Eni,
Scaroni sempre più in bilico: l’Enel
e
la concorrenza americana contro di lui
di
Stefano
Feltri
Al
centro della grande
partita
delle nomine
pubbliche
c’è l’Eni. E al centro
della
vicenda Eni c’è il destino
del
suo amministratore delegato Paolo
Scaroni
, in corsa per il
quarto mandato o per
diventare
presidente del gruppo. “Quando io incontro
uomini
di Stato nel mondo comunico solo
con
comunicati stampa”, ha detto ieri: non
una
parola sul suo pranzo con Matteo
Renzi di
giovedì
o sui retroscena sul sostegno di Forza
Italia
e di Silvio
Berlusconi (che
per l’occasione
ha
recuperato anche Gianni
Letta). Nessun
manager
più
di Scaroni, in questi anni, è stato decisivo
per
costruire quel rapporto con la Russia
di
Vladimir
Putin che è stato
l’unico (discutibile)
risultato
della politica estera berlusconiana.
Dopo
l’audizione in commissione Industria in
Senato,
con il duro confronto con il presidente
Massimo
Mucchetti (Pd) e
dopo le dichiarazioni
di
Renzi a Otto
e Mezzo su La7,
nei palazzi romani
circolano
due tesi opposte: Scaroni è spacciato,
no,
Scaroni è forte, farà il presidente anche
se
questo viola tutti i fondamentali del management,
perché
il presidente del cda dovrebbe
essere
un garante e non un protagonista. Gli argomenti
sul
destino segnato di Scaroni sono parecchi:
Renzi,
che pure è stato molto cortese verso
l’ad,
ha avallato la lettera del Tesoro che impone
alle
partecipate i nuovi requisiti di onorabilità.
L’Eni
dovrà cambiare il suo statuto: se
l’ad
viene condannato o rinviato a giudizio per
corruzione,
decade, a meno che i consiglieri non
chiedano
all’assemblea dei soci di salvarlo. E
Scaroni
è indagato per corruzione internazionale
a
Milano, un rinvio a giudizio non si può
escludere
a priori.
Giovedì
si è tenuta una riunione del cda dell’Enel:
il
consigliere di amministrazione Fernando
Napoletano
ha chiesto al cda
di non porre all’ordine
del
giorno la modifica dello statuto per
recepire
la lettera del Tesoro sui requisiti di onorabilità.
Motivo?
Il parere che il giurista Guido
Ross
i ha scritto per
l’Eni, “sulla base di adeguata
remunerazione
e su richiesta di Scaroni, molto
interessato
alla questione”, come nota il senatore
Mucchetti.
Guido Rossi ha argomentato
che
prevedere la decadenza anche per gli imputati,
oltre
che per i condannati, è incostituzionale.
Il
presidente del cda dell’Enel, Paolo
Andrea
Colombo,
ha bocciato la richiesta di Napoletano.
All’Enel
i requisiti di onorabilità rafforzati
ci
saranno (Fulvio
Conti, l’ad in
cerca di riconferma,
è
stato anche assolto nel processo per
i
danni ambientali causati dalla centrale Enel di
Porto
Tolle, nel quale invece è stato condannato
Scaroni).
Nota Mucchetti: “É possibile che il parere
del
professor Rossi sia fondato, ma sono
certo
che se al cittadino Guido Rossi si chiedesse
se il
Tesoro della Repubblica debba o non debba
seguire
clausole etiche nella libera scelta dei capi
azienda
e degli amministratori che gli spetta di
indicare
in base alle partecipazioni azionarie detenute,
darebbe
un parere completamente opposto”.
Anche
Mucchetti, quando si discuteva
in
Senato la mozione che poi ha originato la direttiva
del
Tesoro, si era detto perplesso sulla
scelta
di adottare per i manager delle partecipate
“regole
più stringenti di quelle poste dalla banca
d'Italia
nel settore del credito che amministra un
bene
costituzionalmente garantito come il risparmio”.
Ma
ormai è andata così.
Quello
che è successo all’Enel è un segnale pessimo
per
Scaroni, che cominciava a sperare che
alcuni
articoli della stampa internazionale scettici
sul
cambio di statuto fossero sufficienti a
cambiare
il clima. Altro indizio di scetticismo:
Renzi
avrebbe pronto un nome a sorpresa per
l’Eni,
quello di Claudi
Santiago, manager
della
General
Electric della quale ha guidato il ramo
petrolifero.
Il gruppo americano ha già fornito
all’Eni
un presidente (Giuseppe
Recchi, che ora
sta
passando a Telecom) e potrebbe ora offrire
anche
un ad. Soprattutto la GE si è comprata
l’azienda
fiorentina del Nuovo Pignone, tanto
cara a
Renzi. E quindi è come se tutti i suoi manager
fossero
anche un po’ fiorentini, dettaglio
importante
per il premier attento alle ragioni del
campanile.
Dentro
l’Eni osservano con impazienza: la scelta
del
manager sbagliato potrebbe avere conseguenze
pesanti.
Si dice, per esempio, che se arrivasse
un ad
intero o un ex dirigente come Stefano
Cao
o Leonardo
Maugeri, l’attuale
direttore
generale
Claudio
Descalzi (anche
lui in corsa)
sarebbe
pronto ad andarsene. Si decide tutto entro
il 13
aprile, quando il Tesoro presenterà la
lista
dei candidati per l’assemblea dei soci di
maggio.
E Scaroni, in questi pochi giorni che
mancano,
farà pesare tutti i suoi argomenti, a
cominciare
dall’asse Berlusconi-Putin.
Twitter
@stefanofeltri
il fatto quotidiano 5 aprile 2014
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