Doc. XXIII
N. 32
COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)
Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017
_______________
Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1
6.2
Gli
incendi presso impianti di trattamento
e smaltimento dei rifiuti. In particolare: l’incendio della Eco X di
Pomezia
La Commissione si è occupata in particolare
dell’incendio, ampiamente pubblicizzato sulla stampa, all’impianto per il
trattamento e lo stoccaggio di rifiuti della società, Eco X di Pomezia,
verificatosi il 5 maggio 2017.
A tal fine, il 29 maggio sono stati ascoltati il direttore generale di ARPA Lazio, Marco Lupo; il procuratore della Repubblica presso il
tribunale di Velletri, Francesco Prete, accompagnato dal sostituto
procuratore Luigi Paoletti, e il capitano
del NOE Carabinieri di Roma, Marco Cavallo.
Con missione del 30 maggio a Pomezia, la Commissione
procedeva ad un sopralluogo dell’area oggetto dell’incendio e ascoltava Fabio
Fucci, sindaco di Pomezia, Angelo Pizzoli, comandante della polizia locale di Pomezia; Narciso
Mostarda, direttore generale dell’ASL 6, accompagnato da Mariano Sigismondi,
direttore del dipartimento prevenzione, e da Marco Valentini, dirigente chimico
del dipartimento prevenzione;
Manuela Manetti, direttore della direzione regionale territorio,
urbanistica e mobilità della regione Lazio, accompagnata da Gianfrancesco
Gianni, dirigente della direzione regionale territorio, urbanistica e mobilità
della regione Lazio, Mauro Lasagna, direttore della direzione regionale risorse
idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio, e Flaminia Tosini,
dirigente della direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti
della regione Lazio; Marco
Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco, accompagnato da Luigi
Liolli, responsabile della sala operativa e del coordinamento soccorso dei
Vigili del fuoco di Roma,
nonché Antonio Buongiovanni, socio unico e amministratore unico di Ecoservizi
per l’ambiente S.r.l., e Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di
Ecoservizi per l’ambiente S.r.l. .
Come
risulta da un primo appunto del NOE Carabinieri[1]
“in data 5 maggio 2017 verso le ore 08.10/08.15 si sviluppava un imponente
incendio presso l'impresa Eco Servizi per l'ambiente S.r.l», sita in Pomezia
via Pontina Vecchia 33+300 mentre l'impianto era operativo e vi erano operai
intenti a caricare e scaricare materiale nel piazzale. Vano il tentativo degli
operai con gli estintori di domare le fiamme che richiedevano l'intervento dei
VV.FF. Sebbene le operazioni di spegnimento siano proseguite incessantemente
h/24 ancora oggi non sono terminate e verosimilmente proseguiranno per qualche
giorno per mettere completamente in sicurezza l'area. Non si sono registrati
feriti da parte del personale dell'impresa. Intervenivano sul posto altresì Carabinieri
della Stazione CC di Pomezia e personale del NOE di Roma che provvedevano a
raccogliere le testimonianze dei dipendenti della ditta, personale dell'ARPA
Lazio - Sez. di Roma che installava una centralina i cui dati non sono ancora
disponibili, inoltre venivano diffusi i dati delle centraline mobili già
presenti nei territori limitrofi, sempre di ARPA, che non rilevavano variazioni
sulla qualità dell'aria.
Si
tratta di un impianto di trattamento rifiuti speciali non pericolosi (plastica,
carta, legno materiali da demolizione ecc) con autorizzazione regionale ed una
capacità annua di 85.000 tonnellate. Si estende su circa 20.000 mq ove
insistono due capannoni industriali e una zona uffici.
Allo
stato non ci sono motivi di ritenere l'incendio di natura dolosa, ma non si
esclude nessuna ipotesi, ed in data odierna la struttura è stata interamente
sottoposta a sequestro probatorio da parte del NOE, sebbene le operazioni di
spegnimento siano ancora in corso, al fine di preservare – nei limiti - la
scena del crimine per gli accertamenti tecnici che disporrà la procura della
Repubblica di Velletri, affidandolo in custodia all'Amministratore Unico.”
In
proposito la Commissione ha svolto diretti accertamenti sulla struttura della
società, i cui esiti di seguito si riportano[2]:
“La "ECO X S.r.l.",
proprietaria dell'impianto in parola, costituita in data 07/01/2002 ed iscritta
alla C.C.I.A.A. in data 06/03/2002, con sede in Roma, Via Taranto 3 (C.F.
06871211006), esercente l'attività di spazzatura, raccolta, trattamento,
recupero e trasformazione di rifiuti, ha un capitale sociale di euro 119.000,
le cui quote sono detenute interamente da tale FRAIOLI Maurizio.
Le quote societarie
dell'impresa in argomento sono giunte al predetto FRAIOLI attraverso un atto di
compravendita - datato 02/10/2015 - mediante il quale predetto FRAIOLI ha
acquistato la proprietà dell'azienda da tale CIRINCIONE Mario (socio unico
dall'11/09/2014 al 02/10/2015); quest'ultimo, a sua volta, aveva acquistato -
atto di compravendita datato 08/09/2014 - la totalità delle quote societarie da
tale GUGLIELMINO Marcello (socio unico dal 05/05/2011 all'11/09/2014).
L'Amministrazione della società è affidata a SODDU
Fabio Antonio, amministratore unico.
Gli amministratori succedutisi nel tempo sono stati:
- BOFFI Marco6, dal 06/03/2002 al 22/12/2003;
- GUGLIELMINO Marcello, s.m.g., dal 22/12/2003 al
15/10/2010;
- SODDU Fabio Antonio, s.m.g., dal 15/10/2010.
Il soggetto economico in parola non annovera
partecipazioni in altre società.
Per completezza si segnala che la società in
argomento:
a. è proprietaria dell'impianto di rifiuti speciali
pericolosi e non sito in Pomezia, via Pontina Vecchia - km 33 + 381, dalla
stessa gestito fino al 2014;
b. in ragione della gestione di detto impianto, è
stata titolare dell'autorizzazione all'esercizio rilasciata dalla regione Lazio
con determinazione B2232 del 21/04/2010, a firma del Direttore del Dipartimento
del Territorio pro tempore, dott. Raniero De Filippis;
c. in data 17/02/2014,
con atto del notaio De Angelis di Roma (repertorio 3857/1649 registrato al n.
4145, serie 1T del 18/02/2014) ha ceduto in locazione il ramo d'azienda,
compreso l'impianto di rifiuti speciali pericolosi e non sito in Pomezia, alla "ECO
SERVIZI PER L'AMBIENTE S.r.l." (vedi infra);
d. ha subito una serie di interventi/accertamenti
da parte della Guardia di finanza. In particolare:
(1) negli anni 2004 e 2005, il II Gruppo di Napoli,
in 2 distinte operazioni di servizio, ha sequestrato, negli spazi doganali del
porto campano, complessivamente 22 container contenti quasi 5.000 tonnellate di
rifiuti speciali (ritagli, cascami e avanzi di materie plastiche), denunciando
GUGLIELMINO Marcello, nella sua qualità di amministratore della società, per
traffico illecito di rifiuti (violazione all'articolo 53 decreto legislativo n.
22 del 1997);
(2) nel 2011, la Compagnia di Pomezia ha denunciato
GUGLIELMINO Marcello, nella sua qualità di amministratore della società, per
utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e indebita deduzione di elementi
negativi di reddito (violazione agli articoli 2 e 4 del decreto legislativo
74/2000);
(3) nel 2013, la Compagnia di Pomezia ha denunciato
SODDU Fabio Antonio, nella sua qualità di amministratore della società, per
omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno 2010
(violazione all'articolo 5 del decreto legislativo 74/2000) e GUGLIELMINO
Salvatore (vedi infra), nella sua qualità di amministratore di fatto della
società, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi relativa
all'anno 2010 e per presentazione di dichiarazione infedele per gli anni 2009,
2008, 2007 e 2006 (violazione agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo
74/2000).
2. La "ECO SERVIZI
PER L'AMBIENTE S.r.l.", gerente dell'impianto in parola, costituita in
data 20/01/2014 ed iscritta alla C.C.I.A.A. in data 27/01/2014, con sede in
Pomezia (RM), via Pontina Vecchia - km 33 + 381 (C.F. 12700011005), esercente
l'attività di spazzatura, raccolta, trattamento, recupero e trasformazione di
rifiuti, ha un capitale sociale di euro 40.000, le cui quote sono detenute
interamente da tale BUONGIOVANNI Antonio.
[…]
Le quote societarie dell'impresa in argomento sono
giunte al predetto BUONGIOVANNI attraverso due atti di compravendita, in virtù
dei quali quest'ultimo:
- in data 05/03/2015, ha acquistato quote sociali
da tale ROMANO Vincenzo, per un valore di euro 20.000, e da tale CAMPION
Pamela, per un valore di euro 8.000;
- in data 14/05/2005, ha acquistato quote sociali
da tale PALMIERI Mario Maurizio, per un valore di euro 12.000.
L'Amministrazione della società è affidata a:
- BUONGIOVANNI Antonio, s.m.g., amministratore
unico;
- GUGLIELMINO Salvatore (vedi sopra), procuratore
speciale.
Per completezza si segnala che la società in
argomento:
a) in data 17/02/2014, con atto del notaio De
Angelis di Roma (repertorio 3857/1649 registrato al n. 4145, serie 1T del
18/02/2014) ha preso in locazione dalla "ECO X S.r.l." (vedi sopra)
il ramo d'azienda, compreso l'impianto di rifiuti speciali pericolosi e non
sito in Pomezia, via Pontina Vecchia - km 33 + 381;
b) in ragione dell'affitto di ramo d'azienda ed ai
fini della gestione di detto impianto, ha richiesto ed ottenuto la voltura
dell'autorizzazione all'esercizio giusta determinazione G14725 datata
17/10/2014 rilasciata dalla regione Lazio, a firma del Direttore del Dipartimento
del Territorio pro tempore, arch. Manuela Manetti”.
Le
indagini della Commissione si sono indirizzate su diversi filoni che appare
opportuno, per chiarezza, tenere distinti.
Le cause dirette dell’incendio
Nella sua audizione del 24 maggio
2017, il procuratore della Repubblica di Velletri ha evidenziato di avere in
corso indagini per tre ipotesi di reato: “la prima è quella di incendio, che
per il momento è stato iscritto nella sua natura colposa; la seconda è quella
dell'inquinamento ambientale, che è stata iscritta nella sua connotazione
colposa; la terza è un reato doloso, che noi abbiamo ritenuto di configurare
nell'omissione di cautele idonee a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”.
Lo
stesso procuratore, quanto alle cause dell’incendio, ha precisato che esso si è
generato alle 8.05 del 5 maggio 2017, in una zona esterna del capannone, non
coperta da telecamere e non interessata dal passaggio di fili elettrici, da un
cumulo di macerie da cui, secondo le testimonianze degli operai, c'è stato l'innesco, evidenziando, comunque,
di non escludere come possibile pista investigativa la matrice dolosa, anche se
le prospettive di giungere a un accertamento positivo “sulla genesi, sulle
cause e sul punto di innesco dell'incendio paiono piuttosto remote, non fosse
altro perché è andato tutto completamente a fuoco e probabilmente anche ciò che
ha costituito lo stesso fattore di innesco[…] I rifiuti erano in gran parte
costituiti da materie plastiche e da altro materiale di scarto di facile
combustione. D'altra parte, il repentino propagarsi delle fiamme testimonia
esattamente il fatto che la natura del materiale ha favorito la propagazione
dell'incendio”.
A
questo proposito, sembra rilevante riportare anche l’affermazione secondo cui
presso la società Eco X “vi era un sistema di accatastamento dei rifiuti oserei
dire – preferisco parlare in termini prudenti – non conforme
all'autorizzazione, ma che in realtà poteva e si può tuttora evincere e
valutare dall'osservazione delle foto scattate da Google, quindi dal satellite.
Le foto ci offrono la misura di come questi enormi cumuli di rifiuti fossero
accantonati non solo all'interno dei capannoni, ma anche all'esterno degli
stessi. Questo accumulo scriteriato di materiale di facile combustione ha
facilitato la propagazione delle fiamme. Vorrei fornire un dato sull'aspetto
ponderale dei rifiuti, ossia sulla quantità. La società era autorizzata a uno
stoccaggio istantaneo di 3.200 tonnellate. Dall'osservazione fatta dai
competenti organi e dall'analisi del MUD fatto dai carabinieri, nonché dai
registri di carico e scarico i carabinieri del NOE hanno potuto ricostruire che
al 31 marzo 2017, a fronte delle 3.200 tonnellate che avrebbero dovuto
costituire il limite massimo di stoccaggio istantaneo, ve n'erano 8.413.
Naturalmente, questo ha determinato un aumento – vorrei dire corposo,
esponenziale – del rischio di propagazione, che poi è diventato evento.”
In
sostanza, quindi, l’innesco ed il propagarsi violento dell’incendio è
attribuibile anche alla violazione delle prescrizioni autorizzative circa la
quantità di rifiuti da stoccare, che è risultata essere quasi il triplo del
dovuto.
In
particolare, come evidenziato da Marco
Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco, nella sua audizione
durante la missione del 30 maggio 2017, c’era un notevole “sovraccarico”, di
gran lunga superiore anche al carico ammesso dalle prescrizioni provvisorie per
la prevenzione incendi; aggiungendo che “in una struttura del genere, poi, è
fondamentale il rispetto anche dell’ordine dal punto di vista della
distribuzione del materiale, delle vie di percorrenza e delle vie di fuga, ma
anche dal punto di vista della possibilità stessa di attacco all’eventuale principio
di incendio. La sensazione, al di là di essere comunque arrivati obiettivamente
con un incendio sviluppato completamente e in forma generalizzata, era che,
comunque, questo ordine comunque iniziale di presupposto non ci fosse. Questo
ha reso anche più difficile, al di là dell’essere sottovento o sopravento o di
porsi nella posizione adeguata per attaccare l’incendio, l’intervento, nel
senso che ha reso assolutamente perimetrale la possibilità di una prolungata
prima azione. Questo è accaduto dal punto di vista dell’organizzazione del sito
e del lavoro, pur essendo arrivati in una situazione di parziale turbativa
dell’area”.
Sull’argomento si pronunciava anche Salvatore
Guglielmino, procuratore speciale di Ecoservizi per l’ambiente srl., audito, in presenza del suo
difensore, durante la missione del 30 maggio 2017, il quale esprimeva
l’opinione la causa dell’incendio fosse da attribuire ad un corto circuito, in
quanto “nel momento in cui hanno messo in funzione il gruppo elettrogeno (due
da 1000 chilowatt cadauno), qualcosa è andato a fuoco. Alle otto meno un quarto
di mattina è partito questo fuoco. Un po’ per il ritardo dei pompieri, un po’
per gli operai, che, anziché aiutare, creavano confusione, è andato a fuoco
questo magazzino”.
L’autorizzazione data alla Eco X e
le relative vicende societarie
Nel
corso delle indagini, la Commissione riteneva di approfondire le vicende
relative all’autorizzazione rilasciata alla Eco X con le relative modifiche
societarie, già evidenziate nella citata nota della Guardia di finanza.
In
proposito, Marco Lupo, direttore
generale di ARPA Lazio,
nell’audizione del 24 maggio 2017 precisava che si trattava di “un impianto che
raccoglieva soprattutto imballaggi, soprattutto da centri commerciali. È un
impianto che non è che facesse operazioni industriali particolarmente
importanti. Si faceva una selezione manuale: si separava la plastica dal legno,
dalla carta. Si trattava, più che altro, di un lavoro di selezione manuale. Di
trattamenti meccanici certamente c'era solo quello della plastica, nel senso
che questa veniva pressata per ridurne la volumetria. In alcuni casi veniva
triturata in mulini, sempre a fini di riduzione volumetrica, dopodiché questo
materiale veniva recuperato, o mandato in altri impianti di recupero, oppure
mandato in altri impianti di smaltimento. Fondamentalmente, nel sito si
svolgeva un'attività di selezione manuale, quindi non era un impianto
complesso…”, e pertanto si trattava
di impianto con autorizzazione ordinaria ex articolo 208 TUA per la capacità
complessiva annua di 85.000 tonnellate per rifiuti sia pericolosi, sia non
pericolosi, aggiungendo che “successivamente, con una determina del 2014, è
stata modificata la proprietà, cioè la ragione sociale, che è passata da Eco X
a Ecoservizi Srl. Successivamente, il 23 febbraio 2015, è stata fatta una
modifica non sostanziale dell'autorizzazione: a parità di capacità complessiva,
cioè 85.000 tonnellate annue, è stata ridotta la capacità di pericolosi di
mille e, in modo correlato, è stata aumentata quella di non pericolosi, sempre
di mille, in modo che la capacità rimanesse di 85.000 tonnellate. Io ho dato
una occhiata a tutti i codici e mi pare che questa modifica abbia eliminato, di
fatto, tutti i codici pericolosi: batterie a piombo, batterie a nichel,
batterie contenenti mercurio, elettroliti di batterie, accumulatori, sono stati
eliminati come codici. È chiaro che rimangono i codici a specchio. Voi
conoscete tutta la questione dei codici a specchio. Ci sono rifiuti pericolosi
per natura, poi ci sono i rifiuti che non sono pericolosi per natura ma che, a
seconda delle sostanze che contengono, possono assumere la veste di pericolosi
o di non pericolosi: di codici a specchio ce n'erano parecchi”.
Queste
affermazioni venivano confermate in audizione anche dal procuratore della
Repubblica di Velletri, il quale precisava che “la società titolare
dell'autorizzazione, rilasciata il 15 marzo 2010, è la Eco X, che è la
proprietaria del terreno e dei muri. La società Eco X era amministrata ed è
amministrata da Soddu Fabio. L'originaria autorizzazione prevedeva un limite di
stoccaggio di 3.200 tonnellate e un limite massimo di rifiuti di 85.000
tonnellate annue. Nel 2014 subentra l'Eco Servizi per l'Ambiente, la società
che è tuttora titolare dell'autorizzazione e che gestisce l'impianto. L'Eco
Servizi per l'Ambiente, in virtù di un contratto di cessione di ramo d'azienda,
acquisisce l'autorizzazione e la regione Lazio, con delibera del 2014, voltura
l'autorizzazione da Eco X a Eco Servizi per l'Ambiente […] Nel 2015 l'Eco
Servizi per l'Ambiente fa istanza, allegando una perizia di variante non
sostanziale, alla regione per modificare i limiti soprattutto qualitativi.
Fermo restando il limite delle 85.000 tonnellate annue, la società chiede e
ottiene di non trattare più i rifiuti pericolosi per i quali era
originariamente autorizzata e di scomputare quelle 1.000 tonnellate annue di
rifiuti pericolosi come rifiuti non pericolosi. Sicché si azzera
l'autorizzazione per i rifiuti pericolosi e si incrementa, sia pur di poco,
quella per i rifiuti non pericolosi. Succede nel 2011 un ultimo fatto che può
costituire elemento di valutazione. Si avvia una procedura esecutiva attivata
da una società finanziaria che aveva erogato un mutuo e da un'altra società,
BMW finanziaria – immagino – per la vendita di autoveicoli. In pendenza della
procedura esecutiva, pur essendo stati pignorati i beni, il giudice
dell'esecuzione autorizza la società Eco Servizi per l'Ambiente a proseguire
l'attività, addossandole nei confronti della procedura un debito di 240.000
euro annui che la società avrebbe dovuto versare alla procedura per estinguere,
o quantomeno limitare, l'entità dei crediti. In base alle notizie che abbiamo
non è mai stato versato neppure un euro alla procedura esecutiva, che pare
fosse – così ci è stato riferito – all'oscuro della cessione di ramo d'azienda.
Era convinta, quindi, di dover trattare ancora con Eco X ed è venuta a sapere
poi che la società che era subentrata era l'Eco Servizi per l'Ambiente”.
In
proposito, durante l’audizione del rappresentanti della procura di Velletri, la
Commissione chiedeva chiarimenti circa le vicende dell’autorizzazione e le
fideiussioni ad essa relative, con particolare riferimento ad alcuni personaggi
già implicati in vicende relative ad illeciti nel settore dei rifiuti e ad
alcune incongruenze chiaramente rilevabili nei vari passaggi societari.
I
riferimenti erano alle fideiussioni della City Insurance; a una perizia firmata
dall'ingegner Fabiani, che è amministratore anche della Pellini S.r.l;
all’acquirente Maurizio Fraioli (che avrebbe acquistato l’azienda per soli
seimila euro, risultando di professione maître
o barman; al dichiarato procuratore generale, Salvatore Guglielmino di Catania,
mentre un altro Marcello Guglielmino, sempre di Catania, era l'originario
proprietario di Eco X nel 2002; al precedente titolare di Eco Servizi per
l'Ambiente, certo Vincenzo Romano, che aveva 14 società campane, tutte poi
finite in liquidazione; all’intervento della Guardia di finanza che ad Avezzano
il 13 gennaio 2015 aveva bloccato dei camion con 27 tonnellate di rifiuti, il
cui trasportatore era Caturano Autotrasporti di Caserta, ma i camion
trasportavano rifiuti per conto di Eco X, e tra questi rifiuti c'erano rifiuti
ospedalieri”
Questioni
rilevanti, alle quali rispondeva brevemente ma significativamente Luigi
Paoletti, sostituto
procuratore presso il tribunale di Velletri, titolare delle indagini, il quale ammetteva che “sono dati
corretti, che la procura ha acquisito e sta acquisendo. Le vicende societarie
[…] dell'Eco X e dell'Eco Servizi per l'Ambiente sono sotto attento vaglio
della procura perché, indubbiamente, ci sono degli aspetti meritevoli di
approfondimento circa le operazioni poste in essere fra le due società e anche
in merito alle posizioni soggettive e ai personaggi citati. Su questi aspetti
l'indagine è, ovviamente, in una fase iniziale, ma è – per così dire – viva e
sta affrontando anche tutte le questioni evidenziate sotto il profilo – ripeto
– oggettivo e soggettivo.”
Resta
solo da aggiungere che le vicende societarie sono state oggetto di diverse
domande rivolte dalla Commissione a Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di
Ecoservizi per l’ambiente srl.
audito, in presenza del suo difensore, il 30 maggio 2017, il quale ha fornito
una versione piuttosto confusa e, in parte contraddittoria, confermando,
tuttavia, che tali vicende erano dovute a difficoltà finanziarie e che
l’azienda commerciava con altre società e personaggi coinvolte in attività
criminose nel settore della gestione dei rifiuti.
Infine, a proposito di queste
vicende societarie, si evidenzia che Antonio Buongiovanni, socio unico e
amministratore unico di Ecoservizi per l’ambiente S.r.l., convocato durante la
missione del 30 maggio 2017, nella sua qualità di indagato per i fatti di cui
la Commissione si stava contestualmente occupando, si è avvalso della facoltà
di non rispondere.
I controlli
Strettamente
collegata alle vicende autorizzative appare la problematica dei controlli.
Quanto al comune, Fabio
Fucci, sindaco di Pomezia,
ascoltato nel corso della missione, precisava che le competenze del comune in
proposito riguardano solo la materia urbanistica e, richiesto circa la posizione
dell’Eco X come industria insalubre ai sensi dell’articolo 216 T.U. LL.SS del
1934, rispondeva di non aver trovato, negli incartamenti, un particolare
riferimento alla normativa riguardo a questo tipo di attività.
Dal
canto suo, Marco Lupo, direttore
generale di ARPA Lazio,
nell’audizione del 24 maggio 2017, ricordava che “per quanto riguarda i
controlli, certamente diamo una maggiore importanza agli impianti in
autorizzazione integrata ambientale, non solo perché sono più importanti ma
anche perché facciamo in via esclusiva il controllo. Viceversa, per gli
impianti ex
articolo 208, ma anche per quelli in semplificata, anche per quelli in AUA –
sono tanti gli impianti connessi al ciclo dei rifiuti, i soggetti che li
autorizzano e le tipologie – sarebbe una competenza precipua della provincia,
mi pare ai sensi dell’articolo 197 del 152. È chiaro che nella nostra attività
cerchiamo comunque di programmare dei controlli anche su questo tipo di
impianti: ne facciamo, ma teniamo conto che nella regione Lazio gli impianti
connessi al ciclo dei rifiuti, se ricomprendiamo sia quelli in AIA, sia quelli
in 208, sia quelli in semplificata, sia quelli in AUA, sono più di mille. È
chiaro che non si possono controllare, soprattutto quelli meno impattanti, con
troppa frequenza. Io ho fatto una verifica. Sono soltanto da due anni all'ARPA,
quindi insieme al dottor Ceradini, direttore della sezione di Roma, e
all'ingegnere Cintoli, il direttore tecnico, abbiamo verificato il pregresso.
Abbiamo verificato che tra la fine del 2013 e la fine del 2014 sono stati fatti
due controlli sugli scarichi, quindi in particolare acque di lavaggio,
dilavamento dei piazzali e scarichi anche di servizi igienici. I risultati sono
stati trasmessi a tutti gli enti e, comunque, non sono state rilevate
particolari anomalie. Ho verificato al protocollo che un controllo sull'impianto
era stato fatto, un po’ remoto, a fine 2011. L'impianto, evidentemente, era
ancora di «giovane autorizzazione» perché era stato autorizzato nel 2010,
quindi le quantità erano abbastanza limitate. Di questo controllo è stata data illo tempore – stiamo
parlando di molti anni fa – comunicazione alla regione e alla provincia, in
quanto la provincia è il soggetto competente all'irrogazione di eventuali
sanzioni amministrative per inosservanze di prescrizioni. Questo è il quadro in
estrema sintesi. In generale, quando lei mi chiede del personale, quello è un
discorso molto complesso, che voi conoscete benissimo, che avete fatto anche
diverse volte con me, quindi non lo sto a ripetere. È un problema
generalizzato. È un discorso sul controllo ambientale che credo vada fatto nel
suo complesso, soprattutto in considerazione del fatto che la legge n. 132 è in
fase di attuazione e pone degli obiettivi, in particolare quelli di rendere
omogenei i controlli a livello nazionale, o comunque rendere omogenei i livelli
di prestazione ambientale. È chiaro che questo discorso diventa teorico se non
si lavora poi sulle dotazioni umane e finanziarie. Questo, però, è un discorso
molto più complesso. Quanto alla tipologia di impianto e di controlli, anche
questo è un discorso molto interessante. Certamente si può sempre migliorare
nel programmare le attività di controllo, tenuto conto che, chiaramente,
l'attività di controllo, non potendo coprire il cento per cento degli impianti,
dovrebbe individuare quelli da controllare sulla base di criteri che siano
quanto più possibile indicatori di possibili problematiche. Si dovrebbe cercare
di fare il controllo nell'impianto che potrebbe avere più problematiche. Io
credo che nei sistemi, nei metodi di programmazione dei controlli, anche dal
punto di vista comunicativo, di coordinamento con altri enti, di scambio di
informazioni con tutti i soggetti che si occupano del settore, vadano fatti
certamente dei passi in avanti e si debba assolutamente migliorare”.
Quanto
alla ASL, la Commissione ha richiamato l’attenzione sulle competenze in tema di
sicurezza sul lavoro, visto che, in base alla relativa normativa, ogni azienda
deve presentare e conservare un DVR (documento valutazione dei rischi) che deve
contenere anche le norme antincendio e un piano di emergenza, nominando e
formando adeguatamente addetti antincendio.
In
proposito, Mariano Sigismondi, direttore del dipartimento prevenzione dell’ASL 6,
audito nel corso della missione del 30 maggio 2017, rispondeva che “non abbiamo agli atti il documento
di valutazione dei rischi: non l’ho visto e non ne ho evidenza”.
La
problematica dei controlli veniva ripresa, nel medesimo contesto, da Flaminia
Tosini, dirigente dell’area rifiuti della regione Lazio, la quale, evidenziava
che il certificato di prevenzione incendi non è condizione sine qua non per il
rilascio di un’autorizzazione all’impianto di rifiuti, che però va acquisito
come normalmente avviene per qualsiasi altra attività e qualsiasi permesso a
costruire. Nel caso della Eco X era, però, condizionato dalla presentazione di
una perizia giurata da parte del tecnico, che è stata presentata. E pertanto
“l’attività relativa alle polizze e alla documentazione presentata era coerente
ed esaustiva rispetto ai requisiti previsti. Non si prevedevano sopralluoghi o
altre verifiche, perché quelli si fanno solamente in caso di modifiche
sostanziali, e non era questo il caso”; aggiungendo che “per quanto riguarda,
invece, le attività di controllo effettuate sull’impianto, ci sono una serie di
controlli effettuati con pareri dell’ARPA anche relativi al piano di
monitoraggio e controllo. Successivamente si fa presente che l’articolo 210,
che ora è 208 nel testo del decreto n. 152, prevede che i controlli siano a
carico della provincia. Mentre per le AIA l’autorizzazione rimane in carico
alla regione, che effettua le verifiche tramite ARPA, per i 208 le attività
stanno in carico in questo caso alla città metropolitana. Non abbiamo avuto
nessun tipo di segnalazione né altro relativamente alla gestione di questo
impianto. Normalmente noi riceviamo dai sopralluoghi di ARPA segnalazioni di
inottemperanza oppure a volte ci sono casi di segnalazioni degli enti
competenti o anche di cittadini, ma su questo impianto non c’è stata nessuna
segnalazione agli atti della regione”.
Gli
esposti dei cittadini prima dell’incendio
La Commissione ha approfondito anche
la tematica, ampiamente riportata dalla stampa, relativa agli esposti di cittadini
e comitati contro l’azienda prima che si verificasse l’incendio.
L’argomento veniva trattato, in sede
di audizione da Marco Cavallo, capitano
del NOE di Roma, il quale
precisava che “il 4 novembre 2016 il comitato di quartiere Castagnetta-Cinque
Poderi – così si chiama – che ha una carta intestata, deposita al comune di
Pomezia, facendolo protocollare, un esposto diretto alla cortese attenzione del
sindaco del comune di Pomezia e al comandante della polizia locale di Pomezia.
A questo esposto allega anche delle fotografie. Il 22 dicembre la polizia
locale manda una nota diretta al NOE Carabinieri e all'ASL locale, chiedendo di
fare un sopralluogo congiunto e rimettendo un contatto telefonico all'interno
della stessa missiva per quanto riguardava tale sopralluogo congiunto: che cosa
chiedeva l'esponente a nome del comitato di quartiere? È molto semplice. Le
fotografie dicevano che c'erano questi rifiuti e che gli interessati temevano
la potenzialità di un incidente. Noi abbiamo dato disponibilità e abbiamo
contattato. Il 21 febbraio siamo andati a Pomezia (una squadra del NOE è andata
a Pomezia)”.
Tuttavia, a quel punto, la polizia
locale comunicava al NOE di avere in corso un sopralluogo per uno sversamento
illecito che riguardava un’altra azienda della zona; e, pertanto, non si dava
corso al programmato controllo sulla Eco X, che, peraltro, non veniva più
riproposto al NOE dalla polizia locale. Queste circostanze relative al dirottamento
delle indagini su altro sito senza più fissare una nuova data per i controlli
alla Eco X venivano integralmente confermate davanti alla Commissione da Angelo
Pizzoli, comandante della Polizia locale di Pomezia.
In particolare: la violazione della
normativa antincendio e l’inottemperanza alle prescrizioni dei Vigili del fuoco
Quanto
alle responsabilità per il propagarsi dell’incendio, il procuratore di Velletri,
nell’audizione del 24 maggio 2017 ha puntualizzato che “la società Eco Servizi
per l'Ambiente non aveva un impianto antincendio a norma. In particolare, non
aveva un certificato di prevenzione incendi e non aveva presentato una SCIA per
progettare le opere necessarie ad allestire un impianto antincendio. Inoltre,
non aveva un sistema idrico idoneo a consentire lo spegnimento delle fiamme.
Questo, al di là del fatto che lo si è potuto constatare in sede di
sopralluogo, l'abbiamo desunto anche da quanto riferitoci dai vigili del fuoco,
i quali sono stati costretti ad approvvigionarsi dell'acqua necessaria allo
spegnimento delle fiamme andando a circa due chilometri dal sito[3].
Come terzo elemento, non aveva muri di compartimentazione dell'impianto, sicché
le fiamme si sono potute liberamente sprigionare e propagare in tutti i due
ettari che rappresentano l'estensione del sito”, aggiungendo che “nel 2011 il
comando provinciale dei vigili del fuoco di Roma aveva effettuato una verifica
sull'impianto antincendio di questa società, rilevando le criticità che prima
ho ricordato. Il comando ha impartito delle prescrizioni alla società e poi,
all'esito del termine assegnato per – eventualmente – adeguarsi alle
prescrizioni, ha constatato che in effetti la società non si era affatto
adeguata alle medesime, pertanto il comando dei vigili del fuoco ha denunciato
l'amministratore unico della società alla procura della Repubblica di Velletri,
la quale ha definito il procedimento penale a suo carico con un decreto penale
di condanna. “
Nell’audizione
del 30 maggio 2017, Marco Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del
fuoco, richiesto di chiarimenti in proposito dalla Commissione, precisava che,
dopo la presentazione, nel 2004, di un primo progetto antincendio relativo a
un’attività di deposito carta, la società, nel 2008, presentava una ulteriore
documentazione a integrazione, cioè dichiarava “un’ulteriore attività, la n. 8,
che, nella sostanza, è costituita da officine meccaniche con lavorazioni a
caldo e che integra l’attività principale, ossia quella del 2004 che, dalla
presentazione del progetto, era appunto, come dicevo prima, di deposito carta.
Nel 2010, viene presentato un progetto un po’ più generale, che rivede alcuni
aspetti, nella parte variante e aggiornamento. Si prevedono l’attività n. 88, che
sarebbe di deposito di materiali vari fino a 4.000 metri quadrati di
superficie, e l’attività n. 18 per gli impianti fissi di distribuzione di
carburante nonché, per gruppi elettrogeni e deposito di liquido infiammabile,
quindi serbatoi, l’attività n. 15”.
La pratica seguiva il normale iter
delle procedure di prevenzione incendi, con la presentazione di un progetto,
seguita da una valutazione e un parere con indicazioni di opere da eseguire da
parte dei Vigili del fuoco “Dopodiché, è il titolare dell’attività che deve
rappresentare l’effettuazione dei lavori e procedere successivamente al
sopralluogo, da cui scaturisce la verifica della congruità tra il progetto e la
realtà esecutiva, quindi l’eventuale rilascio del certificato di prevenzione
incendi. Dopodiché, si passa direttamente all’attività di accertamento e di
controllo, ai sensi dell’articolo 19 del decreto n. 139.”
Nel caso in esame, il controllo,
eseguito il 13 dicembre 2011, dava esito negativo, con la contestazione di
alcune violazioni (quali assenza della rilevazione fumi e di
compartimentazioni) ed il conseguente rilascio di apposite prescrizioni, fra
cui l’obbligo di presentazione di una SCIA nonché, quale misura per
poter continuare l’attività,
l’ordine di attuare una riduzione del carico d’incendio,
limitandolo a 15 chilogrammi al metro quadro e indicando una tempistica per
adempiere alle mancanze e alle carenze verificate. Di queste prescrizioni il 20
dicembre 2011 veniva data comunicazione al comune di Pomezia e al prefetto di
Latina.
Scaduti i termini concessi,
all’esito di un successivo controllo, il 3 ottobre 2012, i Vigili del fuoco
inoltravano denuncia alla procura della Repubblica di Velletri, la quale, come
riferito nell’audizione del 24 maggio 2017 dal procuratore, definì il procedimento
con la richiesta di un decreto penale di condanna, emesso dal giudice per le
indagini preliminari nel 2015.
Sul punto il procuratore, a
specifica domanda della Commissione, ha dichiarato: “la procura della
Repubblica ha fatto quello che la legge le prescrive, ossia ha acquisito la
notizia di reato. I vigili del fuoco hanno segnalato l'inottemperanza alle
prescrizioni. Non dimentichiamo che l'articolo è una mera contravvenzione.
L'articolo prevede una sanzione che può essere anche pecuniaria. Quindi, la
procura della Repubblica quello che doveva fare l'ha fatto. Non so se poi
coglie nel segno, ma la questione travalica il caso di specie e, probabilmente,
ci pone degli interrogativi sull'adeguatezza della normativa. Tuttavia, se
questa è la norma, noi questa applichiamo”. Esprimeva, infine, l’opinione che
“se si pone il giudice penale come punta della piramide, non andiamo, forse,
molto lontano. Se venissero ripristinati – questa è una valutazione che mi
permetto di fare – in capo alle autorità amministrative poteri più incisivi di
controllo e di repressione, senza – mi permetto un tono polemico – scaricare
tutto sempre sul giudice penale, che certamente non ha gli strumenti per
valutare se un impianto antincendio sia buono o non sia buono, forse raggiungeremmo
più la sostanza delle cose, senza trincerarci dietro la forma.”
In sostanza, la circostanza che più colpisce
è la totale inadempienza, due volte riscontrata, alle prescrizioni antincendio,
conclusasi con un semplice decreto penale di condanna senza alcuna sospensione
dell’attività che, se ci fosse stata, probabilmente avrebbe evitato l’incendio
o, quanto meno, ne avrebbe limitato le conseguenze.
Su questa circostanza sono state
rivolte numerose domande nel corso dell’audizione di Marco
Ghimenti, comandante provinciale dei Vigili del fuoco.
In sintesi, il comandante da un lato
ha evidenziato che, avendo fatto una prima segnalazione al sindaco di Pomezia
ed al prefetto di Latina, aveva “rinviato” a loro eventuali decisioni: “L’articolo
20 del decreto n. 139 dice che la possibilità di disporre la sospensione ricade
nelle mani di altre autorità, quali il prefetto e, nel caso specifico, il
sindaco, anche perché concorrono aspetti che riguardano la sicurezza, ma c’è di
mezzo anche un inadempimento di natura – forse, lo dico impropriamente –
giuridico-amministrativa o un adempimento di altra natura, per cui, a quel
punto, scattano anche altre competenze”,
aggiungendo che “il combinato della nostra azione per far fronte
a un pericolo imminente, che fa anche altri tipi di valutazione, come le dicevo
prima, e, secondo me, deve farle, può valutare che ci possano essere i tempi e
le modalità con cui ridurre il rischio e mantenere un’attività. Ciò è
compensato dal fatto che, nel momento in cui si constata una situazione come
quella che abbiamo visto nella prima fase, quindi nella data cui lei fa
riferimento, viene subito fatta comunicazione agli enti che hanno la
possibilità eventualmente, a norma, di sospendere…”
Dall’altro, di fronte all’
inadempimento alla prescrizione relativa alla riduzione del carico, mirata a
consentire l’attività nonostante le violazioni, ha precisato di non sapere se
questo inadempimento era stato realmente accertato in sede di controllo ma che
chi ha fatto quel controllo se non è arrivato a inibire l’attività, “per la fotografia che
ha fatto in quel momento”,
ha probabilmente ritenuto che comunque l’impianto dovesse andare avanti lo
stesso. Aggiungendo che
“sicuramente, tutto è migliorabile e, lavorandoci, le dico che tante
riflessioni vengono anche noi. Certo, muovere il legislatore per suggerimenti
che nascono sul campo, di volta in volta, non è così facile, quindi concordo
con lei che ci siano degli affidamenti da fare e, per primo, ci metterei una
forma di Conferenza di servizi continuativa su questi temi”.
Le conseguenze dell’incendio
sull’ambiente
Nel
corso delle indagini, la Commissione ha raccolto ampia documentazione circa i
primi risultati relativi alle conseguenze sull’ambiente a causa dell’incendio
della Eco X, nel corso delle audizioni del procuratore della Repubblica di
Velletri, dei responsabili della ASL, e, soprattutto, del direttore e dei
tecnici dell’ARPA Lazio.
Premesso
che, ovviamente, è prematuro voler trarre conclusioni in proposito, ci si può
riportare integralmente alla relazione ARPA Lazio del 24 maggio 2017, con tutti
gli annessi, circa gli interventi di monitoraggio, eseguiti con la ASL
competente[4].
In
sede di audizione, Marco Lupo, direttore
generale di ARPA Lazio, ha affermato di ritenere che “quanto
avvenuto sia stato un evento particolarmente importante, che certamente ha
determinato una ripercussione sull'ambiente. I livelli di diossine che abbiamo
potuto misurare nelle immediate vicinanze dell'incendio ne sono, evidentemente,
una prova. È un fenomeno, quindi, che non deve assolutamente essere
sottovalutato, anzi deve essere attenzionato fortemente sia da noi, sia dalle
ASL: lo stiamo facendo, cercando di monitorare con grande attenzione. Sapete
che le diossine, comunque, sono pericolose una volta che entrano nella catena
alimentare, quindi occorre fare molta attenzione ai prodotti delle zone
limitrofe. I sindaci hanno adottato, anche sulla base delle indicazioni fornite
dalle ASL, in via precauzionale, dei provvedimenti che andavano a limitare il
consumo di questi prodotti in un'area di cinque chilometri. Ritengo che siano
state delle misure assolutamente adeguate. È un fenomeno che va attenzionato
ma, obiettivamente, credo che non debbano essere fatti allarmismi oltre misura:
attenzione sì, ma esagerazione credo di no”.
Quanto
agli effetti sulla salute, Francesco Prete, procuratore
della Repubblica presso il tribunale di Velletri, nell’audizione del 24 maggio 2017 evidenziava
che “una quindicina di persone, abitanti nella zona, si sono recate presso il
pronto soccorso, lamentando lieve faringodinia, modesta cefalea e bruciore agli
occhi. Un vigile del fuoco ha accusato lieve intossicazione. Credo che la
Commissione sia al corrente dei dati del PM10 nell'aria, della diossina
nell'aria e sui prodotti ortofrutticoli circostanti e degli idrocarburi”,
aggiungendo che “forse merita di essere ricordato che, pur non essendo stati
trovati idrocarburi e diossine nei terreni circostanti, tuttavia, a distanza di
1,3 chilometri dal sito, il giorno 10 maggio sono state trovate sostanze
velenose e nocive su un campo di orzo, mentre la diossina non dovrebbe essersi
dispersa oltre un raggio di 100-200 metri dal sito. L'ARPA ha segnalato un
valore altalenante del PM10, che era certamente superiore alla norma il giorno
dell'incendio, ma lo è stato, in particolare, 2-3 giorni dopo, in particolare
domenica 10, raggiungendo un picco di 373, laddove quello soglia, come
sappiamo, è di 50. Il 12 maggio, probabilmente per un effetto meteorologico
legato al vento di scirocco proveniente dal sud, il PM10 è stato rilevato anche
dalle centraline site in Roma e in Albano Laziale”.
Ulteriore approfondimento della
Commissione
Il
caso della Eco X di Pomezia non è certamente isolato ed è anzi paradigmatico
per tutto il settore degli impianti di trattamento dei rifiuti, interessati nel
recente periodo da una serie di incendi: al tema la Commissione ha deliberato
di dedicare uno specifico approfondimento.
Sin
da ora si può peraltro affermare che esiste un problema di adeguatezza della
normativa ma soprattutto di coordinamento dei controlli con relativi
provvedimenti da adottare in caso di inadempimento.
Come
è emerso nel caso qui esaminato risulta totalmente disattesa la normativa sulle
industrie insalubri (sconosciuta al sindaco) e quella sulla salute dei
lavoratori (la ASL non ha neppure acquisito il DVR che dovrebbe comprendere
anche il rischio di incendio); l’esposto dei cittadini è rimasto inevaso e l’assenza
di misure antincendio si è risolta con un decreto penale di condanna e alcune
segnalazioni burocratiche rimaste senza esito.
Per
altro verso va tuttavia rilevato come l’attività dell’impianto in questione avesse
dato luogo, anche prima dell’evento incendiario, ad atti di impulso
investigativo della DNAA, in relazione a possibili traffici illeciti di rifiuti[5].
Il
18 ottobre 2017, con una nota di risposta a richiesta della Commissione
nell’ambito dell’approfondimento sul tema degli incendi, di cui s’è fatto
cenno, il procuratore della Repubblica di Velletri ha informato che il
procedimento penale è prossimo alla conclusione delle indagini e risulta
rubricato per le ipotesi di incendio colposo, inquinamento ambientale colposo e
omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, a carico dei
legali rappresentanti delle società Eco Servizi per l’Ambiente ed Eco X e dei
loro amministratore di fatto (nel frattempo deceduto)[6].
[1] Doc. n. 1997/2
[2] Nel Doc. n.
2124/1, è riportata la compiuta identificazione di tutti i soggetti di seguito
citati
[3] Per completezza,
si segnala che Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di
Ecoservizi per l’ambiente srl. audito, in presenza del suo difensore, nel corso della
missione del 30 maggio, Salvatore Guglielmino, procuratore speciale di
Ecoservizi per l’ambiente srl., ha invece affermato che l’azienda aveva una
“vasca antincendio con gruppo elettrogeno nuovo, che i Vigili del fuoco
avrebbero potuto mettere un vuoto e sarebbe uscita l’acqua dalle manichette”.
[4] Acquisita dalla
Commissione come Doc. n. 2030/1
[5] Ha in tal senso
interloquito con la Commissione il procuratore Nazionale Antimafia (Doc. n.
2285/1-2)
[6]
Doc. n. 2386/1-2; aggiunge il
procuratore della Repubblica: “pur non essendo emersi […] elementi a supporto
di una matrice dolosa, le indagini hanno tuttavia messo in luce una coincidenza
temporale che merita di essere qui riportata: l’incendio è avveuto quando era
in fase avanzata una procedura esecutiva immobiliare che, su istanza dei
creditori, aveva portato alla fissazione della vendita all’asta dell’area e dei
realtivi immobili. La completa distruzione dell’impianto ha naturalmente
comportato la perdita di qualunque interesse da parte dei creditori, mentre le
società Eco Servizi
per l’Ambiente ed Eco X, pur avendo riportati danni ingenti, sono rimaste
titolari della licenza, del terreno e dei mezzi di trasporto dei rifiuti, non
interessati dall’evento dannoso.
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