Doc. XXIII
N. 32
COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)
Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017
_______________
Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1
7.
La
questione degli illeciti ambientali nel Basso Lazio
7.1 La discarica di
Borgo Montello
La discarica di Borgo Montello è
considerata la quarta in Italia per estensione e per volume di rifiuti
abbancati. La data d’inizio delle attività di smaltimento è il 1971 (o poco
dopo, secondo altre fonti). Oggi occupa un’area di circa 50 ettari, divisi tra
due società, la Ind.Eco S.r.l., riconducibile al gruppo Green Holding di Milano
e la Ecoambiente S.r.l., con quote divise tra Latina Ambiente (gestore del
servizio di raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento
dall’ente locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia
Colucci) e società della holding Cerroni.
La storia della discarica è
complessa e, per molti aspetti, ancora nebulosa. Nelle passate legislature la
Commissione si è occupata di diversi aspetti relativi alla gestione degli
invasi, senza, peraltro, mai svolgere inchieste dirette.
Sulla discarica di Borgo Montello
aleggia da anni il sospetto di un utilizzo illecito per lo sversamento di
rifiuti industriali pericolosi, sotto forma di fusti o di fanghi. Tantissime le
testimonianze apparse negli anni scorsi sulla stampa, locale e nazionale. Lo
stesso collaboratore di giustizia Carmine Schiavone ha parlato di collegamenti
tra il clan dei Casalesi e la discarica di Latina, indicando – nel 1996 a
sommarie informazioni e poi, poco prima della sua morte, in interviste a
diverse testate giornalistiche – nomi e circostanze riconducibili a sversamenti
illeciti di rifiuti nell’area della discarica.
Oggi la discarica è ferma, per
l’esaurimento delle volumetrie (fino ad oggi sono stati sversati negli anni più
di 6 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, secondo stime
conservative). In un caso, l’area gestita dalla Ind.Eco, il sito è stato
sottoposto a sequestro preventivo da parte dell’autorità giudiziaria; l’altro
gestore, Ecoambiente, ha operato ed opera su terreni confiscati dalla sezione
misure di prevenzione del tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento
penale nei confronti dell’imprenditore De Pierro, accusato di riciclaggio. Una
situazione complessa, che si è sviluppata su un’area compromessa dal punto di
vista ambientale, come documentato dagli studi ARPA e ISPRA.
La questione dello sversamento di
rifiuti pericolosi nel passato ha creato e continua a creare un forte allarme
sociale. E’ evidente che la presenza nel sottosuolo di rifiuti pericolosi allo
stato sconosciuti, oltre ad essere un indicatore importante di criticità
gestionali nel passato (anni ‘80 e ‘90), è un elemento molto importante per la
ricostruzione puntuale della criminalità ambientale nella regione Lazio.
Accanto a questo elemento non può essere trascurata la ormai consolidata
conoscenza delle infiltrazioni della criminalità organizzata nella zona di
Latina, che si intreccia inevitabilmente con il business ambientale.
La Commissione ha, dunque, deciso di
concentrare l’approfondimento su questo versante, puntando a fornire al
Parlamento elementi oggettivi rispetto al traffico illecito di rifiuti
pericolosi nell’area di Borgo Montello, anche in connessione con organizzazioni
criminali.
Anticipando quanto si dirà oltre in
dettaglio, il primo elemento di rilievo
riguarda la presenza di rifiuti industriali – anche pericolosi – nell'area di
Borgo Montello. Questo elemento ha una importanza chiave anche, e soprattutto,
nella fase di bonifica del sito. Dalla documentazione ufficiale raccolta nel
corso dell'inchiesta parlamentare non sono emersi approfondimenti istituzionali
in questo senso. La regione Lazio, interpellata sul punto, non ha fornito
elementi conoscitivi, evidenziando una lacuna istruttoria.
Dalle indagini e acquisizioni della Commissione risulta che nell'area di
Borgo Montello sono stati stoccati – extra
ordinem e, in alcuni casi, illegalmente – rifiuti speciali pericolosi, tra
la fine degli anni '80 e i primi anni '90. Questo elemento conoscitivo, che ha
visto un importante sforzo investigativo da parte della commissione, conferma
quanto da sempre sostenuto dalla popolazione locale, allarmata da voci,
confidenze e notizie giornalistiche.
Vi è stato un conferimento di rifiuti pericolosi di origine industriale
nell'area denominata 2B, come accertato nel corso del processo di primo grado
nei confronti di Adriano Musso, amministratore della società Ecotecna, gestore
dell'epoca dell'invaso. In questo caso è possibile anche individuare almeno una
parte della tipologia di rifiuti sversati, grazie alla consulenza tecnica
svolta nel corso di quelle indagini. Si tratta di un caso particolarmente
significativo e grave, anche dal punto di vista ambientale. La zona dello
sversamento, infatti, era già stata definita all'epoca come non idonea dal
punto di vista geologico per la realizzazione di una discarica per rifiuti
pericolosi (secondo la normativa dell'epoca, il decreto del Presidente della
Repubblica n. 915 del 1982). La regione Lazio, attraverso una semplice
ordinanza, permise lo stoccaggio dei rifiuti industriali, indicando il sito
come “temporaneo”. Non vi è agli atti nessun elemento che possa indicare il
successivo trasporto di quei rifiuti in altro luogo. Anzi, le motivazioni della
citata sentenza indicano il contrario. La successiva sentenza di appello ha poi
revocato l'ordine di bonifica e ripristino dei luoghi che i giudici di primo
grado avevano imposto seguendo il dettato della legge. Nessun elemento che
possa far immaginare un successivo intervento di bonifica è stato presentato
alla commissione o ritrovato nella copiosa documentazione acquisita. Si deve,
dunque, dedurre che quei rifiuti pericolosi di origine industriale siano ancora
interrati nel primo strato dell'invaso “2B” (area gestita attualmente dalla
società Indeco), poi ricoperta negli anni da altre discariche per rifiuti
solidi urbani. Questo elemento dovrebbe essere accuratamente analizzato per
capire quale impatto sulle matrici ambientali vi possa essere, considerando
anche il tempo trascorso e la già grave situazione della sottostante falda
acquifera.
Vi sono poi tanti elementi – concordanti tra di loro – che portano a
ritenere altamente probabile – se non sicura – la presenza di rifiuti
industriali anche nella zona della discarica a cavallo tra gli invasi S3-S1
(area attualmente gestita, in post mortem, dalla società Ecoambiente). In
questo caso le testimonianze raccolte dalla commissione nel corso delle
indagini forniscono elementi concordanti con quanto ricostruito dalla pregevole
inchiesta della squadra mobile di Latina nel 2013. Uno dei testimoni ascoltati
a sommarie informazioni dalla Commissione ha lavorato per lungo periodo
all'interno della discarica (tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni
'90) e, dunque, è stato protagonista diretto dei fatti narrati. Questo stesso
testimone lavora ancora oggi nel settore dei rifiuti speciali ed è in possesso
delle certificazioni necessarie per operare nel campo. Ha, dunque, il
necessario know-how per poter fornire
informazioni precise. Secondo la sua testimonianza durante il periodo di
gestione della discarica da parte della società Pro.Chi arrivavano in media
300-400 fusti al mese. Si può, dunque, facilmente stimare in diverse migliaia i
fusti di rifiuti industriali probabilmente interrati in quell'area.
Anche in questo caso l'impatto ambientale potrebbe essere di rilievo.
L'area indicata dai testimoni si trova all'interno della zona utilizzata fin
dal 2000 dalla societa Ecoambiente per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani.
Nel 1998 la società aveva presentato un progetto di messa in sicurezza che
escludeva la presenza di rifiuti pericolosi, realizzando un sistema di
barramento idraulico con un polder.
Tale soluzione, però, è stata ritenuta non idonea da due perizie disposte dalla
procura e dal Gup del tribunale di Latina, che hanno deciso di rinviare a
giudizio gli amministratori della società, oggi imputati per avvelenamento
delle acque. La presenza di rifiuti industriali in quantità significativa –
come indicato dai testimoni – potrebbe rappresentare un ulteriore aggravamento
della situazione, giù grave, della sottostante falda acquifera. In ogni caso
questo elemento deve essere preso in considerazione nell'ambito della bonifica
dell'area.
Per quanto riguarda la presenza criminale nell'area, di particolare rilievo
è la figura di Michele Coppola, soggetto già indicato nel 1996 dal
collaboratore di giustizia del clan dei casalesi Carmine Schiavone come
contiguo al gruppo criminale di Casal di Principe. Coppola fin dal 1988-1989 ha
vissuto a ridosso della discarica di Borgo Montello. Parte delle proprietà a
lui affidate dal clan – secondo quanto ricostruito dallo Schiavone – sono poi
state vendute ad uno dei gestori della discarica, la società Indeco. Coppola
poteva disporre di diverse armi, come verificato dalla Commissione. Nel
dicembre del 1995 venne arrestato nell'ambito del procedimento penale contro il
clan Schiavone (processo “Spartacus”); sentenze successive, relative ad altri
procedimenti, passate in giudicato, hanno dimostrato la sua appartenenza al
clan.
Nel corso dell'inchiesta condotta da questa Commissione sul sito di Borgo
Montello sono emersi dettagli significativi rispetto ai contatti stretti tra
Coppola e lavoratori della discarica (uno dei testimoni ha raccontato di essere
andato a Casal di Principe, dove avrebbe incontrato anche Carmine Schiavone,
prima dell'inizio della sua collaborazione, quando, dunque, era pienamente
operativo all'interno del clan, in posizione apicale), alcune testimonianze de
relato hanno poi indicato punti di contatto tra Coppola ed esponenti politici e
delle forze di polizia locali, che destano preoccupazione.
La Commissione ha proceduto a
diverse audizioni, i cui contenuti hanno orientato le successive attività. Il 16 marzo 2016 è stato audito Giorgio
Libralato, consulente tecnico delle famiglie di Borgo Montello, accompagnato
dai rappresentanti dei Comitati riuniti dei borghi Montello e Bainsizza[1]. L’audizione è successiva
alla visita della Commissione nella discarica di Borgo Montello, avvenuta
subito dopo la discovery processuale
(con ordinanza di custodia cautelare) della prima indagine giudiziaria del tribunale
di Latina, in epoca recente, sulla società Indeco, gestore di parte della
discarica.
E' stato chiesto all’audito di
presentare le problematiche della discarica, evidenziando il punto di vista dei
cittadini che abitano in prossimità del sito. Giorgio Libralato, a nome dei
cittadini di Borgo Montello, ha ricordato la presentazione di una petizione al
Parlamento europeo, presso il quale alcuni abitanti dalla zona sono stati
auditi nel novembre 2013. La petizione è tuttora aperta. I rappresentanti dei cittadini
sono stati altresì ascoltati il 26 maggio 2015 dalla Commissione rifiuti
regione Lazio. Era la prima volta che venivano auditi dalla Commissione
parlamentare d’inchiesta.
Giorgio Libralato ha richiamato
alcuni eventi giudiziari poi oggetto di specifico approfondimento da parte
della Commissione:
“Una cosa fondamentale avviene il 29
gennaio 2014: con la solita inchiesta - anche in quel caso, gruppo De Pierro,
Capitolina, Giulia e altre società - viene sequestrata dal GICO della Guardia
di finanza una parte attiva della discarica di Borgo Montello, ovviamente con
atti giudiziari e atti di conservatoria, ma non succede assolutamente nulla”.
Rispetto a questa azione giudiziaria (sulla quale si ritornerà in seguito) ha
aggiunto: “La proprietà della discarica è della Ecomont e non della Ecoambiente
come falsamente dichiarato dalla regione Lazio nell'AIA del 2009. Allo stesso
modo, è falso uno dei verbali di rinnovo dell'AIA, che appunto scadeva l'8
aprile 2012, dove si dichiara che quest'invaso non è stato sequestrato, ma
invece, è stato sequestrato. Sono state fatte tutte le segnalazioni ma non sono
state sufficienti”.
Su un altro delicato punto, ovvero
la ricerca di “fusti tossici” o, più in generale, di tracce di sversamenti di
rifiuti pericolosi in epoca passata, Libralato ha dichiarato:
“Nell'agosto 2012, iniziano anche i
famosi scavi nell'invaso S0, che non è di nessuno, e quindi spetta alla
comunità. La regione Lazio eroga un finanziamento di circa 700.000 euro per
fare questi scavi, viene affidato un appalto di circa 400.000 euro, ma gli
scavi vengono effettuati solo parzialmente [...] La ragione di questi scavi ha
origine dalla dichiarazione di Carmine Schiavone che nella discarica di Borgo
Montello erano stati conferiti dei fusti tossici. Uno studio dell'ENEA del 1995
certificava che nella S0, in una delle tante vasche, la prima, la più antica,
c'erano queste masse metalliche che potevano far pensare alla presenza di fusti
metallici. Questa massa metallica è stata poi confermata dalle ricerche dell'INGV,
e quindi sono stati fatti gli scavi. Durante
una conferenza pubblica, il 20 settembre 2012, uno dei direttori dei lavori, il
direttore dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha dichiarato
che si sarebbero fatti tutti gli scavi perché per loro quello che avevano
trovato era sufficiente per dire che quella massa metallica era o del ferro che
si trovava nei copertoni o armature metalliche delle recinzioni dell'epoca”.
Il consulente degli abitanti di
Borgo Montello fa riferimento alla campagna di scavi nel sito più antico della
discarica del 2012: secondo la documentazione acquisita dalla Commissione,
l'esito di quella ricerca fu negativo.
Rispetto a questo punto l’audito ha
aggiunto:
“Il problema è sorto perché durante
gli scavi l'assessore provinciale all'ambiente dell'epoca, Gerardo Stefanelli,
ha dichiarato che non andavano cercati lì i fusti perché probabilmente erano in
altri invasi. Lo stesso ha dichiarato Carmine Schiavone in diverse interviste,
dicendo di aver visto dove avevano scavato e che non era lì che dovevano
cercare i fusti. Questo è solo uno dei problemi, considerato che è dalle prime
analisi del 2005 che si evidenzia l’inquinamento delle falde acquifere. L’ARPA
ha verificato queste analisi così come i periti del tribunale di Latina, a cui
è seguito a un processo tuttora in corso con il rinvio a giudizio di tre
esponenti dell'epoca di Ecoambiente, sempre Bruno Landi, Rondoni e Nicola
Colucci, che a vario titolo avevano partecipato alla gestione della discarica.
In particolare, l'ultimo dei periti, il professor Tomaso Munari di Genova,
vicepresidente dell'ordine nazionale dei chimici, ha certificato
quest'inquinamento, ovviamente con analisi di laboratorio eseguite sul posto, e
ha indicato un livello di inquinamento più alto rispetto a quello certificato
per esempio da ARPA Lazio o ISPRA. In particolare, il professor Munari ha
indicato anche che il famoso progetto che doveva essere fatto di protezione
delle falde da parte di Ecoambiente in realtà non è stato fatto come doveva”.
Dunque, secondo Giorgio Libralato,
le ricerche andrebbero ampliate anche ad altre zone della discarica (gli invasi
sono circa una decina); lo stesso consulente delle famiglie di Borgo Montello
ha poi richiamato la campagna di monitoraggio della falda acquifera effettuata
da ARPA Lazio e la perizia svolta da Tomaso Munari, nominato dal GUP del
tribunale di Latina. Questi due punti verranno ulteriormente approfonditi in
seguito.
Libralato ha poi fatto notare che
l'ultima analisi dell'ARPA Lazio, risalente al marzo 2013, è stata resa nota
con molta difficoltà solo a novembre 2014. Ha poi aggiunto che le stesse
emissioni odorigene sono state più volte segnalate da lui stesso, e dai
cittadini, con telefonate, lettere, mail certificate e in tanti altri modi. L'ARPA
Lazio ha realizzato un monitoraggio ad hoc sulla discarica – ha sostenuto
Libralato – nell'agosto del 2015, “quando dall'estate 2015 non avviene
praticamente nessun conferimento, tranne qualche camion che sporadicamente
continua ad arrivare in discarica”.
Rispetto alle procedure
autorizzative in corso, l’audito ha sostenuto come per Ecoambiente vi siano
alcune importanti criticità, la prima relativa alla proprietà e alla
disponibilità: “Si sa che se c’è un sequestro della Guardia di finanza o della
magistratura, non si può dichiarare che è nella disponibilità della società”.
Il secondo problema, ha aggiunto, riguarda la polizza fideiussoria per la
società Ecoambiente. Il terzo problema, infine, “è che – lo prevedeva la
conclusione della procedura AIA del 25 giugno 2014 della regione Lazio – doveva
esserci anche la variante urbanistica del comune di Latina, essendo stati
rilevati problemi urbanistici nel 2012. Si tratta di un'area con indirizzo
rurale, per cui la circostanza era incompatibile con la normativa urbanistica;
è stata fatta una variante, si è perimetrata l'area, impegnandosi il 28
dicembre 2012 all'unanimità a risarcire i cittadini e a delocalizzarli, e anche
a delimitare, ad esempio ponendo dei vincoli di inedificabilità per cento metri
su confini su cui dovevano essere piantumate delle essenze, ovviamente per
mitigare, l'impatto”.
L’audito si è soffermato sulle
procedure in corso: “Siccome entrambe le società hanno esaurito i loro volumi,
chiedono un sopralzo, quindi l'aumento del conferimento dei volumi, al di sopra
della stessa area sulla quale già avevano conferito, S8 per Indeco, un nuovo e
distinto invaso per Ecoambiente, quello sequestrato dalla Guardia di finanza.
Si sono aperte nuovamente le procedure AIA e di valutazione d'impatto ambientale”.
Per quanto riguarda l'impatto della
discarica sulle matrici ambientali e, di conseguenza, sulla qualità della vita
degli abitanti della zona, Libralato ha ripercorso lo stato delle procedure di
bonifica: “In seguito a questo inquinamento, riconosciuto anche da Ecoambiente,
hanno fatto un progetto per quella che loro definiscono bonifica, ma c’è una
differenza tra bonifica e contenimento dell'inquinamento. Questa cosiddetta
bonifica di Ecoambiente, secondo tutti i protocolli, procedure e accordi di
programma, doveva iniziare a marzo 2014, ma inizierà invece un paio di mesi
dopo, perché i cittadini, hanno iniziato a chiedere conto di quest'avvenuta
bonifica, che ovviamente non era iniziata. Secondo la provincia di Latina e
secondo il comune di Latina, questa bonifica non era in corso”.
Per quanto riguarda più in generale
la gestione dei rifiuti nel comune di Latina, gli incroci societari tra gestori
della raccolta e gestori della discarica e il delicato tema delle polizze
fideiussorie, Libralato ha dichiarato: “Un altro problema è Latina Ambiente,
che è partecipata per il 51 per cento dal comune di Latina e partecipa per il
51 per cento alla società Ecoambiente, per la quale, (alla data dell’audizione)
è in corso il fallimento. Latina Ambiente si occupa, per conto del comune di
Latina, del servizio di raccolta dei rifiuti solidi. (Bruno Landi al momento
dell’arresto era contemporaneamente amministratore delegato di Latina ambiente
e di Ecoambiente). Per quanto attiene le fideiussioni, si sa che girano polizze
fideiussorie dalla Gable false, e la Gable è quella società che ha fatto la
polizza fideiussoria per Ecoambiente, ma anche per un'altra società che opera
più o meno nello stesso settore nel comune di Latina, la Agri Power, che
gestisce una centrale a biogas. Questa polizza fideiussoria della Gable è stata
rifiutata dal comune di Latina, e quindi l'Agri Power è senza alcuna polizza
fideiussoria perché la precedente era stata emessa da una società che secondo
l’associazione non aveva i titoli, ma che comunque era fallita subito dopo. Sono quattro anni che
non ha questa polizza fideiussoria. La polizza fideiussoria dalla Gable, per il
comune di Latina non era valida, non aveva una firma autentica, non vi erano i
poteri di chi firma di chiarire che poteva firmare, e l’allegato è stato
mandato due mesi dopo rispetto all'emissione della polizza. Poi la Gable, ha
sede a Vaduz, in Lichtenstein, e per il comune di Latina non era una garanzia”.
Ci sono pareri dell’ASL secondo cui
i cittadini lì non possono risiedere – hanno poi spiegato i rappresentati dei
comitati e dei cittadini residenti nella zona - essendo gli insediamenti
autorizzati ad una distanza inferiore da quella prescritta dalla legge
regionale del Lazio. Per quanto riguarda le analisi dell’ARPA, non si è avuta
copia perché l'ARPA Lazio le trasmette all'ISPRA, che poi doveva analizzarle e
spiegare perché c'erano questi inquinanti e qual era il quadro. Sono state
rilevate varie sostanze con valori molto alti, per esempio alcuni dell'arsenico
sono con i valori a circa 300, trenta volte quelli ammessi per legge. Ci sono
ferro, manganese e anche altri inquinanti. Alla domanda se ci fosse rischio per
la popolazione, per le persone che vivono lì, per l’agricoltura, sulla
possibilità di utilizzare i pozzi, se quest’acqua possa essere usata a scopo
igienico ed alimentare né ISPRA, né ARPA Lazio hanno mai risposto.
Sono stati segnalati casi di decessi
o malattie gravi che sembrano legati all’inquinamento ma non sono stati
eseguiti esami epidemiologici o tossicologici, esame quest’ultimo che - da
quanto afferma Ivan Eotvos rappresentante del comitato - l’ARPA Lazio non ha
fatto nemmeno sulla centrale nucleare.
Libralato chiarisce su questo punto
dicendo che quest'indagine epidemiologica non è stata chiesta solo dai
cittadini ma anche dall’ASL, ARPA e anche dalla regione Lazio, al fine di
rilasciare qualsiasi autorizzazione, valendo il principio di precauzione.
Circa le polizze fideiussorie, in
generale, secondo gli auditi ci sono stati una serie di scandali perché ci sono
stati interventi urbanistici, di risanamento che non potevano essere fatti,
proprio perché le polizze non garantivano nulla, tanto che vi è una fabbrica all'ingresso di Latina che da
dieci anni non può essere bonificata proprio perché la società che ha emesso la
polizza non adempie ai suoi obblighi. Questo è un problema che si presenta per
tutti gli impianti, biogas, biomasse, turbogas, rifiuti.
Riguardo alle proprietà dei terreni
“intorno agli anni Ottanta, da parte del clan dei Casalesi, tramite un parente
di Carmine Schiavone, Michele Coppola, c’è stato l'acquisto di questi terreni,
inizialmente sembrava per coltivarci, ma poi Carmine Schiavone spiega
l'evoluzione di come l'organizzazione dei casalesi scoprì che il settore dei
rifiuti era molto più importante e redditizio di quello della droga. Alcune
delle proprietà ex Michele Coppola vengono vendute a qualcuna delle società, in
particolare anche all'Indeco, una delle due società”.
“Sempre per rimanere nell'ambito
della proprietà – prosegue la relazione dei comitati - la società Capitolina
aveva stipulato un contratto d'affitto per il nuovo e distinto invaso, quello
di Ecoambiente, nel 1998, che durava nove anni rinnovato per altri nove, che
quindi con scadenza il 4 agosto 2016”. Secondo il comitato, siccome il ricorso
della curatela fallimentare è del 1994, quindi antecedente al contratto
d'affitto, siccome la curatela fallimentare ha vinto tutti i ricorsi contro
queste società gruppo De Pierro, siccome queste sentenze sono diventate
definitive perché non c’è stato alcun ricorso, siccome la titolarità della
curatela fallimentare Ecomont è antecedente al contratto d'affitto, quel
contratto non vale nulla.
Quanto alle motivazioni per cui il
comitato ha contestato le AIA, i residenti del luogo chiedevano come facessero
a rilasciare l'AIA alla società Ecoambiente: “Intanto, non aveva la
disponibilità dell'area ma in ogni caso, anche ammesso che ritenessero valido
il contratto del 1998, questo scadeva il 4 agosto 2016, per cui qualsiasi AIA
poteva essere rilasciata fino a quando se ne aveva la disponibilità. Anche la
società Ecoambiente ha cercato di costruire un impianto TMB. Siccome entrava
nell'area di vincolo della famosa delibera n. 163 del 28 dicembre 2012, non poteva più essere
costruito, e quindi ci sono stati i pareri contrari del comune di Latina,
chiedendo di spostare il vincolo”.
Per quanto riguarda la provenienza
dei rifiuti, sono stati fotografati i camion: “Provengono da fuori provincia,
anche dalla provincia di Roma”.
“Per quanto per quanto riguarda la
ricerca dei fusti tossici – ha aggiunto Libralato - sono stati finanziati, come
dicevo, per un'analisi condotta dall'ENEA nel 1995, che aveva verificato solo
l'area S0, e c'erano tre masse metalliche che facevano pensare alla presenza di
materiale metallico, e quindi di fusti tossici. L'Istituto nazionale di
geofisica e vulcanologia, con altre strumentazioni succedutesi poi nel tempo, molto
più precise e sofisticate, ha certificato più o meno nella stessa conformazione
che aveva fatto l'ENEA, quindi con altra strumentazione, la presenza di queste
masse metalliche. Questi scavi, ad esempio, dovevano essere a profondità di 6-7
metri o con dimensioni di 30x40 in pianta, ma quando gli scavi sono arrivati a
3 metri e hanno trovato del materiale metallico, hanno sospeso le ricerche.
Come dicevo, il 20 settembre 2012, c’è stata questa conferenza pubblica con il
dottor Marcucci dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che
spiegava che non avrebbero approfondito perché erano in attesa della
caratterizzazione dei rifiuti, se fosse stata conforme e se, una volta
rinterrate le buche, trattava di rifiuti tossici, la ricerca si sarebbe sospesa.
I 700.000 euro erano solo per la vasca S0. In quell'occasione ho fatto la
domanda al dottor Marcucci. Nel giugno dello stesso anno c'è stata l'audizione
di Achille Cester, ingegnere ex dirigente della discarica di Borgo Montello, il
quale diceva che prima che arrivasse lui, quindi fino al 1996, lì avveniva di
tutto e i rifiuti venivano tritati, quindi secondo lui non si sarebbe trovato
nulla. Il dottor Marcucci afferma che, se avesse dovuto nasconderli li
avrebbero messi nell'S1 e nell'S2 e ci avrebbe messo altri rifiuti sopra, come
effettivamente è successo. Il costo di questa operazione per lo Stato italiano
sarebbe stato di 10.000 euro per tutta la discarica, ma questa ricerca non è
stata fatta”.
“Per le procedure di richiesta
informazioni – ha aggiunto Libralato - ogni ente ha la propria. Al comune di
Latina si comunica normalmente tramite PEC. Entro i trenta giorni canonici,
rispondono e mettono a disposizione la documentazione. Così la provincia di
Latina, ma tramite modulistica. ARPA Lazio qualche volta mette a disposizione
la documentazione, qualche volta ci mette più tempo. Dalla regione non hanno
mai avuto risposta. La regione ha segretato i documenti relativi alle VIA,
compresi quelli di Indeco e Ecoambiente. Riguardo alla popolazione lì localizzata,
riguardava essenzialmente il podere la famiglia Piovesan, quindi circa 16
ettari. Per sette famiglie, sono circa venti persone, abitano proprio
dall'altra parte della discarica. L'impatto si estende anche ai ristoratori,
agli agricoltori. Un noto ristorante «Villa Patrizia», è a 800 metri. E la
scuola materna è a 800
metri. A 810 metri c’è la scuola elementare. Ci sono migliaia di persone. Borgo
Montello è a un chilometro e poco. La cantina sociale è a qualche centinaio di
metri. Le persone che sono qui [presenti in audizione] sono a dieci metri”.
Nel corso dell’attività d’inchiesta
la Commissione ha svolto un sopralluogo sul sito di Borgo Montello – area
gestita da Ecoambiente – nell’ottobre del 2014. Sono stati poi auditi i due
gestori, relativamente a temi d’interesse per l’inchiesta. Alcune questioni trattate
nel corso dell’audizione attengono strettamente all’approfondimento qui affrontato,
ovvero la presenza della criminalità organizzata nell’area della discarica e il
passato sversamento di rifiuti industriali, con le relative problematiche
ambientali.
Il 9 giugno 2016 sono stati auditi
Luca Giudetti, avvocato difensore di Ind.Eco S.r.l., l'avvocato Salvatore Pino,
difensore della Green Holding S.p.A., e Paolo Titta, responsabile dell'area legale
di Green Holding. L’audizione ha riguardato soprattutto una recente vicenda
giudiziaria, che ha portato al sequestro della discarica da parte del Gip di
Latina per il superamento delle quote di abbancamento. Oltre a questo tema, ai
rappresentanti della società è stato chiesto di esporre quanto a loro
conoscenza relativamente all’acquisto di terreni appartenenti – o comunque
riconducibili – a soggetti considerati contigui al clan dei Casalesi.
L’avvocato di Green Holding – gruppo che controlla oggi Ind.eco. Srl – ha
dichiarato: “In particolare, credo che si tratti semplicemente di una
circostanza (l’acquisto dei terreni della famiglia Schiavone per l’ampliamento
della discarica, ndr) che era già oggettivamente esistente. Se c'è una
questione da indagare, è quella di verificare come mai i terreni limitrofi alla
zona destinata a discarica fossero già di proprietà degli Schiavone, credo del
cugino dello Schiavone. La società si è limitata a dover prendere atto di
questa circostanza, che se anche suona sinistra, non può certo suonare sinistra
per la società: può suonare sinistra per il momento in cui questi terreni sono
stati acquistati da questi signori, ma non per il momento in cui la società li
va ad acquistare. Si tratta dei terreni limitrofi, quindi gli unici che
potessero consentire un ampliamento dell'area, o comunque un ampliamento della
zona di lavorazione”. Sul punto gli auditi non hanno aggiunto ulteriori
elementi.
Il 12 dicembre 2016 sono stati
auditi Stefano Gori, presidente di Ecoambiente, e Pierpaolo Lombardi,
amministratore delegato di Ecoambiente.
Stefano Gori ha inizialmente
illustrato la storia del sito di Borgo Montello:
“La discarica di Borgo Montello
nasce orientativamente – non si ha certezza matematica – nel 1971, quando
alcuni privati cominciano a sversare nell'area, quella che oggi è la discarica
di Borgo Montello, dei rifiuti. Da quel momento nasce il sito, che viene
identificato oggi ed è purtroppo conosciuto da tutti come S0 […] Questo sito a
ridosso del fiume Astura veniva usato bellamente per ricevere rifiuti
dall'alto. Era un dirupo: entravano i camion in retromarcia e sversavano
rifiuti verso il fiume, questo all'inizio degli anni Settanta, senza nessun
tipo di protezione, né superficiale né di altro tipo.
Questo andò avanti fino a 1986, anno
di chiusura del sito S0. Questa S0 è stata gestita da privati, ma negli ultimi
anni, come vi ha anche detto nell'audizione del 13 ottobre scorso il
rappresentante dell'ARPA, direttamente dal comune di Latina. Nel 1986, questo
sito chiude. Perché sottolineo queste date? Ecoambiente diventa operativa
all'interno del sito di Borgo Montello nel 2000 e viene costituita nel 1998 a
seguito di una sorta di disastro ambientale che si verifica nel 1997, quando il
gestore dell'allora sito di Borgo Montello fallisce (fallimento Ecomont, ben
conosciuto) e di fatto abbandona l'area. Di questo ci si accorge forse un po’
in ritardo e dopo qualche settimana, anche dopo qualche mese, si aprono i
cancelli con le cesoie, si rompono proprio le catene – lì era chiuso – e si
trova la situazione che vedete nelle carte che vi abbiamo distribuito,
nell'ultimo foglio. L'ultimo foglio che vedete sono le foto, le immagini del
sito di Borgo Montello in quella data, nel 1997: invasi S1, S2, S3. Le vasche
sono completamente piene di percolato, che non veniva emunto da mesi, perché
tra l'altro l'ENEL aveva staccato la corrente, quindi le pompe non funzionavano
più. Il percolato tracimava sui terreni circostanti e all'interno del fiume
Astura. Nel 1997, trovata questa situazione, interviene immediatamente la
regione Lazio con 1,5 miliardi di vecchie lire per emungere immediatamente il
percolato che stava tracimando. Si fanno altri interventi nel frattempo, ma si
capisce immediatamente che c'è una situazione veramente di disastro e si
calcola che l'intervento supera i 10 miliardi delle vecchie lire. Non essendoci
più riferimenti perché la Ecomont era fallita, la cosa andava in capo al comune
di Latina, l'ente territoriale di riferimento. In quel momento, il comune era
sull'orlo del dissesto finanziario per altre vicende. Su iniziativa del comune
nasce Ecoambiente. Tramite la propria controllata, che faceva il servizio di
raccolta dei rifiuti, facendo una joint
venture con un privato che si occupava di gestione di discariche, costituisce
la Ecoambiente. La mission di
Ecoambiente – adesso veniamo a noi – è questa: bonificate queste S1, S2, S3 […]
continuare a gestire l'area; negli spazi che si trovano a seguito della
bonifica, continuare a gestire ulteriori volumetrie, ma facendosi carico dei 10
miliardi di vecchie lire per rimettere in sicurezza l'rea. I 10 miliardi sono
diventati poi quasi 12 a carico di Ecoambiente. È stato fatto un intervento di
messa in sicurezza particolarmente importante. Questa è la mission di
Ecoambiente, che porta avanti dal 1998 a oggi. Ci tengo a dire che Ecoambiente
oltretutto ha smaltito in quel sito 12.000, forse qualcosa di più, metri cubi
di percolato. C'era, infatti, percolato da mesi e mesi che si accumulava. Da
quel momento, Ecoambiente è diventata soggetto interessato dell'area, ma non
responsabile, perché tutto quello che era avvenuto prima, cioè lo spargimento
di percolato, la S0 senza impermeabilizzazione, erano tutti accadimenti
avvenuti addirittura prima della nascita di Ecoambiente.
Comunicazioni di vario tipo
individuano Ecoambiente come una delle responsabili dell'inquinamento di Borgo
Montello, ma questo proprio non è possibile nei fatti, le date non coincidono.
Capisco che qualcuno, non conoscendo bene la situazione, è uno dei motivi per
cui siamo qua, non riesce a far coincidere bene le date”.
Relativamente agli interventi di
bonifica attualmente in corso è intervenuto Pierpaolo Lombardi, amministratore
delegato di Ecoambiente: “L'intervento che è stato eseguito nel 2000 sui vecchi
bacini S1, S2 e S3 deve essere essenzialmente una messa in sicurezza
definitiva, cioè un confinamento della fonte di contaminazione, allora
identificata in S1, S2 e S3. Su questi sono stati realizzati nuovi bacini di
discarica, impermeabilizzati a norma di legge. Su questo è continuata
l'attività di Ecoambiente di smaltimento dei rifiuti per circa un milione di
metri cubi, dal 2001 fino all'ottobre 2009, su tutta l'area del lotto che
adesso definiamo lotto A per distinguerlo dall'altro lotto, B”.
Rispetto all’intervento eseguito nel
2000 va ricordato che è attualmente pendente davanti al tribunale di Latina un
procedimento penale nei confronti dei passati amministratori di Ecoambiente per
avvelenamento delle acque: infatti il 15 dicembre 2014 il giudice dell’udienza
preliminare ha emesso il decreto che dispone il giudizio[2]
per il delitto di cui all’articolo 440 del codice penale a carico di Bruno
Landi, Vincenzo Rondoni e Nicola Colucci (proc. pen. n. 849/2005 r.g.n.r.); il nucleo
dell’accusa consiste nell’”omesso controllo circa la sicurezza degli invasi
denominati S1, S2, S3 e S0”, la “mancata esecuzione di opere di
impermeabilizzazione di detti impianti”, benché le carenze strutturali fossero
note da tempo (in forza di studi ENEA del 1995-96, di ordinanza del sindaco di
Latina del 18 agosto 1998, di plurime comunicazioni dell’ARPA Lazio); con la
conseguente produzione di “reiterati fenomeni di fuoriuscita del percolato dai
siti indicati, percolato contenente tra l’altro sostanze pericolose quali
piombo, rame e zinco”, con la conseguenza di adulterare le acque di falda poste
in prossimità del sito “rendendole pericolose per la salute pubblica”.
L’ipotesi dell’accusa – supportata
da una perizia disposta dal giudice dell’udienza preliminare che verrà
analizzata in seguito – è che, nonostante gli interventi di messa in sicurezza
dell’area S1, S2 e S3, sia avvenuta una contaminazione della falda, ascrivibile
all’area gestita da Ecoambiente.
Su questo specifico punto prosegue
Pierpaolo Lombardi: “Ci tengo a dire che è una messa in sicurezza definitiva.
In 25 anni, dal 1971 fino al 1997, in pratica di abbandono, di conferimento
incontrollato dei rifiuti, tutto il percolato e tutto il biogas non idoneamente
recuperato e trattato, hanno contaminato le matrici ambientali, tra cui il
terreno, le acque di falda profonde e le acque superficiali. Lì vicino,
infatti, c'è il fiume Astura.
È ovvio che abbiamo bloccato la
fonte di contaminazione, ma tutto quello che nel frattempo si era allontanato
da quell'area era lì. Su questo attualmente stiamo intervenendo. A valle di
questa verifica effettuata dall'ARPA nel 2005, in cui è stata verificata questa
residua contaminazione esterna all'area dei bacini di discarica, è stato
avviato un monitoraggio da parte di ARPA, durato un ulteriore decennio, per
appunto verificare l'evoluzione della contaminazione all'interno dell'area […]
Abbiamo realizzato la messa in
sicurezza definitiva, dopodiché, nel 2005, è stata rilevata una contaminazione
residua esterna a questi invasi, e pertanto è partito un secondo procedimento
di bonifica, che è stato accolto da Ecoambiente, come diceva il presidente
Gori, come soggetto interessato. Come soggetto interessato, abbiamo proposto un
secondo intervento di bonifica, successivo alla messa in sicurezza definitiva
iniziale, che prevede l'immissione di reagenti in falda direttamente
all'interno della falda, utilizzando i piezometri esistenti nell'area di Borgo
Montello.
Tra quelli realizzati da ARPA,
direttamente da noi e da Indeco, ci sono 44 piezometri in tutta l'area di Borgo
Montello. Il progetto, presentato nel 2006 – è stata fatta l'analisi di
rischio, le caratterizzazione classiche, le procedure propedeutiche
all'elaborazione di un progetto di bonifica – è stato elaborato da Ecoambiente
ed è stato approvato dal comune, dalla provincia, dalla regione, dall'ARPA e
dall'ASL di Latina, ed è stato avviato nel 2009, quando si sono avviate
essenzialmente le attività di verifica di laboratorio e di verifica di campo,
appunto per verificare il processo sito-specifico.
Il periodo di tempo della verifica,
di tre anni, ha portato una piccola variazione di questo progetto, variante non
sostanziale, essenzialmente sull'utilizzo di un determinato reagente […] Dopo
quest'approvazione a gennaio 2014, a maggio 2014, l'Ecoambiente ha avviato
queste attività di immissione, inizialmente su un numero di otto hotspot, ossia otto punti critici
individuati, su cui si è agito direttamente; successivamente, su qualsiasi
piezometro della rete piezometrica presente all'interno dell'area che
risultasse con una concentrazione delle soglie di contaminazione superiore a
quella di legge.
Di questi iniziali otto hotspot ne sono rimasti tre, ossia la situazione è
migliorata notevolmente, non solo in quelle aree, ma anche in tutte le altre
aree. Non si evidenziano, infatti, cosiddetti effetti rebounding,
ossia non c'è all'interno di quel piezometro un ritorno della contaminazione
che superi nuovamente la concentrazione di soglia di contaminazione”.
Relativamente al citato procedimento
penale in corso davanti al tribunale di Latina l’amministratore delegato
Pierpaolo Lombardi ha esposto il punto di vista dell’azienda: “Hanno avuto
un'udienza a ottobre di quest'anno, ed è stato rinviato il tutto al 17 aprile.
Stanno andando avanti. Vedremo. Quanto alla perizia Munari, la conosco bene.
Alla perizia Munari abbiamo risposto con una nostra controperizia. Ve ne faccio
avere copia. Secondo noi, c'è una serie di elementi non considerati
correttamente”.
Infine Lombardi ha citato la richiesta
di autorizzazione per l’ampliamento della discarica presentata alla regione
Lazio: “Siamo in attesa di un'autorizzazione in fase abbastanza avanzata. È una
sopraelevazione, che vedete sulla cartina, il lotto B, di ulteriori 400.000
metri cubi, tra l'altro previsti e inseriti nella determina n. 199 della giunta
regionale sul fabbisogno della regione Lazio. Viene inserita tra le
possibilità, ma non è ancora autorizzata, perché ha ancora bisogno di alcuni
passaggi dal punto di vista strutturale”.
Le due società non hanno mai fatto
riferimento, nel corso delle loro audizioni, alle problematiche relative alla
presenza di rifiuti industriali pericolosi negli invasi da loro gestiti.
La Commissione ha audito, l’11
luglio 2016, la dirigente dell'area ciclo integrato rifiuti della regione
Lazio, Flaminia Tosini, che sulla discarica di Borgo Montello ha reso le
dichiarazioni di seguito sintetizzate:
“Il tema di Borgo Montello, per quanto
concerne il mio ufficio, riguarda fondamentalmente due impianti di discarica
limitrofi l'uno all'altro, ossia la discarica di Indeco e la discarica di
Ecoambiente.
Le due discariche sono al momento
praticamente senza possibilità di ricezione rifiuti per esaurimento delle
volumetrie autorizzate.
La discarica di Indeco è una
discarica addirittura sequestrata dalla magistratura, al momento, perché nel
corso di verifiche è risultato che vi siano stati conferiti rifiuti per una
volumetria superiore a quella consentita, con un superamento delle quote finali
di abbancato dell'ordine di 4-5 metri rispetto alla media. Al momento, quindi,
la discarica è sequestrata e non abbiamo altre notizie in merito. Il
conferimento di rifiuti era già terminato dall'anno scorso rispetto ai volumi
che avevo monitorato, anche personalmente da quando ci sono io, ossia da un
anno e mezzo.
Per quanto riguarda, invece, l'altra
discarica anch'essa ha terminato le volumetrie consentite e al momento non sta
ricevendo rifiuti.
Questa situazione ha messo in
difficoltà l'ATO della provincia di Latina come destinazione finale degli
eventuali scarti che derivano dal trattamento dei rifiuti urbani.
Le due società avevano presentato,
già dall'anno scorso, una richiesta di valutazione di impatto ambientale per
l'ampliamento delle discariche in sopraelevazione e in ampliamento.
I procedimenti sono al momento fermi
presso l'ufficio VIA perché la regione Lazio mancava anche di una
programmazione adeguata; c'era un piano di rifiuti che indicava delle
volumetrie previste di gestione, ma che era rimasto fermo e non aveva avuto più
aggiornamenti legati a questo aspetto.
[Su Borgo Montello e le procedure
per la chiusura delle discariche] per quanto riguarda la discarica della
Indeco, quella sequestrata, è stato realizzato il capping provvisorio ancora
prima del sequestro. Quindi […] in questo momento la discarica è sequestrata,
ma il capping provvisorio, così come previsto dal n. 36, era stato già
realizzato in precedenza. L'altra società ha portato più a lungo le volumetrie
disponibili. Al momento sono ancora disponibili poche migliaia di tonnellate. È
questa più un'ipotesi, in attesa di verificare se la VIA uscirà o non uscirà.
Questa è una valutazione che dobbiamo fare, ma dipende fondamentalmente, oltre
che dal fabbisogno, come ho detto prima, anche dalla valutazione sul
procedimento di bonifica: sono aspetti collegati.
Per quanto riguarda la bonifica [di
Borgo Montello] in questo momento nel sito c'è una procedura di bonifica in
corso. Il sito perimetrato, come zona soggetta a bonifica, è quello che viene
chiamato S0 e ricade all'interno della discarica attualmente gestita da
Ecoambiente. All'epoca non c'era la Ecoambiente che gestiva: il sito è l'S0.
Per quello che mi risulta dalle
carte che ho letto – perché questo è precedente al mio arrivo – sono stati
fatti dei monitoraggi e delle verifiche su S0 che non hanno rilevato alcun tipo
di problema; anche alcune masse metalliche, che erano state trovate e riferite,
non hanno evidenziato questi problemi. Attualmente c'è uno studio fatto da
ISPRA ed ARPA contemporaneamente su questo sito per monitorare l'andamento
della contaminazione. Sono già sei anni che esiste questo studio. L'ultimo
aggiornamento risale ad ottobre 2014 e, praticamente, indica dati in
diminuzione rispetto all'inquinamento. Fondamentalmente si tratta di inquinanti
organici di cloro propano, che veniva misurato in questi pozzi. Al momento, non
solo non c'è stato un ampliamento della zona ma sono stati identificati
esattamente i livelli di flusso: laddove il fiume crea effettivamente una
barriera idraulica rispetto alla contaminazione, i valori di contaminazione si
sono mantenuti costanti o ridotti. Quindi, direi che la situazione è sotto controllo.
Tuttora c'è questo studio in piedi e di materiale radioattivo non c'è traccia
da nessuna parte. Ci sono solamente inquinanti organici. C'è una messa in
sicurezza operativa […]
Sulla questione dell’interramento di
rifiuti industriali a Borgo Montello non ne so nulla”.
[1] Giorgio Libralato al termine
dell’audizione ha depositato in Commissione un voluminoso dossier, con diversi
allegati, acquisito agli atti come Doc. n. 1095/1-6
[2] Il provvedimento è
stato acquisito dalla Commissione come Doc. n. 2437/2
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