All’imminente conferenza di Parigi sul clima, dal 30 novembre all’11 dicembre, i governi sono tenuti a trovare un accordo sulle politiche da intraprendere a livello globale per il decennio successivo al 2020, quando si esauriranno gli impegni attuali in materia di emissioni di gas serra.
La comprensione dei cambiamenti climatici globali, a differenza del meteo ordinario, pone dei problemi teorici e osservativi molto rilevanti. Per quanto riguarda la modellizzazione teorica, la difficoltà è dovuta al fatto che giocano un ruolo importante contemporaneamente variabili che hanno tempi scala molto diversi associate a differenti fenomeni fisici. Venticinque anni fa è stato fondato il gruppo di esperti intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) cui è stato attribuito del premio Nobel per la pace nel 2010 per il lavoro svolto. L’ultimo rapporto, del 2013 ha posto dei solidi punti fermi nella modellizzazione e nell’osservazione dei cambiamenti climatici. Tre variabili climatiche cruciali, considerate dall’IPCC nel 1995, in altre parole la concentrazione di carbonio, la temperatura superficiale e l’aumento del livello del mare, non solo hanno seguito la tendenza prevista, ma sono sostanzialmente risultate all’interno dell’incertezza della previsione.
Per questo motivo il messaggio sostanziale dell’IPCC, che i gas serra stanno alterando il clima della Terra – si valuta che l’influenza umana abbia causato più della metà dell’aumento della temperatura nel periodo 1951-2010 – è oggi incontestabile. Gli scienziati hanno dunque accumulato abbastanza evidenze da affermare che se le emissioni di gas a effetto serra continuano ad aumentare, passeremo la soglia oltre la quale il riscaldamento globale diventerà catastrofico e irreversibile. Tale soglia è stimata come un aumento di temperatura di due gradi al di sopra dei livelli pre-industriali: con gli attuali tassi di emissioni ci stiamo dirigendo verso un aumento di circa 4-5 gradi. Questo potrebbe non sembrare molto, ma la differenza di temperatura tra il mondo di oggi e l’ultima era glaciale è di circa 5 gradi, cosicché piccole variazioni di temperatura possono significare grandi differenze per la Terra e, soprattutto per i suoi abitanti. Data questa situazione, perché il cittadino comune non si sente minacciato in maniera contingente dai cambiamenti climatici? E’ un dato di fatto che tre elementi hanno un ruolo chiave in termini d’impulso della macchina della negazione dell’importanza dei cambiamenti climatici: soldi, media e politica. E’ noto che vi sia una forte correlazione tra la prospettiva politica di un certo organo d’informazione e la sua posizione sul cambiamento climatico. Ad esempio, è un fatto che i media che promuovono l’economia di libero mercato contro l’intervento dello Stato, sono molto più inclini a citare commenti scettici sul cambiamento climatico. Vi è inoltre una nutrita schiera di scettici del cambiamento climatico che sostengono che non ci siano minacce immediate e che però sono spesso finanziati dalle industrie che emettono alti tassi carbonio.
In realtà, le previsioni climatiche sono molto più affidabili delle principali previsioni economiche, cui spesso fanno riferimento sia i governi che i mass media rispettivamente per prendere importanti decisioni politiche e per creare il consenso intorno ad esse. Ad esempio, in questo articolo si considerano una selezione di previsioni a lungo termine chiave – popolazione, debito-Pil e prezzo del petrolio:
Come si nota le osservazioni reali cadono ben al di fuori dell’incertezza delle previsioni che riguardano temi molto rilevanti per la società. Perché per queste previsioni i media, e con essi di conseguenza l’opinione pubblica, sono molto più indulgenti?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/27/cambiamenti-climatici-ed-economia-due-pesi-e-due-misure/2257540/
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