il processo in corso Per la strage di Capaci (23 maggio 1992) in cui furono u cc i s i G i ova n n i Falcone, sua moglie e tre agenti di scorta, si sta svolgendo a C a l t a n i ss e t t a il processo bis. È in corso la requisitoria dei pm. La n u ova inchiesta è nata nel 2008 dalle rivelazioni del p e n t i to G a s p a re Spatuzza, lo stesso che ha smontato il primo p ro ce ss o sulla strage in cui fu ucciso Pa o l o B o rs e l l i n o. Cinque gli imputati tra cui il presunto fo r n i to re dell’e s p l o s i vo. Il primo processo si è chiuso con 12 e rga s to l i
» STEFANIA LIMITI Natura dell’esplosivo, peso della carica, sistema di innesco. Attorno a queste tre diaboliche domande ruotano i segreti della strage di Capaci. Si dirà: ci sono le perizie. Vero. Quella disposta n el l ’immediatezza dei fatti, poi altre undici consulenze, e quella chiesta dalla Procura di Caltanissetta nell’ambito nel processo Capacibische volgealtermine,nel qualeè statadepositata anchela consulenza di parte voluta da uno degli avvocati della difesa, Salvatore Petronio. Ma non è tutto. Tra questa montagnadi cartec’è anchela periziadell’Fbi, dicui siè sempre parlato molto poco: nel ’92 i super tecnici presero un pezzo dicemento, loanalizzarono e scrissero: “Le nostre analisi hanno identificato la presenza di Pentrite e Rdx. Questi materiali esplosivisi trovanonelSemtex”, prodotto in Cecoslovacchia e non rilevato dalle analisi nostrane.
“IL FATTO È che la ricostruzione della dinamica di un attentato dinamitardo è possibile per approssimazione, a causa di una perdita irreparabile di dati conoscitivi. Ma sipossono fare dellesolide ipotesi e, certamente, si può escludere ciò che non è potuto avvenire”. Parola delprofessor Francesco Saverio Romolo, esperto di chimica forense, docente all’Uni versità La Sapienza, fino al 2001 in forzaalla Poliziascientifica,collaboratore di Gianni Giulio Vadalà che è tra i primi chimici del Servizio di polizia scientifica. Entrambi hanno lavorato con numerose Direzioni distrettuali antimafia e con Gabriele Chelazzi nelle indagini sulle stragi del ’93. Dunque, in estrema sintesi, sui primi due quesiti c’è sostanziale accordo: il materiale fatto esplo
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