Vere e proprie colline di materiali di scarto di vario tipo, tra cui rifiuti speciali e pericolosi, oltre a evidenti e copiosi sversamenti sono state scoperte all’interno di una cartiera nel comune di Sora, in provincia di Frosinone. Lo stabilimento e il terreno interessato è stato sequestrato su disposizione del giudice per le indagini preliminari Lanna del Tribunale di Cassino su richiesta dei pubblico ministero procedenti, procuratore capo Auriemma e Armanini dal personale del Nucleo Investigativo Provinciale di Polizia Ambientale e Forestale (NIPAF) di Frosinone e denunciata la rappresentante legale dell’azienda per gestione non autorizzata di rifiuti, scarichi illeciti di acque reflue ed emissioni in atmosfera senza autorizzazione.
L’impresa, di fatto, avrebbe smaltito grandi quantità di rifiuti anche di natura diversa da quella relativa al proprio ciclo produttivo. Parte di essi risultavano interrati e venivano ammassati in cataste che raggiungevano gli oltre 15mila metri quadrati di volume. Il contesto in cui è inserito l’impianto è di grande pregio naturalistico, in prossimità del fiume Fibreno ed a ridosso della zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale. In particolare, la zona è indicata tra le aree sensibili per il piano Regionale della Tutela delle Acque, e la modalità con cui avveniva lo stoccaggio abusivo dei rifiuti pone seri dubbi sul possibile inquinamento delle falde.
Dai sopralluoghi effettuati in collaborazione con il Nucleo di Polizia Ambientale Provinciale di Frosinone, sono emerse tre distinte zone in cui venivano raccolti ingenti rifiuti ferrosi, plastici e legnosi, abbandonati in maniera incontrollata. Le strutture dell’impresa sono risultate fatiscenti e con coperture in eternit, nelle zone di scarico i materiali erano in parte interrati, lasciando presumere la presenza di ulteriori quantità di rifiuti nelle zone immediatamente sottostanti. Sono risultate assenti le impermeabilizzazioni necessarie a contenere i liquami che percolano, attualmente nel terreno, discendendo fino alla zona boscata e in quella antistante il fiume Fibreno.
Oltre ai residui interrati e al percolato sono evidenti le tracce di combustione che generano conseguenti emissioni nell’atmosfera la cui pericolosità è stata riscontrata anche grazie all’intervento dell’ARPA del Lazio. Sono al vaglio degli investigatori ulteriori verifiche per accertare le conseguenze della percolazione dei liquami causato dalle precipitazioni atmosferiche e l’entità del danno ambientale provocato dallo smaltimento illecito protratto nel tempo.
L’impresa, di fatto, avrebbe smaltito grandi quantità di rifiuti anche di natura diversa da quella relativa al proprio ciclo produttivo. Parte di essi risultavano interrati e venivano ammassati in cataste che raggiungevano gli oltre 15mila metri quadrati di volume. Il contesto in cui è inserito l’impianto è di grande pregio naturalistico, in prossimità del fiume Fibreno ed a ridosso della zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale. In particolare, la zona è indicata tra le aree sensibili per il piano Regionale della Tutela delle Acque, e la modalità con cui avveniva lo stoccaggio abusivo dei rifiuti pone seri dubbi sul possibile inquinamento delle falde.
Dai sopralluoghi effettuati in collaborazione con il Nucleo di Polizia Ambientale Provinciale di Frosinone, sono emerse tre distinte zone in cui venivano raccolti ingenti rifiuti ferrosi, plastici e legnosi, abbandonati in maniera incontrollata. Le strutture dell’impresa sono risultate fatiscenti e con coperture in eternit, nelle zone di scarico i materiali erano in parte interrati, lasciando presumere la presenza di ulteriori quantità di rifiuti nelle zone immediatamente sottostanti. Sono risultate assenti le impermeabilizzazioni necessarie a contenere i liquami che percolano, attualmente nel terreno, discendendo fino alla zona boscata e in quella antistante il fiume Fibreno.
Oltre ai residui interrati e al percolato sono evidenti le tracce di combustione che generano conseguenti emissioni nell’atmosfera la cui pericolosità è stata riscontrata anche grazie all’intervento dell’ARPA del Lazio. Sono al vaglio degli investigatori ulteriori verifiche per accertare le conseguenze della percolazione dei liquami causato dalle precipitazioni atmosferiche e l’entità del danno ambientale provocato dallo smaltimento illecito protratto nel tempo.
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