sabato 5 aprile 2014

Eni, Scaroni sempre più in bilico: l’Enel e la concorrenza americana contro di lui


Eni, Scaroni sempre più in bilico: l’Enel
e la concorrenza americana contro di lui

di Stefano Feltri
Al centro della grande
partita delle nomine
pubbliche c’è l’Eni. E al centro
della vicenda Eni c’è il destino
del suo amministratore delegato Paolo
Scaroni , in corsa per il quarto mandato o per
diventare presidente del gruppo. “Quando io incontro
uomini di Stato nel mondo comunico solo
con comunicati stampa”, ha detto ieri: non
una parola sul suo pranzo con Matteo Renzi di
giovedì o sui retroscena sul sostegno di Forza
Italia e di Silvio Berlusconi (che per l’occasione
ha recuperato anche Gianni Letta). Nessun manager
più di Scaroni, in questi anni, è stato decisivo
per costruire quel rapporto con la Russia
di Vladimir Putin che è stato l’unico (discutibile)
risultato della politica estera berlusconiana.
Dopo l’audizione in commissione Industria in
Senato, con il duro confronto con il presidente
Massimo Mucchetti (Pd) e dopo le dichiarazioni
di Renzi a Otto e Mezzo su La7, nei palazzi romani
circolano due tesi opposte: Scaroni è spacciato,
no, Scaroni è forte, farà il presidente anche
se questo viola tutti i fondamentali del management,
perché il presidente del cda dovrebbe
essere un garante e non un protagonista. Gli argomenti
sul destino segnato di Scaroni sono parecchi:
Renzi, che pure è stato molto cortese verso
l’ad, ha avallato la lettera del Tesoro che impone
alle partecipate i nuovi requisiti di onorabilità.
L’Eni dovrà cambiare il suo statuto: se
l’ad viene condannato o rinviato a giudizio per
corruzione, decade, a meno che i consiglieri non
chiedano all’assemblea dei soci di salvarlo. E
Scaroni è indagato per corruzione internazionale
a Milano, un rinvio a giudizio non si può
escludere a priori.
Giovedì si è tenuta una riunione del cda dell’Enel:
il consigliere di amministrazione Fernando
Napoletano ha chiesto al cda di non porre all’ordine
del giorno la modifica dello statuto per
recepire la lettera del Tesoro sui requisiti di onorabilità.
Motivo? Il parere che il giurista Guido
Ross i ha scritto per l’Eni, “sulla base di adeguata
remunerazione e su richiesta di Scaroni, molto
interessato alla questione”, come nota il senatore
Mucchetti. Guido Rossi ha argomentato
che prevedere la decadenza anche per gli imputati,
oltre che per i condannati, è incostituzionale.
Il presidente del cda dell’Enel, Paolo Andrea
Colombo, ha bocciato la richiesta di Napoletano.
All’Enel i requisiti di onorabilità rafforzati
ci saranno (Fulvio Conti, l’ad in cerca di riconferma,
è stato anche assolto nel processo per
i danni ambientali causati dalla centrale Enel di
Porto Tolle, nel quale invece è stato condannato
Scaroni). Nota Mucchetti: “É possibile che il parere
del professor Rossi sia fondato, ma sono
certo che se al cittadino Guido Rossi si chiedesse
se il Tesoro della Repubblica debba o non debba
seguire clausole etiche nella libera scelta dei capi
azienda e degli amministratori che gli spetta di
indicare in base alle partecipazioni azionarie detenute,
darebbe un parere completamente opposto”.
Anche Mucchetti, quando si discuteva
in Senato la mozione che poi ha originato la direttiva
del Tesoro, si era detto perplesso sulla
scelta di adottare per i manager delle partecipate
regole più stringenti di quelle poste dalla banca
d'Italia nel settore del credito che amministra un
bene costituzionalmente garantito come il risparmio”.
Ma ormai è andata così.
Quello che è successo all’Enel è un segnale pessimo
per Scaroni, che cominciava a sperare che
alcuni articoli della stampa internazionale scettici
sul cambio di statuto fossero sufficienti a
cambiare il clima. Altro indizio di scetticismo:
Renzi avrebbe pronto un nome a sorpresa per
l’Eni, quello di Claudi Santiago, manager della
General Electric della quale ha guidato il ramo
petrolifero. Il gruppo americano ha già fornito
all’Eni un presidente (Giuseppe Recchi, che ora
sta passando a Telecom) e potrebbe ora offrire
anche un ad. Soprattutto la GE si è comprata
l’azienda fiorentina del Nuovo Pignone, tanto
cara a Renzi. E quindi è come se tutti i suoi manager
fossero anche un po’ fiorentini, dettaglio
importante per il premier attento alle ragioni del
campanile.
Dentro l’Eni osservano con impazienza: la scelta
del manager sbagliato potrebbe avere conseguenze
pesanti. Si dice, per esempio, che se arrivasse
un ad intero o un ex dirigente come Stefano
Cao o Leonardo Maugeri, l’attuale direttore
generale Claudio Descalzi (anche lui in corsa)
sarebbe pronto ad andarsene. Si decide tutto entro
il 13 aprile, quando il Tesoro presenterà la
lista dei candidati per l’assemblea dei soci di
maggio. E Scaroni, in questi pochi giorni che
mancano, farà pesare tutti i suoi argomenti, a
cominciare dall’asse Berlusconi-Putin.
Twitter @stefanofeltri
il fatto quotidiano 5 aprile 2014

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