Liberi e Forti,
é fatta, la Provincia si è presentata ed ha dato parere favorevole, il centro si farà.
Ore 13,45 del 29.06.2010
Pontinia (LT) dall'ambiente, alla difesa dei diritti civili e sociali, dalla politica alla tecnica. Si riportano stralciriportandone autori. Nota: qualora si ritenga la pubblicazione (o i commenti) siano lesivi o notizie superate si prega di comunicarlo con mail giorgio.libralato@gmail.com e saranno rimossi. Oppure allo stesso modo si può esercitare il diritto di replica. Qualora si ritenga che una pubblicazione o parte di essa ledano i diritti di copyright o di autore saranno rimossi
giovedì 30 giugno 2011
A Pontinia 3 milioni e mezzo di nuovi posti di lavoro
Risolto il problema dell'occupazione. A Pontinia in Piazza Indipendenza già istituito l'ufficio di collocamento, assunzioni, raccomandate per 3 milioni e mezzo di posti di lavoro.La soluzione e l'idea sono semplici. Con 40 mila mq di mega centro commerciale 400 posti di lavoro. Uno ogni cento mq. Da qui la brillante idea. Essendo il territorio comunale della superficie di 112,24 Kmq = 112.240.000 mq. Se facciamo diventare l'intero territorio comunale un mega centro commerciale abbiamo 1.122.400 posti di lavoro, se lo realizziamo su 2 o 3 livelli possiamo arrivare dai 2 milioni e 200 mila posti di lavoro ai 3 milioni e 300 mila. Sulla copertura dell'ultra mega centro commerciale la distesa di pannelli fotovoltaici, pannelli solari per l'acqua calda, alternati da piste di atterraggio di elicotteri, arei, astronavi da e per Marte. Le pareti esterni saranno anch'esse in pannelli fotovoltaici. Al centro un reticolo di canali coperti navigabili per l'attracco delle navi da crociera, yacht, barche a vela. Gli abitanti si spostano con lunghi nastri trasportatori e risiedono nei piani interrati riscaldati con il vantaggio di non vedere la luce. Ogni locale del grande centro commerciale è dotato di una televisione alternata sul TG di Minzolini o su una qualsiasi trasmissione delle migliaia di servi.Dimenticavo mentre si aspetta la realizzazione del sogno di ingegneri, architetti, amministratori, politici, affaristi, progressisti e devastatori vari nel frattempo è stato realizzato un ippodromo e un galoppatoio. Di quelli per l'ippoterapia. Così intanto gli specialisti di cui sopra si possono dare all'ippica.
Claudio Volpe "il vuoto intorno", il primo romanzo sorprende tutti
Il vuoto intorno
Claudio Volpe con il suo primo romanzo è riuscito a sorprendere tutti...
Diversi romanzi epistolari sono stati dedicati ai propri cari, nel tentativo forse di offrire in memoria una parte di sé inconfessabile o semplicemente per liberarsi da qualcosa o qualcuno, nel qual caso il referente è solo fittizio, una scusa. Kafka scrisse nel 1919 un lunga lettera al padre, pubblicata postuma qualche decennio dopo, senza la possibilità o forse anche senza la volontà di una comunicazione diretta, e quindi di una possibile risoluzione. Si rivolge al genitore di cui ha sempre avuto terrore, che teme e adora come si fa per i carnefici talvolta, quando non si hanno altre vie di fuga. Oriana Fallaci ha consegnato alla storia della letteratura un libro commovente e tormentato con “Lettera a un bambino mai nato” (1975), rivolgendosi di fatto a se stessa in quanto donna e a tutti coloro che possono con lei condividere l'enigma della vita e la scelta di generare. Di recente una straziante lettera è stata scritta dallo scrittore e pacifista israeliano David Grossman, che la dedica al figlio Uri, caduto giovanissimo nella guerra israelo-libanese del 2006.
Nel libro di Claudio Volpe, Achille scrive ad Ettore, figlio che effettivamente nasce, esiste; tuttavia, poiché affetto da una sindrome che lo limita, nel suo caso, fortemente nella capacità di comprendere, non potrà mai davvero interpretare le parole del padre. Eppure questo padre parla, confessa ogni cosa. Non crea un altare alla perfezione e alla bellezza del figlio, che nonostante tutto rende perfetto e bello vestendolo di amore. Parla invece della sua imperfezione di uomo, dei suoi cedimenti, del suo baratro e della risalita. Perché di fronte a un figlio, ecco l'atto più coraggioso, non esiste un padre onnipotente creatore della perfezione; di fronte a un figlio l'amore più grande si manifesta lacerandosi l'anima e svelandola senza segreti, parlando senza pudore di quel vuoto intorno che si è cercato invano di esorcizzare riempendolo con ogni azione, anche la più scellerata nei confronti di se stessi.
Il vuoto intorno esiste, quindi, come afferma il titolo del libro, esiste e va guardato negli occhi. Altro che visione aristotelica del riempimento totale di ogni spazio; la scoperta di Otto von Guericke (1650) lo aveva smentito alla grande e da allora, filosofi, scienziati, uomini comuni hanno dovuto fare i conti con l'horror vacui dell'esistenza. Solo l'arte ha offerto sollievo. Lo diceva Mario Praz, pensando alle case vittoriane stipate di oggetti; ce ne hanno un esempio i più antichi manoscritti miniati e il fitto gioco di figure nei quadri del Medioriente e d'Oriente. E così anche il pop surrealism degli anni '70 e l'Art Brut, o arte non convenzionale, in voga negli stessi anni negli ospedali psichiatrici. Riempire, riempire, altrimenti è troppo doloroso stare nel vuoto e averlo tutto intorno.
“Il vuoto è sempre stato il mio problema, il mio fardello inabilitante. Noi viviamo con la paura del vuoto, lavoriamo, amiamo, creiamo, facciamo arte, facciamo guerre, ci uccidiamo, per paura di venire divorati da quel maledetto vuoto affamato. La nostra storia è scandita dal vuoto. Per sconfiggere il vuoto della comunicazione abbiamo imparato a parlare, per combattere il vuoto del buio abbiamo imparato ad accendere il fuoco, per paura del vuoto della solitudine abbiamo imparato ad amar. Ma per quanto possiamo lottare, per quanto possiamo buttare il nostro sangue per azzerare quel vuoto, lui è sempre al suo posto accanto a noi.” E solo dopo aver tentato invano di colmarlo ammette: “Ho capito che l'unica via di salvezza, l'unica possibilità di redenzione, sarebbe stata farlo oscillare. Il vuoto che oscilla e che trema: questa è la strada.” Un'oscillazione quindi, una vibrazione lunga che intercorre tra più esseri e fonda la solidarietà, questa la via d'uscita. Accettare che il vuoto ci sia e affrontarlo insieme col sorriso, come avviene nella fiaba cinese riportata nel testo, non a caso raccontata ad un Achille ancora ragazzino da uno scultore, l'artista maturo per eccellenza che ha imparato a dare una forma alla materia plasmandola secondo la visione di felicità che lo alberga dentro. Lo scultore che fa nascere lentamente dall'argilla la vita e non “vomita” di getto la sua rabbia come farebbe uno scrittore, sembra suggerire l'autore.
Nella fiaba si racconta che un sant'uomo abbia chiesto a Dio di mostrargli il paradiso e l'inferno; lo scenario che si presenta pare identico: gli uomini seduti intorno ad un tavolo hanno dei cucchiai lunghissimi collegati alle braccia, in modo tale che non possono nutrirsi da soli. Quindi nell'inferno gli uomini sono emaciati e affranti, nel paradiso felici e in carne. Come è possibile? Con la solidarietà è possibile tutto, da soli non ci si può nutrire ma si può nutrire il vicino e questi farà lo stesso con noi. “Inferno e paradiso sono uguali nella struttura. La differenza la portiamo dentro di noi!” I temi affrontati dal romanzo dello scrittore esordiente, e già maturo, Claudio Volpe, sono talvolta duri da digerire: la violenza sui bambini, l'handicap, il sesso prostituito, l'accettazione dell'altro (in particolare degli zingari).
Le pagine scorrono emozionando e facendo riflettere sull'ipocrisia della cosiddetta normalità, sui sistemi falsi fondati sulle gerarchie genetiche (i figli non si dice forse che sono di chi li cresce e non di chi li fa?), sulla spiritualità come bisogno universale. E infine rimane la confessione fiume di un padre che ama il figlio, la storia misteriosa di come dal dolore possa generarsi vita e di come questa vita possa addirittura farsi felicità autentica.
Il libro di Claudio Volpe è edito da Edizioni Il Foglio di Piombino: www.ilfoglioletterario.it E' stato presentato in occasione della rassegna Libri da Scoprire di Latina, con uno straordinario successo di vendite. Prosegue ora il tour in Italia. Prima tappa Pontinia, città in cui l'autore vive.
Rosa Manauzzi
http://www.parvapolis.it/page.php?id=53503
Claudio Volpe con il suo primo romanzo è riuscito a sorprendere tutti...
Diversi romanzi epistolari sono stati dedicati ai propri cari, nel tentativo forse di offrire in memoria una parte di sé inconfessabile o semplicemente per liberarsi da qualcosa o qualcuno, nel qual caso il referente è solo fittizio, una scusa. Kafka scrisse nel 1919 un lunga lettera al padre, pubblicata postuma qualche decennio dopo, senza la possibilità o forse anche senza la volontà di una comunicazione diretta, e quindi di una possibile risoluzione. Si rivolge al genitore di cui ha sempre avuto terrore, che teme e adora come si fa per i carnefici talvolta, quando non si hanno altre vie di fuga. Oriana Fallaci ha consegnato alla storia della letteratura un libro commovente e tormentato con “Lettera a un bambino mai nato” (1975), rivolgendosi di fatto a se stessa in quanto donna e a tutti coloro che possono con lei condividere l'enigma della vita e la scelta di generare. Di recente una straziante lettera è stata scritta dallo scrittore e pacifista israeliano David Grossman, che la dedica al figlio Uri, caduto giovanissimo nella guerra israelo-libanese del 2006.
Nel libro di Claudio Volpe, Achille scrive ad Ettore, figlio che effettivamente nasce, esiste; tuttavia, poiché affetto da una sindrome che lo limita, nel suo caso, fortemente nella capacità di comprendere, non potrà mai davvero interpretare le parole del padre. Eppure questo padre parla, confessa ogni cosa. Non crea un altare alla perfezione e alla bellezza del figlio, che nonostante tutto rende perfetto e bello vestendolo di amore. Parla invece della sua imperfezione di uomo, dei suoi cedimenti, del suo baratro e della risalita. Perché di fronte a un figlio, ecco l'atto più coraggioso, non esiste un padre onnipotente creatore della perfezione; di fronte a un figlio l'amore più grande si manifesta lacerandosi l'anima e svelandola senza segreti, parlando senza pudore di quel vuoto intorno che si è cercato invano di esorcizzare riempendolo con ogni azione, anche la più scellerata nei confronti di se stessi.
Il vuoto intorno esiste, quindi, come afferma il titolo del libro, esiste e va guardato negli occhi. Altro che visione aristotelica del riempimento totale di ogni spazio; la scoperta di Otto von Guericke (1650) lo aveva smentito alla grande e da allora, filosofi, scienziati, uomini comuni hanno dovuto fare i conti con l'horror vacui dell'esistenza. Solo l'arte ha offerto sollievo. Lo diceva Mario Praz, pensando alle case vittoriane stipate di oggetti; ce ne hanno un esempio i più antichi manoscritti miniati e il fitto gioco di figure nei quadri del Medioriente e d'Oriente. E così anche il pop surrealism degli anni '70 e l'Art Brut, o arte non convenzionale, in voga negli stessi anni negli ospedali psichiatrici. Riempire, riempire, altrimenti è troppo doloroso stare nel vuoto e averlo tutto intorno.
“Il vuoto è sempre stato il mio problema, il mio fardello inabilitante. Noi viviamo con la paura del vuoto, lavoriamo, amiamo, creiamo, facciamo arte, facciamo guerre, ci uccidiamo, per paura di venire divorati da quel maledetto vuoto affamato. La nostra storia è scandita dal vuoto. Per sconfiggere il vuoto della comunicazione abbiamo imparato a parlare, per combattere il vuoto del buio abbiamo imparato ad accendere il fuoco, per paura del vuoto della solitudine abbiamo imparato ad amar. Ma per quanto possiamo lottare, per quanto possiamo buttare il nostro sangue per azzerare quel vuoto, lui è sempre al suo posto accanto a noi.” E solo dopo aver tentato invano di colmarlo ammette: “Ho capito che l'unica via di salvezza, l'unica possibilità di redenzione, sarebbe stata farlo oscillare. Il vuoto che oscilla e che trema: questa è la strada.” Un'oscillazione quindi, una vibrazione lunga che intercorre tra più esseri e fonda la solidarietà, questa la via d'uscita. Accettare che il vuoto ci sia e affrontarlo insieme col sorriso, come avviene nella fiaba cinese riportata nel testo, non a caso raccontata ad un Achille ancora ragazzino da uno scultore, l'artista maturo per eccellenza che ha imparato a dare una forma alla materia plasmandola secondo la visione di felicità che lo alberga dentro. Lo scultore che fa nascere lentamente dall'argilla la vita e non “vomita” di getto la sua rabbia come farebbe uno scrittore, sembra suggerire l'autore.
Nella fiaba si racconta che un sant'uomo abbia chiesto a Dio di mostrargli il paradiso e l'inferno; lo scenario che si presenta pare identico: gli uomini seduti intorno ad un tavolo hanno dei cucchiai lunghissimi collegati alle braccia, in modo tale che non possono nutrirsi da soli. Quindi nell'inferno gli uomini sono emaciati e affranti, nel paradiso felici e in carne. Come è possibile? Con la solidarietà è possibile tutto, da soli non ci si può nutrire ma si può nutrire il vicino e questi farà lo stesso con noi. “Inferno e paradiso sono uguali nella struttura. La differenza la portiamo dentro di noi!” I temi affrontati dal romanzo dello scrittore esordiente, e già maturo, Claudio Volpe, sono talvolta duri da digerire: la violenza sui bambini, l'handicap, il sesso prostituito, l'accettazione dell'altro (in particolare degli zingari).
Le pagine scorrono emozionando e facendo riflettere sull'ipocrisia della cosiddetta normalità, sui sistemi falsi fondati sulle gerarchie genetiche (i figli non si dice forse che sono di chi li cresce e non di chi li fa?), sulla spiritualità come bisogno universale. E infine rimane la confessione fiume di un padre che ama il figlio, la storia misteriosa di come dal dolore possa generarsi vita e di come questa vita possa addirittura farsi felicità autentica.
Il libro di Claudio Volpe è edito da Edizioni Il Foglio di Piombino: www.ilfoglioletterario.it E' stato presentato in occasione della rassegna Libri da Scoprire di Latina, con uno straordinario successo di vendite. Prosegue ora il tour in Italia. Prima tappa Pontinia, città in cui l'autore vive.
Rosa Manauzzi
http://www.parvapolis.it/page.php?id=53503
oggi l'approvazione del megastore di Mesa?
Nuova conferenza unificata dopo l'ultimo rinvio per l'assenza della provincia per l'approvazione del progetto del Megastore di Mesa contestato da Confcommercio e da alcune associazioni locali. Sarà la volta buona? Intanto il comune ancora non risponde in merito al pagamento dell'ICI.
nucleare, Fukushima stronzio e sostanze radioattive nel fondale marino
Fukushima, trovate sostanze radioattive sul fondale marino di Paolo Tosatti “Terra” 29 giugno 2011
Tracce di stronzio sono state rinvenute in due località vicino la costa.
Intanto nella centrale continuano i problemi con il sistema di filtraggio dell’acqua contaminata
Novemila azionisti hanno contestato duramente la Tepco durante la riunione dei suoi stakeholder a Tokyo
quindici tonnellate di acqua radioattiva fuoriuscite da un serbatoio e riversatesi sul terreno per un incidente di cui non sono stati resi noti i dettagli.
Un’altra tonnellata schizzata fuori da un giunto tra due tubature fissate male. Tracce di stronzio radioattivo rinvenute sul fondale marino.
L’elenco dei “piccoli incidenti quotidiani” nella centrale di Fukushima puntualmente riportati dai media giapponesi è ormai una delle poche fonti di informazione in merito all’evoluzione della situazione all’interno dell’impianto giapponese.
Le notizie che provengono dalla Tepco sono sempre più rare, mentre si allunga la scia dei preoccupanti insuccessi che i tecnici della società continuano a collezionare.
Da più di una settimana la compagnia sta tentando inutilmente di far entrare a regime il sistema di filtraggio dell’acqua che dovrebbe abbassare la radioattività delle oltre 100mila tonnellate di liquido contaminato presenti nella struttura.
Ieri i macchinari sono stati riavviati per l’ennesima volta dopo quasi una giornata di interruzione dovuta a nuove perdite.
I portavoce della Tokyo electric power hanno attribuito il pro-blema a «una connessione debole che non è stata controllata in anticipo», e che ha dato origine «alla fuoriuscita di circa una tonnellata di acqua».
Cattive notizie sono arrivate anche dalla zona intorno alla centrale: prelievi eseguiti dalla società il 2 giugno in due siti del fondale marino nei pressi dell’impianto hanno infatti evidenziato per la prima volta la presenza di stronzio radioattivo, una sostanza pericolosa per l’ambiente e la salute umana. Proprio la pessima gestione della crisi nucleare in corso ha spinto oltre 9mila azionisti ad accogliere con durissime contestazioni la prima riunione degli stakeholder della Tepco dall’incidente dell’11 marzo.
Il rinnovo delle scuse più volte presentate dai vertici dell’azienda con cui si è aperto l’incontro all’hotel Tokyo Park Tower non ha impedito a una folla infuriata di radunarsi davanti all’edificio per urlare slogan e ingiurie contro la dirigenza della compagnia.
Un gruppo di oltre 400 azionisti ha presentato un documento per chiedere ufficialmente alla società di abbandonare per sempre qualsiasi progetto nel settore dell’energia nucleare.
I firmatari sottolineano che l’incidente di Fukushima sarebbe solo il caso più eclatante tra le numerose violazioni delle norme di sicurezza e trasparenza commesse dal gruppo negli anni, che hanno trasformato l’utility in un’impresa completamente inaffidabile.
Inoltre, nonostante il governo si sia offerto di aiutare la Tepco a sostenere le enormi spese che dovrà affrontare, dall’inizio della crisi le sue azioni hanno perso l’85 per cento del loro valore, un motivo più che sufficiente per spingere gli stakeholder a tentare di prendere provvedimenti.
Tracce di stronzio sono state rinvenute in due località vicino la costa.
Intanto nella centrale continuano i problemi con il sistema di filtraggio dell’acqua contaminata
Novemila azionisti hanno contestato duramente la Tepco durante la riunione dei suoi stakeholder a Tokyo
quindici tonnellate di acqua radioattiva fuoriuscite da un serbatoio e riversatesi sul terreno per un incidente di cui non sono stati resi noti i dettagli.
Un’altra tonnellata schizzata fuori da un giunto tra due tubature fissate male. Tracce di stronzio radioattivo rinvenute sul fondale marino.
L’elenco dei “piccoli incidenti quotidiani” nella centrale di Fukushima puntualmente riportati dai media giapponesi è ormai una delle poche fonti di informazione in merito all’evoluzione della situazione all’interno dell’impianto giapponese.
Le notizie che provengono dalla Tepco sono sempre più rare, mentre si allunga la scia dei preoccupanti insuccessi che i tecnici della società continuano a collezionare.
Da più di una settimana la compagnia sta tentando inutilmente di far entrare a regime il sistema di filtraggio dell’acqua che dovrebbe abbassare la radioattività delle oltre 100mila tonnellate di liquido contaminato presenti nella struttura.
Ieri i macchinari sono stati riavviati per l’ennesima volta dopo quasi una giornata di interruzione dovuta a nuove perdite.
I portavoce della Tokyo electric power hanno attribuito il pro-blema a «una connessione debole che non è stata controllata in anticipo», e che ha dato origine «alla fuoriuscita di circa una tonnellata di acqua».
Cattive notizie sono arrivate anche dalla zona intorno alla centrale: prelievi eseguiti dalla società il 2 giugno in due siti del fondale marino nei pressi dell’impianto hanno infatti evidenziato per la prima volta la presenza di stronzio radioattivo, una sostanza pericolosa per l’ambiente e la salute umana. Proprio la pessima gestione della crisi nucleare in corso ha spinto oltre 9mila azionisti ad accogliere con durissime contestazioni la prima riunione degli stakeholder della Tepco dall’incidente dell’11 marzo.
Il rinnovo delle scuse più volte presentate dai vertici dell’azienda con cui si è aperto l’incontro all’hotel Tokyo Park Tower non ha impedito a una folla infuriata di radunarsi davanti all’edificio per urlare slogan e ingiurie contro la dirigenza della compagnia.
Un gruppo di oltre 400 azionisti ha presentato un documento per chiedere ufficialmente alla società di abbandonare per sempre qualsiasi progetto nel settore dell’energia nucleare.
I firmatari sottolineano che l’incidente di Fukushima sarebbe solo il caso più eclatante tra le numerose violazioni delle norme di sicurezza e trasparenza commesse dal gruppo negli anni, che hanno trasformato l’utility in un’impresa completamente inaffidabile.
Inoltre, nonostante il governo si sia offerto di aiutare la Tepco a sostenere le enormi spese che dovrà affrontare, dall’inizio della crisi le sue azioni hanno perso l’85 per cento del loro valore, un motivo più che sufficiente per spingere gli stakeholder a tentare di prendere provvedimenti.
Carrefour e ipermercati, l'odissea di 116 dipendenti e il diritto al lavoro
Roma Nel 2009 il licenziamento, ora una sentenza di reintegro non rispettata: l’odissea di 116 dipendenti
Un dipendente racconta che l’azienda ha «risposto picche alla proposta di dislocare negli altri 4 ipermercati romani i lavoratori da riammettere»
Nel 2009 il licenziamento, ora una sentenza di reintegro non rispettata: l’odissea di 116 dipendenti
Di Marco Piccinelli Terra 29 giugno 2011
La vicenda si era aperta i primi giorni del 2009 quando a 116 dipendenti dell’ipermercato Carrefour della Romanina era stata inviata una lettera di licenziamento.
Le motivazioni addotte dall’azienda erano state la «concorrenza nel settore» e il «perdurare della crisi economica ». Vittorio Pezzotti, segretario della Filcams-Cgil Roma/ Lazio, in quei giorni si esprimeva così: «è un modo di fare commercio da bottegai. è assurdo che la grande distribuzione sprema la forza lavoro fino a quando ne ha bisogno per poi buttare via le persone come fossero cenci vecchi. è un modo di fare che non dovrebbe appartenere a quello che è il secondo gruppo mondiale nel settore della grande distribuzione.
Sembra quasi che per portare avanti una politica di prezzi contenuti vogliano far leva proprio sui lavoratori, andando magari ad utilizzare forme contrattuali precarie». Si erano colpiti maggiormente i lavoratori che «vanno per i cinquant’anni di età: troppo vecchi per un nuovo lavoro, fin troppo giovani per una pensione; situazioni “complicate” che vedevano la perdita di uno dei componenti della famiglia; situazioni che vedevano “intere famiglie” (marito e moglie) lavorare nell’azienda » spiega Antonio Esposito, lavoratore dell’azienda. Due anni dopo la situazione stenta ad avere un radicale cambiamento nonostante i lavoratori abbiano intrapreso numerose vertenze sindacali, siano andati in tribunale di fronte ad un giudice e nonostante abbiano vinto. Proprio così, in un momento storico in cui i diritti dei lavoratori sembrano essere «idee platoniche », i 104 (16 non hanno fatto ricorso) dipendenti dell’azienda ricorrenti devono essere riammessi al lavoro e l’azienda è costretta a pagare il risarcimento del danno in favore dei licenziati e le spese processuali.
«Una sentenza che ripristina la legalità, poiché, anche per le modalità con cui l’azienda individuò le persone da licenziare, non intese ascoltare le obiezioni del sindacato che, ovviamente, erano sostanziate da riferimenti giurisprudenziali», si legge nei comunicati diffusi dai vari sindacati confederali. Il fatto è che, stando a oggi mercoledì 29 giugno 2011, non c’è stato nessun reintegro. Così Antonio Esposito spiega come non ci sia stato «nessun reintegro» e anzi come l’azienda abbia «risposto picche a quella che era la proposta fatta dalla Cgil e dagli altri due sindacati confederali, ovvero quella di dislocare i cosiddetti ricorrenti negli altri 4 ipermercati Carrefour di Roma». «Questo, secondo me, vuol dire - continua in maniera perplessa il dipendente – che l’azienda non è di ampie vedute.
Ad esempio nel sud dell’Italia, in Sicilia, Carrefour è completamente scomparso, vendendo gli stabilimenti che aveva all’IperCoop; in Campania s’è eclissato, eccezion fatta per l’unico punto vendita rimasto in provincia di Caserta. è un’azienda che evidentemente non sa ancora quanto tempo vuole rimanere in Italia».
Un dipendente racconta che l’azienda ha «risposto picche alla proposta di dislocare negli altri 4 ipermercati romani i lavoratori da riammettere»
Nel 2009 il licenziamento, ora una sentenza di reintegro non rispettata: l’odissea di 116 dipendenti
Di Marco Piccinelli Terra 29 giugno 2011
La vicenda si era aperta i primi giorni del 2009 quando a 116 dipendenti dell’ipermercato Carrefour della Romanina era stata inviata una lettera di licenziamento.
Le motivazioni addotte dall’azienda erano state la «concorrenza nel settore» e il «perdurare della crisi economica ». Vittorio Pezzotti, segretario della Filcams-Cgil Roma/ Lazio, in quei giorni si esprimeva così: «è un modo di fare commercio da bottegai. è assurdo che la grande distribuzione sprema la forza lavoro fino a quando ne ha bisogno per poi buttare via le persone come fossero cenci vecchi. è un modo di fare che non dovrebbe appartenere a quello che è il secondo gruppo mondiale nel settore della grande distribuzione.
Sembra quasi che per portare avanti una politica di prezzi contenuti vogliano far leva proprio sui lavoratori, andando magari ad utilizzare forme contrattuali precarie». Si erano colpiti maggiormente i lavoratori che «vanno per i cinquant’anni di età: troppo vecchi per un nuovo lavoro, fin troppo giovani per una pensione; situazioni “complicate” che vedevano la perdita di uno dei componenti della famiglia; situazioni che vedevano “intere famiglie” (marito e moglie) lavorare nell’azienda » spiega Antonio Esposito, lavoratore dell’azienda. Due anni dopo la situazione stenta ad avere un radicale cambiamento nonostante i lavoratori abbiano intrapreso numerose vertenze sindacali, siano andati in tribunale di fronte ad un giudice e nonostante abbiano vinto. Proprio così, in un momento storico in cui i diritti dei lavoratori sembrano essere «idee platoniche », i 104 (16 non hanno fatto ricorso) dipendenti dell’azienda ricorrenti devono essere riammessi al lavoro e l’azienda è costretta a pagare il risarcimento del danno in favore dei licenziati e le spese processuali.
«Una sentenza che ripristina la legalità, poiché, anche per le modalità con cui l’azienda individuò le persone da licenziare, non intese ascoltare le obiezioni del sindacato che, ovviamente, erano sostanziate da riferimenti giurisprudenziali», si legge nei comunicati diffusi dai vari sindacati confederali. Il fatto è che, stando a oggi mercoledì 29 giugno 2011, non c’è stato nessun reintegro. Così Antonio Esposito spiega come non ci sia stato «nessun reintegro» e anzi come l’azienda abbia «risposto picche a quella che era la proposta fatta dalla Cgil e dagli altri due sindacati confederali, ovvero quella di dislocare i cosiddetti ricorrenti negli altri 4 ipermercati Carrefour di Roma». «Questo, secondo me, vuol dire - continua in maniera perplessa il dipendente – che l’azienda non è di ampie vedute.
Ad esempio nel sud dell’Italia, in Sicilia, Carrefour è completamente scomparso, vendendo gli stabilimenti che aveva all’IperCoop; in Campania s’è eclissato, eccezion fatta per l’unico punto vendita rimasto in provincia di Caserta. è un’azienda che evidentemente non sa ancora quanto tempo vuole rimanere in Italia».
A Ostia manifestazione per i diritti di accesso al mare
Ostia, sabato in spiaggia per i diritti
Inviato da Andrea Canfora il Mer, 29/06/2011 - 16:10 in Accesso al mare diritti Litorale romano mobilitazione Ostia spiagge Ambiente
Alessandro Polinori (Terra Lazio)
MOBILITAZIONE. Promossa dal coordinamento delle associazioni del Litorale romano torna l’impegno per l’accesso al mare.
Torna a far discutere il tema spiagge, dopo le tante polemiche sollevate dal diritto di superficie e dalla paventata possibilità di costruzione e privatizzazione delle coste italiane. In attesa di vedere gli sviluppi definitivi di questa vicenda, il Coordinamento Spiaggia Bene Comune rilancia organizzando un’iniziativa ad Ostia per sabato 2 luglio. Spiaggia Bene Comune è un coordinamento di associazioni, comitati e partiti, (tra cui Federazione dei Verdi, Movimento Cinque Stelle, Lipu Ostia, Ostia che Cammina, Non Bruciamoci il Futuro, Teatro del Lido, Comitato Civico e per l’Ambiente, Comitato Amici della Madonnetta, Podistica Ostia e decine di altre sigle e realtà territoriali), attivo da diverso tempo sul Litorale romano e non solo.
Le rivendicazioni del coordinamento riguardano il libero e gratuito accesso al mare (peraltro garantito anche dall’ordinanza comunale relativa alla balneazione che, rispettando la normativa nazionale, prevede all’articolo 7 il diritto di transito “anche ai fini della balneazione”), la possibilità di avere un mare visibile (e non occupato da maxi strutture che hanno trasformato molti lungomari in “lungomuri”) ed infine il rispetto della trasparenza e della legalità in fatto di concessioni, con la richiesta di un maggior numero di spazi per le spiagge libere. Il 2 luglio, al fine di riportare l’attenzione su queste importanti tematiche, il litorale di Ostia sarà teatro di una originale e colorata iniziativa.
Il programma prevede un appuntamento presso la Rotonda del Lido alle ore 11.15 (per chi viene da Roma appuntamento alla stazione Cristoforo Colombo alle ore 10), non per un corteo, ma solo per entrare in spiaggia, come garantito dalla legge, fare un bagno e passeggiare in riva al mare informando i cittadini attraverso un volantinaggio ed aspettando il pacifico arrembaggio dei Pirati di Spiaggia Bene Comune, i cui dettagli sono ancora top-secret. Nelle ultime ore la spiaggia di Ostia è stata oggetto di ulteriori polemiche, con la Corte dei Conti che ha bocciato il Comune per aver rilasciato concessioni demaniali agli stabilimenti senza accurati controlli preventivi sull’arenile, con un danno erariale calcolato di almeno 700 mila euro.
Sull’argomento è intervenuto Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio: «Dopo le notizie circa le concessioni demaniali a Ostia chiediamo l’istituzione urgente di una commissione d´inchiesta di Comune e Regione sul rilascio delle stesse per verificarne le modalità. Dalla Corte dei Conti arriva la prova di ciò che noi Verdi diciamo da tempo: sulle spiagge del litorale romano è in corso da anni un vero e proprio assalto alla diligenza. Sarà necessario che su tutto ciò indaghi anche la magistratura ma, dopo il pronunciamento della Corte dei Conti, è anche necessario che si azzerino le concessioni demaniali, della durata di 25 anni, rilasciate in assenza di qualsiasi bando».
http://www.terranews.it/news/2011/06/ostia-sabato-spiaggia-i-diritti
Inviato da Andrea Canfora il Mer, 29/06/2011 - 16:10 in Accesso al mare diritti Litorale romano mobilitazione Ostia spiagge Ambiente
Alessandro Polinori (Terra Lazio)
MOBILITAZIONE. Promossa dal coordinamento delle associazioni del Litorale romano torna l’impegno per l’accesso al mare.
Torna a far discutere il tema spiagge, dopo le tante polemiche sollevate dal diritto di superficie e dalla paventata possibilità di costruzione e privatizzazione delle coste italiane. In attesa di vedere gli sviluppi definitivi di questa vicenda, il Coordinamento Spiaggia Bene Comune rilancia organizzando un’iniziativa ad Ostia per sabato 2 luglio. Spiaggia Bene Comune è un coordinamento di associazioni, comitati e partiti, (tra cui Federazione dei Verdi, Movimento Cinque Stelle, Lipu Ostia, Ostia che Cammina, Non Bruciamoci il Futuro, Teatro del Lido, Comitato Civico e per l’Ambiente, Comitato Amici della Madonnetta, Podistica Ostia e decine di altre sigle e realtà territoriali), attivo da diverso tempo sul Litorale romano e non solo.
Le rivendicazioni del coordinamento riguardano il libero e gratuito accesso al mare (peraltro garantito anche dall’ordinanza comunale relativa alla balneazione che, rispettando la normativa nazionale, prevede all’articolo 7 il diritto di transito “anche ai fini della balneazione”), la possibilità di avere un mare visibile (e non occupato da maxi strutture che hanno trasformato molti lungomari in “lungomuri”) ed infine il rispetto della trasparenza e della legalità in fatto di concessioni, con la richiesta di un maggior numero di spazi per le spiagge libere. Il 2 luglio, al fine di riportare l’attenzione su queste importanti tematiche, il litorale di Ostia sarà teatro di una originale e colorata iniziativa.
Il programma prevede un appuntamento presso la Rotonda del Lido alle ore 11.15 (per chi viene da Roma appuntamento alla stazione Cristoforo Colombo alle ore 10), non per un corteo, ma solo per entrare in spiaggia, come garantito dalla legge, fare un bagno e passeggiare in riva al mare informando i cittadini attraverso un volantinaggio ed aspettando il pacifico arrembaggio dei Pirati di Spiaggia Bene Comune, i cui dettagli sono ancora top-secret. Nelle ultime ore la spiaggia di Ostia è stata oggetto di ulteriori polemiche, con la Corte dei Conti che ha bocciato il Comune per aver rilasciato concessioni demaniali agli stabilimenti senza accurati controlli preventivi sull’arenile, con un danno erariale calcolato di almeno 700 mila euro.
Sull’argomento è intervenuto Angelo Bonelli, capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio: «Dopo le notizie circa le concessioni demaniali a Ostia chiediamo l’istituzione urgente di una commissione d´inchiesta di Comune e Regione sul rilascio delle stesse per verificarne le modalità. Dalla Corte dei Conti arriva la prova di ciò che noi Verdi diciamo da tempo: sulle spiagge del litorale romano è in corso da anni un vero e proprio assalto alla diligenza. Sarà necessario che su tutto ciò indaghi anche la magistratura ma, dopo il pronunciamento della Corte dei Conti, è anche necessario che si azzerino le concessioni demaniali, della durata di 25 anni, rilasciate in assenza di qualsiasi bando».
http://www.terranews.it/news/2011/06/ostia-sabato-spiaggia-i-diritti
mercoledì 29 giugno 2011
Libera a Sabaudia domenica 3 luglio inaugurazione sede
Domenica sarà inaugurata la sede di Libera a Sabaudia intitolata a Giancarlo Siani. Interverranno due familiari di vittime innocenti di mafia e poi seguirà una festa com musica e degustazione che i ragazzi di Libera hanno organizzato per raccogliere fondi per uno dei due beni confiscati ed assegnati a Libera dal comune di Latina ovvero il campo a borgo Sabotino che ospiterà il prossimo 18 luglio Don Luigi Ciotti.
il Prefetto di Latina e la lotta agli incendi
La prefettura di Latina fa partire la campagna antincendi. Il prefetto Antonio D’Acunto ha convocato una riunione con le forze dell’ordine per fronteggiare il triste fenomeno estivo che coinvolge la provincia di Latina. Al centro della riunione il potenziamento della vigilanza del territorio e la prevenzione Il Prefetto invitato i sindaci del Comuni a predisporre piani comunali di protezione civile e di provvedere alla rimozione di sterpaglie. http://www.latinanotizie.it/articolo.php?id=18024
Pontinia, incontro con l'autore MariaPia Veladiano
Ricevo da Gianpaolo Danieli e pubblico
mercoledì 6 Luglio dalle ore 20.30 presso il centro anziani di Pontinia, in via Aldo Moro, nell'iniziativa Libera-mente, la liberia L'isola che non c'è in collaborazione con Cristina Battisti della ludoteca L'albero azzuro organizzano un incontro con la scrittrice MariaPia Veladiano finalista premio Strega 2011. http://www.newnotizie.it/2011/06/26/finalisti-premio-strega-2011-la-vita-accanto-di-mariapia-veladiano/
mercoledì 6 Luglio dalle ore 20.30 presso il centro anziani di Pontinia, in via Aldo Moro, nell'iniziativa Libera-mente, la liberia L'isola che non c'è in collaborazione con Cristina Battisti della ludoteca L'albero azzuro organizzano un incontro con la scrittrice MariaPia Veladiano finalista premio Strega 2011. http://www.newnotizie.it/2011/06/26/finalisti-premio-strega-2011-la-vita-accanto-di-mariapia-veladiano/
città solare a impatto zero: rinnovabili e senza emissioni
AmbienteVivere a impatto zero: si fa cosìdi Luca CarraProprio dall'inquinatissima Cina arriva il modello di città 'perfetta': cinque milioni di abitanti riscaldati, lavati, rinfrescati e nutriti con le rinnovabili. Ecco come funziona(27 giugno 2011)Un edificio di Dezhou alimentato a panelli solariUn tempo famosa soprattutto per il suo pollo croccante, la città cinese di Dezhou è la nuova città del sole. Anzi, come dicono senza ironia i cinesi, la Terra Santa delle energie rinnovabili. Altro che Germania, di più. Qui, nel paese che ha il primato mondiale delle emissioni di CO2 e di consumo di carbone, la green economy è una religione, le rinnovabili una mania. E così in pochi anni Dezhou, a metà strada fra Pechino e Shanghai, è riuscita a garantire all'80 per cento dei suoi 5 milioni di abitanti una doccia calda quotidiana da boiler solare. E lo skyline dei tetti ha entusiasmato perfino quelli dell'ufficio asiatico di Greenpeace, tanti sono i pannelli solari termici montati sui condomini: oltre a produrre acqua calda, i pannelli fotovoltaici fanno funzionare semafori e lampioni.
La svolta, circa un anno fa: con una piccola rivoluzione urbanistica in nome delle rinnovabili, 330 ettari di terreno agricolo hanno ceduto il posto a quella che vuole diventare la prima città totalmente "low carbon" della Cina, con un mix di uffici, edifici industriali e residenziali immersi in un patchwork di orti e giardini (anche pensili a scopo isolante e refrigerante) irrigati, almeno in parte, con un sistema di recupero di acqua piovana. Con torri eoliche e intere pareti fotovoltaiche che alimentano i trasporti su ferro. Pochi parcheggi per le auto e tanta architettura "passiva" a basso consumo energetico completano il quadro.
Insomma, una versione cinese del quartiere a zero carbonio BedZed londinese. Ma straordinariamente più grande e pacchiano, compreso l'avveniristico centro congressi con eco-hotel per i già numerosi uomini d'affari che arrivano da Stati Uniti ed Europa per firmare contratti con l'impresa numero uno del solare in Cina, la Himin.
Il boss della Himin, Huang Ming, ingegnere petrolifero pentito e nuovo pasdaran delle rinnovabili, ha messo in piedi in vent'anni un colosso dei pannelli solari termici, che ogni anno copre una superficie di due milioni di metri quadrati, quanto i paesi dell'Unione europea e il doppio degli Stati Uniti. Anche gli investimenti sono doppi: l'anno scorso la Cina ha investito 34 miliardi di dollari in solare, eolico e altre energie alternative, un record mondiale.
Ming dice di essersi convertito alle rinnovabili quando gli è nata la prima figlia e ha capito che doveva garantirle un futuro che non fosse fatto di carbone e petrolio. "Non volevo però che la mia fosse una posizione idealistica", dice: "Perché se non genera ricchezza e lavoro non si affermerà e finirà in niente". E così il Don Chisciotte delle rinnovabili, come Ming ama definirsi, è riuscito a diventare ricco, fatturando l'anno scorso 2 miliardi di yuan, e dando lavoro in città a migliaia di persone (800 mila a Dezhou lavorano nel settore delle energie alternative). Anche il risultato ambientale della sua attività non è trascurabile: i suoi tetti solari consentono di risparmiare 23 milioni di tonnellate di carbone all'anno. Come ogni tycoon che si rispetti, Huang Ming ha voluto uscire dalla fabbrica e realizzare una città ideale che fungesse peraltro da gigantesco showroom per gli ospiti occidentali in visita d'affari. Nasce così la Solar Valley - risposta cinese alla californiana Sylicon Valley - che nel giro di un paio d'anni ha fatto traslocare migliaia di contadini in appartamenti a basso tenore di carbonio, mentre un centinaio di imprese hanno già aperto centri di ricerca e sviluppo.
L'industria del solare in Cina cresce del 20-30 per cento l'anno, ma è ancora una goccia nel mare di idrocarburi di cui si alimentano l'industria e i consumi cinesi in piena crescita. L'energia da pannelli, infatti, rappresenta l'1 per cento del totale, che arriva al 9 se si conteggiano nelle rinnovabili anche l'eolico e l'idroelettrico delle gigantesche dighe costruite in questi anni. L'obiettivo è di arrivare al 15 per cento dell'intera produzione cinese nel 2020. Tuttavia, l'80 per cento dell'elettricità in Cina viene ancora prodotta bruciando carbone, e per tenere dietro allo sviluppo tumultuoso del Paese ogni settimana apre una nuova centrale a carbone da 1.500 megawatt. Il sogno solare di Hang Ming ha, insomma, ancora tanta strada da fare per diventare realtà.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/vivere-a-impatto-zero-si-fa-cosi/2154670
La svolta, circa un anno fa: con una piccola rivoluzione urbanistica in nome delle rinnovabili, 330 ettari di terreno agricolo hanno ceduto il posto a quella che vuole diventare la prima città totalmente "low carbon" della Cina, con un mix di uffici, edifici industriali e residenziali immersi in un patchwork di orti e giardini (anche pensili a scopo isolante e refrigerante) irrigati, almeno in parte, con un sistema di recupero di acqua piovana. Con torri eoliche e intere pareti fotovoltaiche che alimentano i trasporti su ferro. Pochi parcheggi per le auto e tanta architettura "passiva" a basso consumo energetico completano il quadro.
Insomma, una versione cinese del quartiere a zero carbonio BedZed londinese. Ma straordinariamente più grande e pacchiano, compreso l'avveniristico centro congressi con eco-hotel per i già numerosi uomini d'affari che arrivano da Stati Uniti ed Europa per firmare contratti con l'impresa numero uno del solare in Cina, la Himin.
Il boss della Himin, Huang Ming, ingegnere petrolifero pentito e nuovo pasdaran delle rinnovabili, ha messo in piedi in vent'anni un colosso dei pannelli solari termici, che ogni anno copre una superficie di due milioni di metri quadrati, quanto i paesi dell'Unione europea e il doppio degli Stati Uniti. Anche gli investimenti sono doppi: l'anno scorso la Cina ha investito 34 miliardi di dollari in solare, eolico e altre energie alternative, un record mondiale.
Ming dice di essersi convertito alle rinnovabili quando gli è nata la prima figlia e ha capito che doveva garantirle un futuro che non fosse fatto di carbone e petrolio. "Non volevo però che la mia fosse una posizione idealistica", dice: "Perché se non genera ricchezza e lavoro non si affermerà e finirà in niente". E così il Don Chisciotte delle rinnovabili, come Ming ama definirsi, è riuscito a diventare ricco, fatturando l'anno scorso 2 miliardi di yuan, e dando lavoro in città a migliaia di persone (800 mila a Dezhou lavorano nel settore delle energie alternative). Anche il risultato ambientale della sua attività non è trascurabile: i suoi tetti solari consentono di risparmiare 23 milioni di tonnellate di carbone all'anno. Come ogni tycoon che si rispetti, Huang Ming ha voluto uscire dalla fabbrica e realizzare una città ideale che fungesse peraltro da gigantesco showroom per gli ospiti occidentali in visita d'affari. Nasce così la Solar Valley - risposta cinese alla californiana Sylicon Valley - che nel giro di un paio d'anni ha fatto traslocare migliaia di contadini in appartamenti a basso tenore di carbonio, mentre un centinaio di imprese hanno già aperto centri di ricerca e sviluppo.
L'industria del solare in Cina cresce del 20-30 per cento l'anno, ma è ancora una goccia nel mare di idrocarburi di cui si alimentano l'industria e i consumi cinesi in piena crescita. L'energia da pannelli, infatti, rappresenta l'1 per cento del totale, che arriva al 9 se si conteggiano nelle rinnovabili anche l'eolico e l'idroelettrico delle gigantesche dighe costruite in questi anni. L'obiettivo è di arrivare al 15 per cento dell'intera produzione cinese nel 2020. Tuttavia, l'80 per cento dell'elettricità in Cina viene ancora prodotta bruciando carbone, e per tenere dietro allo sviluppo tumultuoso del Paese ogni settimana apre una nuova centrale a carbone da 1.500 megawatt. Il sogno solare di Hang Ming ha, insomma, ancora tanta strada da fare per diventare realtà.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/vivere-a-impatto-zero-si-fa-cosi/2154670
siti web, blog arriva la censura, altra legge bavaglio
6 luglio, muore il Web italianodi Alessandro LongoDalla settimana prossima l'Autorità delle comunicazioni avrà il diritto arbitrario di oscurare siti senza un processo. Una norma che non esiste in nessun Paese libero. Fortemente voluta da Berlusconi e da Mediaset(27 giugno 2011)Il 6 luglio arriverà una delibera Agcom, sulla tutela del copyright online, e sarà una forma di censura del web, in nome degli interessi di Mediaset e delle lobby dell'audiovisivo, con il beneplacito del centro destra. E' questo l'allarme lanciato da un gruppo di associazioni (Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assonet-Confesercenti, Assoprovider-Confcommercio, Studio Legale Sarzana). Avevano già fatto una campagna contro i rischi di quella delibera, ma speravano ancora di cambiare le cose. Speranze fallite venerdì, dopo aver incontrato Corrado Calabrò, presidente Agcom (Autorità garante delle comunicazioni). «Abbiamo appreso che non c'è spazio per la mediazione e che Agcom intende approvare la delibera-censura in fretta e furia», dice Luca Nicotra, segretario di Agorà Digitale, associazione di area Radicale. Nel testo definitivo dovrebbe insomma restare il principio di fondo, già presente nell'attuale bozza della delibera: Agcom avrà il potere di oscurare siti web accusati di facilitare la pirateria. Senza passare da un regolare processo, ma solo a fronte di una segnalazione da parte dei detentori di copyright.
Ma perché gridare alla censura? Come motivate quest'allarme?
«La questione alla base è che il diritto d'autore sul web ha tantissimi ambiti ed è possibile che l'industria del copyright metta in piedi interi uffici dedicati a segnalare presunte violazioni all'Autorità, come avvenuto in altri Paesi. L'Autorità non avrà i mezzi per gestire le decine di migliaia di segnalazioni che arriveranno. Sarà il Far west, ci saranno decisioni sommarie, ai danni di siti anche innocenti. Siamo il primo Paese al mondo a dare ad Agcom questo potere. Calabrò stesso ci ha detto che sa di muoversi in un territorio di frontiera... ».
Però ci si potrà difendere opponendosi all'oscuramento del sito.
«Secondo la delibera, potrà farlo il gestore del sito web, ma non l'utente che carica il contenuto in questione. Sarà un salto nel buio. Il nostro colloquio con Calabrò ci ha confermato che l'Autorità non è preparata a questo».
Perché non lo è?
«Per esempio: abbiamo detto a Calabrò che i provider Internet avranno grosse spese per rimuovere i contenuti dal web e lui ci ha risposto che non lo sapeva, che non gliel'avevano detto. Non ci ha mai risposto con numeri e criteri oggettivi alle nostre critiche».
Ma la censura avrà anche un colore politico?
«Sì e questo rende la cosa ancora più grave. Siamo in un Paese in cui la denuncia per diffamazione è facile ed efficace, per mettere a tacere media. In un sistema politicizzato come il nostro, questo nuovo potere che Agcom potrebbe aggravare il fenomeno. Dalla denuncia per diffamazione all'oscuramento d'Autorità di un sito il passo è breve».
Perché vi è sembrato che Calabrò avesse molta fretta di completare la delibera?
«In precedenza Agcom ci aveva promesso, per tenerci buoni, tanti incontri di mediazione e che il testo definitivo non sarebbe stato subito esecutivo ma che sarebbe stato messo in consultazione. Adesso invece ha deciso che già prima dell'estate, probabilmente il 6 luglio, arriverà a una delibera fatta e compiuta».
Come ti spieghi questa fretta?
«Siamo in un contesto di grossa instabilità politica. In questo momento il clima è ancora favorevole agli interessi di Mediaset, ma Agcom teme che non sarà presto così e quindi vuole chiudere in fretta la vicenda. E' un altro effetto del conflitto di interesse del presidente del Consiglio».
L'interesse delle lobby del copyright è evidente. Ma di Mediaset? E' solo quello di tutelare il proprio diritto d'autore sul web (ha denunciato in passato Google per video su YouTube, del resto)?
«Non solo. Lo scopo è forgiare il web in modo simile al mercato che loro conoscono e depotenziandone la minaccia al loro business. Hanno fatto così anche con la delibera sulle web tv».
Che farete se la delibera passa così com'è?
«Faremo ricorso al Tar del Lazio. Se necessario a Bruxelles, ma crediamo che il Tar bloccherà la delibera, che secondo molti esperti è illegittima, poiché viola diritti fondamentali del cittadino. Ma visto che ci sono forti interessi del Presidente del Consiglio a far passare quelle norme, il governo potrebbe intervenire direttamente con un decreto, in caso di blocco al Tar».© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/6-luglio-muore-il-web-italiano/2154694
Ma perché gridare alla censura? Come motivate quest'allarme?
«La questione alla base è che il diritto d'autore sul web ha tantissimi ambiti ed è possibile che l'industria del copyright metta in piedi interi uffici dedicati a segnalare presunte violazioni all'Autorità, come avvenuto in altri Paesi. L'Autorità non avrà i mezzi per gestire le decine di migliaia di segnalazioni che arriveranno. Sarà il Far west, ci saranno decisioni sommarie, ai danni di siti anche innocenti. Siamo il primo Paese al mondo a dare ad Agcom questo potere. Calabrò stesso ci ha detto che sa di muoversi in un territorio di frontiera... ».
Però ci si potrà difendere opponendosi all'oscuramento del sito.
«Secondo la delibera, potrà farlo il gestore del sito web, ma non l'utente che carica il contenuto in questione. Sarà un salto nel buio. Il nostro colloquio con Calabrò ci ha confermato che l'Autorità non è preparata a questo».
Perché non lo è?
«Per esempio: abbiamo detto a Calabrò che i provider Internet avranno grosse spese per rimuovere i contenuti dal web e lui ci ha risposto che non lo sapeva, che non gliel'avevano detto. Non ci ha mai risposto con numeri e criteri oggettivi alle nostre critiche».
Ma la censura avrà anche un colore politico?
«Sì e questo rende la cosa ancora più grave. Siamo in un Paese in cui la denuncia per diffamazione è facile ed efficace, per mettere a tacere media. In un sistema politicizzato come il nostro, questo nuovo potere che Agcom potrebbe aggravare il fenomeno. Dalla denuncia per diffamazione all'oscuramento d'Autorità di un sito il passo è breve».
Perché vi è sembrato che Calabrò avesse molta fretta di completare la delibera?
«In precedenza Agcom ci aveva promesso, per tenerci buoni, tanti incontri di mediazione e che il testo definitivo non sarebbe stato subito esecutivo ma che sarebbe stato messo in consultazione. Adesso invece ha deciso che già prima dell'estate, probabilmente il 6 luglio, arriverà a una delibera fatta e compiuta».
Come ti spieghi questa fretta?
«Siamo in un contesto di grossa instabilità politica. In questo momento il clima è ancora favorevole agli interessi di Mediaset, ma Agcom teme che non sarà presto così e quindi vuole chiudere in fretta la vicenda. E' un altro effetto del conflitto di interesse del presidente del Consiglio».
L'interesse delle lobby del copyright è evidente. Ma di Mediaset? E' solo quello di tutelare il proprio diritto d'autore sul web (ha denunciato in passato Google per video su YouTube, del resto)?
«Non solo. Lo scopo è forgiare il web in modo simile al mercato che loro conoscono e depotenziandone la minaccia al loro business. Hanno fatto così anche con la delibera sulle web tv».
Che farete se la delibera passa così com'è?
«Faremo ricorso al Tar del Lazio. Se necessario a Bruxelles, ma crediamo che il Tar bloccherà la delibera, che secondo molti esperti è illegittima, poiché viola diritti fondamentali del cittadino. Ma visto che ci sono forti interessi del Presidente del Consiglio a far passare quelle norme, il governo potrebbe intervenire direttamente con un decreto, in caso di blocco al Tar».© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/6-luglio-muore-il-web-italiano/2154694
Pontinia, aggiornamento pagamento online
In seguito alla mia segnalazione l'amministrazione comunale si è attivata per capire come mai i pagamenti online che si potevano fare (parcheggi, abbonamenti, luce votiva per il cimitero) adesso sono impediti. La speranza è che si possa riattivare quanto prima anche per ridurre le file presso l'ufficio postale oggetto della protesta del sindaco.
ILVA, AIA, l'ira ambientalista sulla Prestigiacomo
Ilva, l’ira ambientalista sulla Prestigiacomo
http://www.terranews.it/news/2011/06/ilva-l%E2%80%99ira-ambientalista-sulla-prestigiacomo
Inviato da Andrea Canfora il Mar, 28/06/2011 - 20:08 in Accordo al ribasso Ilva inquinamento ministero salute Stefania Prestigiacomo Taranto Ambiente
Vincenzo Mulè
INQUINAMENTO. Nei prossimi giorni è previsto l’incontro tra ministero e azienda per discutere l’autorizzazione integrata ambientale. Forti i timori di un accordo al ribasso che non tuteli la salute.
L'incontro è di quelli che non possono non suscitare sospetti e alimentare dietrologie. E vedi seduti sullo stesso tavolo il ministero dell’ambiente e i manager dello stabilimento Ilva di Taranto. L’autorizzazione integrata ambientale sarà il tema del summit, sul quale si sono alzate molte voci contrarie. Soprattutto per le modalità. Perchè è stato il ministero dell’Ambiente, secondo quanto ha dichiarato Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in commissione Ambiente che sull’argomento ha presentato un’interrogazione parlamentare, a chiedere di incontrare il Gruppo Riva. Che, nell’occasione, presenterà oltre cento osservazioni sul parere espresso dalla commissione Ippc, di nomina ministeriale. In questo organismo, è bene ricordere, siedono rappresentanti del Comune di Taranto, della Provincia, della Regione, dell’Arpa Puglia e dell’Ispra.
Le oltre mille pagine del documento finale, frutto di un compromesso tra tutte le forze in campo, sono state però contestate dalle associazioni ambientaliste che hanno sottolineato l’esistenze di quelle che vengono definite «incongruenze». Per superare le quali hanno chiesto una cosa apparentemente molto semplice: «Vorremmo che nel documento venisse quantificato il beneficio dopo il rilascio dell’Aia», come afferma Alessandro Marescotti di Peacelink. Uno dei principi cardine che l’autorità che rilascia l’autorizzazione integrata ambientale deve seguire è che «devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili». A far discutere è anche la tempistica della convocazione prevista per il 4 luglio.
Il giorno dopo, il 5, è prevista la conferenza dei servizi per il rilascio dell’Aia. Una coincidenza giudicata «irrituale» dalla Zamparutti e «ai limiti della legalità» dal fisico Erasmo Venosi che per conto del ministero dell’Ambiente aveva seguito la vicenda alcuni anni fa. Emergerebbe, inoltre, che dall’appuntamento del 5 luglio sarebbero state tenute fuori le associazioni ambientaliste. Che ieri hanno prodotto un ultimo, disperato tentativo. Esponenti dell’associazione Alta Marea sono stati ricevuti dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, al quale è stato chiesto di stoppare l’iniziativa del gruppo Riva. Nei giorni scorsi, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Lecce avevano chiesto il sequestro di alcuni impianti dell’Ilva di Taranto.
La richiesta era conseguenza di un rapporto spedito alla procura di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sulle emissioni nocive dai camini dello stabilimento siderurgico. Richiesta formulata dopo che i controlli compiuti nell’arco di 120 giorni avevano evidenziato una serie di anomalie come l’accensione delle torce di acciaieria. La richiesta del Noe è avvenuta nell’ambito dell’incidente probatorio in cui è stato disposto l’affidamento della nuova perizia sull’inquinamento con la nomina di tre medici. L’inchiesta fu aperta dopo le denunce sulle emissioni di benzoapirene e di diossina.
«Duole constatare – sottolinea l’Ilva in una nota - come il dibattito su inquinamento e industria sia sempre penalizzante per quest’ultima anche quando, come a Taranto, sono stati spesi negli ultimi dieci anni un miliardo di euro per la piena sostenibilita’ dell’impianto». Da oltre un anno i Verdi, attraverso il loro presidente Angelo Bonelli, chiedono al Governatore della Puglia Vendola un indagine epidemiologica nell’area di Taranto per verificare la relazione fra morti e l’inquinamento.
http://www.terranews.it/news/2011/06/ilva-l%E2%80%99ira-ambientalista-sulla-prestigiacomo
Inviato da Andrea Canfora il Mar, 28/06/2011 - 20:08 in Accordo al ribasso Ilva inquinamento ministero salute Stefania Prestigiacomo Taranto Ambiente
Vincenzo Mulè
INQUINAMENTO. Nei prossimi giorni è previsto l’incontro tra ministero e azienda per discutere l’autorizzazione integrata ambientale. Forti i timori di un accordo al ribasso che non tuteli la salute.
L'incontro è di quelli che non possono non suscitare sospetti e alimentare dietrologie. E vedi seduti sullo stesso tavolo il ministero dell’ambiente e i manager dello stabilimento Ilva di Taranto. L’autorizzazione integrata ambientale sarà il tema del summit, sul quale si sono alzate molte voci contrarie. Soprattutto per le modalità. Perchè è stato il ministero dell’Ambiente, secondo quanto ha dichiarato Elisabetta Zamparutti, deputata radicale in commissione Ambiente che sull’argomento ha presentato un’interrogazione parlamentare, a chiedere di incontrare il Gruppo Riva. Che, nell’occasione, presenterà oltre cento osservazioni sul parere espresso dalla commissione Ippc, di nomina ministeriale. In questo organismo, è bene ricordere, siedono rappresentanti del Comune di Taranto, della Provincia, della Regione, dell’Arpa Puglia e dell’Ispra.
Le oltre mille pagine del documento finale, frutto di un compromesso tra tutte le forze in campo, sono state però contestate dalle associazioni ambientaliste che hanno sottolineato l’esistenze di quelle che vengono definite «incongruenze». Per superare le quali hanno chiesto una cosa apparentemente molto semplice: «Vorremmo che nel documento venisse quantificato il beneficio dopo il rilascio dell’Aia», come afferma Alessandro Marescotti di Peacelink. Uno dei principi cardine che l’autorità che rilascia l’autorizzazione integrata ambientale deve seguire è che «devono essere prese le opportune misure di prevenzione dell’inquinamento, applicando in particolare le migliori tecniche disponibili». A far discutere è anche la tempistica della convocazione prevista per il 4 luglio.
Il giorno dopo, il 5, è prevista la conferenza dei servizi per il rilascio dell’Aia. Una coincidenza giudicata «irrituale» dalla Zamparutti e «ai limiti della legalità» dal fisico Erasmo Venosi che per conto del ministero dell’Ambiente aveva seguito la vicenda alcuni anni fa. Emergerebbe, inoltre, che dall’appuntamento del 5 luglio sarebbero state tenute fuori le associazioni ambientaliste. Che ieri hanno prodotto un ultimo, disperato tentativo. Esponenti dell’associazione Alta Marea sono stati ricevuti dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, al quale è stato chiesto di stoppare l’iniziativa del gruppo Riva. Nei giorni scorsi, i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Lecce avevano chiesto il sequestro di alcuni impianti dell’Ilva di Taranto.
La richiesta era conseguenza di un rapporto spedito alla procura di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sulle emissioni nocive dai camini dello stabilimento siderurgico. Richiesta formulata dopo che i controlli compiuti nell’arco di 120 giorni avevano evidenziato una serie di anomalie come l’accensione delle torce di acciaieria. La richiesta del Noe è avvenuta nell’ambito dell’incidente probatorio in cui è stato disposto l’affidamento della nuova perizia sull’inquinamento con la nomina di tre medici. L’inchiesta fu aperta dopo le denunce sulle emissioni di benzoapirene e di diossina.
«Duole constatare – sottolinea l’Ilva in una nota - come il dibattito su inquinamento e industria sia sempre penalizzante per quest’ultima anche quando, come a Taranto, sono stati spesi negli ultimi dieci anni un miliardo di euro per la piena sostenibilita’ dell’impianto». Da oltre un anno i Verdi, attraverso il loro presidente Angelo Bonelli, chiedono al Governatore della Puglia Vendola un indagine epidemiologica nell’area di Taranto per verificare la relazione fra morti e l’inquinamento.
pericolo per laboratorio nucleare bomba atomica USA
INCENDIO MINACCIA LABORATORIO DELLA PRIMA BOMBA ATOMICA PDF | Stampa |
Il centro atomico di Los Alamos in New Mexico ferma le attività. 12.000 persone già evacuate.
Il laboratorio nucleare di Los Alamos, New Mexico, attraversa, in queste ore, momenti drammatici. Rimasto nella storia per aver prodotto la prima bomba atomica, il centro ospita attualmente un deposito di plutonio e un arsenale nucleare ed è minacciato da un violentissimo incendio che divampa pericolosamente nelle vicinanze. Complici il vento e le temperature fuori dalla norma, le fiamme hanno già distrutto circa 60 mila ettari di bosco e si propagano a una velocità impressionante: i 12.000 abitanti della cittadina di Los Alamos sono stati già evacuati. Fondato per le ricerche e la produzione di armi nucleari nell'ambito del progetto Manhattan, durante il secondo conflitto mondiale, il Los Alamos National Laboratory è tuttora uno dei primi impianti statunitensi di ricerca sulle armi atomiche.
I responsabili del centro cercano di rassicurare sull'affidabilità dei sistemi anti-incendio e di sicurezza. L'arsenale, dicono, è al sicuro in bunker sotterranei. Ma intanto spengono l'impianto e sospendono qualunque tipo di attività. Il laboratorio sorge, infatti, fra i monti Jemez e si estende su 11 mila ettari a soli quaranta kilometri dal centro abitato. Il portavoce del centro ricorda che già nel 2000 un incendio devastò l'impianto creando danni per miliardi di dollari, mentre il capo del laboratorio, Doug Toucker, non ha escluso la possibilità che il fuoco raggiunga nuovamente l'edificio.
http://www.verdi.it/energia/30195-incendio-minaccia-laboratorio-della-prima-bomba-atomica.html
Il centro atomico di Los Alamos in New Mexico ferma le attività. 12.000 persone già evacuate.
Il laboratorio nucleare di Los Alamos, New Mexico, attraversa, in queste ore, momenti drammatici. Rimasto nella storia per aver prodotto la prima bomba atomica, il centro ospita attualmente un deposito di plutonio e un arsenale nucleare ed è minacciato da un violentissimo incendio che divampa pericolosamente nelle vicinanze. Complici il vento e le temperature fuori dalla norma, le fiamme hanno già distrutto circa 60 mila ettari di bosco e si propagano a una velocità impressionante: i 12.000 abitanti della cittadina di Los Alamos sono stati già evacuati. Fondato per le ricerche e la produzione di armi nucleari nell'ambito del progetto Manhattan, durante il secondo conflitto mondiale, il Los Alamos National Laboratory è tuttora uno dei primi impianti statunitensi di ricerca sulle armi atomiche.
I responsabili del centro cercano di rassicurare sull'affidabilità dei sistemi anti-incendio e di sicurezza. L'arsenale, dicono, è al sicuro in bunker sotterranei. Ma intanto spengono l'impianto e sospendono qualunque tipo di attività. Il laboratorio sorge, infatti, fra i monti Jemez e si estende su 11 mila ettari a soli quaranta kilometri dal centro abitato. Il portavoce del centro ricorda che già nel 2000 un incendio devastò l'impianto creando danni per miliardi di dollari, mentre il capo del laboratorio, Doug Toucker, non ha escluso la possibilità che il fuoco raggiunga nuovamente l'edificio.
http://www.verdi.it/energia/30195-incendio-minaccia-laboratorio-della-prima-bomba-atomica.html
nucleare, in gita alla centrale, tra vulcano e sisma, con Greenpeace
La centrale di Bataan
Filippine, turismo alla centrale nucleare. Con Greenpeace
Immagini da Morong, provincia di Bataan, isola di Luzon, Filippine. Mostrano una centrale nucleare mai attivata, trasformata in sito turistico. Il primo tour organizzato si è tenuto a 3 mesi dal dramma di Fukushima. Particolare curioso, le visite guidate sono a cura di Greenpeace, con il benestare del gestore del sito, Napocor, che addirittura fornisce video da mostrare agli ospiti. La spiegazione è nella tormentata storia della centrale, cominciata nel 1976 e bloccata 3 anni dopo, per l'incidente di Three Miles Island, Usa. Negli anni seguenti, i partiti pro e contro il sito si fronteggiano a lungo: si scopre che la centrale si trova in una zona a rischio sismico e vulcanico (in caso di eruzione del dormiente Pinatubo, poi avvenuta nel 1991). Chernobyl e l'avvicendamento tra Marcos e la Aquino concorrono a bloccare la messa in funzione della centrale, mantenuta fino ad oggi a costi esorbitanti. Ora, l'idea dei tour, che se per gli ambientalisti hanno un significato di monito alla popolazione, per la Napocor sono semplicemente un contributo alla manutenzione dell'impianto, sul cui utilizzo nessun veto definitivo è mai arrivato (anche se almeno sotto la presidenza di Benigno Aquino, in carica fino al 2016, l'attivazione sembra da esclutere). Nel frattempo, i visitatori possono usufruire della spiaggia privata dell'impianto, con vista sul Mar Cinese Meridionale, dell'area protetta per le tartarughe e del Monte Samar (memoriale della 2a Guerra Mondiale)
[28 giugno 2011]
http://viaggi.repubblica.it/multimedia/filippine-turismo-alla-centrale-nucleare-con-greenpeace/30011864/1/1?ref=HRESS-9
martedì 28 giugno 2011
Pontinia, bilancio tra evasione ed elusione
Questa sera consiglio comunale. Si parlerà del bilancio consuntivo 2010. Sarà curioso vedere come relazionerà l'assessore che all'epoca del preventivo era all'opposizione e aveva votato contro. Secondo le cronache odierne il revisore dei conti, nella sua relazione, evidenzia il problema dell'elusione / evasione di alcuni tributi tra i quali ICI e Tarsu. Ma anche i debiti fuori bilancio non computati interamente. Che potrebbero aumentare per circa 250 mila € per le richieste dei dipendenti.
I punti dell'odg.
1) Approvazione Rendiconto esercizio finanziario 2010;
2) Ratifica deliberazione di Giunta Comunale n. 81 del 5/5/2011 “Variazione al Bilancio di
previsione esercizio 2011 e pluriennale 2011-2012-2013;
3) Approvazione P.U.A. (Piano utilizzazione aziendale) .L.R. 38/99. Ditta De Felice Franco,
Cipolla Nadia e De Felice Davide;
4) Nomina Commissione comunale per la formazione degli elenchi dei giudici popolari;
5) Nomina Commissione Bilancio;
6) Nomina Commissione Cultura, pubblica Istruzione e Servizi sociali;
7) Nomina Commissione Urbanistica e lavori pubblici;
8) Nomina Commissione Affari Generali;
9) Nomina Commissione per lo Statuto e Regolamenti;
10) Nomina Commissione Ambiente e Sanita’;
11) Nomina Commissione Commercio, Industria, Artigianato;
12) Nomina Commissione Agricoltura;
13) Nomina Commissione alla Trasparenza;
14) Indirizzi per la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti comunali presso Enti
– Aziende ed istituzioni.
I punti dell'odg.
1) Approvazione Rendiconto esercizio finanziario 2010;
2) Ratifica deliberazione di Giunta Comunale n. 81 del 5/5/2011 “Variazione al Bilancio di
previsione esercizio 2011 e pluriennale 2011-2012-2013;
3) Approvazione P.U.A. (Piano utilizzazione aziendale) .L.R. 38/99. Ditta De Felice Franco,
Cipolla Nadia e De Felice Davide;
4) Nomina Commissione comunale per la formazione degli elenchi dei giudici popolari;
5) Nomina Commissione Bilancio;
6) Nomina Commissione Cultura, pubblica Istruzione e Servizi sociali;
7) Nomina Commissione Urbanistica e lavori pubblici;
8) Nomina Commissione Affari Generali;
9) Nomina Commissione per lo Statuto e Regolamenti;
10) Nomina Commissione Ambiente e Sanita’;
11) Nomina Commissione Commercio, Industria, Artigianato;
12) Nomina Commissione Agricoltura;
13) Nomina Commissione alla Trasparenza;
14) Indirizzi per la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti comunali presso Enti
– Aziende ed istituzioni.
Pontinia: questa sera Volpe presenta "il vuoto intorno"
https://www.facebook.com/event.php?eid=153197368087433
Ora
martedì 28 giugno · 20.30 - 23.30
Luogo
Ludoteca L'Albero azzurro (stabile centro sociale), via Aldo Moro, Pontinia
Creato da
Claudio Volpe
Maggiori informazioni
IL VUOTO INTORNO, romanzo edito da Il Foglio letterario, dinamica casa editrice di Piombino. Parteciperanno oltre all'autore, Maria Di Girolamo della Libreria L'isola che non c'è, Cristina Battisti, della direzione delle attività della ludoteca e Rosa Manauzzi,direttrice editoriale della collana saggi de Il Foglio letterario.
SINOSSI:
Achille ha un tic inspiegabile: sente il bisogno di respirare nelle cose, di fissare un oggetto che gli trasmetta tranquillità come il cielo, un prato, un volto solare, e di respirare concentrandosi su di esso, chiudendo le labbra a cannuccia. Questo tic si fa più insistente quando capisce di essere sul punto di morire ancora. Achille muore e risorge innumerevoli volte. Per l’esattezza tre: la prima quando muore sua madre, una donna alcolizzata e brutalmente distrutta per i continui tradimenti di un marito cinico e assente, la seconda quando scopre di avere un figlio affetto dalla sindrome di Down, la terza quando muore la donna che ama, una zingara che vive nel quartiere melmoso e abbandonato degli zingari nel paese campano di Agropoli e madre di suo figlio. Achille è terrorizzato dal vuoto. Il vuoto lo atterrisce, lo paralizza, lo gambizza. Teme il vuoto delle cose, il vuoto dei sentimenti, il vuoto delle persone. Considera la sua vita come un percorso sconnesso stracolmo di buchi, buchi nei quali lui è puntualmente affondato. Una vita fatta di nulla, una vita fatta di merda, come sostiene lui. Questo romanzo narra la storia maledettamente comune ma paradigmatica di un ragazzo padre che racconta al proprio figlio la storia della sua vita, partendo dall’infanzia sospesa tra un padre che sfoga i suoi istinti brutali con prostitute raccattate per strada e una madre fragile, autolesionista e infine suicida. La storia di un amore nato per caso con una zingara dei nostri giorni in fuga dall’amore pedofilo e incestuoso di suo padre, la storia di una, dieci, infinite fughe dal passato, dalla realtà, dal male della vita, dal vuoto. La storia di un padre alle prese con un figlio Down, la storia di un uomo che decide di calarsi nel male, nella perversione per autodistruggersi. Un uomo che inizia a prostituirsi in una casa d’appuntamenti improvvisata insieme ad un amico perché sente il bisogno di peccare, di scendere nel male lasciando che questi lo ricopra, gli entri dentro, lo inquini e gli faccia dimenticare se stesso e la sua vita. È la storia degli ultimi, delle cose peggiori possedute da un male invisibile e innato. Inevitabile. La storia di uomini torturati dall’esistenza come fossero pezzi di carne da macello, uomini prosciugati di ogni linfa vitale e di ogni energia. Ma è anche la storia di una speranza che si insinua sottile tra le pieghe della mente, una storia di vita nonostante tutto e nonostante tutti. La storia di un amore che inibisce il male, fa tremare il vuoto, riempie i buchi che ostacolano il cammino. La storia di una rinascita, la storia di due piedi che toccano il fondo delle cose e da lì spingono per risalire, per riemergere alla vita, per riconquistarsi un posto nel mondo. Achille, dopo due anni trascorsi negli inferi della prostituzione, dopo aver venduto se stesso, il proprio corpo e la propria anima vuota a ogni tipi di persona (donne, giovani e anziane, uomini frustrati, malati di cancro), trova la forza di rialzarsi e tornare alla conquista di sé, di quello che ha perduto, di suo figlio. “Il vuoto intorno” è la storia di un ragazzo che esorcizza il male che gli è piombato addosso dal nulla, un ragazzo comune che impara a scalare la vita e a non lasciarsi schiacciare dall’insostenibile peso del vuoto. La storia di come si può morire, morire nell’anima, infinite volte e puntualmente risorgere. Una storia che getta il male addosso al lettore, all’uomo di oggi, ragazzo o adulto che sia, per poi riprenderselo e farlo morire nel nulla. La storia di come si può ancora saper amare nonostante tutto il male del mondo.
L'intervista di Antonio Ferrara a Claudio Volpe http://ferraraantonio.wordpress.com/2011/06/06/antonio-ferrara-intervista-claudio-volpe/
Ora
martedì 28 giugno · 20.30 - 23.30
Luogo
Ludoteca L'Albero azzurro (stabile centro sociale), via Aldo Moro, Pontinia
Creato da
Claudio Volpe
Maggiori informazioni
IL VUOTO INTORNO, romanzo edito da Il Foglio letterario, dinamica casa editrice di Piombino. Parteciperanno oltre all'autore, Maria Di Girolamo della Libreria L'isola che non c'è, Cristina Battisti, della direzione delle attività della ludoteca e Rosa Manauzzi,direttrice editoriale della collana saggi de Il Foglio letterario.
SINOSSI:
Achille ha un tic inspiegabile: sente il bisogno di respirare nelle cose, di fissare un oggetto che gli trasmetta tranquillità come il cielo, un prato, un volto solare, e di respirare concentrandosi su di esso, chiudendo le labbra a cannuccia. Questo tic si fa più insistente quando capisce di essere sul punto di morire ancora. Achille muore e risorge innumerevoli volte. Per l’esattezza tre: la prima quando muore sua madre, una donna alcolizzata e brutalmente distrutta per i continui tradimenti di un marito cinico e assente, la seconda quando scopre di avere un figlio affetto dalla sindrome di Down, la terza quando muore la donna che ama, una zingara che vive nel quartiere melmoso e abbandonato degli zingari nel paese campano di Agropoli e madre di suo figlio. Achille è terrorizzato dal vuoto. Il vuoto lo atterrisce, lo paralizza, lo gambizza. Teme il vuoto delle cose, il vuoto dei sentimenti, il vuoto delle persone. Considera la sua vita come un percorso sconnesso stracolmo di buchi, buchi nei quali lui è puntualmente affondato. Una vita fatta di nulla, una vita fatta di merda, come sostiene lui. Questo romanzo narra la storia maledettamente comune ma paradigmatica di un ragazzo padre che racconta al proprio figlio la storia della sua vita, partendo dall’infanzia sospesa tra un padre che sfoga i suoi istinti brutali con prostitute raccattate per strada e una madre fragile, autolesionista e infine suicida. La storia di un amore nato per caso con una zingara dei nostri giorni in fuga dall’amore pedofilo e incestuoso di suo padre, la storia di una, dieci, infinite fughe dal passato, dalla realtà, dal male della vita, dal vuoto. La storia di un padre alle prese con un figlio Down, la storia di un uomo che decide di calarsi nel male, nella perversione per autodistruggersi. Un uomo che inizia a prostituirsi in una casa d’appuntamenti improvvisata insieme ad un amico perché sente il bisogno di peccare, di scendere nel male lasciando che questi lo ricopra, gli entri dentro, lo inquini e gli faccia dimenticare se stesso e la sua vita. È la storia degli ultimi, delle cose peggiori possedute da un male invisibile e innato. Inevitabile. La storia di uomini torturati dall’esistenza come fossero pezzi di carne da macello, uomini prosciugati di ogni linfa vitale e di ogni energia. Ma è anche la storia di una speranza che si insinua sottile tra le pieghe della mente, una storia di vita nonostante tutto e nonostante tutti. La storia di un amore che inibisce il male, fa tremare il vuoto, riempie i buchi che ostacolano il cammino. La storia di una rinascita, la storia di due piedi che toccano il fondo delle cose e da lì spingono per risalire, per riemergere alla vita, per riconquistarsi un posto nel mondo. Achille, dopo due anni trascorsi negli inferi della prostituzione, dopo aver venduto se stesso, il proprio corpo e la propria anima vuota a ogni tipi di persona (donne, giovani e anziane, uomini frustrati, malati di cancro), trova la forza di rialzarsi e tornare alla conquista di sé, di quello che ha perduto, di suo figlio. “Il vuoto intorno” è la storia di un ragazzo che esorcizza il male che gli è piombato addosso dal nulla, un ragazzo comune che impara a scalare la vita e a non lasciarsi schiacciare dall’insostenibile peso del vuoto. La storia di come si può morire, morire nell’anima, infinite volte e puntualmente risorgere. Una storia che getta il male addosso al lettore, all’uomo di oggi, ragazzo o adulto che sia, per poi riprenderselo e farlo morire nel nulla. La storia di come si può ancora saper amare nonostante tutto il male del mondo.
L'intervista di Antonio Ferrara a Claudio Volpe http://ferraraantonio.wordpress.com/2011/06/06/antonio-ferrara-intervista-claudio-volpe/
inquinamento da ozono Italia al 1. posto. 21 mila morti anno
Inquinamento da ozono Italia al primo posto
Salute Un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente ci indica come il Paese meno virtuoso per l’emissione di agenti nocivi nell’aria. I dati dell’Ispra: male soprattutto le città della Val Padana. Alessio Nannini “Terra” 28 giugno 2011
L’inquinamento da ozono provoca in Europa quattordicimila ricoveri all’anno e ventunomila morti. Lo dicono i dati presentati dall’Agenzia europea per l’ambiente, secondo cui il periodo più critico per la salute è quello compreso fra il 24 giugno e il 22 luglio. Durante queste settimane infatti il bel tempo e le alte temperature favoriscono la presenza degli inquinanti nell’aria che respiriamo; un fenomeno continentale, tanto che nessun paese è riuscito a evitare lo sforamento dei livelli di guardia previsti dalla direttiva comunitaria (che sono pari a una media giornaliera di 120 microgrammi di ozono per metro cubo). Secondo il rapporto dell’agenzia, le nazioni meno virtuose sono quelle mediterranee e della zona centro-settentrionale; ma se le concentrazioni di ozono in queste ultime potrebbero risentire del trasporto aereo, per Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e Italia, non ci sono scusanti. Noi siamo, peraltro, gli unici in cui i livelli fissati sono stati superati per più di 50 giorni; e abbiamo il primato della centralina con i valori peggiori di tutta Europa, quella di Valmadrera in provincia di Lecco, che ha registrato 240 microgrammi per metro cubo di aria.
La situazione italiana, tutt’altro che lusinghiera, ha un’analisi più dettagliata nel VII Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Da cui si evince che gli sforamenti di 120 microgrammi si sono verificati in tutti i capoluoghi, con picchi nelle città della Val Padana o a essa vicine: Milano, Monza, Novara, Bergamo e Padova. Se nel nord il quadro è pessimo, altrettanto preoccupante lo è nel centro e nel sud: male anche le città di Perugia, Terni, Siracusa. L’invito di Aea e Ispra alle istituzioni è quello di prendere provvedimenti per limitare l’emissione di monossido di carbonio e ossidi di azoto (che sono fra gli elementi indispensabili per la formazione dell’ozono) soprattutto nei mesi estivi; ma è lo stesso rapporto europeo a rendere pessimistiche le proiezioni per il futuro. Sebbene infatti ci siano state riduzioni notevoli di agenti inquinanti a partire dalla fine degli anni novanta, il fenomeno ha mantenuto una concentrazione stabile (a eccezione proprio dei periodi di caldo straordinario). Che fare dunque?
Per il lungo periodo serviranno soluzioni più efficaci. Intanto, nel breve, il suggerimento sta nel fare una campagna di informazione finalizzata alla salute della popolazione più anziana, che rappresenta la maggior parte dei soggetti a rischio.
Salute Un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente ci indica come il Paese meno virtuoso per l’emissione di agenti nocivi nell’aria. I dati dell’Ispra: male soprattutto le città della Val Padana. Alessio Nannini “Terra” 28 giugno 2011
L’inquinamento da ozono provoca in Europa quattordicimila ricoveri all’anno e ventunomila morti. Lo dicono i dati presentati dall’Agenzia europea per l’ambiente, secondo cui il periodo più critico per la salute è quello compreso fra il 24 giugno e il 22 luglio. Durante queste settimane infatti il bel tempo e le alte temperature favoriscono la presenza degli inquinanti nell’aria che respiriamo; un fenomeno continentale, tanto che nessun paese è riuscito a evitare lo sforamento dei livelli di guardia previsti dalla direttiva comunitaria (che sono pari a una media giornaliera di 120 microgrammi di ozono per metro cubo). Secondo il rapporto dell’agenzia, le nazioni meno virtuose sono quelle mediterranee e della zona centro-settentrionale; ma se le concentrazioni di ozono in queste ultime potrebbero risentire del trasporto aereo, per Spagna, Portogallo, Francia, Grecia e Italia, non ci sono scusanti. Noi siamo, peraltro, gli unici in cui i livelli fissati sono stati superati per più di 50 giorni; e abbiamo il primato della centralina con i valori peggiori di tutta Europa, quella di Valmadrera in provincia di Lecco, che ha registrato 240 microgrammi per metro cubo di aria.
La situazione italiana, tutt’altro che lusinghiera, ha un’analisi più dettagliata nel VII Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Da cui si evince che gli sforamenti di 120 microgrammi si sono verificati in tutti i capoluoghi, con picchi nelle città della Val Padana o a essa vicine: Milano, Monza, Novara, Bergamo e Padova. Se nel nord il quadro è pessimo, altrettanto preoccupante lo è nel centro e nel sud: male anche le città di Perugia, Terni, Siracusa. L’invito di Aea e Ispra alle istituzioni è quello di prendere provvedimenti per limitare l’emissione di monossido di carbonio e ossidi di azoto (che sono fra gli elementi indispensabili per la formazione dell’ozono) soprattutto nei mesi estivi; ma è lo stesso rapporto europeo a rendere pessimistiche le proiezioni per il futuro. Sebbene infatti ci siano state riduzioni notevoli di agenti inquinanti a partire dalla fine degli anni novanta, il fenomeno ha mantenuto una concentrazione stabile (a eccezione proprio dei periodi di caldo straordinario). Che fare dunque?
Per il lungo periodo serviranno soluzioni più efficaci. Intanto, nel breve, il suggerimento sta nel fare una campagna di informazione finalizzata alla salute della popolazione più anziana, che rappresenta la maggior parte dei soggetti a rischio.
nucleare: incubo Giappone, Francia e Stati Uniti
Atomo, incubo ricorrente dal Giappone agli States. Il 70 per cento dei giapponesi si dice anti-nuclearista. Nonostante la crisi comporterà un aumento in bolletta senza precedenti. Sarkozy annuncia un miliardo per le nuove centrali. Ma sulle fughe di gas radioattivo in corso a Paluel si sa poco o nulla
di Diego Carmignani “Terra” 28 giugno 2011
Nucleare allarmi nucleari provenienti da più parti del mondo si susseguono, dal Giappone agli Stati Uniti alla Francia, senza trovare giusto spazio sui media. A Fukushima, alti livelli di contaminazione nelle urine di abitanti a 40 km dall’impianto, mentre un sondaggio rivela che il 70 per cento dei giapponesi è contrario all’atomo. In Nebraska, grande apprensione per le due centrali sommerse dalle inondazioni: è stata istituita la no fly zone, fervono operazioni militari nell’area e la strategia dell’insabbiamento è ormai più di un’ipotesi. In Francia, Sarkozy annuncia un miliardo di investimenti nel nucleare di ultima generazione, ma nessuno parla delle numerose fughe di gas radioattivo, in corso da un mese, nel sito di Paluel.
Una buona notizia da Fukushima: la Tepco ha cominciato a raffreddare i reattori con l’acqua decontaminata grazie al sistema di trattamento di nuova installazione.
«Un passo fondamentale per uscire dalla crisi», ha commentato Goshi Hosono, consigliere speciale del premier, ma anche l’unica goccia in un oceano di guai.
Dall’avvio del sistema di decontaminazione, sono appena 1.850 le tonnellate di acqua ripulite, a fronte di circa 110.000 stimate attualmente all’interno della centrale.
Mentre da fuori vengono altre notizie che sanno di disastro lento e inesorabile: una quantità superiore a 3 millisievert di radiazioni è stata rinvenuta nei campioni di urina dei residenti del villaggio di Iitate e della città di Kawamata, a 30 e 40 chilometri dall’impianto.
Emergenza silenziosa che, nonostante il governo abbia affermato le intenzioni di procedere con l’energia nucleare, sta trovando spazio crescente nell’opinione pubblica nipponica. Domenica c’è stata una nuova protesta di piazza, a Fukushima, in cui centinaia di famiglie hanno chiesto maggiore protezione per i loro figli, visti gli alti livelli di radiazioni nell’aria a tre mesi dall’incidente e i clamorosi ritardi del governo, colpevole di non aver ancora rimosso lo strato più superficiale di terra contaminata e di non aver contribuito alla decontaminazione delle scuole. Ieri, il dissenso locale si è confermato nazionale a mezzo stampa, con un sondaggio, pubblicato dal quotidiano economico Nikkei, secondo il quale il 70 per cento dei giapponesi è contrario alla riapertura dei reattori nucleari chiusi dopo lo tsunami, mentre la metà degli intervistati vorrebbe tagliare il numero di impianti. Atteggiamenti, va sottolineato, che tengono conto anche di un eventuale prolungato fermo energetico che causerebbe l’aumento certo delle bollette di elettricità. Prima della crisi, il nucleare copriva circa il 30 per cento del fabbisogno energetico giapponese, passato al 20 lo scorso mese. La perdita di capacità produttiva per la chiusura di Fukushima e altri impianti - a cui va sommato il rifiuto di molte amministrazioni locali di riaprire reattori chiusi per manutenzione ordinaria - rende concreto il rischio di blackout energetico in estate, quando la domanda raggiungerà il suo picco. Dal Giappone, il pericolo nucleare, come abbiamo già scritto su queste colonne, è migrato pure negli Stati Uniti, dove è sempre più oscura la situazione nelle centrali atomiche di Fort Calhoun e Cooper, situate nel Nebraska e colpite dalle devastanti inondazioni che stanno mettendo in ginocchio lo Stato americano. Alle accuse rivolte al presidente Barack Obama di insabbiamento della vicenda si aggiunge la scelta di istituire la no fly zone in tutta l’area, mentre nei dintorni si registra un crescente aumento di forze armate impiegate, con tutta probabilità, per creare barriere e azionare pompe idrauliche che aspirino l’acqua. Il grande dubbio, rafforzato dai comprovati bassi standard di sicurezza degli impianti, è che liquidi contaminati possano mescolarsi con le acque del Missouri straripato.
Oltretutto, la barriera di gomma piazzata intorno al sito di Fort Calhoun - da aprile ferma e ora semi-allegata - ha ceduto domenica scorsa e le precipitazioni continuano ad essere copiose. Sarà forse per una “psicosi Fukushima”, ma ombre inquietanti si succedono velocemente, per essere velocemente rimosse: secondo un rapporto di Associated press e della Nuclear regulatory commission, lo stato di salute degli impianti americani è da brividi. In 48 su 65 c’è una perdita di trizio radioattivo dovuta alla corrosione delle tubature, mentre si registra un alto rischio legato alle calamità naturali. Ancora, da più di un mese, fughe i gas radioattivo, allarmi di evacuazione e possibile contaminazione di alcuni lavoratori stanno interessando nella centrale nucleare di Paluel, in Alta Normandia, di proprietà della francese Edf, quella che dei famosi mini-reattori di nuovissima generazione.
Secondo testimonianze e siti di controinformazione, la situazione sarebbe precipitata a metà giugno, quando il reattore numero 3 sarebbe stato addirittura bloccato per via delle fughe di gas. I responsabili Edf avrebbero però minimizzato, spiegando che il gas radioattivo (Xenon) fuoriuscito dal reattore non sarebbe dannoso per la salute e che altre micro-fughe sarebbero poi seguite, tutte non allarmanti.
Altra rivelazione è che, tra il 2001 e il 2008, sarebbero state almeno trenta le fughe di gas non dichiarate nelle centrali francesi. Informazione che non ha avuto però la stessa risonanza dell’annuncio di ieri: Sarkozy promette un investimento da un miliardo di euro per le centrali del futuro, vale a dire quelle di quarta generazione.
di Diego Carmignani “Terra” 28 giugno 2011
Nucleare allarmi nucleari provenienti da più parti del mondo si susseguono, dal Giappone agli Stati Uniti alla Francia, senza trovare giusto spazio sui media. A Fukushima, alti livelli di contaminazione nelle urine di abitanti a 40 km dall’impianto, mentre un sondaggio rivela che il 70 per cento dei giapponesi è contrario all’atomo. In Nebraska, grande apprensione per le due centrali sommerse dalle inondazioni: è stata istituita la no fly zone, fervono operazioni militari nell’area e la strategia dell’insabbiamento è ormai più di un’ipotesi. In Francia, Sarkozy annuncia un miliardo di investimenti nel nucleare di ultima generazione, ma nessuno parla delle numerose fughe di gas radioattivo, in corso da un mese, nel sito di Paluel.
Una buona notizia da Fukushima: la Tepco ha cominciato a raffreddare i reattori con l’acqua decontaminata grazie al sistema di trattamento di nuova installazione.
«Un passo fondamentale per uscire dalla crisi», ha commentato Goshi Hosono, consigliere speciale del premier, ma anche l’unica goccia in un oceano di guai.
Dall’avvio del sistema di decontaminazione, sono appena 1.850 le tonnellate di acqua ripulite, a fronte di circa 110.000 stimate attualmente all’interno della centrale.
Mentre da fuori vengono altre notizie che sanno di disastro lento e inesorabile: una quantità superiore a 3 millisievert di radiazioni è stata rinvenuta nei campioni di urina dei residenti del villaggio di Iitate e della città di Kawamata, a 30 e 40 chilometri dall’impianto.
Emergenza silenziosa che, nonostante il governo abbia affermato le intenzioni di procedere con l’energia nucleare, sta trovando spazio crescente nell’opinione pubblica nipponica. Domenica c’è stata una nuova protesta di piazza, a Fukushima, in cui centinaia di famiglie hanno chiesto maggiore protezione per i loro figli, visti gli alti livelli di radiazioni nell’aria a tre mesi dall’incidente e i clamorosi ritardi del governo, colpevole di non aver ancora rimosso lo strato più superficiale di terra contaminata e di non aver contribuito alla decontaminazione delle scuole. Ieri, il dissenso locale si è confermato nazionale a mezzo stampa, con un sondaggio, pubblicato dal quotidiano economico Nikkei, secondo il quale il 70 per cento dei giapponesi è contrario alla riapertura dei reattori nucleari chiusi dopo lo tsunami, mentre la metà degli intervistati vorrebbe tagliare il numero di impianti. Atteggiamenti, va sottolineato, che tengono conto anche di un eventuale prolungato fermo energetico che causerebbe l’aumento certo delle bollette di elettricità. Prima della crisi, il nucleare copriva circa il 30 per cento del fabbisogno energetico giapponese, passato al 20 lo scorso mese. La perdita di capacità produttiva per la chiusura di Fukushima e altri impianti - a cui va sommato il rifiuto di molte amministrazioni locali di riaprire reattori chiusi per manutenzione ordinaria - rende concreto il rischio di blackout energetico in estate, quando la domanda raggiungerà il suo picco. Dal Giappone, il pericolo nucleare, come abbiamo già scritto su queste colonne, è migrato pure negli Stati Uniti, dove è sempre più oscura la situazione nelle centrali atomiche di Fort Calhoun e Cooper, situate nel Nebraska e colpite dalle devastanti inondazioni che stanno mettendo in ginocchio lo Stato americano. Alle accuse rivolte al presidente Barack Obama di insabbiamento della vicenda si aggiunge la scelta di istituire la no fly zone in tutta l’area, mentre nei dintorni si registra un crescente aumento di forze armate impiegate, con tutta probabilità, per creare barriere e azionare pompe idrauliche che aspirino l’acqua. Il grande dubbio, rafforzato dai comprovati bassi standard di sicurezza degli impianti, è che liquidi contaminati possano mescolarsi con le acque del Missouri straripato.
Oltretutto, la barriera di gomma piazzata intorno al sito di Fort Calhoun - da aprile ferma e ora semi-allegata - ha ceduto domenica scorsa e le precipitazioni continuano ad essere copiose. Sarà forse per una “psicosi Fukushima”, ma ombre inquietanti si succedono velocemente, per essere velocemente rimosse: secondo un rapporto di Associated press e della Nuclear regulatory commission, lo stato di salute degli impianti americani è da brividi. In 48 su 65 c’è una perdita di trizio radioattivo dovuta alla corrosione delle tubature, mentre si registra un alto rischio legato alle calamità naturali. Ancora, da più di un mese, fughe i gas radioattivo, allarmi di evacuazione e possibile contaminazione di alcuni lavoratori stanno interessando nella centrale nucleare di Paluel, in Alta Normandia, di proprietà della francese Edf, quella che dei famosi mini-reattori di nuovissima generazione.
Secondo testimonianze e siti di controinformazione, la situazione sarebbe precipitata a metà giugno, quando il reattore numero 3 sarebbe stato addirittura bloccato per via delle fughe di gas. I responsabili Edf avrebbero però minimizzato, spiegando che il gas radioattivo (Xenon) fuoriuscito dal reattore non sarebbe dannoso per la salute e che altre micro-fughe sarebbero poi seguite, tutte non allarmanti.
Altra rivelazione è che, tra il 2001 e il 2008, sarebbero state almeno trenta le fughe di gas non dichiarate nelle centrali francesi. Informazione che non ha avuto però la stessa risonanza dell’annuncio di ieri: Sarkozy promette un investimento da un miliardo di euro per le centrali del futuro, vale a dire quelle di quarta generazione.
il diserbante causa malformazioni genetiche. Usato in scuole e giardini pubblici
“Il diserbante più venduto al mondo causa malformazioni genetiche. E l’Ue non fa nulla” E' la denuncia di un rapporto realizzato da un gruppo internazionale di scienziati dell’ong Earth Open Source. Sotto accusa l'erbicida Roundup della Monsanto, usato anche in giardini pubblici e scuole. "La Commissione europea non ha mai preso provvedimenti"Il diserbante della Monsanto, "Roundup" L’industria agro-chimica e la Commissione europea sanno da almeno trent’anni che Roundup, il diserbante dell’americana Monsanto più venduto al mondo, contiene il glifosato: un “erbicida totale” che, come dimostrato da ricerche condotte in mezzo mondo, causa malformazioni genetiche nei feti degli animali da laboratorio.
E’ questa la denuncia di un nuovo rapporto realizzato da un gruppo internazionale di scienziati dell’Earth Open Source (Ong britannica che mira alla condivisione di informazioni con lo scopo di “assicurare la sicurezza alimentare preservando la Terra”), che accusa le istituzioni europee di avere colpevolmente tenuto nascosto alla popolazione i potenziali rischi legati al diserbante Monsanto, largamente utilizzato anche nei giardini delle scuole o ai lati delle strade pubbliche già dagli anni ’90.
Il dossier degli scienzati ha un titolo esplicito: “Roundup and birth defects: Is the public being kept in the dark?”. Chiarissimo il contenuto: l’industria agro-chimica (capeggiata da Monsanto), già dai primi anni ’80 sapeva, grazie a ricerche di laboratorio, che il glifosato causa malformazioni negli animali utilizzati per gli esperimenti; nel 1993 è stato scoperto che questi effetti sono provocati anche dall’esposizione a dosi medie o basse di questa sostanza; tra il 1998 e il ’99, gli esperti della Commissione Europea vengono a conoscenza di tutto ciò, ma nel 2002, invece di avvertire la popolazione sui potenziali effetti della sostanza, ne nascondono le caratteristiche scomode, permettendo la commercializzazione in Europa del diserbante Monsanto.
Per Claire Robinson, portavoce di Earth Open Source e co-autrice del rapporto, “sembra che ci sia stata una deliberata volontà di coprire la verità da parte dell’industria chimica (spiegabile ma non giustificabile) e di chi doveva controllare (inspiegabile e ingiustificabile)”. “Tutto ciò sulla pelle della sicurezza pubblica – accusa la dottoressa Robinson -. Perché il Roundup non viene utilizzato solo in agricoltura, ma anche nel giardinaggio, nei parchi e nelle aree verdi delle scuole, grazie alla falsa informazione che sia sicuro”.
I ricercatori hanno analizzato per diversi mesi le colture geneticamente modificate in cui si usa il Roundup, riscontrando grandi quantità di un agente patogeno che può causare aborti e malformazioni alla nascita negli animali. Un problema che era stato sollevato già lo scorso autunno da uno studio indipendente di scienziati argentini, che dimostrava come il glifosato, l’erbicida appunto più usato in agricoltura e ingrediente attivo del Roundup, provochi malformazioni cranio-facciali negli embrioni di rane e polli, anche a dosi inferiori al livello di residuo massimo autorizzato in Europa.
Queste ricerche, partite da studi effettuati sull’alto tasso di malformazioni genetiche e cancro nella popolazione sudamericana, una delle aree al mondo in cui si usa maggiormente la soia Ogm Roundup (nata proprio per tollerare elevate quantità del diserbante omonimo), una volta diffuse vennero prontamente smentite dalle istituzioni europee. L’ufficio federale per la tutela del consumatore e sicurezza alimentare tedesco, ad esempio, in seguito alla pubblicazione dello studio argentino dichiarò che non c’erano “evidenze di teratogenesi” (lo sviluppo anormale di alcune regioni del feto) a causa del glifosato.
Per Monsanto, che dal suo blog ha risposto agli scienziati autori del rapporto, la Commissione europea ha già deciso in precedenza che “il glifosato rientra in una categoria di pesticidi che non richiede un’immediata attenzione”. Non solo: ”Le autorità regolatrici ed esperti indipendenti di tutto il mondo concordano sul fatto che il glifosato non causi effetti negativi al sistema riproduttivo negli animali adulti esposti alla sostanza, né difetti alla nascita nella loro progenie”, anche a dosi di molto superiori a quelle consentite. Ma Robinson non ci sta: “Queste conclusioni – dice a ilfattoquotidiano.it – sono contraddette dagli studi che proprio compagnie come Monsanto hanno condotto dagli anni ’80. Esperimenti che, a differenza di quanto viene affermato oggi, hanno dimostrato gli effetti orribili dell’esposizione anche a dosi medie o basse di glifosato”.
L’autorizzazione di questo erbicida doveva essere rivista nel 2012, ma la Commissione ha deciso, con una nuova direttiva, di fissare la revisione al 2015. Ciononostante, entro il prossimo mese l’Ue dovrebbe approvare una più rigorosa regolamentazione sui diserbanti. La speranza degli scienziati di Earth Open Source è quella di vedere il glifosato bandito definitivamente. Visto che questa volta verranno presi in considerazione anche gli studi indipendenti. Ma, conclude Robinson, “non siamo sicuri che ci sarà la forza e il volere politico di fronteggiare il colosso Monsanto”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/27/il-diserbante-piu-venduto-al-mondo-causa-malformazioni-genetiche-e-lue-non-fa-nulla/119461/
E’ questa la denuncia di un nuovo rapporto realizzato da un gruppo internazionale di scienziati dell’Earth Open Source (Ong britannica che mira alla condivisione di informazioni con lo scopo di “assicurare la sicurezza alimentare preservando la Terra”), che accusa le istituzioni europee di avere colpevolmente tenuto nascosto alla popolazione i potenziali rischi legati al diserbante Monsanto, largamente utilizzato anche nei giardini delle scuole o ai lati delle strade pubbliche già dagli anni ’90.
Il dossier degli scienzati ha un titolo esplicito: “Roundup and birth defects: Is the public being kept in the dark?”. Chiarissimo il contenuto: l’industria agro-chimica (capeggiata da Monsanto), già dai primi anni ’80 sapeva, grazie a ricerche di laboratorio, che il glifosato causa malformazioni negli animali utilizzati per gli esperimenti; nel 1993 è stato scoperto che questi effetti sono provocati anche dall’esposizione a dosi medie o basse di questa sostanza; tra il 1998 e il ’99, gli esperti della Commissione Europea vengono a conoscenza di tutto ciò, ma nel 2002, invece di avvertire la popolazione sui potenziali effetti della sostanza, ne nascondono le caratteristiche scomode, permettendo la commercializzazione in Europa del diserbante Monsanto.
Per Claire Robinson, portavoce di Earth Open Source e co-autrice del rapporto, “sembra che ci sia stata una deliberata volontà di coprire la verità da parte dell’industria chimica (spiegabile ma non giustificabile) e di chi doveva controllare (inspiegabile e ingiustificabile)”. “Tutto ciò sulla pelle della sicurezza pubblica – accusa la dottoressa Robinson -. Perché il Roundup non viene utilizzato solo in agricoltura, ma anche nel giardinaggio, nei parchi e nelle aree verdi delle scuole, grazie alla falsa informazione che sia sicuro”.
I ricercatori hanno analizzato per diversi mesi le colture geneticamente modificate in cui si usa il Roundup, riscontrando grandi quantità di un agente patogeno che può causare aborti e malformazioni alla nascita negli animali. Un problema che era stato sollevato già lo scorso autunno da uno studio indipendente di scienziati argentini, che dimostrava come il glifosato, l’erbicida appunto più usato in agricoltura e ingrediente attivo del Roundup, provochi malformazioni cranio-facciali negli embrioni di rane e polli, anche a dosi inferiori al livello di residuo massimo autorizzato in Europa.
Queste ricerche, partite da studi effettuati sull’alto tasso di malformazioni genetiche e cancro nella popolazione sudamericana, una delle aree al mondo in cui si usa maggiormente la soia Ogm Roundup (nata proprio per tollerare elevate quantità del diserbante omonimo), una volta diffuse vennero prontamente smentite dalle istituzioni europee. L’ufficio federale per la tutela del consumatore e sicurezza alimentare tedesco, ad esempio, in seguito alla pubblicazione dello studio argentino dichiarò che non c’erano “evidenze di teratogenesi” (lo sviluppo anormale di alcune regioni del feto) a causa del glifosato.
Per Monsanto, che dal suo blog ha risposto agli scienziati autori del rapporto, la Commissione europea ha già deciso in precedenza che “il glifosato rientra in una categoria di pesticidi che non richiede un’immediata attenzione”. Non solo: ”Le autorità regolatrici ed esperti indipendenti di tutto il mondo concordano sul fatto che il glifosato non causi effetti negativi al sistema riproduttivo negli animali adulti esposti alla sostanza, né difetti alla nascita nella loro progenie”, anche a dosi di molto superiori a quelle consentite. Ma Robinson non ci sta: “Queste conclusioni – dice a ilfattoquotidiano.it – sono contraddette dagli studi che proprio compagnie come Monsanto hanno condotto dagli anni ’80. Esperimenti che, a differenza di quanto viene affermato oggi, hanno dimostrato gli effetti orribili dell’esposizione anche a dosi medie o basse di glifosato”.
L’autorizzazione di questo erbicida doveva essere rivista nel 2012, ma la Commissione ha deciso, con una nuova direttiva, di fissare la revisione al 2015. Ciononostante, entro il prossimo mese l’Ue dovrebbe approvare una più rigorosa regolamentazione sui diserbanti. La speranza degli scienziati di Earth Open Source è quella di vedere il glifosato bandito definitivamente. Visto che questa volta verranno presi in considerazione anche gli studi indipendenti. Ma, conclude Robinson, “non siamo sicuri che ci sarà la forza e il volere politico di fronteggiare il colosso Monsanto”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/27/il-diserbante-piu-venduto-al-mondo-causa-malformazioni-genetiche-e-lue-non-fa-nulla/119461/
No TAV lo stato armato dichiara guerra ai cittadini
TAV: SCONTRI IN VAL DI SUSA PDF | Stampa |
VERDI: OPERA INUTILE. INACCETTABILE GUERRA A POPOLAZIONE.
Una ottantina di feriti è il bilancio degli scontri fra polizia (2000 unità) e manifestanti in presidio nei pressi della Maddalena di Chiomonte, uno dei siti che dovrebbe ospitare l'area di controllo per la costruzione del tunnel ad alta velocità Torino-Lione. Lacrimogeni, ruspe, gente in fuga dietro le barricate. Durante l'estate dovrebbero cominciare i lavori e torna ad alzarsi la tensione su una questione che si trascina, da anni, senza ombra di soluzione.
Si dicono costernati dall'estrema violenza dell'accaduto il presidente dei Verdi Angelo Bonelli e la co-presidente dei Verdi Europei Monica Frassoni, che ritengono "inaccettabile che si sia deciso di dichiarare guerra alla popolazione della Val di Susa".
"In Val di Susa si è tornati alla situazione di sei anni fa, - continuano Bonelli e la Frassoni, in una nota congiunta - ossia alla logica dello scontro, dopo anni passati in finti tentativi di mediazione, in cui i rappresentanti del governo non hanno mai preso sul serio le proposte e gli argomenti del territorio". Valutazioni confermate anche dal lungo lavoro dell'Osservatorio guidato da Virano ha per molti mesi lavorato con i rappresentati locali arrivando a conclusioni che i Verdi sostengono da anni: un tunnel di base di oltre 50 km e dal costo di 9 miliardi di euro NON é la priorità per promuovere la linea Torino-Lione. "Ci sono interventi molto più urgenti, come la soluzione del nodo di Torino - sottolinea la co-presidente del partito verde europeo, che considera "arrogante" la decisione di passare oltre e spingere di nuovo "sulla realizzazione di un tunnel geognostico in assenza di chiarezza perfino sul progetto preliminare e di qualsiasi sicurezza sul co-finanziamento dell'Italia del tunnel". Un imbroglio non solo per i cittadini italiani ma anche nei confronti del contribuente europeo, che si trova a dover sborsare ingenti fondi per un'opera inutile e dannosa.
La costruzione del tunnel che stamani le forze dell'ordine hanno difeso con i lacrimogeni "servirebbe solo eventualmente, tra chissà quanti anni, come supporto collaterale del secondo tunnel ferroviario sotto le Alpi – aggiunge il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. "Il solo fatto che ci siano risorse europee per finanziare questo tunnel non è una ragione sufficiente per validare l'opera".
"Quello che è accaduto con la protesta rispetto alla costruzione della stazione centrale di Stoccarda in Germania e quello che sta accadendo in Val di Susa oggi - concludono Bonelli e la Frassoni - dimostra che è sempre più urgente trovare un modello di condivisione dei progetti che non possono essere imposti ma che vanno condivisi democraticamente con le popolazioni locali - concludono Bonelli e la Frassoni.
Noi Verdi chiediamo che si sospenda il progetto e il cantiere per procedere invece a un riesame razionale e democratico delle priorità delle cosiddette Grandi opere. I 640 milioni di euro che l'Unione Europea si é impegnata a spendere per continuare studi e progettazioni possono essere spesi molto meglio. L'Italia deve approfittare della revisione che la Commissione ha lanciato sui piani delle reti transeuropee e negoziare una modifica della linea Torino-Lione per destinare quei fondi al finanziamento del rafforzamento della linea storica.
http://www.verdi.it/infrastrutture/30194-tav-scontri-in-val-di-susa.html
VERDI: OPERA INUTILE. INACCETTABILE GUERRA A POPOLAZIONE.
Una ottantina di feriti è il bilancio degli scontri fra polizia (2000 unità) e manifestanti in presidio nei pressi della Maddalena di Chiomonte, uno dei siti che dovrebbe ospitare l'area di controllo per la costruzione del tunnel ad alta velocità Torino-Lione. Lacrimogeni, ruspe, gente in fuga dietro le barricate. Durante l'estate dovrebbero cominciare i lavori e torna ad alzarsi la tensione su una questione che si trascina, da anni, senza ombra di soluzione.
Si dicono costernati dall'estrema violenza dell'accaduto il presidente dei Verdi Angelo Bonelli e la co-presidente dei Verdi Europei Monica Frassoni, che ritengono "inaccettabile che si sia deciso di dichiarare guerra alla popolazione della Val di Susa".
"In Val di Susa si è tornati alla situazione di sei anni fa, - continuano Bonelli e la Frassoni, in una nota congiunta - ossia alla logica dello scontro, dopo anni passati in finti tentativi di mediazione, in cui i rappresentanti del governo non hanno mai preso sul serio le proposte e gli argomenti del territorio". Valutazioni confermate anche dal lungo lavoro dell'Osservatorio guidato da Virano ha per molti mesi lavorato con i rappresentati locali arrivando a conclusioni che i Verdi sostengono da anni: un tunnel di base di oltre 50 km e dal costo di 9 miliardi di euro NON é la priorità per promuovere la linea Torino-Lione. "Ci sono interventi molto più urgenti, come la soluzione del nodo di Torino - sottolinea la co-presidente del partito verde europeo, che considera "arrogante" la decisione di passare oltre e spingere di nuovo "sulla realizzazione di un tunnel geognostico in assenza di chiarezza perfino sul progetto preliminare e di qualsiasi sicurezza sul co-finanziamento dell'Italia del tunnel". Un imbroglio non solo per i cittadini italiani ma anche nei confronti del contribuente europeo, che si trova a dover sborsare ingenti fondi per un'opera inutile e dannosa.
La costruzione del tunnel che stamani le forze dell'ordine hanno difeso con i lacrimogeni "servirebbe solo eventualmente, tra chissà quanti anni, come supporto collaterale del secondo tunnel ferroviario sotto le Alpi – aggiunge il presidente dei Verdi Angelo Bonelli. "Il solo fatto che ci siano risorse europee per finanziare questo tunnel non è una ragione sufficiente per validare l'opera".
"Quello che è accaduto con la protesta rispetto alla costruzione della stazione centrale di Stoccarda in Germania e quello che sta accadendo in Val di Susa oggi - concludono Bonelli e la Frassoni - dimostra che è sempre più urgente trovare un modello di condivisione dei progetti che non possono essere imposti ma che vanno condivisi democraticamente con le popolazioni locali - concludono Bonelli e la Frassoni.
Noi Verdi chiediamo che si sospenda il progetto e il cantiere per procedere invece a un riesame razionale e democratico delle priorità delle cosiddette Grandi opere. I 640 milioni di euro che l'Unione Europea si é impegnata a spendere per continuare studi e progettazioni possono essere spesi molto meglio. L'Italia deve approfittare della revisione che la Commissione ha lanciato sui piani delle reti transeuropee e negoziare una modifica della linea Torino-Lione per destinare quei fondi al finanziamento del rafforzamento della linea storica.
http://www.verdi.it/infrastrutture/30194-tav-scontri-in-val-di-susa.html
lunedì 27 giugno 2011
Pontinia, incidente stradale Migliara 45
27-06-2011
Pontinia, incidente sulla via Migliara 45, ferito gravemente un 22enne
http://www.latinanotizie.it/articolo.php?id=17984
Pauroso incidente quello avvenuto ieri sera sulla via Migliara 45 nel territorio di Pontinia ad un giovane 22enne che alla guida di una Lancia Ypsilon, per cause ancora in fase di accertamento è uscito improvvisamente di strada ribaltandosi più volte e finendo la sua corsa in un canale che costeggia la carreggiata. Immediatamente soccorso dai sanitari del 118, il 22enne è stato trasportato con un "codice rosso" presso l'ospedale Santa Maria Goretti di Latina dove ora si trova ricoverato. Sul posto sono intervenuti anche i Vigili del Fuoco e la polizia Stradale per i rilievi del caso, dalle prime testimonianze sembra che a causare l'uscita di strada sia stato un altro mezzo che avrebbe tagliato la strada al giovane.
Pontinia, incidente sulla via Migliara 45, ferito gravemente un 22enne
http://www.latinanotizie.it/articolo.php?id=17984
Pauroso incidente quello avvenuto ieri sera sulla via Migliara 45 nel territorio di Pontinia ad un giovane 22enne che alla guida di una Lancia Ypsilon, per cause ancora in fase di accertamento è uscito improvvisamente di strada ribaltandosi più volte e finendo la sua corsa in un canale che costeggia la carreggiata. Immediatamente soccorso dai sanitari del 118, il 22enne è stato trasportato con un "codice rosso" presso l'ospedale Santa Maria Goretti di Latina dove ora si trova ricoverato. Sul posto sono intervenuti anche i Vigili del Fuoco e la polizia Stradale per i rilievi del caso, dalle prime testimonianze sembra che a causare l'uscita di strada sia stato un altro mezzo che avrebbe tagliato la strada al giovane.
nucleare, Chernobyl cancro alla tiroide ed esposizione radiazioni
http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?PHPSESSID=pbskjim49dv7rf8a1ai2vce7g4&topic=1893.0
27/06/11 L'esposizione a radiazioni scoperta nel cancro alla tiroide a Chernobyl
« inserito:: Oggi alle 08:21:01 »
Le impronte dell’esposizione alle radiazioni scoperte nel cancro alla tiroide
Traduzione di ProgettoHumus da http://www.healthcanal.com
Nella foto: Julia Hess, Prof. Dr. Horst Zitzelsberger, Dott. Kristian Unger
Neuherberg (Germania): Gli scienziati dell’Helmholtz Zentrum München hanno scoperto una variazione genetica del cancro alla tiroide che mostra tracce di una sua precedente esposizione alle radiazioni ionizzanti. Il gene marcatore, la cosidetta “impronta digitale della radiazione”, è stato identificato nei casi di cancro alla tiroide delle vittime di Chernobyl ed era assente nei pazienti senza storia di esposizione alla radioattività. I risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero di PNAS
Il team di ricerca, guidato dal Prof. Horst Zitzelsberger e dal Dr. Kristian Unger, dell’unità delle radiazioni Citogenitche del Zentrums Helmholtz München, in collaborazione con il Prof. Geraldine Thomas, dell'Imperial College di Londra, ha studiato i tumori alla tiroide dei bambini esposti alle conseguenze dello iodio radioattivo proveniente dall’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl. I ricercatori hanno confrontato l’informazione genetica da questi tumori con quella che si trova nello stesso tipo di patologia riscontrata nei bambini nati più di un anno dopo l’esplosione, dopo che lo iodio radioattivo era decaduto a distanza. Il numero di coppie di un piccolo frammento del cromosoma 7 erano maggiori solo nei tumori dei bambini irradiati, stabilendo questo come uno dei marcatori genetici che indica l’eziologia radioattiva del cancro.
Questa è la prima scoperta di questo tipo a 25 anni di distanza dall’incidente, dove gli scienziati sono stati in grado di effettuare una discriminante tra i tumori provocati dalla contaminazione radioattiva a quelli che sorgono naturalmente.
Il Prof. Zitzelsberger attribuisce il successo di questo studio all’attenta raccolta di documentazione effettuata dalla “Banca dei tumori di Chernobyl”. Questa raccolta unica di materiale ha reso possibile per il team di ricerca di confrontare, per la prima volta, i tumori dei bambini della stessa età ed il background regionale.
La disponibilità del “marcatore genetico”, secondo il Prof. Zitzelsberger, permetterà di migliorare sia la diagnosi clinica del cancro alla tiroide e la comprensione di come lo iodio radioattivo causi lo sviluppo della malattia. Negli studi futuri, finanziati dall’EURATOM all’interno del progetto “EpiRadBio”, il gruppo estenderà lo studio per determinare se l’”impronta digitale genetica” è in grado di indicare il livello di esposizione necessaria a causare il cancro.
Informazioni aggiuntive:
Pubblicazione originale
Foto: Nei carcinomi papillari della tiroide, più copie del gene CLIP2 (rosso) vengono più rilevate rispetto al gene di riferimento (verde).
27/06/11 L'esposizione a radiazioni scoperta nel cancro alla tiroide a Chernobyl
« inserito:: Oggi alle 08:21:01 »
Le impronte dell’esposizione alle radiazioni scoperte nel cancro alla tiroide
Traduzione di ProgettoHumus da http://www.healthcanal.com
Nella foto: Julia Hess, Prof. Dr. Horst Zitzelsberger, Dott. Kristian Unger
Neuherberg (Germania): Gli scienziati dell’Helmholtz Zentrum München hanno scoperto una variazione genetica del cancro alla tiroide che mostra tracce di una sua precedente esposizione alle radiazioni ionizzanti. Il gene marcatore, la cosidetta “impronta digitale della radiazione”, è stato identificato nei casi di cancro alla tiroide delle vittime di Chernobyl ed era assente nei pazienti senza storia di esposizione alla radioattività. I risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero di PNAS
Il team di ricerca, guidato dal Prof. Horst Zitzelsberger e dal Dr. Kristian Unger, dell’unità delle radiazioni Citogenitche del Zentrums Helmholtz München, in collaborazione con il Prof. Geraldine Thomas, dell'Imperial College di Londra, ha studiato i tumori alla tiroide dei bambini esposti alle conseguenze dello iodio radioattivo proveniente dall’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl. I ricercatori hanno confrontato l’informazione genetica da questi tumori con quella che si trova nello stesso tipo di patologia riscontrata nei bambini nati più di un anno dopo l’esplosione, dopo che lo iodio radioattivo era decaduto a distanza. Il numero di coppie di un piccolo frammento del cromosoma 7 erano maggiori solo nei tumori dei bambini irradiati, stabilendo questo come uno dei marcatori genetici che indica l’eziologia radioattiva del cancro.
Questa è la prima scoperta di questo tipo a 25 anni di distanza dall’incidente, dove gli scienziati sono stati in grado di effettuare una discriminante tra i tumori provocati dalla contaminazione radioattiva a quelli che sorgono naturalmente.
Il Prof. Zitzelsberger attribuisce il successo di questo studio all’attenta raccolta di documentazione effettuata dalla “Banca dei tumori di Chernobyl”. Questa raccolta unica di materiale ha reso possibile per il team di ricerca di confrontare, per la prima volta, i tumori dei bambini della stessa età ed il background regionale.
La disponibilità del “marcatore genetico”, secondo il Prof. Zitzelsberger, permetterà di migliorare sia la diagnosi clinica del cancro alla tiroide e la comprensione di come lo iodio radioattivo causi lo sviluppo della malattia. Negli studi futuri, finanziati dall’EURATOM all’interno del progetto “EpiRadBio”, il gruppo estenderà lo studio per determinare se l’”impronta digitale genetica” è in grado di indicare il livello di esposizione necessaria a causare il cancro.
Informazioni aggiuntive:
Pubblicazione originale
Foto: Nei carcinomi papillari della tiroide, più copie del gene CLIP2 (rosso) vengono più rilevate rispetto al gene di riferimento (verde).
NO TAV attacco militare contro i manifestanti in Val di Susa
IL CASO
Val di Susa, scattato l'allarme
ore decisive per i no-tav
di MARIACHIARA GIACOSA e DIEGO LONGHIN
CHIOMONTE (Val di Susa) - E' partito alle 6 il blitz delle forze dell'ordine a Chiomonte. Da ore i No Tav aspettavano asserragliati nel fortino della Maddalena: un migliaio dei 5 mila che hanno partecipato alla fiaccolata e che ha scelto di passare la notte al presidio. Alle 4.40 è stata chiusa l'autostrada. Poco dopo i No Tav hanno sparato in aria i fuochi d'artificio per lanciare l'allarme. Due i fronti di attacco. L'autostrada A32 dove i mezzi sono arrivati sia da Torino che da Bardonecchia dove ci sono decine di mezzi della polizia che dovrebbero scortare gli operai che devono aprire il cantiere. Ad aspettarli, di fianco alle barriere di plexiglass, teatro della sassaiola del 23 maggio scorso, alcune centinaia di manifestanti pronti a bloccare le forze dell'ordine.
E la centrale elettrica, all'inizio della strada della Avanà, dove si trova la prima barricata e dove si sono radunati soprattutto esponenti dei centri sociali e dell'area anarco insurrezionalista. Altri No Tav sono sparpagliati nei boschi e ai vari possibili accessi all'area del futuro cantiere che deve aprire entro il 30 giugno per non perdere i finanziamenti dell'Unione europea.
Numerosi sindaci della valle contrari al supertreno hanno passato la notte riuniti in un'unità crisi a Bussoleno a una ventina di chilometri dal presidio, in costante contatto con un'"antenna" attiva a Chiomonte. Dopo un vertice all'1.30, al presidio, a cui ha partecipato una quindicina di amministratori delle liste civiche contrarie alla Torino-Lione, per tutta la notte
si sono alternati amministratori e legali per garantire consulenza e supporto ai manifestanti in caso di scontri. Si sono divisi in gruppi e hanno presidiato tutte le barricate.
27 giugno 2011 http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/27/news/tav_sgombero-18265648/?ref=HRER1-1
Val di Susa, scattato l'allarme
ore decisive per i no-tav
di MARIACHIARA GIACOSA e DIEGO LONGHIN
CHIOMONTE (Val di Susa) - E' partito alle 6 il blitz delle forze dell'ordine a Chiomonte. Da ore i No Tav aspettavano asserragliati nel fortino della Maddalena: un migliaio dei 5 mila che hanno partecipato alla fiaccolata e che ha scelto di passare la notte al presidio. Alle 4.40 è stata chiusa l'autostrada. Poco dopo i No Tav hanno sparato in aria i fuochi d'artificio per lanciare l'allarme. Due i fronti di attacco. L'autostrada A32 dove i mezzi sono arrivati sia da Torino che da Bardonecchia dove ci sono decine di mezzi della polizia che dovrebbero scortare gli operai che devono aprire il cantiere. Ad aspettarli, di fianco alle barriere di plexiglass, teatro della sassaiola del 23 maggio scorso, alcune centinaia di manifestanti pronti a bloccare le forze dell'ordine.
E la centrale elettrica, all'inizio della strada della Avanà, dove si trova la prima barricata e dove si sono radunati soprattutto esponenti dei centri sociali e dell'area anarco insurrezionalista. Altri No Tav sono sparpagliati nei boschi e ai vari possibili accessi all'area del futuro cantiere che deve aprire entro il 30 giugno per non perdere i finanziamenti dell'Unione europea.
Numerosi sindaci della valle contrari al supertreno hanno passato la notte riuniti in un'unità crisi a Bussoleno a una ventina di chilometri dal presidio, in costante contatto con un'"antenna" attiva a Chiomonte. Dopo un vertice all'1.30, al presidio, a cui ha partecipato una quindicina di amministratori delle liste civiche contrarie alla Torino-Lione, per tutta la notte
si sono alternati amministratori e legali per garantire consulenza e supporto ai manifestanti in caso di scontri. Si sono divisi in gruppi e hanno presidiato tutte le barricate.
27 giugno 2011 http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/27/news/tav_sgombero-18265648/?ref=HRER1-1
carta costitutiva dei beni comuni
CARTA COSTITUTIVA DEI BENI COMUNI
Prefazione
L'istituzione di beni comuni, l'uso collettivo in base a regole condivise è stato uno dei motivi della lunga vita delle società contadine che per millenni, in tutto il Mondo, hanno utilizzato le risorse del territorio con equilibrio, con modalità che oggi definiremmo sostenibili. L'identificazione di spazi comuni ( le comunaglie), dove poter pascolare gli animali e raccogliere la legna, le regole per un uso plurimo delle acque e per mettere a disposizione dei meno abbienti gli avanzi dei raccolti ( la spigolatura), il lavoro collettivo per sistemare i sentieri, pulire i boschi, produrre il formaggio sono state scelte fondamentali per un un equilibrato e duraturo governo del territorio.
Oggi è divitale importanza per l'intera umanità riappropiarci, in chiave moderna di quelle regole.
CARTA DEI BENI COMUNI PER ATTRAVERSARE INDENNI IL TERZO MILLENNIO
1) Sono dichiarati beni comuni: l'aria, l'acqua, i mari, le coste, le foreste, il Sole, la salute.
2) E' un diritto inalienabile di tutti i cittadini avere libero accesso al Sole e poterlo utilizzare per i prorpi usi energetici.
3) Beni a disposizione di tutta l'umanità sono tutti i materiali avanzati al loro uso primario: leggi, norme, usanze devono garantirene il riuso e il riciclo
4) Regole, norme, comportamenti individuali e collettivi sono predisposti per garantire nel tempo la disponibilità la qualità e l'uso a tutti i viventi dei beni comuni nella quantità necessaria a soddisfare in modo equo tutti i bisogni
5) Sono dichiarati beni comuni, anche i monumenti, i paesaggi agrari ed urbani, i parchi, tutto il patrimonio culturale prodotto dalle generazioni passate, la memoria storica.
6) Sarà cura delle generazioni presenti, conoscerli, riconoscerli, rispettarli, conservarli al meglio, affinche anche le generazioni future possano conoscerle, riconoscerle, rispettarle, preservarle.
Prefazione
L'istituzione di beni comuni, l'uso collettivo in base a regole condivise è stato uno dei motivi della lunga vita delle società contadine che per millenni, in tutto il Mondo, hanno utilizzato le risorse del territorio con equilibrio, con modalità che oggi definiremmo sostenibili. L'identificazione di spazi comuni ( le comunaglie), dove poter pascolare gli animali e raccogliere la legna, le regole per un uso plurimo delle acque e per mettere a disposizione dei meno abbienti gli avanzi dei raccolti ( la spigolatura), il lavoro collettivo per sistemare i sentieri, pulire i boschi, produrre il formaggio sono state scelte fondamentali per un un equilibrato e duraturo governo del territorio.
Oggi è divitale importanza per l'intera umanità riappropiarci, in chiave moderna di quelle regole.
CARTA DEI BENI COMUNI PER ATTRAVERSARE INDENNI IL TERZO MILLENNIO
1) Sono dichiarati beni comuni: l'aria, l'acqua, i mari, le coste, le foreste, il Sole, la salute.
2) E' un diritto inalienabile di tutti i cittadini avere libero accesso al Sole e poterlo utilizzare per i prorpi usi energetici.
3) Beni a disposizione di tutta l'umanità sono tutti i materiali avanzati al loro uso primario: leggi, norme, usanze devono garantirene il riuso e il riciclo
4) Regole, norme, comportamenti individuali e collettivi sono predisposti per garantire nel tempo la disponibilità la qualità e l'uso a tutti i viventi dei beni comuni nella quantità necessaria a soddisfare in modo equo tutti i bisogni
5) Sono dichiarati beni comuni, anche i monumenti, i paesaggi agrari ed urbani, i parchi, tutto il patrimonio culturale prodotto dalle generazioni passate, la memoria storica.
6) Sarà cura delle generazioni presenti, conoscerli, riconoscerli, rispettarli, conservarli al meglio, affinche anche le generazioni future possano conoscerle, riconoscerle, rispettarle, preservarle.
la ASL sposta Borgo Carso a Pontinia
I dati sull'arsenico
http://www.ausl.latina.it/componenti/actions.php?action=view&Id=723&fs=docazi
PONTINIA
DATA
Tipo prelievo
Via
Arsenico
23/05/2007 F <3
17/09/2010 F 3
02/12/2010 F Italia 4
11/03/2010 F 6
24/06/2010 F Indipendenza <3
07/10/2010 F Indipendenza
01/12/2010 F
01/12/2010 F 6
01/12/2010 F
01/12/2010 F
01/12/2010 F
09/12/2010 F 7
09/12/2010 F 7
09/12/2010 F 7
18/02/2011 F 7
04/03/2011 F Cavour 5
25/03/2011 F 8
30/03/2011 F 5
18/04/2011 F Cavour 6
26/04/2011 F Cavour 5
µg/L
migliara 48
Quartaccio
Migliara 48
n.p.
migliara 48 n.p.
Quartaccio
migliara 48 n.p.
Quartaccio n.p.
F.lli Bandiera n.p.
F.lli Bandiera
migliara 48
Quartaccio
cavour
Migliara 48
B.go Carso
domenica 26 giugno 2011
No TAV manifesto dei beni comuni, tutti in Val Susa
APPELLO A TUTTI I COMITATI, IN PARTICOLARE AI COORDINAMENTI NAZIONALI IN ASSEMBLEA IL 30 GIUGNO E IL 2 LUGLIO
Pensare globalmente e agire localmente: abbiamo sempre detto, però più che mai è tempo che la dimensione locale diventi quella italiana. Come indirizza l’esito dei referendum. Se invece continuiamo a ragionare per compartimenti stagni, ognuno curando il proprio “bene comune”, non faremo molta strada, né globalmente né localmente. Esempio attualissimo: “bene comune” è il territorio, è il territorio della Val di Susa minacciata dal TAV, è qui la resistenza di riferimento a tutte le resistenze italiane. Se perdiamo questo “bene comune” sulla trincea più forte, saremo perdenti ovunque.
Saremo perdenti se non difendiamo, conquistiamo tutti i “beni comuni”, uno per volta ma tutti. “Beni comuni” sono l’acqua, i servizi pubblici, l’aria, le energie, zero rifiuti, ma anche la salute, la sanità pubblica, i saperi, l’istruzione, ma anche il territorio, le fonti non rinnovabili, la vita del pianeta, gli ecosistemi, la biodiversità, ma anche il lavoro, la casa, il cibo, la sociodiversità, le relazioni sociali. Gli strumenti di conquista sono, dal basso, la partecipazione e la democrazia. Complessivamente, la difesa e la conquista , la riappropriazione e la messa in comune di questi “beni comuni” significano la conquista e la costruzione di un modello alternativo di politica e di sviluppo, alternativo all’espropriazione-privatizzazione capitalistica dei beni e dei luoghi comuni materiali e immateriali che si avvale della stessa provocata crisi economica e sociale per accrescere precarietà, povertà e profitti.
Se tale è il progetto che ereditiamo dai referendum, non dobbiamo perdere tempo in compartimenti stagni, a lavorare separatamente chi per l’acqua, chi per le fonti rinnovabili, chi per i rifiuti ecc. Organizziamo la partecipazione, la democrazia. Dopo lo straordinario avvenimento politico del referendum, i movimenti non devono fondersi ma conservare la propria specificità. Però, allo stesso tempo, hanno tre esigenze ineludibili: mantenere alta l’iniziativa, costruire un progetto politico ambizioso, essere presenti dove si lotta. Non sediamoci sugli allori ma restiamo al centro della scena, perché tutto è ancora da conquistare . Proprio perchè ha trionfato un nuovo modo di fare politica, ed è nato un nuovo laboratorio politico, la partecipazione e i beni comuni sono le nuove categorie per la nascita di nuove soggettività di politiche fuori e oltre il sistema dei partiti. Perciò dobbiamo impegnarci per un “ manifesto dei beni comuni”. Gli “Stati generali del governo dei beni comuni” dovrebbero essere il primo e rapido atto costituente del popolo dei beni comuni.
Dove convocare gli Stati generali? In Valsusa. Perché? Perché è stato sui territori dove abbiamo costruito la vittoria dei referendum. La Val di Susa è “il territorio” per eccellenza. Da Chiomonte ci hanno lanciato un drammatico appello di aiuto. Dobbiamo uscire da Roma. Il presidio No Tav della Maddalena rischia di essere spazzato via da una nuova prova di forza tipo Venaus. Le prossime sono settimane decisive. L’esigenza primaria in questo momento è dunque la partecipazione dei movimenti in questo territorio strategico. La FIOM si è già mossa. Se perdiamo qui, sarebbe veramente il fallimento definitivo del “Patto di mutuo soccorso”, se perdiamo qui, diamo un segnale di frammentazione nazionale dei movimenti.
Allora eleggiamo simbolicamente la Val di Susa quale sede nazionale degli Stati generali. Convochiamoli lì. Il solo annuncio, della Maddalena in Chiomonte quale presidio nazionale della democrazia, del rispetto della volontà delle popolazioni locali e del voto referendario, per un modello di politica e di sviluppo alternativi, il solo annuncio di fare della “Libera Repubblica della Maddalena” la capitale morale d’Italia, oggi, avrebbe un impatto mediatico enorme, avrebbe un effetto dissuasorio formidabile sui falchi politici di destra e di sinistra più di tutte le barricate che si stanno erigendo.
Lino Balza
Medicina democratica- Movimento della lotta per la salute
Pensare globalmente e agire localmente: abbiamo sempre detto, però più che mai è tempo che la dimensione locale diventi quella italiana. Come indirizza l’esito dei referendum. Se invece continuiamo a ragionare per compartimenti stagni, ognuno curando il proprio “bene comune”, non faremo molta strada, né globalmente né localmente. Esempio attualissimo: “bene comune” è il territorio, è il territorio della Val di Susa minacciata dal TAV, è qui la resistenza di riferimento a tutte le resistenze italiane. Se perdiamo questo “bene comune” sulla trincea più forte, saremo perdenti ovunque.
Saremo perdenti se non difendiamo, conquistiamo tutti i “beni comuni”, uno per volta ma tutti. “Beni comuni” sono l’acqua, i servizi pubblici, l’aria, le energie, zero rifiuti, ma anche la salute, la sanità pubblica, i saperi, l’istruzione, ma anche il territorio, le fonti non rinnovabili, la vita del pianeta, gli ecosistemi, la biodiversità, ma anche il lavoro, la casa, il cibo, la sociodiversità, le relazioni sociali. Gli strumenti di conquista sono, dal basso, la partecipazione e la democrazia. Complessivamente, la difesa e la conquista , la riappropriazione e la messa in comune di questi “beni comuni” significano la conquista e la costruzione di un modello alternativo di politica e di sviluppo, alternativo all’espropriazione-privatizzazione capitalistica dei beni e dei luoghi comuni materiali e immateriali che si avvale della stessa provocata crisi economica e sociale per accrescere precarietà, povertà e profitti.
Se tale è il progetto che ereditiamo dai referendum, non dobbiamo perdere tempo in compartimenti stagni, a lavorare separatamente chi per l’acqua, chi per le fonti rinnovabili, chi per i rifiuti ecc. Organizziamo la partecipazione, la democrazia. Dopo lo straordinario avvenimento politico del referendum, i movimenti non devono fondersi ma conservare la propria specificità. Però, allo stesso tempo, hanno tre esigenze ineludibili: mantenere alta l’iniziativa, costruire un progetto politico ambizioso, essere presenti dove si lotta. Non sediamoci sugli allori ma restiamo al centro della scena, perché tutto è ancora da conquistare . Proprio perchè ha trionfato un nuovo modo di fare politica, ed è nato un nuovo laboratorio politico, la partecipazione e i beni comuni sono le nuove categorie per la nascita di nuove soggettività di politiche fuori e oltre il sistema dei partiti. Perciò dobbiamo impegnarci per un “ manifesto dei beni comuni”. Gli “Stati generali del governo dei beni comuni” dovrebbero essere il primo e rapido atto costituente del popolo dei beni comuni.
Dove convocare gli Stati generali? In Valsusa. Perché? Perché è stato sui territori dove abbiamo costruito la vittoria dei referendum. La Val di Susa è “il territorio” per eccellenza. Da Chiomonte ci hanno lanciato un drammatico appello di aiuto. Dobbiamo uscire da Roma. Il presidio No Tav della Maddalena rischia di essere spazzato via da una nuova prova di forza tipo Venaus. Le prossime sono settimane decisive. L’esigenza primaria in questo momento è dunque la partecipazione dei movimenti in questo territorio strategico. La FIOM si è già mossa. Se perdiamo qui, sarebbe veramente il fallimento definitivo del “Patto di mutuo soccorso”, se perdiamo qui, diamo un segnale di frammentazione nazionale dei movimenti.
Allora eleggiamo simbolicamente la Val di Susa quale sede nazionale degli Stati generali. Convochiamoli lì. Il solo annuncio, della Maddalena in Chiomonte quale presidio nazionale della democrazia, del rispetto della volontà delle popolazioni locali e del voto referendario, per un modello di politica e di sviluppo alternativi, il solo annuncio di fare della “Libera Repubblica della Maddalena” la capitale morale d’Italia, oggi, avrebbe un impatto mediatico enorme, avrebbe un effetto dissuasorio formidabile sui falchi politici di destra e di sinistra più di tutte le barricate che si stanno erigendo.
Lino Balza
Medicina democratica- Movimento della lotta per la salute
Tav sale la tensione in Val di Susa
Tav, sale la tensione in Val di Susa
Maroni: “Lavori al via entro il 30 giugno” Il ministro dell'Interno ha annunciato il via del cantiere entro i termini fissati dalla Ue. "In caso contrario - dice - l'Italia perderà i fondi stanziati". Rifondazione comunista paragona il capo del Viminale a Bava Beccaris. Mentre dal Sap arrivano parole forti: "Forse dell'ordine pronti a rimuovere i presidi" Ai presidi No Tav lo immaginavano. Ora l’ipotesi diventa realtà. I lavori in Val di Susa devono iniziare entro e non oltre il 30 giugno. A certificare la notizia sono le parole del ministro dell’Interno Bobo Maroni. ”Il cantiere si apre entro il 30 – ha detto il capo del Viminale in un’intervista alla Padania – , e l’opera si fa, se no diciamo addio alle centinaia di milioni del contributo Ue ma soprattutto ai collegamenti con l’Europa, e quindi diciamo addio al futuro”. Quindi il leader del Carroccio ha speso parole contro i manifestanti che da settimane presidiano i cancelli dei cantieri a Chiomonte. “Chi si oppone non credo che riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo, perchè vuol dire arrecare un danno gravissimo soprattutto alle future generazioni, vuol dire, come è stato calcolato, far perdere due punti di Pil al Piemonte”. In merito alle critiche di carattere ecologista, “è stato fatto di tutto, è stato aperto un osservatorio, sono state fatte tutte le valutazioni necessarie”, assicura il ministro. “Ciononostante c’è un no pregiudiziale che non può essere accettato”. Più duro il viceministro Castelli, che definisce le ragioni addotte dai No-Tav “tutte balle”. “Sono le solite argomentazioni trite e ritrite che i Verdi ad oltranza tirano fuori contro qualsiasi opera pubblica”. In realtà, sostiene, “agli ultimi irriducibili rimasti, della Tav non frega più nulla. E’ diventata il pretesto per una sfida allo Stato. Partigiani contro lo stato nazista: sono ormai fuori dalla realtà”. Senza la Tav, avverte Castelli, l’Italia sarebbe “tagliata fuori dai grandi traffici internazionali. Senza contare le perdite in prospettiva sul fronte dell’occupazione, pari a centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ogni miliardo speso – sottolinea – genera 20 mila posti di lavoro”.
Il pugno di ferro annunciato da Maroni suscita la replica di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista: “Questa sera parteciperò alla fiaccolata che da Chiomonte porterà al presidio della Maddalena e poi mi fermerò tutta la notte al presidio. Il proposito del governo di risolvere attraverso una manovra militare quello che è un problema politico che vede la contrarietà della maggioranza della popolazione interessata e’ completamente irresponsabile. Come Bava Beccaris, Maroni vuole sostituire la repressione alla politica”.
Insomma, se Ferrero lancia l’allarme, ripescando dalla memoria i fatti del G8 di genova, il governatore del Piemonte Roberto Cota chiede a tutti di restare calmi. “Non è il momento – ha detto – di creare tensioni ma bisogna far quadrato per realizzare questa opera: vedo una forte coesione anche in Val di Susa, perché quest’opera non è contro la Val di Susa ma a favore”.
Ma se Cota tenta di stemperare, la situazione, a ridare fuoco alle polveri ci pensa Massimo Montebove, consigliere nazionale per il Piemonte del sindacato di polizia Sap. ”Il tempo delle chiacchiere è finito, le forze dell’ordine sono pronte a ripristinare la legalità in Valdisusa”. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra. “L’appello demagogico dei cosiddetti sindaci no tav – ha proseguito Montebove – va respinto al mittente. L’uso della forza può ancora essere evitato e certi amministratori pubblici della Valdisusa si adoperino piuttosto in questi giorni per far smobilitare il predidio illegale di Chiomonte”.
Il presidio, dunque. Da questa mattina sul piazzale della Maddalena di Chiomonte, sede del presidio degli attivisti No Tav, c’è una grande fermento. Le operazioni per l’apertura del cantiere sono attese a giorni se non addirittura a ore. E dopo la decisione di organizzare per questa sera una fiaccolata di protesta, auto e pullmini scaricano militanti – molti altri arrivano a piedi – e tanti si accampano montando nuove tende che si sono aggiunte a quelle già allestite da settimane. “Siamo in migliaia”, dice uno degli organizzatori del movimento No Tav. Sul traliccio alla sommità della collina c’è un cartellone con le foto dei ministri Umberto Bossi e Roberto Maroni e del Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e la scritta “Padroni a casa nostra. (uno degli slogan del Carroccio, ndr). Ricordatevelo!’.
L“’allarme generale” dei No Tav per il probabile imminente arrivo delle forze dell’ordine, chiamate per consentire l’avvio del cantiere, è scattato da ore. Ed è partita la mobilitazione, con mail, sms e messaggi sui siti internet, con l’invito ad andare alla Maddalena e “resistere, con coraggio e determinazione, per quelli che sono i giorni decisivi”. Il variegato popolo No Tav oggi ha ingannato l’attesa chiacchierando e pranzando sotto il tendone allestito al presidio o sotto gli alberi, al riparo dal gran caldo. Finito il pranzo, le cuoche volontarie del movimento stanno già preparando i panini per la serata. Nel pomeriggio sul piazzale ci saranno spettacoli teatrali (‘L’opera bluffa. Ode per un binario mortò), letture sulle ‘donne e la Resistenzà, giochi per bambini. Dopo la fiaccolata, che partirà alle 21 dal piazzale della stazione ferroviaria, i ‘cattolici No Tav’ si raccoglieranno in preghiera attorno al pilone votivo eretto nei giorni scorsi con le immagini della Madonna del Rocciamelone (la cima montuosa simbolo della Val Susa) e di altri santi a cui i valsusini sono devoti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/26/tav-sale-la-tensione-in-val-di-susa-maroni-lavori-al-via-entro-il-30-giugno/126421/
CRONACA
Maroni: " I lavori per la Tav
devono partire e partiranno"
Il ministro dell'Interno: "Chi si oppone non riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo: sarebbe un danno gravissimo alle future generazioni"
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni non ha dubbi: i lavori per la Tav partiranno a breve. "Il cantiere si apre entro il 30, e l'opera si fa, se no diciamo addio alle centinaia di milioni del contributo Ue, ma soprattutto ai collegamenti con l'Europa, e quindi diciamo addio al futuro", ha detto Maroni in un'intervista alla Padania.
"Chi si oppone non credo che riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo, perché vuol dire arrecare un danno gravissimo soprattutto alle future generazioni, vuol dire, come è stato calcolato, far perdere due punti di Pil al Piemonte", dice Maroni. In merito alle critiche di carattere ecologista. Maroni replica: "E' stato fatto di tutto, è stato aperto un osservatorio, fatte tutte le valutazioni necessarie", assicura il ministro. "Ciononostante c'è un no pregiudiziale che non può essere accettato".
LEGGI Il fortino di Chiomonte
Più duro il viceministro delle Infrastrutture Roberto Castelli, che interviene sempre su La Padania. Castelli definisce le ragioni addotte dai No-Tav "tutte balle". "Sono le solite argomentazioni trite e ritrite che i Verdi ad oltranza tirano fuori contro qualsiasi opera pubblica". In realtà, sostiene, "agli ultimi irriducibili rimasti, della Tav non frega più nulla. E' diventata il pretesto per una sfida allo Stato. Partigiani contro lo stato nazista: sono ormai fuori dalla realtà". Senza la Tav, avverte Castelli, l'Italia sarebbe "tagliata fuori dai grandi traffici internazionali. Senza contare le perdite in prospettiva sul fronte dell'occupazione, pari a centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ogni miliardo speso - sottolinea - genera 20 mila posti di lavoro".
Il quotidiano, nell'articolo "In arrivo gli estremisti più duri per provocare violenti scontri", riferisce di alcuni "rapporti in possesso del Viminale" in cui si documenta che "i No-Tav hanno avviato una serie di iniziative per contrastare l'arrivo sul posto delle forze dell'ordine e l'inizio dei lavori". "Emerge con evidenza un'ampia mobilitazione dei centri sociali più duri e della galassia insurrezionalista nazionale, pronti a sostenere la battaglia valsusina con azioni dure e violente". I contestatori avrebbero predisposto l'uso di "vedette" e "telecamere", e avrebbero ipotizzato "il blocco preventivo delle arterie stradali" per ostacolare gli spostamenti delle forze dell'ordine. Sempre secondo le informazioni in possesso del Viminale, prosegue l'articolo, "non è escluso che i No-Tav possano creare disordini anche a Torino allo scopo di dirottare lì la polizia per ridurre l'impatto delle forze dell'ordine in Valle".
(26 giugno 2011)
http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/06/26/news/maroni_i_lavori_per_la_tav_devono_partire_e_partiranno-18243491/?ref=HREC1-2
Maroni: “Lavori al via entro il 30 giugno” Il ministro dell'Interno ha annunciato il via del cantiere entro i termini fissati dalla Ue. "In caso contrario - dice - l'Italia perderà i fondi stanziati". Rifondazione comunista paragona il capo del Viminale a Bava Beccaris. Mentre dal Sap arrivano parole forti: "Forse dell'ordine pronti a rimuovere i presidi" Ai presidi No Tav lo immaginavano. Ora l’ipotesi diventa realtà. I lavori in Val di Susa devono iniziare entro e non oltre il 30 giugno. A certificare la notizia sono le parole del ministro dell’Interno Bobo Maroni. ”Il cantiere si apre entro il 30 – ha detto il capo del Viminale in un’intervista alla Padania – , e l’opera si fa, se no diciamo addio alle centinaia di milioni del contributo Ue ma soprattutto ai collegamenti con l’Europa, e quindi diciamo addio al futuro”. Quindi il leader del Carroccio ha speso parole contro i manifestanti che da settimane presidiano i cancelli dei cantieri a Chiomonte. “Chi si oppone non credo che riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo, perchè vuol dire arrecare un danno gravissimo soprattutto alle future generazioni, vuol dire, come è stato calcolato, far perdere due punti di Pil al Piemonte”. In merito alle critiche di carattere ecologista, “è stato fatto di tutto, è stato aperto un osservatorio, sono state fatte tutte le valutazioni necessarie”, assicura il ministro. “Ciononostante c’è un no pregiudiziale che non può essere accettato”. Più duro il viceministro Castelli, che definisce le ragioni addotte dai No-Tav “tutte balle”. “Sono le solite argomentazioni trite e ritrite che i Verdi ad oltranza tirano fuori contro qualsiasi opera pubblica”. In realtà, sostiene, “agli ultimi irriducibili rimasti, della Tav non frega più nulla. E’ diventata il pretesto per una sfida allo Stato. Partigiani contro lo stato nazista: sono ormai fuori dalla realtà”. Senza la Tav, avverte Castelli, l’Italia sarebbe “tagliata fuori dai grandi traffici internazionali. Senza contare le perdite in prospettiva sul fronte dell’occupazione, pari a centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ogni miliardo speso – sottolinea – genera 20 mila posti di lavoro”.
Il pugno di ferro annunciato da Maroni suscita la replica di Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista: “Questa sera parteciperò alla fiaccolata che da Chiomonte porterà al presidio della Maddalena e poi mi fermerò tutta la notte al presidio. Il proposito del governo di risolvere attraverso una manovra militare quello che è un problema politico che vede la contrarietà della maggioranza della popolazione interessata e’ completamente irresponsabile. Come Bava Beccaris, Maroni vuole sostituire la repressione alla politica”.
Insomma, se Ferrero lancia l’allarme, ripescando dalla memoria i fatti del G8 di genova, il governatore del Piemonte Roberto Cota chiede a tutti di restare calmi. “Non è il momento – ha detto – di creare tensioni ma bisogna far quadrato per realizzare questa opera: vedo una forte coesione anche in Val di Susa, perché quest’opera non è contro la Val di Susa ma a favore”.
Ma se Cota tenta di stemperare, la situazione, a ridare fuoco alle polveri ci pensa Massimo Montebove, consigliere nazionale per il Piemonte del sindacato di polizia Sap. ”Il tempo delle chiacchiere è finito, le forze dell’ordine sono pronte a ripristinare la legalità in Valdisusa”. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra. “L’appello demagogico dei cosiddetti sindaci no tav – ha proseguito Montebove – va respinto al mittente. L’uso della forza può ancora essere evitato e certi amministratori pubblici della Valdisusa si adoperino piuttosto in questi giorni per far smobilitare il predidio illegale di Chiomonte”.
Il presidio, dunque. Da questa mattina sul piazzale della Maddalena di Chiomonte, sede del presidio degli attivisti No Tav, c’è una grande fermento. Le operazioni per l’apertura del cantiere sono attese a giorni se non addirittura a ore. E dopo la decisione di organizzare per questa sera una fiaccolata di protesta, auto e pullmini scaricano militanti – molti altri arrivano a piedi – e tanti si accampano montando nuove tende che si sono aggiunte a quelle già allestite da settimane. “Siamo in migliaia”, dice uno degli organizzatori del movimento No Tav. Sul traliccio alla sommità della collina c’è un cartellone con le foto dei ministri Umberto Bossi e Roberto Maroni e del Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e la scritta “Padroni a casa nostra. (uno degli slogan del Carroccio, ndr). Ricordatevelo!’.
L“’allarme generale” dei No Tav per il probabile imminente arrivo delle forze dell’ordine, chiamate per consentire l’avvio del cantiere, è scattato da ore. Ed è partita la mobilitazione, con mail, sms e messaggi sui siti internet, con l’invito ad andare alla Maddalena e “resistere, con coraggio e determinazione, per quelli che sono i giorni decisivi”. Il variegato popolo No Tav oggi ha ingannato l’attesa chiacchierando e pranzando sotto il tendone allestito al presidio o sotto gli alberi, al riparo dal gran caldo. Finito il pranzo, le cuoche volontarie del movimento stanno già preparando i panini per la serata. Nel pomeriggio sul piazzale ci saranno spettacoli teatrali (‘L’opera bluffa. Ode per un binario mortò), letture sulle ‘donne e la Resistenzà, giochi per bambini. Dopo la fiaccolata, che partirà alle 21 dal piazzale della stazione ferroviaria, i ‘cattolici No Tav’ si raccoglieranno in preghiera attorno al pilone votivo eretto nei giorni scorsi con le immagini della Madonna del Rocciamelone (la cima montuosa simbolo della Val Susa) e di altri santi a cui i valsusini sono devoti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/26/tav-sale-la-tensione-in-val-di-susa-maroni-lavori-al-via-entro-il-30-giugno/126421/
CRONACA
Maroni: " I lavori per la Tav
devono partire e partiranno"
Il ministro dell'Interno: "Chi si oppone non riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo: sarebbe un danno gravissimo alle future generazioni"
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni non ha dubbi: i lavori per la Tav partiranno a breve. "Il cantiere si apre entro il 30, e l'opera si fa, se no diciamo addio alle centinaia di milioni del contributo Ue, ma soprattutto ai collegamenti con l'Europa, e quindi diciamo addio al futuro", ha detto Maroni in un'intervista alla Padania.
"Chi si oppone non credo che riuscirà a fermare il cantiere, non deve farlo, perché vuol dire arrecare un danno gravissimo soprattutto alle future generazioni, vuol dire, come è stato calcolato, far perdere due punti di Pil al Piemonte", dice Maroni. In merito alle critiche di carattere ecologista. Maroni replica: "E' stato fatto di tutto, è stato aperto un osservatorio, fatte tutte le valutazioni necessarie", assicura il ministro. "Ciononostante c'è un no pregiudiziale che non può essere accettato".
LEGGI Il fortino di Chiomonte
Più duro il viceministro delle Infrastrutture Roberto Castelli, che interviene sempre su La Padania. Castelli definisce le ragioni addotte dai No-Tav "tutte balle". "Sono le solite argomentazioni trite e ritrite che i Verdi ad oltranza tirano fuori contro qualsiasi opera pubblica". In realtà, sostiene, "agli ultimi irriducibili rimasti, della Tav non frega più nulla. E' diventata il pretesto per una sfida allo Stato. Partigiani contro lo stato nazista: sono ormai fuori dalla realtà". Senza la Tav, avverte Castelli, l'Italia sarebbe "tagliata fuori dai grandi traffici internazionali. Senza contare le perdite in prospettiva sul fronte dell'occupazione, pari a centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ogni miliardo speso - sottolinea - genera 20 mila posti di lavoro".
Il quotidiano, nell'articolo "In arrivo gli estremisti più duri per provocare violenti scontri", riferisce di alcuni "rapporti in possesso del Viminale" in cui si documenta che "i No-Tav hanno avviato una serie di iniziative per contrastare l'arrivo sul posto delle forze dell'ordine e l'inizio dei lavori". "Emerge con evidenza un'ampia mobilitazione dei centri sociali più duri e della galassia insurrezionalista nazionale, pronti a sostenere la battaglia valsusina con azioni dure e violente". I contestatori avrebbero predisposto l'uso di "vedette" e "telecamere", e avrebbero ipotizzato "il blocco preventivo delle arterie stradali" per ostacolare gli spostamenti delle forze dell'ordine. Sempre secondo le informazioni in possesso del Viminale, prosegue l'articolo, "non è escluso che i No-Tav possano creare disordini anche a Torino allo scopo di dirottare lì la polizia per ridurre l'impatto delle forze dell'ordine in Valle".
(26 giugno 2011)
http://torino.repubblica.it/cronaca/2011/06/26/news/maroni_i_lavori_per_la_tav_devono_partire_e_partiranno-18243491/?ref=HREC1-2
ritorna il rischio OGM in Italia
RITORNA IL IL RISCHIO OGM IN ITALIA
I Verdi chiedono al governo un intervento immediato.
Con gli OGM siamo punto e a capo. Il Tribunale Amministrativo del Lazio, infatti, ha annullato il decreto con cui l'allora ministro delle Politiche agricole, il leghista Luca Zaia, aveva vietato all'agricoltore friulano Silvano Dalla Libera di utilizzare sementi Ogm nei propri campi.
Numerose associazioni ambientaliste avevano proposto all'attuale ministro Saverio Romano (suceessore di Zaia e Galan nel ministero di via XX settembre) di sollevare in sede europea la cosiddetta "clausola di salvaguardia" attraverso cui molte nazioni avanzate dell'Europa (come Francia e Germania) hanno già messo a riparo il proprio settore agricolo dai pericoli degli OGM. Al coro si è unita la totalità delle Regioni italiane, con l'unica esclusione della Lombardia di Formigoni, che hanno richiesto lo stesso documento di tutela contro il mais Mon810 e la patata Amflora.
Per i Verdi è «incomprensibile il motivo per cui l'allora ministro dell'agricoltura Luca Zaia si sia limitato ad un solo decreto di divieto senza utilizzare la clausola di salvaguardia prevista dai trattati dell'Unione europea». «Il governo deve attivare immediatamente la clausola di salvaguardia per impedire le coltivazioni Ogm che comprometterebbero l'agricoltura tipica e di qualità del nostro Paese oltre ad arrecare un gravissimo danno alla tutela della biodiversità», ha spiegato il leader del 'Sole che ride' Angelo Bonelli che conclude: «La difesa dei consumatori, della salute dei cittadini e della biodiversità italiana – ha concluso Bonelli - non possono essere sacrificate sull'altare degli interessi lobby agroindustriali».
La sentenza del Tar di Roma apre la strada agli OGM in Italia compromettendo l'applicazione del principio di precauzione rispetto alle colture biotech nel nostro paese. Nei fatti, non solo si espone ad un rischio senza precedenti l'agricoltura di qualità, tipica e biologica ed un rischio mortale per la nostra biodiversità ma si apre la strada al controllo delle multinazionali agro-industriali, depositarie dei brevetti OGM, su tutte le coltivazioni.
http://www.verdi.it/sicurezza-alimentare/30191-ritorna-il-pericolo-ogm-nei-nostri-cibi.html
I Verdi chiedono al governo un intervento immediato.
Con gli OGM siamo punto e a capo. Il Tribunale Amministrativo del Lazio, infatti, ha annullato il decreto con cui l'allora ministro delle Politiche agricole, il leghista Luca Zaia, aveva vietato all'agricoltore friulano Silvano Dalla Libera di utilizzare sementi Ogm nei propri campi.
Numerose associazioni ambientaliste avevano proposto all'attuale ministro Saverio Romano (suceessore di Zaia e Galan nel ministero di via XX settembre) di sollevare in sede europea la cosiddetta "clausola di salvaguardia" attraverso cui molte nazioni avanzate dell'Europa (come Francia e Germania) hanno già messo a riparo il proprio settore agricolo dai pericoli degli OGM. Al coro si è unita la totalità delle Regioni italiane, con l'unica esclusione della Lombardia di Formigoni, che hanno richiesto lo stesso documento di tutela contro il mais Mon810 e la patata Amflora.
Per i Verdi è «incomprensibile il motivo per cui l'allora ministro dell'agricoltura Luca Zaia si sia limitato ad un solo decreto di divieto senza utilizzare la clausola di salvaguardia prevista dai trattati dell'Unione europea». «Il governo deve attivare immediatamente la clausola di salvaguardia per impedire le coltivazioni Ogm che comprometterebbero l'agricoltura tipica e di qualità del nostro Paese oltre ad arrecare un gravissimo danno alla tutela della biodiversità», ha spiegato il leader del 'Sole che ride' Angelo Bonelli che conclude: «La difesa dei consumatori, della salute dei cittadini e della biodiversità italiana – ha concluso Bonelli - non possono essere sacrificate sull'altare degli interessi lobby agroindustriali».
La sentenza del Tar di Roma apre la strada agli OGM in Italia compromettendo l'applicazione del principio di precauzione rispetto alle colture biotech nel nostro paese. Nei fatti, non solo si espone ad un rischio senza precedenti l'agricoltura di qualità, tipica e biologica ed un rischio mortale per la nostra biodiversità ma si apre la strada al controllo delle multinazionali agro-industriali, depositarie dei brevetti OGM, su tutte le coltivazioni.
http://www.verdi.it/sicurezza-alimentare/30191-ritorna-il-pericolo-ogm-nei-nostri-cibi.html
i cittadini da casa segnalano i problemi e il comune aggiusta la strada
IL CASO (nota a margine: amministrazione PD e sinistra arcobaleno oltre a 2 liste civiche, 3 donne su 10. Dalle foto la maggioranza sono giovani).
Udine, i cittadini segnalano i problemi
un clic da casa e la strada si aggiusta
Dopo otto mesi di sperimentazione la soddisfazione è altissima tra i residenti. Il Comune ha messo il web al servizio dei cittadini che seguono i lavori fino alla fine
dal nostro inviato CINZIA SASSO
UDINE - Il massaggio che arriva dai cittadini di Udine è preciso: "Sarebbe opportuno rendere più visibile l'attraversamento pedonale posto alla fine di via Leonardo da Vinci". Ed è anche argomentato: "Essendo distaccato dal semaforo spesso viene ignorato dalle auto in transito che vanno di fretta". Propositivo: "Una soluzione potrebbe essere quella di rendere le strisce a sfondo rosso ruvido, che sono più visibili e meno scivolose anche in presenza di pioggia". Detto - anzi, scritto sulla tastiera del pc - e fatto. La segnalazione del disservizio partita sul web arriva in tempo reale all'attenzione dell'ufficio competente; viene valutata e approvata; nel giro di pochi giorni una squadra interviene sul campo e risolve il problema. E tutto, dal giorno della segnalazione, fino al momento della soluzione, viene segnalato sul sito.
Il Comune di Udine, pioniere in Italia, ha deciso di mettere il web 2.0 a servizio dei cittadini e i risultati sono eccellenti. Dopo otto mesi di sperimentazione, la prima rilevazione sul grado di soddisfazione del servizio ha dato un risultato bulgaro: il 77 per cento degli abitanti promuove a pieni voti ePart, il sistema informatico che la città friulana ha implementato. Solo il 2 per cento resta attaccato al passato e dice che continuerà a segnalare i problemi al telefono.
È una piccola rivoluzione copernicana, che ha un obiettivo ambizioso: quello di mettere il cittadino al centro e di fargli ruotare intorno tutti i servizi. Dice Furio Honsell, già rettore dell'Università, da tre anni sindaco della città: "Dietro questa scelta ci sono ragioni tecniche e politiche. Abbiamo pensato che l'era digitale andasse sfruttata e che i social network potessero aiutarci a dare una risposta al sempre più diffuso bisogno di partecipazione". Individuato il tema, Paolo Coppola, 37 anni, professore di informatica e assessore all'innovazione, si è assunto il compito di trovare delle risposte: "Tenere sotto controllo una città è difficile, e non basta mandare in giro i nostri vigili sui 350 chilometri di strade. La soluzione è spingere verso un modello collaborativo, sfruttare la conoscenza del territorio che hanno i cittadini, e, come amministrazione, accettare di mettersi in gioco, consentendo a tutti di controllare quanto tempo ci mette l'ente pubblico a risolvere i problemi".
L'idea viene dal mondo anglosassone, ma è un'azienda del Sud, la Posytron Engineering di Reggio Calabria, ad averla sviluppata in Italia. Come spiega il Ceo, l'ingegner Alberto Muritano: "La nostra idea è quella della e. partecipation, di trovare cioè un modo per consentire ai cittadini di partecipare attivamente alla vita del comune. Tutti possono intervenire e segnalare delle criticità: una buca sulla strada, un lampione rotto, le strisce pedonali sbiadite, il frigorifero abbandonato per strada; e contemporaneamente tutti possono controllare l'efficienza della pubblica amministrazione perché sul sito si può vedere quanto tempo passa tra la segnalazione e la presa in carico". Il sistema ePart consiste in un software che viene venduto in abbonamento e il prezzo è in funzione del numero di abitanti della città che ne fa richiesta: tremila euro per 10 mila persone; ventimila per 100 mila abitanti; sessantamila per un sistema che deve servire 400 mila cittadini.
A Udine quasi la metà delle segnalazioni riguarda la manutenzione delle strade; quasi il 12 per cento la segnaletica; l'11 i rifiuti, fino a scendere allo 0,7 di fastidi legati al rumore. "La gestione tradizionale - racconta Antonio Scaramuzzi, da dieci dirigente dei servizi informativi e telematici del comune di Udine, dunque spettatore del "prima" e del "dopo" - era spesso lenta e inefficiente. Adesso siamo tutti sulla pubblica piazza e tutti dobbiamo essere più responsabili e trasparenti, siamo insomma "obbligati" a prenderci cura della città, pena il calo della fiducia". Con grande, pare, soddisfazione. Come racconta la cittadina-collaborativa Margherita Timeus: "Per me è stata una grande ed entusiasmante scoperta. Su un campo di tennis del Comune c'era la rete rotta e il paletto arrugginito; sono andata sul sito del Comune ed è stato come fare un videogioco. Vai con la freccia sulla mappa, spieghi cosa non va, se vuoi mandi anche la foto. In un paio di giorni la rete era riparata e io, cittadina, mi sono sentita importante".
(26 giugno 2011)
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/26/news/udine_2_0-18236695/?ref=HREC2-1
Udine, i cittadini segnalano i problemi
un clic da casa e la strada si aggiusta
Dopo otto mesi di sperimentazione la soddisfazione è altissima tra i residenti. Il Comune ha messo il web al servizio dei cittadini che seguono i lavori fino alla fine
dal nostro inviato CINZIA SASSO
UDINE - Il massaggio che arriva dai cittadini di Udine è preciso: "Sarebbe opportuno rendere più visibile l'attraversamento pedonale posto alla fine di via Leonardo da Vinci". Ed è anche argomentato: "Essendo distaccato dal semaforo spesso viene ignorato dalle auto in transito che vanno di fretta". Propositivo: "Una soluzione potrebbe essere quella di rendere le strisce a sfondo rosso ruvido, che sono più visibili e meno scivolose anche in presenza di pioggia". Detto - anzi, scritto sulla tastiera del pc - e fatto. La segnalazione del disservizio partita sul web arriva in tempo reale all'attenzione dell'ufficio competente; viene valutata e approvata; nel giro di pochi giorni una squadra interviene sul campo e risolve il problema. E tutto, dal giorno della segnalazione, fino al momento della soluzione, viene segnalato sul sito.
Il Comune di Udine, pioniere in Italia, ha deciso di mettere il web 2.0 a servizio dei cittadini e i risultati sono eccellenti. Dopo otto mesi di sperimentazione, la prima rilevazione sul grado di soddisfazione del servizio ha dato un risultato bulgaro: il 77 per cento degli abitanti promuove a pieni voti ePart, il sistema informatico che la città friulana ha implementato. Solo il 2 per cento resta attaccato al passato e dice che continuerà a segnalare i problemi al telefono.
È una piccola rivoluzione copernicana, che ha un obiettivo ambizioso: quello di mettere il cittadino al centro e di fargli ruotare intorno tutti i servizi. Dice Furio Honsell, già rettore dell'Università, da tre anni sindaco della città: "Dietro questa scelta ci sono ragioni tecniche e politiche. Abbiamo pensato che l'era digitale andasse sfruttata e che i social network potessero aiutarci a dare una risposta al sempre più diffuso bisogno di partecipazione". Individuato il tema, Paolo Coppola, 37 anni, professore di informatica e assessore all'innovazione, si è assunto il compito di trovare delle risposte: "Tenere sotto controllo una città è difficile, e non basta mandare in giro i nostri vigili sui 350 chilometri di strade. La soluzione è spingere verso un modello collaborativo, sfruttare la conoscenza del territorio che hanno i cittadini, e, come amministrazione, accettare di mettersi in gioco, consentendo a tutti di controllare quanto tempo ci mette l'ente pubblico a risolvere i problemi".
L'idea viene dal mondo anglosassone, ma è un'azienda del Sud, la Posytron Engineering di Reggio Calabria, ad averla sviluppata in Italia. Come spiega il Ceo, l'ingegner Alberto Muritano: "La nostra idea è quella della e. partecipation, di trovare cioè un modo per consentire ai cittadini di partecipare attivamente alla vita del comune. Tutti possono intervenire e segnalare delle criticità: una buca sulla strada, un lampione rotto, le strisce pedonali sbiadite, il frigorifero abbandonato per strada; e contemporaneamente tutti possono controllare l'efficienza della pubblica amministrazione perché sul sito si può vedere quanto tempo passa tra la segnalazione e la presa in carico". Il sistema ePart consiste in un software che viene venduto in abbonamento e il prezzo è in funzione del numero di abitanti della città che ne fa richiesta: tremila euro per 10 mila persone; ventimila per 100 mila abitanti; sessantamila per un sistema che deve servire 400 mila cittadini.
A Udine quasi la metà delle segnalazioni riguarda la manutenzione delle strade; quasi il 12 per cento la segnaletica; l'11 i rifiuti, fino a scendere allo 0,7 di fastidi legati al rumore. "La gestione tradizionale - racconta Antonio Scaramuzzi, da dieci dirigente dei servizi informativi e telematici del comune di Udine, dunque spettatore del "prima" e del "dopo" - era spesso lenta e inefficiente. Adesso siamo tutti sulla pubblica piazza e tutti dobbiamo essere più responsabili e trasparenti, siamo insomma "obbligati" a prenderci cura della città, pena il calo della fiducia". Con grande, pare, soddisfazione. Come racconta la cittadina-collaborativa Margherita Timeus: "Per me è stata una grande ed entusiasmante scoperta. Su un campo di tennis del Comune c'era la rete rotta e il paletto arrugginito; sono andata sul sito del Comune ed è stato come fare un videogioco. Vai con la freccia sulla mappa, spieghi cosa non va, se vuoi mandi anche la foto. In un paio di giorni la rete era riparata e io, cittadina, mi sono sentita importante".
(26 giugno 2011)
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/26/news/udine_2_0-18236695/?ref=HREC2-1
Pontinia, la strage delle fasce frangivento
Chi conosce la pianura pontina sa riconoscere l'importanza e la valenza ambientale, idrogeologica della fascia frangivento, le file di alberi adiacenti alle strade quasi sempre di eucaliptus. Eppure l'azione devastante ha ridotto quantità e presenza di questa presenza fondamentale e caratteristica del nostro territorio. Questo aumento l'effetto grave degli eventi atmosferici estremi. I fatti devastanti contro le fasce frangivento riprendono particolarmente con la bella stagione, come tante malattie patologiche. Così per i piromani e gli inquinatori o gli speculatori. Il tutto sembra avvenire nell'indifferenza degli enti e degli amministratori che se amassero il proprio territorio, se ne volessero uno sviluppo corretto e armonico li dovrebbero tutelare. Eppure i roghi, come le malattie, avvengono sempre sugli stessi luoghi, fasce frangivento. La “stranezza” è che questi fuochi “spontanei” oltre ad avvenire puntualmente ogni anno sullo stesso posto non danneggiano le colture e i lotti limitrofi. Una specie di “miracolo”: le fiamme aggrediscono solo gli alberi (molti muoiono e, altra stranezza, nessuno provvede a sostituirli con nuove piante) e mai i lotti adiacenti. Il “fuoco intelligente”. Ne volete una prova? Guardate le immagini scattate oggi su alcune strade: Migliara 47, via della Striscia, via Lungobotte, via Migliara 51 http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-le-fasce-frangivento-bruciate.html. E' chiaro che nessun amministratore abita o percorre queste strade, né gli enti che dovrebbero controllarle. Giorgio Libralato
Pontinia, Mazzocchio, e il mancato sviluppo
Mazzocchio, la zona industriale che ha sottratto il terreno più fertile al comune di Pontinia attraendo investimenti sbagliati. Dall'epoca della cassa per il mezzogiorno con finanziamenti per stabilimenti poi chiusi dopo pochi mesi e tanti soldi rubati alle casse dello stato. Con la cassa integrazione che ha permesso un notevole benessere ai fortunati che magari avevano seconde o terze attività. Artigianali, agricole e commerciali. Anche qualche amministratore (o familiare) ne ha usufruito. Era la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80. Arrivando all'attualità il mancato decollo della zona industriale continua ad attrarre progetti sbagliati e malaffare. Come l'interramento dei fusti tossici denunciato all'antimafia che amministratori, enti e politici hanno preferito seppellire nella memoria anziché mettere in luce le cose non vanno. Incidenti (stradali, dell'autobotte del gas, incendi) e degrado per un'area che forse né il comune, né il consorzio industriale hanno mai voluto o potuto far decollare. Molte piccole realtà imprenditoriali, per fortuna, si sono sviluppate dando lavoro a diverse centinaia di famiglie. Ci sono altri esempi positivi. Come l'impianto fotovoltaico, una volta tanto in zona industriale. (alcune immagini
http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-mazzocchio-impianto.html ). Diversi fallimenti con attività che nascono e prosperano sui beni affittati dai curatori fallimentari in attesa dell'asta che per un motivo o per l'altro non assegna il bene anche dopo diversi anni. Oppure immobili acquistati dai fallimenti, magari frazionati con destinazione d'uso (sempre industriale) che non sempre è consona alle dimensioni dell'immobile. Anche incendi su uno stabilimento dove avveniva il riciclo dei rifiuti solidi urbani diversi dalla frazione umida (carta, vetro, plastica, metalli). Dopo alcuni anni rimangono le rovine, forse il pericolo di crollo e di inquinamento. Dagli enti e dalle istituzioni nulla trapela sullo stato dei luoghi. Serbatoi i vetroresina aggrediti dalle fiamme e altro materiale con le strutture in pessime condizioni. (alcune immagini http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-mazzocchio-impianto.html ). Poi sempre nella zona sappiamo di altri progetti contestati, come l'impianto di compostaggio o incompatibili come le centrali a turbogas e a biomasse. Tutte adiacenti o in vicinanza tra di loro: impianto trattamento rifiuti solidi urbani danneggiato gravemente dalle fiamme, impianto di compostaggio, centrali a turbogas e a biomasse come a voler infierire su questo territorio. E' chiaro che non si vuole far decollare questa zona industriale, non si vogliono attrarre investimenti e aziende. Chi si vorrebbe installare in questo degrado? Solo i progetti più devastanti per il territorio. A completamento, appena al di fuori dell'area industriale un altro caso strano: la scomparsa della strada che esisteva da prima della nascita di Pontinia. (alcune immagini http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-la-strada-scomparsa.html). Difficile immaginare un reale interesse dagli amministratori per questa zona, in queste condizioni. Giorgio Libralato
http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-mazzocchio-impianto.html ). Diversi fallimenti con attività che nascono e prosperano sui beni affittati dai curatori fallimentari in attesa dell'asta che per un motivo o per l'altro non assegna il bene anche dopo diversi anni. Oppure immobili acquistati dai fallimenti, magari frazionati con destinazione d'uso (sempre industriale) che non sempre è consona alle dimensioni dell'immobile. Anche incendi su uno stabilimento dove avveniva il riciclo dei rifiuti solidi urbani diversi dalla frazione umida (carta, vetro, plastica, metalli). Dopo alcuni anni rimangono le rovine, forse il pericolo di crollo e di inquinamento. Dagli enti e dalle istituzioni nulla trapela sullo stato dei luoghi. Serbatoi i vetroresina aggrediti dalle fiamme e altro materiale con le strutture in pessime condizioni. (alcune immagini http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-mazzocchio-impianto.html ). Poi sempre nella zona sappiamo di altri progetti contestati, come l'impianto di compostaggio o incompatibili come le centrali a turbogas e a biomasse. Tutte adiacenti o in vicinanza tra di loro: impianto trattamento rifiuti solidi urbani danneggiato gravemente dalle fiamme, impianto di compostaggio, centrali a turbogas e a biomasse come a voler infierire su questo territorio. E' chiaro che non si vuole far decollare questa zona industriale, non si vogliono attrarre investimenti e aziende. Chi si vorrebbe installare in questo degrado? Solo i progetti più devastanti per il territorio. A completamento, appena al di fuori dell'area industriale un altro caso strano: la scomparsa della strada che esisteva da prima della nascita di Pontinia. (alcune immagini http://pontiniaecologia.blogspot.com/2011/06/pontinia-la-strada-scomparsa.html). Difficile immaginare un reale interesse dagli amministratori per questa zona, in queste condizioni. Giorgio Libralato