AGLI
ATTI DEL SECONDO PROCESSO SUI MORTI DA AMIANTO, LE TRATTATIVE
(FALLITE) TRA OLIVETTI/CIR E LO SVIZZERO SCHMIDHEINY di
Andrea
Giambartolomei
Torino
Aveva
fiutato la fine dell’Eternit ed era “disponibile
a
molto pur di uscire”. Nel 1984
Stephan
Schmidheiny aveva tentato di vendere
la
sua società agli italiani, ma dopo alcuni incontri
con
Franco Debenedetti, ad dell’Olivetti e
della
CIR (fratello di Carlo De Benedetti, attuale
editore
del gruppo Espresso), l’affare non andò
in
porto: in Italia avevano capito che c’erano
troppi
rischi per le finanze e per la salute. La
vicenda
emerge dagli atti dell’inchiesta della
procura
di Ivrea sulla morte di tredici ex dipendenti
dell’Olivetti
per mesotelioma e ora quei
documenti
sono entrati nei faldoni del procedimento
“Eternit
bis” (omicidio volontario pluriaggravato
per
la morte di 258 persone) in corso
Torino,
dove ieri la Regione Piemonte e lo Stato
si
sono costituiti parte civile contro Schmidheiny
dopo
gli appelli dei familiari delle vittime di
Casale
Monferrato.
Faldone
numero 14 dell’inchiesta di Ivrea del
pm
Lorenzo Boscagli. Qui si trovano i documenti
scovati
nell’archivio dell’Olivetti. Tra questi
c’è
una cartellina con la scritta “ETERNIT (dr.
Schmidheiny)”
e dentro alcune pagine di manuali
di
medicina del lavoro dedicate all’asbestosi,
resoconti
di incontri e un carteggio su carta
intestata
“Ing. Olivetti & C.”. Negli appunti (non
firmati)
di un “Incontro con Dr. Schmiedeini
(sic)
a Zurigo il 15 maggio” si legge che “il colloquio
si
è svolto in clima di straordinaria franchezza
e
cordialità”.
SEGUONO
una serie di
informazioni
fornite
dall’imprendi -
tore
svizzero sulle cause in corso
per
le malattie provocate
dall’amianto:
“In Svizzera sono
per
l’85% relative a prodotti isolanti
e
solo per il 15% per Eternit;inoltre
riguardano solo
operai
della fabbrica e non installatori.
Situazione
analoga in
Germania”.
Se in Gran Bretagna
stavano
abbandonando il
prodotto,
in Italia, Francia e
Austria
non rilevavano problemi. Inoltre “le assicurazioni
cambieranno
la loro attuale politica
riconoscendo
la diversità tra caso Eternit e caso
Mansville”,
o meglio Manville, prima società a
fallire
per i costi delle cause sull’amianto. Insomma,
pare
che lo svizzero - che secondo i pm Raffaele
Guariniello
e Gianfranco Colace era a conoscenza
della
correlazione tra amianto e mesotelioma
dal
1977 - volesse rassicurare i possibili
acquirenti,
ai quali confida anche che “Eternit
prevede
di sostituire entro 5 anni
l’amianto
con altre fibre, eliminando
quindi
il problema alla
radice”.
Negative
invece le informazioni
sulla
situazione finanziaria
italiana.
Diminuiva la produzione,
mancavano
prodotti innovativi
e
“non si è mai riusciti a
fare
un cartello”, motivo per cui
i
prezzi erano “molto più bassi
di
quelli europei”: “Per questi
motivi
hanno comunque deciso
di
abbandonare la partita e
sono
disponibili a molto pur di uscire”, annota la
persona
che aveva incontrato Schmidheiny, probabilmente
lo
stesso Debenedetti. Nelle conclusioni
poi
si tracciano alcune soluzioni: “Possia -
mo
esaminare a fondo i dati forniti e determinare
le
condizioni di possibile acquisto?”, è la prima.
L’ultima:
“Rispondere subito negativamente?”.
IL
12 OTTOBRE 1984
Franco Debenedetti (ora
indagato
per omicidio colposo a Ivrea), scrive a
Schmidheiny
ringraziandolo per le informazioni
ricevute
dopo l’incontro a Venezia ed espone gli
esiti
delle risposte ottenute da esperti tra cui quelle
di
Benedetto Terracini e Corrado Magnani, esperti
epidemiologi che collegarono amianto e
tumori.
Il 23 ottobre Schmidheiny scrive all’ita -
liano
che “continua l’evoluzione negativa
dell’Eternit”:
“Temo, tuttavia, che la via sgradevole
non
ci sarà risparmiata, se non giungeremo
ad
una svolta al più presto”. Debenedetti, però,
non
è convinto e molla l’affare. Di lì a poco l’Eter -
nit
va in amministrazione controllata e nel 1986
chiude
i suoi stabilimenti, ma lasciando Bagnoli,
Casale,
Cavagnolo e Rubiera piene di amianto.
il fatto quotidiano 22 maggio 2015
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