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giovedì 25 giugno 2015
Enciclica Laudato sì Papa Francesco e l’insegnamento dei pesci trombetta
BRUNO TINTI
L’
Enciclica di Papa Francesco è unica:
fatta eccezione per il secondo
capitolo e dal paragrafo
233 alla fine, espressamente dedicati ai
credenti, si rivolge a tutta l’umanità. Ognuno
può condividere l’analisi dello
stato miserando in cui si
trova il nostro pianeta; e
farsi travolgere da una
profonda disperazione,
risultato che certo il
Papa non prevedeva.
NEL CAPITOLO sesto, paragrafo
205, Francesco scrive:
“Eppure non tutto è perduto perché
gli esseri umani, capaci di degradarsi fino
all’estremo, possono anche superarsi,
ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi...
Sono capaci di guardare a se stessi
con onestà, di far emergere il proprio disgusto
e di intraprendere nuove strade
verso la vera libertà”. Ebbene, non è vero.
Non è mai successo finora. Non ci sono
sintomi che facciano presumere che
succederà in futuro. Né motivi per cui
ciò dovrebbe avvenire. Fatta eccezione,
naturalmente, per un intervento divino.
Che Francesco, comprensibilmente,
non esclude; in cui – anzi – spera. Nel
quale però un laico non può riporre speranza
né fiducia.
IN VERITÀ la natura governa se stessa.
Lo ha spiegato bene Konrad Lorenz, etologo
austriaco, nella sua teoria generale
dell’aggressività (Il cosiddetto male,
Garzanti, 1974). La barriera corallina ospita
migliaia di specie diverse. Tutte
convivono e prosperano, sfruttando
l’ambiente secondo le loro caratteristiche.
Il pesce trombetta mangia i piccoli
animali che si annidano negli anfratti
dei coralli; il pesce balestra li frantuma,
nutrendosi di animali appena più grandi
e contemporaneamente fornendo cibo
ad altri pesci che si nutrono dei suoi avanzi.
L’aggressione intraspecifica, pesce
trombetta contro pesce trombetta, pesce
balestra contro pesce balestra, non
esiste: l’habitat fornisce a ognuno quanto
è sufficiente e non si deteriora; è una
specie di eterna cornucopia. Ci sono casi
di aggressione extra specifica: polpi
contro conchiglie, squali contro pesci
meno grandi di loro e meno veloci. Ma
nessuna specie è mai in pericolo perché
la diminuzione delle prede ha per conseguenza
la diminuzione dei predatori.
Fino a quando non si ristabilisce l’equi -
librio. Tutto ciò è naturale, frutto di processi
evolutivi maturati in milioni di anni;
qualcuno direbbe di progetto divino.
Sia come sia, questo processo o progetto
non è proprio dell’essere umano.
L’AGGRESSIVITÀ umana è contemporaneamente
intra ed extra specifica. Tutto
è una preda (naturalmente non solo in
quanto cibo): il proprio simile, gli animali,
le piante, l’ambiente, il mondo.
L’essere umano si è evoluto (o è stato
creato) così. Questa evoluzione è incompatibile
con l’ambiente in cui si è
sviluppata. Certo, ne siamo consapevoli.
Ma non abbiamo gli strumenti per modificare
la nostra natura. Ci diamo leggi
che non rispettiamo. Prevediamo sanzioni
che non applichiamo. Viviamo
senza vergogna e senza speranza. Perfino
la nostra prole è educata in modo da
continuare la distruzione dell’habitat in
cui vive.
Dunque dovremo estinguerci. In un
olocausto che coinvolgerà anche la parte
di umanità incolpevole e però priva
dei mezzi necessari per opporsi al disastro.
O, se vogliamo tornare a Papa Francesco
e alla sua fede così caritatevole da
non permettergli di scagliare anatemi,
in un nuovo diluvio selettivo, una sorta
di secondo progetto con minori difetti di
fabbrica. CRONACA | IL FATTO QUOTIDIANO 25 giugno 2015
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