Dobbiamo
morire, sì; ma non essere assassinati
dalle
istituzioni! C’era una volta…
Marina
di Melilli. Non è l’inizio di una favola,
ma
una delle pagine più oscure e vergognose
della
storia italiana. Io sono un cittadino di Augusta,
quarantamila
abitanti, una città tra Catania
e
Siracusa, dove c’era anche Marina di Melilli.
Il
nome di Augusta, di solito, ormai, si trova
unito
a Priolo e Melilli, con le quali condivide un
destino
amaro: l’olocausto industriale. Forse,
un
giorno, questa tragedia entrerà a pieno titolo
nei
libri di storia come Bhopal, Chernobyl, Minamata,
Seveso,
Hiroshima, Auschwitz. Sono
poche,
credo, in Italia, le città che come Augusta,
si
trovano esposte a ben tre rischi: sismico, chimico-
industriale
e militare. Ma di questa città e
del
suo triste destino si preferisce non parlare».
Iniziava
così la lettera che Don Palmiro Prisutti
inviava
a Ballarò oltre un anno fa per denunciare
il
silenzio dell’informazione di prima serata di
fronte
alle morti quotidiane dovute all’inquina -
mento
dell’aria, dell’acqua e della terra di quella
porzione
di Sicilia e per richiederne l’intervento
delle
telecamere per evitare il perpetuarsi di
questa
situazione inaccettabile.
Don
Palmiro ha scritto anche all’allora Presidente
Napolitano.
Per invitarlo ad una messa in
suffragio
delle vittime del cancro che si sarebbe
celebrata
nella Chiesa Madre di Augusta. Ed ha
interessato
tutti gli interlocutori possibili e utili
a
far emergere il problema e tentare di risolverlo,
per
provare a dare un destino diverso agli abitanti
di
un territorio disseminato di discariche,
più
volte interessato da eventi sismici, su cui insistono
basi
militari italiane, Nato ed Usa, dove è
accertato
un tasso di mortalità per cancro superiore
al
30%, con 1000 bambini nati malformati
negli
ultimi dieci anni e mare non balneabile
perché
è stato scaricato perfino mercurio in
enormi
quantità.
Il
ricatto è sempre lo stesso: «morire di fame o
morire
di cancro». Lo stesso subito dai cittadini
di
Taranto e di tutte le aree del paese che hanno
ospitato
e ospitano poli industriali a forte impatto
ambientale
che per garantire forti profitti
hanno
scaricato sulla collettività i danni alla salute.
Ad
Augusta ogni cittadino ha perso un parente
a
causa del cancro. Ma bambini nati con
gravi
malformazioni, leucemie e carcinomi non
fermano
la macchina economica. Non l’hanno
mai
fatto. Perché quando si è malati, la voce è
flebile.
Un
ricatto insopportabile per Don Palmiro. Un
ricatto
che mostra la miseria umana e la debolezza
di
chi subisce in silenzio e piange. Un ricatto
cui
Don Palmiro risponde ogni mese con
la
lettura straziante del suo registro dei tumori.
Ogni
28 del mese, durante la messa, legge i nomi
dei
morti ammazzati dall’inquinamento, da
questa
strage silenziosa. Perché di strage si tratta.
Anche
se non vi è stata alcuna commissione
di
inchiesta. Anche se non è esplosa alcuna bomba.
Ma
l’attentato c’è stato. Attentato alla salute
dei
cittadini. Perfettamente riuscito. Chi è il colpevole? Il fatto
quotidiano 4 maggio 2015 di Domenico Finiguerra
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