodo marzo 2005 – novembre 2007, individuavano alcune anomalie e mancato
rispetto della prescrizioni tra l'altro di: ambiente lavorativo non coibentato,
inattivazione del sistema di abbattimento di odori, inosservanza della
prescritta gestione del sistema di scarico delle acque industriali, compost
raccolto all'aperto senza la dovuta copertura, presenza di percolato
all'interno e all'esterno dello stabilimento. In seguito a tali accertamenti
dal settembre 2004 ai primi mesi del 2005 l'impianto non produceva compost. Una
parte del compost sparso su un terreno della zona veniva accusato di emissioni
maleodoranti. Nel mese di marzo 2005 arrivano le prime lamentele dei cittadini
di Mazzocchio, cui seguiva la diffida del vice sindaco dell'epoca , il
12/05/2005, e del capo settore del comune di Pontinia a far cessare le
emissioni maleodoranti con modalità e mezzi conformi alle leggi in materia. Il
19/05/2005 arriva l'ordinanza del sindaco di far cessare immediatamente e
comunque entro 8 giorni, qualsiasi emissione in atmosfera di aeriformi
maleodoranti. Il 27/5/2005 il consorzio per lo sviluppo industriale denunciava
il gestore dell'impianto di compostaggio per uno scarico abusivo di liquami. Il
16/6/05 l'Arpa Lazio rilevava l'inadeguato abbattimento di odori, eccessive
quantità di materiale stoccato, movimentazioni irregolari di materiale,
mancanza del rispetto dei tempi di lavorazione, prodotto che non poteva essere
definito ammendante, nemmeno compost di qualità. Il sindaco di Pontinia il
24/6/05 emetteva l'ordinanza di sospensione dell'attività produttiva. Il
18/7/05 in seguito ad autocertificazione degli adempimenti il sindaco revocava
tale ordinanza. Il presidente della Regione Marrazzo chiedeva il 7/7/05 ulteriori
verifiche all'impianto chiedendo al sindaco di valutare la revoca della seconda
ordinanza (che revocava la 1.). A questo punto Marrazzo imponeva altre 8
prescrizioni. Il Sindaco di Pontinia chiedeva, dopo la lettera di Marrazzo,
all'Arpa Lazio il monitoraggio delle esalazioni il 20/7/05 con un telefax
urgente. Difatti all'urgenza dopo oltre 3 mesi, l'Arpa Lazio rispondeva che “la
nostra struttura non esegue analisi e verifiche di odori molesti”. Il 12/12/05
alcuni cittadini presentavano ricorso al Tribunale contro l'impianto di
compostaggio.
La terza parte della storia dell'impianto di compostaggio di Mazzocchio Il
30 settembre è scaduto il termine ufficiale per l'adeguamento del contrastato
impianto di compostaggio di Mazzocchio. Nulla si sa se le opere sono da
ritenersi concluse e l'impianto può riprendere il normale funzionamento.
Ma siamo nella media della storia recente, basta vedere la lentezza o
l'inerzia degli enti competenti a tutelare non solo il territorio e
l'ambiente, ma sopratutto la salute con l'esperienza delle 7 discariche
“scoperte” dopo anni che ne
scrivevamo. Oppure il degrado del fiume Linea di cui sui documenti degli Enti interessati si legge che il fenomeno è noto e ripetuto.
Tornando all'impianto di compostaggio la Provincia di Latina invia una delle tante note di diffida il 31/3/2006, in base ai rilievi dell'Arpa in data 2/3/2006. L'esito delle analisi in contraddittorio avevano evidenziato “superamento dei limiti parametrici fissati dalla tab. 3 allegata al D.Lgs. 152/99. Le acque reflui avevano concentrazione di azoto nitrico di 130 mg/l, cloruri di 1915 mg/l superando i limiti imposti, come per l'azoto ammoniacale, l'azoto nitroso, i solidi sospesi. Queste sostanze possono creare odori molesti nell'atmosfera.
La Provincia imponeva quindi il funzionamento dell'impianto di depurazione in modo da rientrare nei parametri di legge con alcune verifiche e metodi di controllo e misurazione. Questa diffida veniva pubblicata il 4 aprile sul quotidiano La Provincia creando “uno stato di gravissima preoccupazione per la salute dei residenti nella zona di Mazzocchio”. Il 26/6/2006 il Commissario delegato della Regione Lazio per l'emergenza ambientale diffidava il gestore dell'impianto di compostaggio attivando le procedure di legge. Il 4/7/2006 alcune sigle sindacali inviavano al Prefetto di Latina la richiesta urgente in quanto , secondo la nota, l'impianto di compostaggio “da diversi giorni emana odori malsani mettendo a rischio la salute dei dipendenti e dei lavoratori delle aziende limitrofe”. In quel periodo sia i dipendenti che alcuni residenti venivano visitati nel locale pronto soccorso per vertigini, conati di vomito, bruciare agli occhi, cefalea e altro causati, secondo i pazienti, dagli odori emessi dall'impianto di compostaggio. Tale situazione veniva accertata anche dalla Polizia Locale insieme a materiale putrescibile stoccato nell'azienda di compostaggio. Nuova diffida del comune di Pontinia e richiesta del 7/8/2006 del Sindaco Tombolillo della revoca dell'autorizzazione al trattamento dell'impianto di compostaggio. Il Sindaco rilevava che “si sono verificati anche alcuni decessi di ovini che pascolavano nei terreni limitrofi all'impianto, sui quali il servizio veterinario dell'Asl sta svolgendo accertamenti”. La Procura evidenziava una serie di violazioni di legge sia di tipo amministrativo (registri, controlli), sia tecnici (mancati o insufficienti funzionamenti di impianti), scarichi non regolari, attività ed esercizi non autorizzati. Successivamente l'Arpa provvedeva al campionamento di compost proveniente dall'impianto in questione e non risultava adeguato alle norme vigenti per la presenza di materiale metallico non conforme provocando inquinamento del suolo.
L'ultima parte (per ora) dell'impianto di compostaggio di Mazzocchio Come avevamo previsto non è stato risolto l'annoso problema dell'impianto di compostaggio di Mazzocchio. Continuando nella 4. puntata del riassunto delle tante vicende autorizzative, controlli, verifiche e prescrizioni arriviamo al 5/3/2007 la Provincia di Latina, dopo l'ennesimo sopralluogo del 17/01, comunicava ai vari enti interessati alcune carenze nel processo di lavorazione, nonché nel trattamento dei rifiuti e delle acque reflue. Anche le emissioni in atmosfera non sono idonee in quanto il relativo impianto di abbattimento risultava fermo. Le analisi effettuate dimostravano, comunque, il rispetto dei limiti di legge. All'interno di una relazione di un CTU (consulente tecnico di ufficio incaricato dal Tribunale di Latina) si evidenziavano alcuni difetti nella gestione della filiera di trasformazione e venivano indicate alcune azioni migliorative. Quindi la procura di Latina contestava alla società le emissioni in atmosfera prive di trattamento depurativo, considerato
che il sistema di abbattimento era inattivo e pertanto non venivano osservate le prescrizioni contenute nell'autorizzazione. Comunque il commissario regionale per l'emergenza ambientale concedeva una nuova
autorizzazione all'impianto di compostaggio in data 5/7/2007 valida fino al 30/11/2009 (poi prorogata fino al 28/02/2010), osservando che la società aveva ottemperato a tutte le prescrizioni impartite dalla Provincia di Latina nel corso del sopralluogo del 16/4/2007. Con tale autorizzazione veniva fissato il limite di 180 tonnellate giornaliere di ingresso e venivano impartite nuove prescrizioni per il trattamento e la lavorazione. Veniva imposto il monitoraggio ambientale con cadenza mensile per 6 mesi, delle emissioni gassose e delle acque profonde e superficiali. Dal 21/08 al 06/09/2007 la Polizia Locale di Pontinia effettuava una serie di sopralluoghi constatando la presenza di odori poco gradevoli che duravano per diverso tempo e venivano avvertite in diverse zone e strade dell'area industriale. Secondo un altro CTU la società che gestisce l'impianto nel periodo marzo 2005 – novembre 2007 avrebbe determinato per negligenza o inadempienza:
l'inquinamento olfattivo, l'inquinamento del suolo e delle falde acquifere, nonché allarme sociale. Nel mese di marzo 2010 la Provincia di Latina negava il rinnovo dell'autorizzazione all'impianto di compostaggio per la trasformazione dei rifiuti semplici in compost di qualità. Questo a causa delle analisi di scarico delle acque con inquinamento del suolo, delle falde acquifere e del fosso di San Carlo. Da ricordare anche i diversi incontri presso la Prefettura di Latina, con una serie di accordi migliorativi dell'impianto. Alla fine di giugno di quest'anno il sopralluogo sull'impianto da parte del consigliere provinciale Nuglio nel corso del quale vengono individuati ulteriori interventi di miglioramento. Il 3 ottobre di quest'anno arriva l'ennesimo fermo alla lavorazione e conferimento dell'umido e quindi i vari comuni stanno cercando impianti alternativi per il conferimento.
scrivevamo. Oppure il degrado del fiume Linea di cui sui documenti degli Enti interessati si legge che il fenomeno è noto e ripetuto.
Tornando all'impianto di compostaggio la Provincia di Latina invia una delle tante note di diffida il 31/3/2006, in base ai rilievi dell'Arpa in data 2/3/2006. L'esito delle analisi in contraddittorio avevano evidenziato “superamento dei limiti parametrici fissati dalla tab. 3 allegata al D.Lgs. 152/99. Le acque reflui avevano concentrazione di azoto nitrico di 130 mg/l, cloruri di 1915 mg/l superando i limiti imposti, come per l'azoto ammoniacale, l'azoto nitroso, i solidi sospesi. Queste sostanze possono creare odori molesti nell'atmosfera.
La Provincia imponeva quindi il funzionamento dell'impianto di depurazione in modo da rientrare nei parametri di legge con alcune verifiche e metodi di controllo e misurazione. Questa diffida veniva pubblicata il 4 aprile sul quotidiano La Provincia creando “uno stato di gravissima preoccupazione per la salute dei residenti nella zona di Mazzocchio”. Il 26/6/2006 il Commissario delegato della Regione Lazio per l'emergenza ambientale diffidava il gestore dell'impianto di compostaggio attivando le procedure di legge. Il 4/7/2006 alcune sigle sindacali inviavano al Prefetto di Latina la richiesta urgente in quanto , secondo la nota, l'impianto di compostaggio “da diversi giorni emana odori malsani mettendo a rischio la salute dei dipendenti e dei lavoratori delle aziende limitrofe”. In quel periodo sia i dipendenti che alcuni residenti venivano visitati nel locale pronto soccorso per vertigini, conati di vomito, bruciare agli occhi, cefalea e altro causati, secondo i pazienti, dagli odori emessi dall'impianto di compostaggio. Tale situazione veniva accertata anche dalla Polizia Locale insieme a materiale putrescibile stoccato nell'azienda di compostaggio. Nuova diffida del comune di Pontinia e richiesta del 7/8/2006 del Sindaco Tombolillo della revoca dell'autorizzazione al trattamento dell'impianto di compostaggio. Il Sindaco rilevava che “si sono verificati anche alcuni decessi di ovini che pascolavano nei terreni limitrofi all'impianto, sui quali il servizio veterinario dell'Asl sta svolgendo accertamenti”. La Procura evidenziava una serie di violazioni di legge sia di tipo amministrativo (registri, controlli), sia tecnici (mancati o insufficienti funzionamenti di impianti), scarichi non regolari, attività ed esercizi non autorizzati. Successivamente l'Arpa provvedeva al campionamento di compost proveniente dall'impianto in questione e non risultava adeguato alle norme vigenti per la presenza di materiale metallico non conforme provocando inquinamento del suolo.
L'ultima parte (per ora) dell'impianto di compostaggio di Mazzocchio Come avevamo previsto non è stato risolto l'annoso problema dell'impianto di compostaggio di Mazzocchio. Continuando nella 4. puntata del riassunto delle tante vicende autorizzative, controlli, verifiche e prescrizioni arriviamo al 5/3/2007 la Provincia di Latina, dopo l'ennesimo sopralluogo del 17/01, comunicava ai vari enti interessati alcune carenze nel processo di lavorazione, nonché nel trattamento dei rifiuti e delle acque reflue. Anche le emissioni in atmosfera non sono idonee in quanto il relativo impianto di abbattimento risultava fermo. Le analisi effettuate dimostravano, comunque, il rispetto dei limiti di legge. All'interno di una relazione di un CTU (consulente tecnico di ufficio incaricato dal Tribunale di Latina) si evidenziavano alcuni difetti nella gestione della filiera di trasformazione e venivano indicate alcune azioni migliorative. Quindi la procura di Latina contestava alla società le emissioni in atmosfera prive di trattamento depurativo, considerato
che il sistema di abbattimento era inattivo e pertanto non venivano osservate le prescrizioni contenute nell'autorizzazione. Comunque il commissario regionale per l'emergenza ambientale concedeva una nuova
autorizzazione all'impianto di compostaggio in data 5/7/2007 valida fino al 30/11/2009 (poi prorogata fino al 28/02/2010), osservando che la società aveva ottemperato a tutte le prescrizioni impartite dalla Provincia di Latina nel corso del sopralluogo del 16/4/2007. Con tale autorizzazione veniva fissato il limite di 180 tonnellate giornaliere di ingresso e venivano impartite nuove prescrizioni per il trattamento e la lavorazione. Veniva imposto il monitoraggio ambientale con cadenza mensile per 6 mesi, delle emissioni gassose e delle acque profonde e superficiali. Dal 21/08 al 06/09/2007 la Polizia Locale di Pontinia effettuava una serie di sopralluoghi constatando la presenza di odori poco gradevoli che duravano per diverso tempo e venivano avvertite in diverse zone e strade dell'area industriale. Secondo un altro CTU la società che gestisce l'impianto nel periodo marzo 2005 – novembre 2007 avrebbe determinato per negligenza o inadempienza:
l'inquinamento olfattivo, l'inquinamento del suolo e delle falde acquifere, nonché allarme sociale. Nel mese di marzo 2010 la Provincia di Latina negava il rinnovo dell'autorizzazione all'impianto di compostaggio per la trasformazione dei rifiuti semplici in compost di qualità. Questo a causa delle analisi di scarico delle acque con inquinamento del suolo, delle falde acquifere e del fosso di San Carlo. Da ricordare anche i diversi incontri presso la Prefettura di Latina, con una serie di accordi migliorativi dell'impianto. Alla fine di giugno di quest'anno il sopralluogo sull'impianto da parte del consigliere provinciale Nuglio nel corso del quale vengono individuati ulteriori interventi di miglioramento. Il 3 ottobre di quest'anno arriva l'ennesimo fermo alla lavorazione e conferimento dell'umido e quindi i vari comuni stanno cercando impianti alternativi per il conferimento.
Dal sito: Latina Oggi
Pontinia: Discariche Abusive ed EcoMafie nell'operazione Demetra
Nel video le immagini della discarica abusiva in Via Migliara 49 , Pontinia
Il nascondiglio per i fusti
Ieri mattina i sigilli apposti dalla Guardia di Finanza, traffico
controllato da un’organizzazione
Tra Pontinia e Priverno sette discariche di sostanze tossiche, c’è anche la diossina
SOMIGLIA terribilmente al disastro scoperto nell’agro aversano ciò che la guardia di finanza di Latina sta svelando in queste ore in una fetta di territorio compresa tra Pontinia e Priverno, a ridosso del fiume Ufente. Tante discariche di medie dimensioni in terreni nascosti o difficilmente raggiungibili dove sono stipati quintali di amianto, probabilmente anche fusti tossici interrati, come provano le tracce di diossina evidenziata dalleanalisi su un sito vicinissimo al corso d’acqua. Non è la prima volta che nella campagna profonda dell’agro pontino spuntano discariche tossiche, l’ultima sequestrata due mesi fa dalle guardie provinciali proprio a Pontinia. Ma l’inchiesta della Finanza dice, purtroppo, anche altro perché è cominciata «per vie parallele», ossia durante i controlli su una società di Latina che opera nel settore della compravendita di terreni in tutta la provincia; alcuni degli immobili della srl sono stati appunto utilizzati per le discariche sequestrate e per quanto sia difficile, al momento, stabilire se i titolari erano a conoscenza del traffico illecito di rifiuti tossici, ci sono alcune circostanze che portano sulla pista di un’organizzazione strutturata. La società è amministrata da un romano di 83 anni e prima di lui lo stesso ruolo era ricoperto da un altro anziano signore (classe 1916); l’attuale amministratore è stato denunciato insieme a due donne, proprietarie degli altri terreni trasformati in discariche. Chi utilizzava quelle aree certamente sapeva di poterlo fare in modo indisturbato. Perché? Probabilmente i proprietari erano consapevoli se non conniventi, ma in due casi c’entra la quiescenza della pubblica amministrazione, infatti la discarica di via Migliara 44 a Latina insiste su un terreno di proprietà del Consorzio di Bonifica, l’altra, a Priverno, è della Regione Lazio. Nessuno dei due enti ha controllato né denunciato la presenza di mezzi anomali. Invece i rilievi tecnici fatti in queste ore dall’Arpa Lazio hanno già evidenziato che in quelle aree c’è una tale concentrazione di materiale tossico (tra cui amianto e diossina) che sono considerate pericolose per la salute pubblica. Continuano quindi i rilievi con gli elicotteri della sezione aerea della Finanza, coordinati dal colonnello Paolo Kalenda e dal capitano Claudio Catalani, perché c’è il timore fondato che oltre alle discariche di superfice, ben sette, ci possano essere anche fusti interrati. Rifiuti di origine industriale sversati da queste parti per risparmiare sul costo stabilito per i processi di smaltimento legale. Sembra un film già visto. E’, purtroppo, esattamente questo che è accaduto in provincia di Caserta e la similitudine lascia spazio all’ipote - si che dietro al traffico di rifiuti sulla provincia di Latina ci sia lo zampino dei clan, o comunque di una struttura organizzata. La stessa che avrebbe messo a capo della società di Latina proprietaria dei terreni persone così anziane da non rischiare nulla in caso di contestazione di reati. Dunque qualcuno (o più di uno) sapeva che si stava mettendo in atto un’attività illecita di calibro eccezionale. Da oggi per Arpa, Regione Lazio e Settore Ambiente della Provincia comincia anche l’indagine parallela sui danni ambientali e su cosa si potrà fare per evitare ulteriori conseguenze, specie sul fiume Ufente che alimenta l’irrigazione di alcune aziende agricole del posto. E’ stato accertato che nell’acqua utilizzata fino a poco tempo fa c’erano quantità di diossina a riprova che altri rifiuti possono essere stati interrati o che le discariche non impermeabilizzate abbiano prodotto un inquinamento maggiore di quello che già si evince dai sopralluoghi esterni. Chi ha messo in piedi questo canale di stoccaggio illegale dei rifiuti tossici è forse in possesso di una sorta di «catasto parallelo», la disponibilità di aree remote e terreni dove nessuno va a curiosare, lontani dai centri abitati e dalla rete viaria. Ma per far questo serve anche una base logistica «locale» in grado di assicurare la copertura necessaria al traffico dei mezzi pesanti che trasportano tali rifiuti. Ed è questo il filone aggiuntivo dell’inchiesta in corso. Ieri in serata i primi interventi politici. «La scoperta di ben sette discariche abusive di rifiuti speciali e tossico-nocivi fatta dalla Guardia di Finanza nel corso dell’operazione ‘Demetra’ a Latina in diversi comuni è la prova di un livello d’illegalità che ha superato qualsiasi limite. Ormai in provincia di Latina le ecomafie possono fare ciò che vogliono, poiché i controlli preventivi sul territorio sono nulli. – ha detto Nando Bonessio, presidente dei Verdi del Lazio - Poiché addirittura alcune aree interessate sono di proprietà della Regione e del Consorzio di Bonifica ci chiediamo se si debba ravvisare ’solo’ il mancato controllo o se ci sia stata, a qualsiasi livello, complicità da parte delle istituzioni. Francamente vorremmo che fosse il primo caso, ma quando si tratta di un veleno come la diossina anche il mancato controllo da parte delle istituzioni è un fatto di una gravità inaudita».
Articolo di Graziella Di Mambro - Latina Oggi 22 Settembre 2011
Pontinia: Discariche Abusive ed EcoMafie nell'operazione Demetra
Nel video le immagini della discarica abusiva in Via Migliara 49 , Pontinia
Il nascondiglio per i fusti
Ieri mattina i sigilli apposti dalla Guardia di Finanza, traffico
controllato da un’organizzazione
Tra Pontinia e Priverno sette discariche di sostanze tossiche, c’è anche la diossina
SOMIGLIA terribilmente al disastro scoperto nell’agro aversano ciò che la guardia di finanza di Latina sta svelando in queste ore in una fetta di territorio compresa tra Pontinia e Priverno, a ridosso del fiume Ufente. Tante discariche di medie dimensioni in terreni nascosti o difficilmente raggiungibili dove sono stipati quintali di amianto, probabilmente anche fusti tossici interrati, come provano le tracce di diossina evidenziata dalleanalisi su un sito vicinissimo al corso d’acqua. Non è la prima volta che nella campagna profonda dell’agro pontino spuntano discariche tossiche, l’ultima sequestrata due mesi fa dalle guardie provinciali proprio a Pontinia. Ma l’inchiesta della Finanza dice, purtroppo, anche altro perché è cominciata «per vie parallele», ossia durante i controlli su una società di Latina che opera nel settore della compravendita di terreni in tutta la provincia; alcuni degli immobili della srl sono stati appunto utilizzati per le discariche sequestrate e per quanto sia difficile, al momento, stabilire se i titolari erano a conoscenza del traffico illecito di rifiuti tossici, ci sono alcune circostanze che portano sulla pista di un’organizzazione strutturata. La società è amministrata da un romano di 83 anni e prima di lui lo stesso ruolo era ricoperto da un altro anziano signore (classe 1916); l’attuale amministratore è stato denunciato insieme a due donne, proprietarie degli altri terreni trasformati in discariche. Chi utilizzava quelle aree certamente sapeva di poterlo fare in modo indisturbato. Perché? Probabilmente i proprietari erano consapevoli se non conniventi, ma in due casi c’entra la quiescenza della pubblica amministrazione, infatti la discarica di via Migliara 44 a Latina insiste su un terreno di proprietà del Consorzio di Bonifica, l’altra, a Priverno, è della Regione Lazio. Nessuno dei due enti ha controllato né denunciato la presenza di mezzi anomali. Invece i rilievi tecnici fatti in queste ore dall’Arpa Lazio hanno già evidenziato che in quelle aree c’è una tale concentrazione di materiale tossico (tra cui amianto e diossina) che sono considerate pericolose per la salute pubblica. Continuano quindi i rilievi con gli elicotteri della sezione aerea della Finanza, coordinati dal colonnello Paolo Kalenda e dal capitano Claudio Catalani, perché c’è il timore fondato che oltre alle discariche di superfice, ben sette, ci possano essere anche fusti interrati. Rifiuti di origine industriale sversati da queste parti per risparmiare sul costo stabilito per i processi di smaltimento legale. Sembra un film già visto. E’, purtroppo, esattamente questo che è accaduto in provincia di Caserta e la similitudine lascia spazio all’ipote - si che dietro al traffico di rifiuti sulla provincia di Latina ci sia lo zampino dei clan, o comunque di una struttura organizzata. La stessa che avrebbe messo a capo della società di Latina proprietaria dei terreni persone così anziane da non rischiare nulla in caso di contestazione di reati. Dunque qualcuno (o più di uno) sapeva che si stava mettendo in atto un’attività illecita di calibro eccezionale. Da oggi per Arpa, Regione Lazio e Settore Ambiente della Provincia comincia anche l’indagine parallela sui danni ambientali e su cosa si potrà fare per evitare ulteriori conseguenze, specie sul fiume Ufente che alimenta l’irrigazione di alcune aziende agricole del posto. E’ stato accertato che nell’acqua utilizzata fino a poco tempo fa c’erano quantità di diossina a riprova che altri rifiuti possono essere stati interrati o che le discariche non impermeabilizzate abbiano prodotto un inquinamento maggiore di quello che già si evince dai sopralluoghi esterni. Chi ha messo in piedi questo canale di stoccaggio illegale dei rifiuti tossici è forse in possesso di una sorta di «catasto parallelo», la disponibilità di aree remote e terreni dove nessuno va a curiosare, lontani dai centri abitati e dalla rete viaria. Ma per far questo serve anche una base logistica «locale» in grado di assicurare la copertura necessaria al traffico dei mezzi pesanti che trasportano tali rifiuti. Ed è questo il filone aggiuntivo dell’inchiesta in corso. Ieri in serata i primi interventi politici. «La scoperta di ben sette discariche abusive di rifiuti speciali e tossico-nocivi fatta dalla Guardia di Finanza nel corso dell’operazione ‘Demetra’ a Latina in diversi comuni è la prova di un livello d’illegalità che ha superato qualsiasi limite. Ormai in provincia di Latina le ecomafie possono fare ciò che vogliono, poiché i controlli preventivi sul territorio sono nulli. – ha detto Nando Bonessio, presidente dei Verdi del Lazio - Poiché addirittura alcune aree interessate sono di proprietà della Regione e del Consorzio di Bonifica ci chiediamo se si debba ravvisare ’solo’ il mancato controllo o se ci sia stata, a qualsiasi livello, complicità da parte delle istituzioni. Francamente vorremmo che fosse il primo caso, ma quando si tratta di un veleno come la diossina anche il mancato controllo da parte delle istituzioni è un fatto di una gravità inaudita».
Articolo di Graziella Di Mambro - Latina Oggi 22 Settembre 2011
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