Me tt o
un incontro
in agenda.
Ognuno fa
la sua
p a r te . . .
P uò
ch i a m a re
Riva e
dirgli che il
p re s i de n te
non si è
de filato
NICHI
VENDOLA
GIORGIO MELETTI
L
e leggi assediano l’industria
che inquina. L’impresa difende
i margini di profitto. I
politici difendono il lavoro
degli elettori perché l’aria, quantunque
pulita, non vota. Impresa e
politici premono insieme sui tecnici
perché sbriciolino statistiche e regole.
Qualche raro burocrate dice
no sacrificando la carriera, i più obbediscono
per poterlo continuare a
fare anche in futuro.
IL CANOVACCIO si replica a Taranto
come a Vado Ligure. I rinvii a giudizio
per l’Ilva si specchiano nell’in -
chiesta sulla centrale Tirreno Power.
Decine di accusati da una parte
e dall’altra. La classe dirigente si
coordina e delinque compatta: le regole
sono per definizione un po’ ot -
tuse e gli imputati le calpestano invocando
l’interesse generale.
Dice Nichi Vendola, rinviato a
giudizio per concussione: “L’unica
mia colpa è di aver cercato di costruire
un doveroso equilibrio tra
diritto alla salute e diritto al
lavoro: ma non credo che
questo sia un reato”. Per i
magistrati di Taranto è
stato un reato costringere
il direttore dell’Agenzia
ambientale regionale,
Giorgio Assennato,
“ad ammorbidire la
posizione di Arpa Puglia
nei confronti delle
emissioni nocive prodotte
dall'impianto dell’Ilva”.
Per doveroso equilibrio, Vendola
doverosamente si compiace
con il rude spin doctor dell’Il -
va, Girolamo Archinà, per l’ag -
gressione al giornalista “con faccia
di provocatore” che chiedeva
a Emilio Riva dei morti per tumore
(“una scena fantastica!”, e ride,
con grande classe). Ma contano i
messaggi politici: “Dite a Riva che il
presidente non si è defilato”. E poi il
consiglio: “I vostri alleati principali
in questo momento sono quelli della
Fiom. Quelli più preoccupati, mi
chiamano 25 volte al giorno”. Con
queste telefonate Vendola rivendica
di aver “rappresentato la prima e l’unica
classe dirigente che ha sfidato
l’onnipotenza dell’Ilva”.
Il suo “doveroso equilibrio” si
specchia nell’equidistanza di Anna
Giacobbe, deputata Pd di Vado Ligure,
tirata in ballo nella storia della
centrale Tirreno Power (senza essere
indagata) come pasionaria degli
interessi dell’azienda: “Ho parlato
con tutti gli attori della vicenda,
anche con l’azienda. Era mio dovere
farlo come rappresentante del territorio”.
Il copione si ripete. In Puglia
vanno a giudizio con Vendola
l’ex presidente della provincia
Gianni Florido (concussione) e il
sindaco di Taranto Ippazio Stefano
(abuso d’ufficio). Difendevano
i posti di lavoro. A
Genova sono indagati
l’ex governatore
Claudio Burlando,
una schiera di ex assessori
e numerosi
funzionari regionali.
L’accusa è aver ignorato
i dati scientifici
sui danni provocati
dalla combustione
del carbone
per non costringere la
centrale elettrica che
faceva capo all’edi -
tore di Re pu b bl ic a
Carlo De Benedetti
ai doverosi e
costosi interventi
di adeguamento degli impianti.
Anche i Riva sono restii a spendere
sugli impianti. E premono sui
ministeri. Dario Ticali e Luigi Pelaggi,
pezzi grossi dell’Ambiente ai
tempi di Stefania Prestigiacomo,
vanno a giudizio perché tenevano
“costantemente aggiornato” il
gruppo Riva sulle riunioni riservate
al ministero per le rogne dell’Ilva.
IL GRUPPO CIR-SORGENIA ap pa re
meglio attrezzato. L’amministrato -
re delegato Andrea Mangoni (in -
dagato) chiama direttamente il vice-ministro
dello Sviluppo economico
Claudio De Vincenti(non indagato),
e fa appello all’amicizia che
li lega e alla comune militanza politica:
“A noi ci viene da lì... a livello
istituzionale ma anche parlamentare
di collegi... intendo dire nostre...
di Pd, una richiesta di avere un segnale
da parte del governo”. De Vincenti
accorda lo strumento: “Fammi
sentire Burlando (...) devo evitare di
dare l’impressione di ingerenza” .
Mangoni riferisce a Francesco Dini,
gran cerimoniere di De Benedetti
nei palazzi del potere: “De Vincenti
ha fissato una riunione... per fare in
modo... insomma... il ministero della
Salute... dica nella riunione presso il
ministero dell’Ambiente che c’è
questo studio dell'istituto Superiore
di Sanità che... diciamo così.. fortemente
critico verso le perizie”.
Le perizie della procura magari
sono un po’ talebane, ma solo fino a
quando una voce non fugge dal sen
di un banchiere che rampogna Mangoni:
“Se questa cosa va nella merda,
diventa un danno ambientale enorme
su cui c’è una responsabilità vostra,
che avete portato via 700 milioni
di dividendo, che sarebbero
stati lì per rifare la centrale d’oro”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 24 luglio 2015
Nessun commento:
Posta un commento