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venerdì 25 maggio 2012
Villa Adriana governo nella discarica
GOVERNO NELLA DISCARICA
Palazzo Chigi dice sì al sito di Corcolle, a due passi
da Villa Adriana. Ornaghi e Clini s’infur iano
Il ministro dei
Beni culturali
minaccia
le dimissioni
La Cancellieri
e la Severino:
il caso in Cdm
di Tomaso Montanari
e Malcom Pagani
All’idea di affumicare un
patrimonio dell’Unesco,
aveva rinunciato
persino Manlio Cerroni.
L’uomo di Malagrotta. Lo
spazzino in grado di bruciare
4.500 tonnellate di immondizia
romana, ogni giorno, per
decenni. A discarica satura,
Cerroni aveva allungato lo
sguardo giungendo a Corcolle,
Villa Adriana. E aveva girato
la testa. Troppi vincoli archeologici,
riprovazione e
prime pagine internazionali
per non decidere di migrare
altrove. Più in là dell’intuito
di Cerroni, è atterrato il governo
di Mario Monti.
LA PRIMA discarica “tecnica”
della nuova era rischia di
essere anche l’ultima. E mostra
crepe in cui si insinuano
due antichi tratti nazionali. Lo
scempio del nostro patrimonio.
E l’impossibilità di dimettersi.
Dopo aver ricevuto una
lettera del sottosegretario alla
presidenza del Consiglio Catricalà
in mattinata (“C o rc o l l e
non si discute”) Lorenzo Ornaghi
minaccia di farlo nel pomeriggio,
frenato, non riesce
a decidersi e concede un’intervista
fluviale a un importante
quotidiano nazionale
(direttorissimo in attesa per
ore) in cui sostiene che in caso
di spaventosa figura con il
mondo (con Villa Adriana c’è
già la certezza) le darà. Premier
e Presidente della Repubblica,
a Palermo per ricordare
Falcone, non ne sanno
nulla e, furibondi, niente dichiarano.
Ornaghi non vuole
complicità, ma urlare le proprie
ragioni a Catricalà gli vale
solo uno strapuntino (la presenza
del ministero al tavolo
della conferenza dei servizi)
che serve a coprirsi in attesa
di tempi peggiori. Lo confortano
tutti. Arriva l’a bbraccio
mortale di Galan, il convinto
sostegno di Italia Nostra, l’appoggio
inaudito del centrosinistra
con Melandri e Orfini.
Poi in serata, quello bifronte e
contraddittorio del titolare
degli Interni Cancellieri (Protezione
del prefetto Pecoraro
e plauso alla conferma della
fiducia governativa- con richiesta
di un approfondimento
collegiale in Cdm venerdì)
e del Guardasigilli Paola Severino.
Fuoco. Partito da una
scelta demenziale, alimentato
dall’interlocuzione escludente
tra Pecoraro e Catricalà
(convinti sostenitori del sì a
Corcolle) con il ministro dell’Ambiente
Clini, in Brasile, all’oscuro
(sconvolto) di tutto e
Ornaghi in condizioni simili e
s u b o rd i n a t e .
Villa Adriana è una complessa
partita di giro in cui considerazioni
civili, politiche e soprattutto
economiche si inseguono
concorrendo a un affare.
Bruciare i rifiuti della capitale
vale circa 300 milioni di
euro l’anno. Ma farlo a Villa
Adriana, dopo gli orrori di
Pompei, può rendere balcanico
il contesto e costare il residuo
prestigio artistico di un
Paese. L’impressione è che
Monti non tornerà indietro,
ma la speranza segreta è che le
pressioni estere impediscano
il golpe e l’ipotesi più probabile
è che il braciere incendi
gli incubi del prossimo governo.
In quello attuale intanto, mentre
il gioco della parti tra Polverini
e Alemanno li colloca
alternativamente su sponde
opposte, si litiga. Al Quirinale,
nonostante da alcuni “incontri
privati” trapeli la contrarietà
e la preoccupazione
di Napolitano, nessuno osa
mettere in pratica l’articolo 9
della Costituzione “La Repubblica
tutela il paesaggio e il patrimonio
storico e artistico
della Nazione”. Così una questione
tanto rilevante finisce
per rimanere nelle mani di un
solo uomo e le dita scaldate
dal cerino sono quelle del prefetto
Pecoraro (Bisignani,
D’Alema, Copasir, Valmontone),
sordo alla proposta di Clini.
Dimenticata Maccarese, Il
ministro dell’Ambiente individuò
il sito di Monte Carnevale,
non lo ascoltarono e dopo
pochi giorni, una lettera dello
stesso ministero della Difesa
che manda soldati in Afghanistan
a combattere, eccepì sulla
scelta avvertendo del rischio
delle “onde elettromag
n e t i ch e ” per i graduati. Pecoraro
è deciso a proseguire
sulla strada di Villa Adriana.
Nessuno, a iniziare da Ornaghi,
è in grado di frenare il tafazzismo.
Le sue promesse dimissioni
vanno inquadrate in
una cornice in cui la debolezza
del comparto culturale italiano
e la sua irrilevanza stringono
il cuore. Salvatore Settis
aveva chiesto ieri al ministro
se il frutto della conduzione
del Mibac si sarebbe rivelato
«il trionfo dell’incompetenza
». Tema dell’invettiva, la biblioteca
dei Girolamini a Napoli.
Argomento difficile perché
contrariamente a quanto
dichiarato alla Camera, la nomina
del conservatore dei Girolamini
(ora indagato) non
era stata fatta dai religiosi, ma
da un decreto del sottosegretario
Cecchi. Corcolle è solo
l’ultima puntata di un libro nero.
Ed è apparsa a Ornaghi,
davvero contrario, come l’ultima
occasione di rovesciare il
tavolo, distinguersi e cambiare
il proprio destino. Consigliato
in tal senso, si è mosso.
Dalla crisi certa, alla crisi sfiorata,
approdando alla crisi
rientrata, in poche ore.
A L L’ANSA Ornaghi alle sedici
e trenta, un’ora prima di
andare da Catricalà, si diceva
«contrarissimo» alla discarica.
Alla fine, siamo in Italia, la posizione
è sfumata. Domani è
un altro giorno. A prendere
sul serio la boutade è stato forse
solo Andrea Carandini, che
– con una lettera durissima
che avrebbe potuto però scrivere
in uno qualsiasi dei mille
giorni del suo mandato triennale
– ha ritirato la disponibilità
ad essere nominato presidente
del ricostituendo
Consiglio Superiore dei Beni
Culturali. Anche per lui (da un
mandato scaduto, però), dimissioni
a metà. Un nobile gesto
ad un prezzo da saldo. A
meno che, quando gli spiegheranno
di cosa si è trattato
davvero, Carandini non le ritiri.
Sarebbe la degna conclusione
di una tragica farsa da
osservare tra lacrime, maschere
a gas e cari saluti da
cartolina ingiallita firmata Villa
Adriana.
Il Fatto quotidiano 24 maggio 2012
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