di
Francesco
Casula
Èstato
dapprima il simbolo dei danni causati
dalle
emissioni nocive dello stabilimento e
poi
quello della speranza del “dopo Ilva”. A marzo
2008,
a Vincenzo Fornaro, l’Asl di Tarantonotificò
il
provvedimento con il quale gli imponeva
il
divieto di commercializzare i prodotti
derivanti
dal suo gregge e nove mesi più tardi i
veterinari
arrivarono per portargli via oltre 600
tra
pecore e capre: dalle analisi, infatti, era emerso
che
le carni di quegli animali erano profondamente
avvelenate
dalla diossina. Ulteriori
analisi
dimostrarono che quelle diossine prove-nivano da uno dei reparti
dello stabilimento siderurgico
dei
Riva. Da quel momento, Vincenzo
è
diventato il simbolo della ribellione di Taranto
al
disastro: manifestazioni, cortei, ma soprattutto
testimonianza.
La sua masseria “Carmine”, silenziosa
dopo
l’uccisione degli animali, ha rappresentato
il
deserto che l’industrializzazione
selvaggia
e la logica del massimo profitto con il
minimo
risparmio ha causato a un territorio potenzialmente
ricco
come quello tarantino. Come
tanti
altri tarantini si è costituito parte civile nel
processo
“ambiente svenduto” contro i vertici
della
fabbrica per ottenere giustizia. Ma in quel
deserto,
Vincenzo ha saputo rilanciare
la
speranza: il 5 aprile,
giorno
del suo onomastico, negli
stessi
terreni avvelenati dalla
fabbrica
ha seminato la canapa
per
un progetto sperimentale.
A
distanza di un anno le analisi
hanno
confermato la mancanza
di
metalli pesanti e ora, con
la
prossima semina, nuove analisi
dovranno
escludere anche
la
presenza di diossina e offrire
così
a Vincenzo e alla sua famiglia
l’occasione
per un nuovo
futuro
e all’intero territorio ionico la certezza
di
un’alternativa alla monocoltura dell’acciaio.
Non
solo. Se i dati dovessero andare bene la nuova
scommessa
sarà quella di ricreare la “eletta
campana”
una varietà tipica del sud Italia che
negli
anni è andata perduta. “Quello che conta –
spiegò
quel giorno al Fatto
– è il
segnale positivo
per
Taranto: la voglia di non soccombere e di
rinascere.
È la dimostrazione che quando c’è la
voglia
di fare qualcosa si può raggiungere l’obiettivo.
Non
come la politica: sono anni che ci riempiono
di
parole, noi vogliamo i fatti”. E forse per
opporsi
a quella politica, per raggiungere i “fatti”,
che
Vincenzo ha scelto di
impegnarsi
in prima persona
candidandosi
con i Verdi. Lo
scorso
anno è stato capolista alle
Europee
ottenendo quasi 3
mila
voti e quest’anno è nuovamente
in
lista per le Regionali.
Contro
di lui ci sono nomi
del
calibro di Donato Pentassuglia,
attuale
assessore alla sanità
della
giunta Vendola: proprio
come
in tribunale, solo che
Vincenzo
ci sta perché vittima
e
Pentassuglia come imputato. il fatto quotidiano 31 maggio 2015
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