SISTEMA INCALZA
Restano diverse opere
indagate dalla Procura di
Firenze tra cui le tratte
Milano-Padova, il valico
dei Giovi, la Salerno-Rc,
la tangenziale milanese
di Giorgio Meletti
L’
annuncio ha sapientemente
dato
l’idea del colpo di
scure sulla giungla
delle cosiddette grandi opere.
Ma il lavoro di bonifica del nuovo
ministro delle Infrastrutture,
Graziano Delrio, deve ancora
cominciare, e non sarà facile.
Per ora il partito del cemento
dorme sonni tranquilli.
N E L L’A L L EG ATO “Infrastruttu -
re” del Def, Delrio ha ridotto da
oltre 400 a sole 25 le opere “stra -
tegiche” ai sensi della Legge
Obiettivo, quella con cui Silvio
Berlusconi nel 2001 ha dato
campo libero al partito del cemento
e al “sistema Incalza”. Di
questo apparente taglio colpiscono
però alcuni dettagli. Il
primo è che di 25 opere ben otto
sono tra quelle messe sotto processo
dall’inchiesta della Procura
di Firenze che ha portato
all’arresto del ministro-ombra
Ercole Incalza: tre tratte dell’alta
velocità ferroviaria Milano-Padova,
il terzo valico ferroviario
dei Giovi, la Salerno-Reggio Calabria,
la Tangenziale esterna
milanese, la Metro 4 e la Metro 5
di Milano.
Nella richiesta di custodia cautelare
il procuratore di Firenze
Giuseppe Creazzo ha così sintetizzato
il problema con cui
Delrio, dopo che il suo predecessore
Maurizio Lupi non si
era accorto di nulla, è chiamato
a fare i conti: “È stato possibile
mettere a fuoco, individuare e
delineare con precisione l’esi -
stenza di una organizzazione
criminale di spessore eccezionale,
che ha condizionato per
almeno un ventennio la gestione
dei flussi finanziari statali destinati
alla realizzazione delle
grandi opere infrastrutturali”.
In questo potere di condizionamento
è decisiva l’influenza sulla
scelta delle opere da fare o
non fare per ragioni che mai sono
state dette chiaramente.
Il secondo dettaglio interessante
è infatti la formulazione generica
con cui Delrio introduce
la lista ristretta: “Vengono individuate
25 opere prioritarie, selezionate
sulla base di una valutazione
di coerenza con l’in -
tegrazione con le reti europee e
territoriali, dello stato di avanzamento
e della possibilità di
prevalente finanziamento con
capitale privato”.
Le reti europee sono un gioco di
parole, decine di percorsi immaginari,
inventati proprio per
giustificare le opere più inutili –
come quello che dovrebbe collegare
Helsinki all’isola di Malta
o il mitico corridoio 5, Lisbona-Kiev,
usato per giustificare
l’inutile ferrovia Torino-Lione.
Lo stato di avanzamento è un
criterio approssimativo. Le 25
infrastrutture della lista costano
71 miliardi, 27 dei quali riguardano
opere ancora allo stadio di
progetto. Il finanziamento privato
riguarda solo 7 dei 71 miliardi
e attiene a quattro autostrade.
Il terzo dettaglio da osservare è
che le esclusioni più clamorose
riguardano strade in project-fi -
nancing per le quali le procedure
sono già avanti. Lo stesso Delrio
ha chiarito che la loro cancellazione
dalla lista non ha alcun effetto
pratico. L’autostrada Livorno-Civitavecchia,
per esempio,
è un progetto in mano alla
concessionaria Sat, recentemente
rilevata al 100 per cento
da Autostrade per l’Italia: è noto
che i proprietari, cioè la famiglia
Benetton, hanno poca voglia di
spendere i due miliardi previsti,
ma ci sono dei contratti da onorare,
e con questi Delrio dovrà
fare i conti.
IL MINISTRO dovrà anche misurarsi
con il politico-imprenditore
Vito Bonsignore che invece
tiene moltissimo a due illustri
escluse, la Orte-Mestre e
la Ragusa-Catania. Per quest’ultima
stanno per essere
aperti i cantieri, e sarebbe complicato
fermarla, ammesso che
il governo ne abbia voglia. La
Orte-Mestre è il caso più spinoso.
È anch’essa sotto la lente della
Procura di Firenze (Bonsignore
è indagato), costerebbe
10 miliardi di cui due di provenienza
pubblica attraverso fiscalizzazioni.
I Benetton non la
vogliono perché temono la concorrenza
con l’autostrada del
Sole, e la delibera del Cipe che
ha approvato il project financing è
ancora ferma alla Corte dei
Conti. Per chiudere il capitolo
della Orte-Mestre Delrio deve
ancora lavorare parecchio, e
non sarà facile.
In fin dei conti nella lista di Delrio
continuano a fare la parte del
leone quelle ferroviarie, le più
costose e, ciascuna per sue specifiche
ragioni, le più inutili: la
Torino-Lione, il Terzo valico, il
nuovo tunnel del Brennero, l’al -
ta velocità Milano-Padova e la
Napoli-Bari. In tutto 27 miliardi
di investimenti. Le opere ferroviarie
sono pagate tutte dal
contribuente e gestite da una
società totalmente pubblica come
Fs: sarebbero le più semplici
da tagliare e invece restano in
testa alle priorità di Delrio. I costruttori
per adesso non hanno
niente da temere. E aspettano di
vedere se da qui a settembre, come
ha promesso, Delrio si metterà
a fare sul serio.
Twitter@giorgiomeletti il fatto quotidiano 12 aprile 2015
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