di
Enrico
Fierro
Da
Nicola Mancino, ras dei voti democristiani
nell’Avellinese,
apprese tutti i segreti
per
costruire, pezzo dopo pezzo, amicizia
dopo
amicizia, favore dopo favore, consenso e
potere.
Dell’ex ministro dell’Interno era un uomo
della
scorta ai tempi in cui per portare a casa
pagnotta
e companatico faceva il poliziotto.
Ora
Mancino è nelle pesti per la Trattativa, e
lui,
Claudio Fazzone, è sempre il re di Fondi,
Latina
e del Sud Pontino. Senatore, punto di
riferimento
di Silvio Berlusconi che gli ha affidato
le
redini di Forza Italia in tutto il Lazio.
Plenipotenziario
di quel che resta, certo, ma
pur
sempre numero uno. L’ammaccato ex Cavaliere
ha
però visto bene: l’unico che può evitare
una
emorragia di voti alle Europee in questa
parte
d’Italia è proprio Fazzone. L’intocca -
bile,
che se ne fotte delle
lettere
di raccomandazioni
mandate
alla Asl di Latina
finite
in un fascicolo
processuale.
Lui è una
macchina
da voti, 50 mila
a fare
una stima delle elezioni
che lo
hanno visto
impegnato
negli ultimi
decenni.
Al suo pozzo
senza
fondo hanno attinto
in
tanti, da Renato Brunetta a Giorgia Meloni,
da
Renata Polverini a tutti gli amici bisognosi di
preferenze.
Lui ha dato e gli amici lo hanno
sempre
appoggiato. Soprattutto quando il
mondo
gli stava per crollare addosso e proprio
nella
sua Fondi. Cinque anni fa, al governo c’era
Berlusconi,
l’allora ministro dell’Interno Bobo
Maroni
non esitò a smentire un prefetto, un
comandante
dei carabinieri, e poi una intera
Direzione
distrettuale antimafia, per evitare all’amico
Claudio
l’onta dello scioglimento per
mafia
dell’amministrazione della sua città.
UN
DOSSIER di 500 pagine
e 9 faldoni nelle mani
dei
magistrati, per documentare come la ’ndrangheta
e i
fratelli Tripodo, Venanzio e Carmelo,
avessero
costruito le loro fortune economiche
mettendo
le mani sugli affari di Fondi e
del
Mof, il mercato ortofrutticolo più grande
d’Europa.
Con gli artigli ben affondati nell’am -
ministrazione
della città e nei finanziamenti
pubblici.
Al centro dell’attenzione dei carabinieri
le
speculazioni sulle aree industriali e sul
Mercato,
e una società molto vicina al senatore
Fazzone,
la Silo srl, i cui soci erano l’ex sindaco
di
Fondi Luigi Parisella e Luigi Peppe. Insomma,
c’era
tutto per mandare a casa amministratori
più
che in odore. Invece, tutto finì in burletta:
“Fondi
non si scioglie”, tuonarono i ras di
Forza
Italia. E così fu. E Claudio Fazzone divenne
l’intoccabile,
al punto di pretendere ed
ottenere
un posto nell’antimafia di Rosy Bindi.
Alle
polemiche per il suo nuovo ruolo, il senatore
ha
sempre risposto sicuro: “Non mi vergogno,
ho
difeso con orgoglio e determinazione
la mia
città, la mia terra e la mia Provincia”. Alla
faccia
di prefetti, carabinieri e magistrati.
il fatto quotidiano 5 aprile 2014
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