domenica 31 maggio 2015

Formia resta casalese “Nessuno vuole vivere nelle case tolte ai boss” LE FAMIGLIE SENZA TETTO RIFIUTANO GLI ALLOGGI CONFISCATI IL SINDACO: “È DIFFICILE, I BARDELLINO VIVONO A DUE PASSI”

NEL SUD PONTINO Schiavone la chiamava “provincia di Casale”. Oggi le signore di camorra frequentano i locali chic e i cronisti subiscono intimidazioni

di Andrea Palladino
Formia
L’aveva pensata come
una piccola
cittadella inespugnabile.
Una via
che sale verso il monte, separata
dalla statale Appia, poco
prima che si inizi a intravedere
il mare. Una villa, contornata
da dépendance e appartamenti.
Un simbolo per rendersi
riconoscibili in maniera
tale che chiunque, passando
da quelle parti, potesse guardare
e sussurrare: “Ecco, è lì
che vive Ernesto Bardellino, il
fratello del capo storico dei casalesi”.
Via Unità d’Italia, Formia, è a
meno di un chilometro da un
altro simbolo, il Maracuja, l’ex
discoteca e albergo di Cipriano
Chianese, l’avvocato della
monnezza accusato oggi a Napoli
di disastro ambientale. A
qualche passo da un locale
molto chic, dove spesso si affaccia
Katia Bidognetti, figlia
di “Cicciotto ’e mezzanotte”, il
boss che ha regnato per decenni
insieme a Francesco
Sandokan” Schiavone su
Terra di Lavoro, oltre il fiume
Garigliano. A pochi metri dalla
bella residenza di Mario Cosentino,
fratello del più noto
Nicola, il deputato del Pdl che
per un ventennio ha avuto in
mano la Campania.
La “cittadella” di Ernesto BarBardellino
ex sindaco socialista
di San Cipriano d’Aversa e
fratello di Antonio, il capo
storico dei casalesi ucciso nel
1988 –oggi vale più di un simbolo
nel sud pontino. Sequestrata,
poi confiscata, alla fine
espugnata e affidata al Comune,
dopo un tira e molla durato
anni. Tutto in mano allo
Stato. O quasi, visto che in
quella stessa via una casa la
moglie e il figlio di don Ernesto
l’hanno mantenuta, salvandola
dai provvedimenti
del tribunale. Così, tanto per
far capire a tutti come vanno
le cose. Cinque appartamenti.
Una quindicina di locali, più
servizi. È quanto ha ora a disposizione
il Comune di Formia,
da destinare a famiglie
senza casa, messe sotto sfratto
da una crisi che da queste parti
morde come non mai. Un modo
per far vedere che alla fine
lo Stato caccia i cattivi, facendo
vincere i buoni. Ma non
qui, non a Formia, città che
Carmine Schiavone chiamava
provincia di Casal di Principe”.
Qui certi nomi pesano.
PRIMA sono state le ditte locali
a non voler mettere piede
in quegli appartamenti, rinunciando
ai lavori per sistemare i
locali. Poi uno a uno gli assegnatari,
che hanno preferito
rimanere senza una casa. Certi
sgarbi, si sa, è meglio non farli.
Alla fine di cinque appartamenti
solo uno ha un inquilino,
mentre i cantieri sono
stati affidati a una società di
fuori Formia. Gli altri? Vuoti.
Con i Bardellino che continuano
a vivere a pochi passi è
una situazione difficile”, spiega
il sindaco Sandro Bartolomeo,
Pd, al suo secondo mandato.
Appena aveva preso possesso
dei beni confiscati, un
anno e mezzo fa, aveva assicurato
a tutti che in pochi giorni
gli appartamenti sarebbero
stati assegnati. “Abbiamo difficoltà
a far andare le famiglie
in quelle case”, dice oggi.
Ernesto Bardellino a Formia è
arrivato alla fine degli anni 70,
comprando da un imprenditore
locale le concessioni per
costruire villette e case nel parco
Solemar. Da allora questa
zona del sud del Lazio la chiamano
la “Svizzera dei casalesi”.
Cemento e locali, turismo,
logistica. Scriveva già nel 1991
la commissione antimafia presieduta
da Gennaro Chiaromonte:
Nel sud pontino, ha
osservato la Prefettura, il trasferimento
di elementi della
camorra (clan Bardellino,
Moccia, Magliulo, Iovine-
Schiavone, di gruppi di
Mondragone) e della ’ndran -
gheta ha provocato ‘l’aumento
dei reati di rapina, estorsione,
intimidazioni a titolari di cantieri,
furti, usura, acquisti di
locali pubblici, allo scopo di riciclare,
con investimenti apparentemente
leciti, i proventi
delle attività illecite’”.
RACCONTARE oggi Formia
può costare caro. Francesco
Furlan e Adriano Pagano sono
due giovani cronisti che da
qualche anno sfidano la stampa
locale mainstream . La testata
che hanno contribuito a fondare,
H24notizie.com , ha coniato
il termine “Sistema Formia”,
pubblicando per mesi le
intercettazioni dell’ultima inchiesta
della Procura di Latina,
che vede una ventina di indagati
per associazione per delinquere
e vari reati contro la
Pubblica amministrazione.
Una storia di cemento e affari
per pochi, in pieno stile pontino.
Qualche giorno fa abbiamo
pubblicato una serie di
articoli sugli appalti assegnati
dal Comune, che nulla hanno
a che vedere con l’inchiesta, a
un imprenditore locale, Lino
Pace –raccontano al Fatto Quotidiano
finiti sotto la lente
d’ingrandimento della Ragioneria
generale dello Stato”.
Certe cose, da queste parti, è
meglio lasciarle perdere: “Una
sera aspettavo Adriano davan ti a un negozio – spiega Furlan
e quell’imprenditore si è avvicinato.
Prima ha iniziato a
inveire, poi mi ha colpito con
uno schiaffo in pieno volto. Mi
è andata bene, è stato fermato
dalla moglie”. Il peggio, però, è
venuto dopo. Ed è il silenzio.
Tanta solidarietà dagli amici,
da qualche collega e dall’osser -
vatorio antimafia. Ma nessuna
telefonata dagli amministratori
locali. Il sindacato dei giornalisti
aveva lanciato l’idea di
una mobilitazione locale ma,
con il passare dei giorni, nulla
è accaduto. “Andiamo avanti –
raccontano Francesco e
Adriano – anche se dobbiamo
continuamente guardarci le
spalle”.
L’APPARENZA a Formia è
quella di un equilibrio che nasce
da accordi che non vedi. Le
indagini della Dda di Napoli


hanno
mostrato il radicamento
sempre più forte di tanti
gruppi di camorra, oltre ai clan
storicamente radicati nel sud
pontino. Qui vive, ad esempio,
Erminia “Celeste” Giuliano,
meglio conosciuta come “Lady
Camorra”. È la sorella di Luigi,
già capo dell’omonimo clan di
Forcella. Qui nel 2011 la Guardia
di finanza di Roma ha sequestrato
50 milioni di euro al
clan Mallardo di Giugliano
che attraverso la famiglia
Dell’Aquila ha investito per
decenni in questa zona del sud
del Lazio. Ci sono poi le indagini
della Procura di Latina,
che qualche anno fa colpirono
la famiglia Bardellino, con
l’operazione “Formia Connection”.
Per quell’inchiesta il primogenito
di Ernesto, Angelo
Bardellino, è ora in attesa del
giudizio d’appello che tarda ad
arrivare. Nel 2011 era stato
condannato in primo grado a
sette anni e cinque mesi per
estorsione. Da allora si occupa
di produzioni musicali attraverso
una società aperta in Romania,
facendosi fotografare
insieme ai cantanti italiani più

noti.

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