sabato 14 maggio 2016

Rogo con strage alla Thyssen Le condanne, dopo 9 anni GIUSTIZIA È FATTA Dopo un pomeriggio di tensione (l’accusa aveva chiesto di rifare il processo) confermate le pene per gli ex vertici: 9 anni e 8 mesi per l’ad, ma il tedesco ne sconterà la metà

Il fuoco arde ancora
I parenti dei sei operai
morti esultano
Guariniello: bene, è un
precedente assoluto La scheda
n DICEMBRE
2007
Un incendio
nell’a cc i a i e r i a
di Torino
uccide sette
operai
n SEI
INDAGAT I,
tra cui l’ad
Harald
Espenhahn. Il
primo grado
conferma le
richieste
dell’a cc u s a ,
ma il processo
d’appello
ribalta la
sentenza
n APPELLO
BIS
La Cassazione
ordina il
ricalcolo delle
condanne. Le
nuove pene
arrivano nel
maggio 2015 ANDREA GIAMBARTOLOMEI
Torino
Giustizia è fatta”. I familiari
adesso possono
dirlo. I loro volti si
distendono, si abbracciano,
mostrano le magliette
con i volti dei sette operai
della ThyssenKrupp
morti dopo il rogo tra il 6 e il 7
dicembre 2007 nell’acciaieria
di Torino. “Ora riposano in pace
”, ripetono le mamme, le
mogli, le sorelle e i papà dei lavoratori
deceduti: Antonio
Schiavone, Giuseppe Demasi,
Angelo Laurino, Roberto Scola,
Rosario Rodinò, Rocco
Marzo e Bruno Santino. Il deputato
Pd Antonio Boccuzzi,
che quella sera lavorava sulla
linea 5 coi suoi colleghi ed è sopravvissuto
al rogo, dopo la
lettura esce dall’aula, si inginocchia,
si copre il volto con le
mani e piange.
LA CORTE di cassazione ha
confermato le condanne a manager
e dirigenti della multinazionale
tedesca, ritenuti responsabili
di omicidio volontario,
omissioni di misure antinfortunistiche
e incendio
colposo aggravato. Nove anni
e otto mesi per l’amministra -
tore delegato Harald Espenhahn,
sei anni e dieci mesi per
i dirigenti Marco Pucci e Gerald
Priegnitz, sette anni e sei
mesi per il direttore dello stabilimento
Daniele Moroni,
sette anni e due mesi per l'ex
direttore dello stabilimento
Raffaele Salerno e sei anni e otto
mesi per il responsabile della
sicurezza Cosimo Cafueri. Il
collegio, presieduto da Fausto
Izzo, ha respinto la richiesta
del sostituto procuratore generale
Paola Filippi che chiedeva
un terzo processo d’ap -
pello per rivalutare la pena per
l’omicidio colposo e bilanciare
le attenuanti, un processo che
avrebbe allungato ancora i
tempi e abbassato nuovamente
le pene. La sua richiesta aveva
provocato l’ira dei parenti
tornati a Roma con la speranza
di vedere la fine di questo
processo, dopo nove anni.
“Venduti, bastardi”, avevano
urlato dopo la requisitoria. In
serata il clima è diverso. “Mi
aspettavo il peggio”, racconta
Salvatore Abisso, compagno
di Isa Pisano, mamma di Rosario
Scola, morto che aveva
32 anni, la seconda vittima. Nel
gruppo è uno di quelli che non
gioisce per la carcerazione degli
imputati: “Non voglio accanirmi,
non auguro la galera, ma
questa condanna è importante
perché dà un po’ di giustizia a
questi ragazzi. Adesso io e la
mia compagna saremo più sereni.
L’attesa ci stava logorando
poco a poco”. Si è tolta “un
peso sullo stomaco”Laura Rodinò,
sorella di Rosario, sesto
operaio morto all’età di 26 an-
Chieti Orlando avvia l’azione disciplinare per Romandini: condizionò le toghe popolari?
Sentenza Bussi, giudice sotto accusa
LA DISCARICA
» ANTONIO MASSARI
Il ministro della Giustizia
Andrea Orlando ha promosso
l'azione disciplinare
contro il giudice del Tribunale
di Chieti Camillo Romandini.
L'ispezione ministeriale
– durata circa un anno – s'è
conclusa pochi giorni fa. Tutto
nasce dalle rivelazioni del
Fatto Quotidiano, pubblicate
esattamente un anno fa, sulla
sentenza per la mega-discarica
di Bussi, che vedeva imputati
19 dirigenti e tecnici
Montedison con l'accusa di
avvelenamento delle acque e
disastro ambientale.
ERA IL DICEMBRE 2014 e la
Corte d'Assise assolse gli imputati
dall'accusa di avvelenamento
delle acque e derubricò
il disastro ambientale,
valutandolo come colposo invece
che doloso. I pm – Giu -
seppe Belleli e Annarita Mantini
– avevano chiesto condanne,
per gli ex dirigenti e
tecnici di Montedison, che
andavano dai 12 ai 4 anni. Non
vi fu pena neanche per il disastro
ambientale doloso: era
infatti sopraggiunta la prescrizione.
Cinque mesi dopo
la sentenza, però il Fatto ricostruisce
l'iter della decisione
presa dalla Corte d'Assise,
attraverso le testimonianze
di alcune giudici popolari.
“Gli atti?”, dice una di loro,
“Mai letti”. Le giudici – chie -
dendo di mantenere l’anoni -
mato – ricostruirono l'intera
vicenda. La sentenza arrivò
dopo una seduta durata circa
cinque ore. “In realtà – spie -
garono le giudici – appena ci
siamo riuniti abbiamo ordinato
il pranzo. Dopo abbiamo
discusso del più e del meno, di
vacanze e viaggi, finché, dopo
un bel po’ di tempo, abbiamo
iniziato ad affrontare la decisione.
Abbiamo aspettato che
arrivassero le cinque, ma non
abbiamo discusso tutto il
tempo della sentenza”. E ancora:
“Non avremmo voluto
derubricare il dolo in colpa: eravamo
in quattro giudici popolari
su quella posizione.
Nessuno però ci ha chiesto di
votare individualmente. La
seduta s’è conclusa con la domanda:
‘Siamo tutti d’accor -
do?’. Nessuna di noi ha obiettato,
pur sapendo che la prescrizione
sarebbe intervenuta,
ma non abbiamo più replicato
ed è finita così”.
IL PUNTOnodale della vicenda,
però, sotto il profilo disciplinare,
è invece un altro: alcune
giudici rivelarono al
Fatto di non essere state serene
nel loro giudizio. Raccontano
che, tre giorni prima
della sentenza, alcune di loro
cenano insieme con il presidente
della Corte d’A ss i se ,
Camillo Romandini, e il giudice
a latere, Paolo di Geronimo,
in un ristorante di Pescara.
“La cena l’abbiamo organizzata
proprio perché volevamo
discutere del dolo”,
raccontano, “non eravamo
riusciti a leggere nessun atto,
ci era stato già spiegato che
non potevamo condannare
per dolo, ma volevamo capirne
il motivo: Romandini ci ha
spiegato che, se avessimo
condannato per dolo, se poi
gli imputati si fossero appellati
e avessero vinto la causa,
avrebbero potuto chiederci i
danni e avremmo rischiato di
perdere tutto quello che abbiamo…”.
Sulla base di queste dichiarazioni,
la Procura di Campobasso
ha aperto un fascicolo
d'indagine, conclusosi pochi
mesi fa con un'archiviazione.
Nel frattempo gli ispettori
ministeriali hanno indagato
sotto il profilo disciplinare. E
il ministro Orlando, sulla base
dell'ispezione, ha invece
deciso di promuovere un processo
disciplinare per il giudice
Romandini.
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ni, dopo giorni di ricovero
all’ospedale di Genova: “Ogni
giorno al cimitero, davanti alla
tomba di mio fratello, pensavo
ai suoi assassini liberi che hanno
fatto di tutto per non andare
in carcere”. E non usa mezzi
termini: “Finché non vedo Salerno
e Cafueri in galera con le
manette non ci credo”, dice,
mentre Isa Pisano le fa eco:
“Gli portiamo le arance”.
Se tutto va secondo le procedure

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