martedì 5 maggio 2015

Don Palmiro e la lettera che nessuno legge (Priolo, Augusta e i tumori da inquinamento)


Dobbiamo morire, sì; ma non essere assassinati
dalle istituzioni! C’era una volta…
Marina di Melilli. Non è l’inizio di una favola,
ma una delle pagine più oscure e vergognose
della storia italiana. Io sono un cittadino di Augusta,
quarantamila abitanti, una città tra Catania
e Siracusa, dove c’era anche Marina di Melilli.
Il nome di Augusta, di solito, ormai, si trova
unito a Priolo e Melilli, con le quali condivide un
destino amaro: l’olocausto industriale. Forse,
un giorno, questa tragedia entrerà a pieno titolo
nei libri di storia come Bhopal, Chernobyl, Minamata,
Seveso, Hiroshima, Auschwitz. Sono
poche, credo, in Italia, le città che come Augusta,
si trovano esposte a ben tre rischi: sismico, chimico-
industriale e militare. Ma di questa città e
del suo triste destino si preferisce non parlare».
Iniziava così la lettera che Don Palmiro Prisutti
inviava a Ballarò oltre un anno fa per denunciare
il silenzio dell’informazione di prima serata di
fronte alle morti quotidiane dovute all’inquina -
mento dell’aria, dell’acqua e della terra di quella
porzione di Sicilia e per richiederne l’intervento
delle telecamere per evitare il perpetuarsi di
questa situazione inaccettabile.
Don Palmiro ha scritto anche all’allora Presidente
Napolitano. Per invitarlo ad una messa in
suffragio delle vittime del cancro che si sarebbe
celebrata nella Chiesa Madre di Augusta. Ed ha
interessato tutti gli interlocutori possibili e utili
a far emergere il problema e tentare di risolverlo,
per provare a dare un destino diverso agli abitanti
di un territorio disseminato di discariche,
più volte interessato da eventi sismici, su cui insistono
basi militari italiane, Nato ed Usa, dove è
accertato un tasso di mortalità per cancro superiore
al 30%, con 1000 bambini nati malformati
negli ultimi dieci anni e mare non balneabile
perché è stato scaricato perfino mercurio in
enormi quantità.
Il ricatto è sempre lo stesso: «morire di fame o
morire di cancro». Lo stesso subito dai cittadini
di Taranto e di tutte le aree del paese che hanno
ospitato e ospitano poli industriali a forte impatto
ambientale che per garantire forti profitti
hanno scaricato sulla collettività i danni alla salute.
Ad Augusta ogni cittadino ha perso un parente
a causa del cancro. Ma bambini nati con
gravi malformazioni, leucemie e carcinomi non
fermano la macchina economica. Non l’hanno
mai fatto. Perché quando si è malati, la voce è
flebile.
Un ricatto insopportabile per Don Palmiro. Un
ricatto che mostra la miseria umana e la debolezza
di chi subisce in silenzio e piange. Un ricatto
cui Don Palmiro risponde ogni mese con
la lettura straziante del suo registro dei tumori.
Ogni 28 del mese, durante la messa, legge i nomi
dei morti ammazzati dall’inquinamento, da
questa strage silenziosa. Perché di strage si tratta.
Anche se non vi è stata alcuna commissione
di inchiesta. Anche se non è esplosa alcuna bomba.
Ma l’attentato c’è stato. Attentato alla salute

dei cittadini. Perfettamente riuscito. Chi è il colpevole? Il fatto quotidiano 4 maggio 2015 di Domenico Finiguerra

Nessun commento: