lunedì 25 agosto 2014

non solo Sep e Kyklos La faccia «nera» del compost Tre impianti sovradimensionati per il fabbisogno. E accolgono sempre più fanghi

IL QUOTIDIANO - Lunedì 25 Agosto 2014
Latina 5
LA KYKLOS DI APRILIA DOPO L’INCENDIO
La vicenda Kyklos ha acceso i riflettori sulla filiera che sta dietro le strutture di trattamento
ITER
IL MATERIALE
CHE RESTA DOPO
IL TRATTAMENTO
VIENE SPARSO
SUI TERRENI
AGRICOLI DEL NORD
PONTINO
CONTROLLORI
IL RUOLO
DI ARPA LAZIO
E DELLA PROVINCIA,
CHE CONSERVA LA
DELEGA
SULL’AMBIENTE
DI GRAZIELLA DI MAMBRO
A v e n t i g i o r n i
d a l l ’ e s p l o s i o n e
nell’impianto Kyklos
comincia a farsi avanti un quadro
a tinte fosche sulla vera
funzione degli impianti di
compost e sul loro peso per
l’ambiente, ma soprattutto per
l’agricoltura. Va detto subito
che questo tipo di strutture
dovrebbe controllarle al meglio
delle proprie possibilità
prima Arpa Lazio e la poi la
Provincia che ha tuttora la
delega per l’ambiente e l’agri -
coltura. Come si è già visto per
gli invasi delle due discariche
e per gli impianti di trattamento
dei rifiuti soldi urbani, anche
per il compost esiste in
provincia di Latina una rete di
stabilimenti con questa funzione
che ha una capacità di
gran lunga superiore alle necessità
du smaltimento per il
compost, che sarebbe la somma
della frazione organicaumido
e i fanghi di depurazione.
Per la prima (unido) la
necessità attuale complessiva
per tutta la provincia non supera
le centomila tonnellate
all’anno e le in questo preciso
momento le sta trattando tutte
o quasi la Sep di Pontinia,
aperta dopo il sequestro e in
contemporanea (una coincidenza)
con il sequestro di
Kyklos disposto dopo il grave
infortunio ai due operai morti.
Oltre a Sep opera quasi nello
stesso circondario la Self Garden.
Entrambe accolgono in
parte anche i fanghi dei depuratori,
come pure faceva la
Kyklos. Ma cosa contengono
davvero questi fanghi derivanti
dai depuratori delle acque
reflue. Impossibile dirlo. Nessuno
lo sa con certezza. E
forse il conferimento sfora le
tabelle regolamentari, visto
che proprio le analisi seguite
all’incidente di Aprilia riportano
la presenza di sostanze
non previste in tabella. Il rovescio
di questa medaglia della
filiera del trattamento delle
frazioni di differenziata riguarda
proprio i fanghi che
compongono anche parte del
materiale derivante dal trattamento
di industrie come Sep o
Kyklos, materiale che viene
(come stabilisce la legge) attraverso
lo spargimento sui
terreni agricoli. Ma se non c’è
certezza sulla reale e trasparente
composizione di ciò che
entra negli impianti come ci si
può fidare di quello che ne
deriva e che va sui terreni
agricoli, proprio in una zona
ad altissima vocazione di colture?
Inoltre tanto più aumenterà
la capacità di trattamento
degli impianti del compost
tanti più fanghi di depurazione
arriveranno, posto che ormai
la produzione dei Comuni non
salirà oltre le centomila tonnellate
l’anno. Se è così, tutta
la provincia di Latina, ma specialmente
il nord, si sta trasformando
in un gigantesco
contenitore di trattamento del
compost predisposto a ricevere
fanghi di depurazione da
tutta la regione e anche oltre.
Situazione perfettamente sovrapponibile
a quanto già accaduto
per il trattamento dei
rifiuti e per gli invasi di Montello.
Dunque Latina non «rischia
» di diventare la pattumiera
del centro Italia, perché
lo è già diventata. Con i parere
favorevole e certificato della
Regione Lazio e nell’indiffe -
renza (già vista) di Arpa e
Provincia. Il fatto che finora
nessuno si sia accorto dell’ar -
rivo di una quantità elevata di
fanghi è indicativo, ancora una
volta, del fatto che le decisioni
su dove e come smaltire le
frazioni di rifiuto, anche speciale,
non vengono prese in
sede pubblica ma fissate in
base alla volontà dei gruppi
privati. Dopo di che non si
riesce nemmeno a controllare
l’iter di trattamento e la destinazione
ultima dei materiali
residuali. A questo risultato si
arriva dopo aver tanto investito
nella raccolta differenziata:
ogni anno negli ultimi tre anni
sono stati stanziati dall’ammi -
nistrazione provinciale somme
variabili tra i 9 e i 12
milioni di euro che hanno consentito
alla quasi totalità dei
Comuni di avviare un servizio
che, adesso, rischia di produrre
(indirettamente) altro inquinamento.
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