Il ministero vuole evitare la procedura per fare prima, sostenendo che non si possono stimare gli effetti. Ma gli enti locali interessati dalla costruzione degli impianti decisa dal governo chiedono approfondimenti sull'impatto ambientale. E lo scontro rischia di finire davanti al Tar
"Perplessità", "contrarietà","potenzialmente dannoso", con "effetti significativi sull'ambiente" e "rischi per la salute umana". La gran parte delle Regioni non mezzi termini per definire il Piano nazionale inceneritori del governo, che prevede di bruciare quasi 2 milioni di tonnellate aggiuntive di rifiuti l'anno (il 30 per cento in più) tramite la costruzione di una dozzina di nuovi impianti.
Un programma che secondo il ministero, come ha raccontato l'Espresso , "non incide direttamente" sull'inquinamento, forse non comporterà nemmeno "il superamento dei livelli di qualità" dell'aria e quindi non necessita di uno studio più approfondito come la Valutazione ambientale strategica(Vas).
Solo che la posizione assunta dal dicastero guidato da Gian Luca Galletti rischia di riaccendere lo scontro andato avanti per mesi proprio sulla realizzazione degli inceneritori. A febbraio infatti, a seguito di settimane di discussione, la Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera al Piano dopo che il governo si era impegnato ad accogliere alcune richieste degli enti locali: solo Lombardia e Campania avevano votato contro. Ma da quando il 17 marzo scorso il ministero ha chiesto di esprimere un parere sulla necessità o meno di sottoporre il programma a Vas, non vedendo accolte le loro istanze molte amministrazioni hanno levato gli scudi: quell'analisi serve, perché i rischi sull'ambiente ci sono eccome. Col rischio, come risulta all'Espresso, che qualcuna delle amministrazioni decida di fare ricorso al Tar.
La situazione attualmente vede i "sì" prevalere per 7 a 5. Convinte della necessità di approfondimenti sulle ricadute ambientali ci sono quasi tutte le Regioni in cui dovrebbero sorgere gli impianti (Umbria, Marche, Lazio, Campania, Abruzzo e Sardegna) più il Veneto, che pur essendo già autosufficiente nel trattamento dei rifiuti ha paventato come altre "rischi per la salute umana". A questo gruppo nei prossimi giorni dovrebbe aggiungersi anche la Lombardia (i cui 13 inceneritori già bruciano i rifiuti provenienti da altre zone d'Italia), che ha addirittura impugnato davanti alla Corte costituzionale l'articolo del decreto Sblocca Italia che spiana la strada ai termovalorizzatori. Dall'altro lato, la Sicilia (favorevole a costruirne sei più piccoli anziché i due pensati dal governo) più Molise, Friuli, Toscana e provincia autonoma di Trento, che non essendo interessate direttamente dal provvedimento si sono limitate ad argomentare che non ci saranno "effetti significativi negativi" sul loro territorio.
Ma quali sono le ragioni del fronte del "no" ai nuovi impianti? Il Lazio ha fatto notare che ci vorranno più di tre anni, quando anche nella peggiore delle ipotesi nella regione la raccolta differenziata, in costante aumento, avrà raggiunto livelli tali da sopperire al fabbisogno attuale. La Campania ha osservato che già adesso produce meno rifiuti urbani del previsto, che dal 2019 l'inceneritore di Acerra sarà in grado di soddisfare il fabbisogno locale e che la decisione del governo di costruirne un altro è "potenzialmente dannosa sotto il profilo degli impatti ambientali". Per le Marche lo studio effettuato finora non è "conforme ai requisiti minimi richiesti" in casi del genere e per l'Abruzzo è "indispensabile" un'analisi più approfondita per valutare "la compatibilità ambientale dell'intero programma" nazionale, che avrà di sicuro "effetti significativi". Mentre la Sardegna, contestando la tesi ministeriale secondo cui non si possono calcolare le ricadute, ha chiesto di effettuare almeno "una stima della variazione delle emissioni globali di co2" generate dai 2 milioni di tonnellate di rifiuti aggiuntivi che si prevedono di bruciare ogni anno. Un calcolo non impossibile, come ha riferito l'Espresso .
Anche un paio di Agenzie regionali per l'ambiente (Arpa) hanno manifestato dubbi: quella umbra ha espresso "perplessità in merito alla procedura scelta", mentre quella lombarda ha addirittura paventato il rischio che per alcune zone particolarmente indietro la scelta di realizzare inceneritori disincentivi la raccolta differenziata e aumenti unicamente il tasso di inquinamento.
È solo l'ennesimo caso di "sindrome Nimby" (Not in my back yard), che spinge a protestare contro ogni opera che può avere effetti negativi nel proprio "giardino di casa"? Comunque la si pensi, proprio per questo appare particolarmente interessante la posizione espressa dal Veneto, che ha messo in fila una serie di pesantissime obiezioni sebbene non sia interessata dal provvedimento, essendo una delle regioni più virtuose a livello nazionale.
Nel Rapporto del ministero, si legge nella nota inviata dal dipartimento Territorio lo scorso 21 aprile, "non risultano puntualmente calcolati gli effetti significativi di impatto sull'ambiente" in termini di durata, frequenza, reversibilità, rischi per la salute umana, estensione. E di carattere cumulativo: ovvero, non solo mancano i dati degli inquinanti che verrebbero immessi nell'atmosfera dai nuovi inceneritori ma anche l'effetto complessivo che ne risulterebbe sommandolo alle altre fonti di emissione. http://espresso.repubblica.it/palazzo/2016/05/05/news/le-regioni-preoccupate-dai-nuovi-inceneritori-forse-rischi-per-la-salute-servono-analisi-1.264414?ref=HEF_RULLO di Paolo Fantauzzi 5 maggio 2016
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