Pontinia (LT) dall'ambiente, alla difesa dei diritti civili e sociali, dalla politica alla tecnica. Si riportano stralciriportandone autori. Nota: qualora si ritenga la pubblicazione (o i commenti) siano lesivi o notizie superate si prega di comunicarlo con mail giorgio.libralato@gmail.com e saranno rimossi. Oppure allo stesso modo si può esercitare il diritto di replica. Qualora si ritenga che una pubblicazione o parte di essa ledano i diritti di copyright o di autore saranno rimossi
giovedì 30 aprile 2015
E.ON, al via produzione parco eolico nel Mare del Nord Con altro impianto offshore energia per quasi 500 mila famiglie
(ANSA) - ROMA, 30 APR - Il parco eolico offshore Amrumbank West, situato nel tratto tedesco del mare del nord, comincia la produzione di energia. Lo rende noto E.ON.
L'elettricità generata dall'entrata in attività delle prime pale da 3,6 Megawatt (MW) confluisce in una piattaforma offshore di trasformazione e conversione da cui viene poi esportata tramite un cavo sottomarino lungo 85 chilometri, che affiora vicino Busum, circa 100 chilometri a nord-ovest di Amburgo.
L'istallazione delle fondamenta è stata completata per tutti gli 80 aerogeneratori e il parco sarà terminato in autunno, raggiungendo una capacità di generazione totale di 288 MW.
Sempre nel mare del nord, E.ON nel frattempo sta completando anche la realizzazione del parco Humber Gateway, situato nelle acque britanniche, che ha già cominciato a fornire elettricità alla fine di febbraio e sarà completato quest'estate.
I due parchi eolici avranno una capacità di generazione combinata superiore a 500 MW e saranno in grado di fornire energia pulita a circa 470.000 famiglie evitando la produzione di 1,3 milioni di tonnellate di CO2 all'anno.
''Lo sviluppo simultaneo di progetti su larga scala nelle acque di due diversi Paesi dimostra la nostra abilità nell'affrontare grandi sfide e consolida la nostra posizione di azienda leader nella generazione offshore - afferma Eckhardt Rümmler, Ceo dell'unità rinnovabili di E.ON's - le sinergie e l'esperienza derivate da questi due progetti ci aiuteranno a rendere questa tecnologia conveniente''. (ANSA).
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
L'elettricità generata dall'entrata in attività delle prime pale da 3,6 Megawatt (MW) confluisce in una piattaforma offshore di trasformazione e conversione da cui viene poi esportata tramite un cavo sottomarino lungo 85 chilometri, che affiora vicino Busum, circa 100 chilometri a nord-ovest di Amburgo.
L'istallazione delle fondamenta è stata completata per tutti gli 80 aerogeneratori e il parco sarà terminato in autunno, raggiungendo una capacità di generazione totale di 288 MW.
Sempre nel mare del nord, E.ON nel frattempo sta completando anche la realizzazione del parco Humber Gateway, situato nelle acque britanniche, che ha già cominciato a fornire elettricità alla fine di febbraio e sarà completato quest'estate.
I due parchi eolici avranno una capacità di generazione combinata superiore a 500 MW e saranno in grado di fornire energia pulita a circa 470.000 famiglie evitando la produzione di 1,3 milioni di tonnellate di CO2 all'anno.
''Lo sviluppo simultaneo di progetti su larga scala nelle acque di due diversi Paesi dimostra la nostra abilità nell'affrontare grandi sfide e consolida la nostra posizione di azienda leader nella generazione offshore - afferma Eckhardt Rümmler, Ceo dell'unità rinnovabili di E.ON's - le sinergie e l'esperienza derivate da questi due progetti ci aiuteranno a rendere questa tecnologia conveniente''. (ANSA).
deposito scorie nucleare a Borgo Sabotino e Latina dormono sonni tranquilli. Il mistero dei rifiuti sanitari radioattivi. Dove finiscono? Scarsa tracciabilità e pochi controlli, i buchi normativi della legislazione sul trattamento dei rifiuti ospedalieri radioattivi
a Borgo Sabotino e a Latina la classe dirigente, gli amministratori dormono sonni tranquilli per il deposito delle scorie nucleari e per il deposito unico nazionale. http://www.corriere.it/…/a59b01ce-ecf3-11e4-8e05-565b17b547…
Scarsa tracciabilità e pochi controlli, i buchi normativi della legislazione sul...
CORRIERE.IT
Ogni giorno ospedali, cliniche e laboratori producono rifiuti radioattivi derivanti da attività diagnostica come la Pet, le scintigrafie, le radioterapie con iodio e molte altre prassi simili. Questa mole di rifiuti, con tempi di decadimento anche molto lunghi, dovrebbe avere un trattamento speciale, molto costoso e come spiega Silvia Bucci, Dirigente dell'Unità Operativa Radioattività dell'Arpa Toscana: "Smaltire un rifiuto sanitario radioattivo può costare dalle 100 alle 1000 volte di più rispetto ad altri tipi di rifiuti ".
Ad oggi, una volta che i rifiuti radioattivi escono fuori dalle strutture ospedaliere pubbliche e private, nessuno sa veramente che fine facciano. I controlli spettano in primis alle ASL ma, come testimonia l'Arpa Toscana, ogni anno di controlli se ne fanno pochissimi. Anche l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha un ruolo di vigilanza, ma a conti fatti ha un organico particolarmente risicato: per tutto il territorio italiano c'è un solo ispettore, la Dott.ssa Joanne Wells.
In Italia i rifiuti ospedalieri radioattivi non sono molti, ma sono molto pericolosi. Eppure non esiste un deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi a lungo decadimento, soluzione che secondo la Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) consentirebbe invece di gestire (e quindi controllare) tutti i rifiuti radioattivi: non solo quindi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, ma anche quelli provenienti dalle attività industriali e di ricerca.
28 aprile 2015 | 07:08
© RIPRODUZIONE RISERVATA http://www.corriere.it/inchieste/reportime/ambiente/mistero-rifiuti-sanitari-radioattivi-dove-finiscono/a59b01ce-ecf3-11e4-8e05-565b17b54795.shtml
Pontinia alberi pericolanti sulla Migliara 47 intervento dei vigili del Fuoco nella zona di Borgo Pasubio
Più volte inutilmente, sono state inviate segnalazioni di alberi e rami pericolanti, perchè nessuno provvede alla manutenzione e alla prevenzione, con foto, planimetrie. Ma non si trova mai un Ente competente o responsabile. Il rimpallo tra comune, provincia, regione, consorzio di Bonifica, Arsial, Enel o Terna o Telecom è il classico italiano con un servizio pubblico stile ponzio pilato. Così gli unici ad intervenire, per prevenire tragedie sono i Vigili del Fuoco come hanno fatto oggi in via Migliara 47 destra tra Borgo Pasubio (via Tavolato) e via Striscia (quindi in direzione Appia). Gli alberi (qualcuno avvelenato, qualche altro bruciato contando sul non vedo, non sento, non parlo della classe dirigente e della classe in-competente) e i rami cadono periodicamente sulla sede stradale, addosso ai veicoli e alle persone. Ma sappiamo che alla nostra classe dirigente piace il rischio e mettere a rischio la pubblica incolumità. Tanto nessuno paga mai.
1. giugno incontro tema acqua con intervento di Padre Alex Zanotelli - 2 giugno "Beni comuni, corruzione e criminalità" a Sezano
Con la presente desidererei informarvi di due incontri sul tema "Beni comuni e diritti umani e sociali" che organizzeremo a Sezano come "Scuola del Vivere Insieme" in stretto collegamento con la DIP 'Dichiariamo Illegale la Povertà".
Il primo incontro si terrà dalla sera del 1° giugno al tardo pomeriggio del 2 giugno (festa della "res publica"). Sarà aperto sul tema dell'acqua con un intervento di Alex Zanotelli Il 2 giugno interverranno Gianni Belloni su "Beni comuni, corruzione e criminalità" e Lorenzo Berlendis (cibo) . L'intero pomeriggio si lavorerà sulle esperienze in corso e le proposte (ci sarà un gruppo che parlerà della città come bene comune ed anche un gruppo che propone "la moneta, bene comune"...).
Il secondo incontro si terrà dalla sera del 28 agosto al tardo pomeriggio del 29 agosto. Sarà aperto sul tema della conoscenza. con un intervento di Roberto Mancini. Il 29 interverranno Achille Rossi sull'educazione e Vittorio Capecchi sul lavoro.
Nel pomeriggio, lavoro sulle esperienze e sulle proposte. Un'attenzione particolare sarà data alla grande minaccia di mercificazione ed appropriazione oligopolista mondiale della conoscenza ( e da li dell'educazione/info/comunicazione/salute/lavoro...) rappresentata dai "big data".
Spero che i due incontri siano di vostro interesse. Occorre riappropriarci del linguaggio e dell'immaginario per la trasformazione del reale.
In accluso la presentazione ed il programma dell'incontro del 1° e 2 giugno prossimo.
Per coloro che vengono da lontano, è possibile pernottare al Monastero, previa prenotazione visto che le disponibilità cominciano a ridursi.
Riccardo Petrella
nucleare DA CHERNOBYL UN’ALTRA NUBE RADIOATTIVA
Preoccupa la politica di minimizzazione sugli effetti delle conseguenze degli incendi sviluppatisi nella zona di esclusione di Chernobyl (di pertinenza ucraina) la mattina di martedì 28 aprile 2015. A 48 ore di distanza, seppure l’incendio venga considerato domato, persistono ancora piccoli focolai.
Il premier ucraino Yatseniuk ha reso noto che non c‘è alcun rischio radioattivo per la popolazione: “Il livello di radiazioni è assolutamente nella norma. Il livello massimo di sicurezza consentito è di 50 micro Roentgen e nella zona di esclusione ora è di 21, a Kiev di 11”.
Parole sicuramente dettate dalla necessità di non creare un allarmismo diffuso e, per di più, difficile da gestire in futuro alla luce e con la consapevolezza che l’Ucraina ha scarse risorse economiche, scarsi mezzi, limitati volontari e addetti (molti di essi sono, infatti, impegnati nella guerra del Donbass).
Nonostante queste rassicurazioni, la realtà risulta diversa.
Si impongono queste riflessioni:
1. L’incendio di 400 ettari di boschi è un incendio di ampia scala e sicuramente ha causato un ri-fallout di radionuclidi. Nella nube sviluppatasi dai fumi dell’incendio sono presenti particelle respirabili di Stronzio, Cesio, differenti isotopi di Uranio e il terribile Americio 241. Precedenti incendi di entità inferiori nell’area di esclusione, sulla base delle osservazioni dello scienziato Thimoty A. Mousseau del Dipartimento di scienze Biologiche dell’Università della Carolina del Sud (Columbia), avevano provocato una propagazione secondaria dell' otto per cento delle radiazioni emesse dalla catastrofe alla centrale di Chernobyl.
2. La comunità internazionale, oltre a preoccuparsi dei finanziamenti per la nuova copertura del sarcofago di Chernobyl, dovrebbe da subito mettere a disposizione risorse per una task force permanente in grado di intervenire con celerità, mezzi e personale adeguati in caso di incendi. Nella zone di esclusione si sta assistendo (studi dell’équipe di Mousseau) a un mancato decadimento della materia organica che implica, a sua volta, una maggiore permanenza (rispetto a quella prevista) di radioattività negli alberi. Infatti nelle foreste “normali” gli alberi caduti al suolo si riducono in segatura nel giro di 10 anni, mentre nella zona di esclusione il tempo è pressoché raddoppiato. La ragione di questa mancato degrado nella zona di esclusione di Chernobyl è da ricercarsi nei microbi, batteri, funghi, vermi, insetti ed altri organismi viventi conosciuti come decompositori (perché si nutrono di organismi morti) e che, all’interno della zona, sono diminuiti e - quindi - non compiono correttamente il loro lavoro. Mousseau ed il suo team lo hanno scoperto dopo aver lasciato, nel corso del 2007, 600 sacchi pieni di foglie in una zona intorno a Chernobyl. Quando, l'anno seguente, hanno raccolto i campioni hanno scoperto che i sacchi posti in una zona senza radioattività contenevano foglie decomposte per il 70%-90%, mentre quelli posizionati in un ambiente contaminato lo erano solo per circa il 40%. A fronte di questi dati è legittima la preoccupazione sull’alta possibilità che gli incendi, nella zona di esclusione, possano diventare catastrofici.
3. Le parole del premier ucraino tendono a tranquillizzare, anche per il futuro, gli “eroici” pompieri che si sono prodigati per spegnere l’incendio. In situazioni di base, attorno alla zona di Chernobyl ci sono stazioni di vigili del fuoco pronti per prevenire un incendio boschivo al suo interno, ma non sono preparati per gestire quelli di grandi dimensioni, come quello occorso in questi giorni. Questi vigili del fuoco (come hanno dimostrato le immagini mentre erano all’opera) non dispongono di tute adeguatamente protettive e di respiratori. Attualmente monitorano le foreste con solo 6 torri di avvistamento e con un elicottero “occasionalmente disponibile”. Dispongono di un solo carro armato di fabbricazione sovietica adattato con una lama lunga 7 metri allo scopo di abbattere e rompere gli alberi morti che ostruiscono il passaggio sulle strade. Questi pompieri, intervenuti nel domare l’incendio (assieme a quelli aggiuntivi e “volontari” resisi necessari a causa della vastità dell’incendio), hanno sicuramente raggiunto nelle zone interessate e per il tempo della loro missione - nonostante i dati tranquillizzanti sui livelli di radioattività elencati da Yatseniuk - una dose aggiuntiva di inalazione rispetto “alla norma”. I nuclidi di plutonio hanno costituito il contributo preponderante della dose di inalazione.
4. Come al solito i dati che sono stati diffusi riguardano esclusivamente i livelli di contaminazione radioattiva “gamma aerea”. Dati teoricamentecorretti, ma ingannevoli: un irraggiamento esterno "debole", può risultare un irraggiamento interno "dannoso", come nel caso della presenza "poco rumorosa", ma molto tossica, del plutonio nell'aria. La preoccupazione è, quindi, data dalle ricadute al suolo e all’effetto di cumulo con i radionuclidi già presenti. Un maggior numero di radionuclidi (in qualità e quantità) sarà ora disponibile per l’alimentazione umana attraverso le colture, i prodotti del sottobosco, i pascoli e le varie preparazioni alimentari derivanti. Preoccupa, per esempio, l’incidenza negativa che aggraverà le conseguenze sanitarie dei residenti ai margini della zona di esclusione, come gli abitanti di Ivankov, una delle zone più colpite dal fallout di Chernobyl e in cui l’incidenza di tumori e patologie è elevata. Questi residenti, anche a causa dell’economia di guerra presente, stanno ricorrendo sempre di più ai prodotti spontanei della natura e della propria economia domestica. Il tutto mentre, dopo la crisi del Donbass, è diminuito- a causa di mancanza di risorse - il follow up socio- sanitario che in queste zone stava conducendo l’équipe del prof. Bandazhevsky. Un incendio le cui conseguenze si stanno abbattendo sui più deboli. Per di più i venti hanno spinto, nelle prime fasi, la nube radioattiva - formatasi dagli incendi - verso la Bielorussia causando una nuova ricontaminazione delle regioni che avevano già ricevuto il maggiore fallout dall’incidente di Chernobyl.
5. Nei giorni a venire, anche perché i piccoli focolai continueranno a rilasciare radioattività, la Comunità internazionale ha il dovere di seguire il percorso della nube, di metterla in relazione con le precipitazioni atmosferiche, di valutarne la composizione senza dimenticare di tenere in considerazione la presenza di plutonio: per quanto modestamente rintracciabile o rilevabile solo da deboli valori gamma, rimane, a dispetto di questa bassa attività, il nuclide più dannoso di tutti per la contaminazione interna (per esempio, come rilevato dagli studi dell’AIPRI, a differenza del Cesio è sufficiente pochissimo Plutonio per definire una zona come proibita: 5.000 Bq/m2 di Plutonio contro 550.000 Bq/m2 di Cesio137). Se necessario, quindi, deriva l’obbligo di lanciare una campagna di informazione e raccomandazioni per le popolazioni eventualmente interessate. Senza allarmismi, ma con chiarezza e responsabilità, senza le censure e l’occasionalità che si erano espresse 29 anni fa.
Il presidente di Mondo In Cammino
Massimo Bonfatti http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=2283.msg2599#msg2599
Il premier ucraino Yatseniuk ha reso noto che non c‘è alcun rischio radioattivo per la popolazione: “Il livello di radiazioni è assolutamente nella norma. Il livello massimo di sicurezza consentito è di 50 micro Roentgen e nella zona di esclusione ora è di 21, a Kiev di 11”.
Parole sicuramente dettate dalla necessità di non creare un allarmismo diffuso e, per di più, difficile da gestire in futuro alla luce e con la consapevolezza che l’Ucraina ha scarse risorse economiche, scarsi mezzi, limitati volontari e addetti (molti di essi sono, infatti, impegnati nella guerra del Donbass).
Nonostante queste rassicurazioni, la realtà risulta diversa.
Si impongono queste riflessioni:
1. L’incendio di 400 ettari di boschi è un incendio di ampia scala e sicuramente ha causato un ri-fallout di radionuclidi. Nella nube sviluppatasi dai fumi dell’incendio sono presenti particelle respirabili di Stronzio, Cesio, differenti isotopi di Uranio e il terribile Americio 241. Precedenti incendi di entità inferiori nell’area di esclusione, sulla base delle osservazioni dello scienziato Thimoty A. Mousseau del Dipartimento di scienze Biologiche dell’Università della Carolina del Sud (Columbia), avevano provocato una propagazione secondaria dell' otto per cento delle radiazioni emesse dalla catastrofe alla centrale di Chernobyl.
2. La comunità internazionale, oltre a preoccuparsi dei finanziamenti per la nuova copertura del sarcofago di Chernobyl, dovrebbe da subito mettere a disposizione risorse per una task force permanente in grado di intervenire con celerità, mezzi e personale adeguati in caso di incendi. Nella zone di esclusione si sta assistendo (studi dell’équipe di Mousseau) a un mancato decadimento della materia organica che implica, a sua volta, una maggiore permanenza (rispetto a quella prevista) di radioattività negli alberi. Infatti nelle foreste “normali” gli alberi caduti al suolo si riducono in segatura nel giro di 10 anni, mentre nella zona di esclusione il tempo è pressoché raddoppiato. La ragione di questa mancato degrado nella zona di esclusione di Chernobyl è da ricercarsi nei microbi, batteri, funghi, vermi, insetti ed altri organismi viventi conosciuti come decompositori (perché si nutrono di organismi morti) e che, all’interno della zona, sono diminuiti e - quindi - non compiono correttamente il loro lavoro. Mousseau ed il suo team lo hanno scoperto dopo aver lasciato, nel corso del 2007, 600 sacchi pieni di foglie in una zona intorno a Chernobyl. Quando, l'anno seguente, hanno raccolto i campioni hanno scoperto che i sacchi posti in una zona senza radioattività contenevano foglie decomposte per il 70%-90%, mentre quelli posizionati in un ambiente contaminato lo erano solo per circa il 40%. A fronte di questi dati è legittima la preoccupazione sull’alta possibilità che gli incendi, nella zona di esclusione, possano diventare catastrofici.
3. Le parole del premier ucraino tendono a tranquillizzare, anche per il futuro, gli “eroici” pompieri che si sono prodigati per spegnere l’incendio. In situazioni di base, attorno alla zona di Chernobyl ci sono stazioni di vigili del fuoco pronti per prevenire un incendio boschivo al suo interno, ma non sono preparati per gestire quelli di grandi dimensioni, come quello occorso in questi giorni. Questi vigili del fuoco (come hanno dimostrato le immagini mentre erano all’opera) non dispongono di tute adeguatamente protettive e di respiratori. Attualmente monitorano le foreste con solo 6 torri di avvistamento e con un elicottero “occasionalmente disponibile”. Dispongono di un solo carro armato di fabbricazione sovietica adattato con una lama lunga 7 metri allo scopo di abbattere e rompere gli alberi morti che ostruiscono il passaggio sulle strade. Questi pompieri, intervenuti nel domare l’incendio (assieme a quelli aggiuntivi e “volontari” resisi necessari a causa della vastità dell’incendio), hanno sicuramente raggiunto nelle zone interessate e per il tempo della loro missione - nonostante i dati tranquillizzanti sui livelli di radioattività elencati da Yatseniuk - una dose aggiuntiva di inalazione rispetto “alla norma”. I nuclidi di plutonio hanno costituito il contributo preponderante della dose di inalazione.
4. Come al solito i dati che sono stati diffusi riguardano esclusivamente i livelli di contaminazione radioattiva “gamma aerea”. Dati teoricamentecorretti, ma ingannevoli: un irraggiamento esterno "debole", può risultare un irraggiamento interno "dannoso", come nel caso della presenza "poco rumorosa", ma molto tossica, del plutonio nell'aria. La preoccupazione è, quindi, data dalle ricadute al suolo e all’effetto di cumulo con i radionuclidi già presenti. Un maggior numero di radionuclidi (in qualità e quantità) sarà ora disponibile per l’alimentazione umana attraverso le colture, i prodotti del sottobosco, i pascoli e le varie preparazioni alimentari derivanti. Preoccupa, per esempio, l’incidenza negativa che aggraverà le conseguenze sanitarie dei residenti ai margini della zona di esclusione, come gli abitanti di Ivankov, una delle zone più colpite dal fallout di Chernobyl e in cui l’incidenza di tumori e patologie è elevata. Questi residenti, anche a causa dell’economia di guerra presente, stanno ricorrendo sempre di più ai prodotti spontanei della natura e della propria economia domestica. Il tutto mentre, dopo la crisi del Donbass, è diminuito- a causa di mancanza di risorse - il follow up socio- sanitario che in queste zone stava conducendo l’équipe del prof. Bandazhevsky. Un incendio le cui conseguenze si stanno abbattendo sui più deboli. Per di più i venti hanno spinto, nelle prime fasi, la nube radioattiva - formatasi dagli incendi - verso la Bielorussia causando una nuova ricontaminazione delle regioni che avevano già ricevuto il maggiore fallout dall’incidente di Chernobyl.
5. Nei giorni a venire, anche perché i piccoli focolai continueranno a rilasciare radioattività, la Comunità internazionale ha il dovere di seguire il percorso della nube, di metterla in relazione con le precipitazioni atmosferiche, di valutarne la composizione senza dimenticare di tenere in considerazione la presenza di plutonio: per quanto modestamente rintracciabile o rilevabile solo da deboli valori gamma, rimane, a dispetto di questa bassa attività, il nuclide più dannoso di tutti per la contaminazione interna (per esempio, come rilevato dagli studi dell’AIPRI, a differenza del Cesio è sufficiente pochissimo Plutonio per definire una zona come proibita: 5.000 Bq/m2 di Plutonio contro 550.000 Bq/m2 di Cesio137). Se necessario, quindi, deriva l’obbligo di lanciare una campagna di informazione e raccomandazioni per le popolazioni eventualmente interessate. Senza allarmismi, ma con chiarezza e responsabilità, senza le censure e l’occasionalità che si erano espresse 29 anni fa.
Il presidente di Mondo In Cammino
Massimo Bonfatti http://www.progettohumus.it/public/forum/index.php?topic=2283.msg2599#msg2599
Ancora attacchi alle fonti rinnovabili: assoRinnovabili replica coi numeri
L'associazione di categoria replica agli attacchi di alcuni giornali fornendo numeri e benefici legati alla diffusione delle rinnovabili e spiegando, visto che molti fanno finta di dimenticarlo, che tecnologie come fotovoltaico, eolico, mini idro, al contrario delle fonti fossili, non producono alcun rilevante impatto ambientale e il loro costo sociale è praticamente nullo.
30 aprile 2015
assoRinnovabili con un comunicato stampa replica ad una serie di articoli, pubblicati su alcuni giornali (i soliti Libero e Corriere della Sera) dopo l'audizione tenuta del 22 aprile al Senato dal Presidente dell'Autorità per l'Energia, Guido Bortoni, che attaccavano le fonti di energia pulita. L'associazione di categoria stigmatizza innanzitutto il fatto che in Italia non vi sia un'adeguata politica energetica di lungo periodo che tenga in considerazione anche i nuovi target europei al 2030 su clima ed energia. Questo vuoto crea incertezza al sistema, peraltro spesso falcidiato da misure retroattive e negative per il sistema industriale e finanziario del Paese.
assoRinnovabili fa allora quella che molte associazioni e operatori del settore fanno solitamente, inascoltati da tempo: cercare di dare una dimensione economica realistica alla diffusione delle rinnovabili, snocciolando numeri e benefici, ma spiegando (molti lo dimenticano) che le rinnovabili, al contrario delle fonti fossili, non producono alcun impatto ambientale e il loro costo sociale è praticamente nullo.
Riprendiamo una parte del comunicato che affronta direttamente proprio l'accusa che alcuni muovono alle rinnovabili: gli ingenti incentivi ricevuti in questi ultimissimi anni.
E' innegabile - scrive assoRinnovabili - che sulla componente della bolletta A3incida il sostegno allo sviluppo delle fonti rinnovabili, un sostegno che negli ultimi anni ha raggiunto la cifra di circa 12 miliardi di euro (non 15 come riportato da Libero) e che per una famiglia media italiana si traduce in circa 90 € all'anno (ovvero 25 centesimi al giorno).
Occupazione da rinnovabili:
Si è permesso così al settore delle rinnovabili di nascere, crescere e di creare oltre80.000 posti di lavoro stabili, costituendo, pur con qualche errore, un caso di politica industriale di successo: si pensi al caso del fotovoltaico, che oggi non necessita di ulteriori incentivi per essere competitivo.
Riduzione prezzo elettricità all'ingrosso:
Allo stesso tempo proprio la crescita di alcune rinnovabili (come eolico, fotovoltaico e piccolo idroelettrico) ha contribuito alla riduzione del prezzo dell'energia elettrica all'ingrosso, che da circa 75 €/MWh nel 2011 è passato ai poco più di 50 €/MWh attuali. Si calcola che nel solo triennio 2012-14 l'apporto di eolico e fotovoltaico, che per loro natura hanno un costo variabile molto ridotto (non hanno costi di approvvigionamento a differenza delle energie fossili che bruciano materie prime costose e inquinanti), abbia comportato una riduzione di oltre 7,3 miliardi di euro sui prezzi dell'energia elettrica all'ingrosso.
Saldo costi-benefici:
Come dimostrano poi importanti studi indipendenti (Althesys e Agici), il saldo tra i costi sostenuti per lo sviluppo delle rinnovabili e i benefici che ne derivano è ampiamente positivo: attualizzando ad oggi i flussi è quantificabile tra i 30 e i 60 miliardi di euro, senza considerare i benefici per l'ambiente e quindi la salute che da soli valgono prudenzialmente tra i 2 e i 3 miliardi di euro all'anno.
Si parla cioè anche di benefici in termini di ricadute economiche e occupazionalilungo tutta la filiera: da qui al 2030, le attività dirette (generazione di energia) e indirette (installazione, manutenzione, approvvigionamenti di materie prime) garantiranno un valore aggiunto per l'Italia tra 136 e 174 miliardi di euro (fonte Althesys-Greenpeace).
Riduzione della dipendenza energetica dall'estero:
Con la crescita delle rinnovabili dimunuisce l'import energetico da paesi per lo più instabili dal punto di vista geopolitico (Russia, Libia, Iraq). In altri termini, i soldi spesi in forma d'incentivi per avviare la produzione e installare gli impianti saranno più che risparmiati domani in termini di minor "fattura energetica italiana" e maggiore indipendenza dall'estero. Una recente stima condotta dal New Climate Institute ha valutato in oltre 520 miliardi di $ all'anno il beneficio di tale voce per le tre principali economie del pianeta (UE, USA e Cina).
Sussidi alle fossili:
Se l'energia convenzionale costa meno di quella verde è perché gode di incentivi, tra diretti e indiretti, persino maggiori di quelli elargiti per la produzione di energia pulita.Gas, carbone e petrolio che inquinano l'aria, danneggiano la salute, e che sono la principale causa dei cambiamenti climatici hanno ricevuto nel 2013 oltre 12 miliardi di sussidi in Italia tra autotrasportatori, centrali a fonti fossili, imprese energivore, sconti e regali per le trivellazioni (fonte Legambiente). E a livello mondiale, purtroppo, la storia non cambia: le fossili hanno goduto da lungo tempo e godono ancora di sussidi che sono oltre 4 volte superiori (550 miliardi di dollari contro i 120 delle rinnovabili) agli incentivi che vengono erogati per promuovere le rinnovabili.
Esternalità non contabilizzate per le fonti fossili:
C'è un altro sostegno implicito di cui godono le fonti fossili: la socializzazione dei danni ambientali, sociali ed economici derivanti dalle loro esternalità negative in termini di impatto ambientale, cambiamento climatico e di danni alla salute umana. Produrre energia utilizzando le fonti fossili costa di più rispetto alla produzione da fonti rinnovabili. In particolare, vi è ampio consenso tra i tecnici e gli scienziati sul fatto che questi costi siano largamente maggiori rispetto all'attuale prezzo della CO2 nei mercati ETS e dovrebbero essere prudenzialmente non inferiori ai 40-45 euro per tonnellata di CO2 (secondo le stime del Governo Statunitense e della Commissione Europea). Un nuovo serio e dettagliato studio dell'Università di Stanford individua in addirittura 190 euro per tonnellata di CO2.
30 aprile 2015 http://www.qualenergia.it/articoli/20150430-ancora-attacchi-alle-fonti-rinnovabili-assorinnovabili-replica-coi-numeri?utm_medium=twitter&utm_source=twitterfeed
BONELLI: DA TARANTO E' PARTITA UNA NAVE CON 9.500 T CARICA DI POLVERINO DELL’ILVA DIRETTA AD AUGUSTA.
IMMORALE PORTARE I VELENI DI TARANTO NEL TRIANGOLO DELLA MORTE DI AUGUSTA–PRIOLO-MELILLI:UN TERRITORIO FORTEMENTE CONTAMINATO CON ALTO LIVELLO DI MORTALITA’. I VERDI SCRIVONO AL MINISTERO DELL’AMBIENTE
La Nave Rita BR è partita da Taranto diretta ad Augusta con 9.500 tonnellate di polverino derivante dalla lavorazione dell’acciaio all’Ilva di Taranto. Cos’è questo polverino? Polveri che vengono dall’altoforno, dall’agglomerato o dai camini ? Sono le polveri dei sacchi Big Bag ? Sono state effettuate delle analisi ? Contengono diossine ?
Proviamo a dare noi qualche risposta e la troviamo nelle carte processuali Ambiente Svenduto. Nel provvedimento di sequestro dell’area a caldo, il gip Todisco scrive infatti che «nella campagna di rilevazioni effettuate a giugno 2007 l'Arpa Puglia evidenziava una gestione illecita delle polveri degli elettrofiltri. Ovvero, evidenziava l'attribuzione di codici Cer per rifiuti non pericolosi a tali polveri che erano perciò smaltiti in una discarica sita all'interno dell'Ilva»… «le polveri derivanti dall'abbattimento dell'impianto di agglomerazione Ilva vengono classificate come rifiuto con codice Cer 100208 "rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi diversi da quelli di cui alla voce 100207" e pertanto come rifiuti "non pericolosi" e smaltiti in discarica per rifiuti non pericolosi di proprietà Ilva, all'interno dello stabilimento di Taranto». Per l’Arpa, però, «le polveri in realtà non potevano essere smaltite nei modi effettuati dall'Ilva trattandosi di rifiuti pericolosi (un campione) ovvero non pericolosi (tre campioni) da smaltire comunque in discariche per rifiuti pericolosi». Il giudice Todisco non usa parole tenere sulla vicenda. «La dissennata e criminale gestione delle polveri degli elettrofiltri appare in tutta la sua gravità - si legge nel provvedimento di sequestro dell’area a caldo - da un video allegato ad un esposto firmato da Angelo Bonelli e dai professori Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti nel quale è riportato un servizio filmato della Rai (TV7 – I figli dell’Ilva) mandato in onda il 9 marzo 2012 in cui è evidentissima la dispersione incontrollata di polveri che fuoriescono dai Big-Bag durante la loro movimentazione. Il video appare più eloquente di qualsiasi commento e lascia sconcertati ove si ponga mente alla circostanza che è proprio il contenuto di diossina di quelle polveri che è stato ritrovato nei terreni e negli animali». Polveri poi smaltite con modalità ancora da chiarire in luoghi probabilmente tutt’altro che idonei.
Ora 9.500 tonnellate di polverino, vengono inviate ad Augusta in un‘area che viene chiamata il triangolo della morte per la presenza del petrolchimico più grande d’Europa e dove, come a Taranto, c’è un altissimo livello di mortalità. Perché portare altri veleni ad Augusta-Priolo-Melilli in un territorio già gravemente contaminato e provato dall’inquinamento? In una lettera inviata al ministero dell’Ambiente chiedo che sia immediatamente ispezionata la nave e trovata una diversa soluzione. https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=827936803921494&id=141260049255843&substory_index=0
Proviamo a dare noi qualche risposta e la troviamo nelle carte processuali Ambiente Svenduto. Nel provvedimento di sequestro dell’area a caldo, il gip Todisco scrive infatti che «nella campagna di rilevazioni effettuate a giugno 2007 l'Arpa Puglia evidenziava una gestione illecita delle polveri degli elettrofiltri. Ovvero, evidenziava l'attribuzione di codici Cer per rifiuti non pericolosi a tali polveri che erano perciò smaltiti in una discarica sita all'interno dell'Ilva»… «le polveri derivanti dall'abbattimento dell'impianto di agglomerazione Ilva vengono classificate come rifiuto con codice Cer 100208 "rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi diversi da quelli di cui alla voce 100207" e pertanto come rifiuti "non pericolosi" e smaltiti in discarica per rifiuti non pericolosi di proprietà Ilva, all'interno dello stabilimento di Taranto». Per l’Arpa, però, «le polveri in realtà non potevano essere smaltite nei modi effettuati dall'Ilva trattandosi di rifiuti pericolosi (un campione) ovvero non pericolosi (tre campioni) da smaltire comunque in discariche per rifiuti pericolosi». Il giudice Todisco non usa parole tenere sulla vicenda. «La dissennata e criminale gestione delle polveri degli elettrofiltri appare in tutta la sua gravità - si legge nel provvedimento di sequestro dell’area a caldo - da un video allegato ad un esposto firmato da Angelo Bonelli e dai professori Fabio Matacchiera e Alessandro Marescotti nel quale è riportato un servizio filmato della Rai (TV7 – I figli dell’Ilva) mandato in onda il 9 marzo 2012 in cui è evidentissima la dispersione incontrollata di polveri che fuoriescono dai Big-Bag durante la loro movimentazione. Il video appare più eloquente di qualsiasi commento e lascia sconcertati ove si ponga mente alla circostanza che è proprio il contenuto di diossina di quelle polveri che è stato ritrovato nei terreni e negli animali». Polveri poi smaltite con modalità ancora da chiarire in luoghi probabilmente tutt’altro che idonei.
Ora 9.500 tonnellate di polverino, vengono inviate ad Augusta in un‘area che viene chiamata il triangolo della morte per la presenza del petrolchimico più grande d’Europa e dove, come a Taranto, c’è un altissimo livello di mortalità. Perché portare altri veleni ad Augusta-Priolo-Melilli in un territorio già gravemente contaminato e provato dall’inquinamento? In una lettera inviata al ministero dell’Ambiente chiedo che sia immediatamente ispezionata la nave e trovata una diversa soluzione. https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=827936803921494&id=141260049255843&substory_index=0
Elettrosmog: i cittadini portano il piano antenne davanti al Presidente della Repubblica Mattarella.
I motivi sul quale si basa il ricorso sono:
1) La scelta poco trasparente delle nuove 10 aree preferenziali (tra cui centri abitati e stadi comunali) molto vicine a strutture scolastiche, ospedali e luoghi maggiormente frequentati da bambini come gli stadi comunali.
2) Violazione della legge 36/2001 "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici" dove nell'art.14 troviamo:
"Le amministrazioni provinciali e comunali, al fine di esercitare le funzioni di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale per l'attuazione della presente legge, utilizzano le strutture delle Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, di cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61. Restano ferme le competenze in materia di vigilanza nei luoghi di lavoro attribuite dalle disposizioni vigenti."
Ovvero la legge impone l'intervento dell'ARPA Lazio in materia di vigilanza e controllo delle emissioni elettromagnetiche e non l'affidamento fiduciario a un privato.
Chiediamo come cittadini:
I) L'annullamento immediato del piano antenne comunale.
II) Un monitoraggio dell'ARPA Lazio sull'interno Comune di Albano Laziale (rispetto della delibera comunale n.61 del 4/8/11) che sia propedeutico per un reale studio della qualità dell'aria.
III) ridefinizione delle aree sensibili INSIEME AI CITTADINI
IV) convenzione con l'ARPA per un controllo duraturo sul territorio comunale.
V) Centraline H24 istallate su siti sensibili e vicino i tralicci sia nuovi sia già istallati.
A Maggio saranno presenti banchetti dell' associazione "Officina delle Idee" e verranno fatte assemblee per la raccolta firme a sostegno del ricorso https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10206570731696752&set=a.3874249464454.326515.1525203951&type=1
Non più bombe nucleari
Nei giorni 8 e 9 dicembre 2014 si è svolta a Vienna la Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, alla fine della quale l’Austria, paese ospitante, ha proposto a tutti i paesi di firmare un “Impegno”, l’“Austrian Pledge”, di colmare il vuoto giuridico che ancora impedisce il divieto e l’eliminazione delle armi nucleari.
All’invito hanno aderito finora 75 stati, fra cui la Santa Sede, San Marino e alcuni altri paesi europei. Non l’Italia. Chiediamo ad alta voce che anche l’Italia aderisca a tale “Impegno” e si attivi, nell’ambito della conferenza sulla vetrifica dell’attuazione del Trattato di non proliferazione nucleare (New York, 27 aprile—22 maggio 2015), perché vengano concretamente avviate le procedure previste dall’”Articolo VI” di tale trattato che impone ai paesi firmatari, fra cui l’Italia, l’obbligo di prendere iniziative per arrivare al disarmo nucleare “generale e completo”, “una volta per tutte”.
L’obbligo del rispetto di tale “Articolo VI” è ribadito anche nella sentenza del 8 luglio 1996 della Corte Internazionale di Giustizia che ha riconosciuto la illegalità dell’uso e della minaccia di uso delle armi nucleari.
Vittorio Agnoletto, Edy Paola Arnaud, Maria Cristina Bartolomei, Piero Basso, Felice Besostri, Franco Calamida, Enzo Ferrara, Roberto Fieschi, Teresa Isenburg, Giorgio Nebbia, Lidia Menapace, Gianni Novelli, Elena Paciotti, Silvano Piccardi, Pier Paolo Poggio, Guido Pollice, Giovanna Ricoveri, Erica Rodari, Salvatore Senese.
Per ulteriori adesioni:giovannaricoveri@gmail.com
Chernobyl: Greenpeace, da incendi rischio radioattività alta 'Potenzialmente equivalente a incidente nucleare rilevante'
Greenpeace stima che gli incendi in corso nei boschi attorno alla centrale nucleare di Cernobyl "rischiano di causare una notevole dispersione di radioattività". A causa della notevole contaminazione delle foreste e dei terreni attorno alla centrale, afferma l'associazione ambientalista, "i quantitativi totali di materiali radioattivi rilasciati da questi incendi potrebbero essere potenzialmente equivalenti a quelli di un incidente nucleare rilevante".
I primi incendi nell'area sono stati segnalati il 26 aprile, giorno dell'anniversario del disastro avvenuto nel 1986. "La radioattività è rilasciata in atmosfera dai fumi dell'incendio e dispersa a seconda dell'andamento dei venti, dell'altezza del pennacchio di fumo e altri fattori meteorologici - afferma l'associazione ambientalista - In incendi precedenti la radioattività è arrivata fino alla Turchia. Sulla base di dati satellitari, gli esperti di Greenpeace stimano che gli incendi abbiano interessato un'area complessiva di circa 13.300 ettari, di cui 4.100 ettari sono effettivamente andati a fuoco.
L'incendio non ha raggiunto, al momento, l'area più contaminata attorno alla centrale ma le fiamme sono adesso a 15-20 chilometri dal sito".
All'inizio di quest'anno è stata presentata un'analisi dettagliata sui rischi da incendio a Cernobyl: la conclusione, spiega Greenpeace, "è stata che nel caso peggiore il rilascio di radioattività in atmosfera potrebbe equivalere a un incidente di livello 6 della scala Ines (International Nuclear Events Scale).
Sia l'incidente di Cernobyl che quello di Fukushima sono stati collocati al livello 7 della scala Ines". Secondo l'associazione, "dopo ventinove anni, i rischi di rilascio di radioattività dall'area non sono sotto controllo e ciò può comportare ulteriori dispersioni di radioattività sull'Europa".
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
I primi incendi nell'area sono stati segnalati il 26 aprile, giorno dell'anniversario del disastro avvenuto nel 1986. "La radioattività è rilasciata in atmosfera dai fumi dell'incendio e dispersa a seconda dell'andamento dei venti, dell'altezza del pennacchio di fumo e altri fattori meteorologici - afferma l'associazione ambientalista - In incendi precedenti la radioattività è arrivata fino alla Turchia. Sulla base di dati satellitari, gli esperti di Greenpeace stimano che gli incendi abbiano interessato un'area complessiva di circa 13.300 ettari, di cui 4.100 ettari sono effettivamente andati a fuoco.
L'incendio non ha raggiunto, al momento, l'area più contaminata attorno alla centrale ma le fiamme sono adesso a 15-20 chilometri dal sito".
All'inizio di quest'anno è stata presentata un'analisi dettagliata sui rischi da incendio a Cernobyl: la conclusione, spiega Greenpeace, "è stata che nel caso peggiore il rilascio di radioattività in atmosfera potrebbe equivalere a un incidente di livello 6 della scala Ines (International Nuclear Events Scale).
Sia l'incidente di Cernobyl che quello di Fukushima sono stati collocati al livello 7 della scala Ines". Secondo l'associazione, "dopo ventinove anni, i rischi di rilascio di radioattività dall'area non sono sotto controllo e ciò può comportare ulteriori dispersioni di radioattività sull'Europa".
l'assalto delle centrali cancerogene a biogas e biomasse Wwf, 170 milioni di ettari di foreste a rischio entro 2030 Area come Germania, Francia, Spagna e Portogallo insieme
di Stefania Passarella
Un bosco esteso quanto Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme potrebbe essere spazzato via nel giro di un ventennio, mettendo a rischio aree del globo in cui vivono molte specie in via di estinzione, come oranghi e tigri. L'allarme deforestazione, con nuove e drammatiche proiezioni, arriva dal Wwf che punta il dito in particolare contro l'espansione dell'agricoltura. A scattare la fotografia dei polmoni verdi minacciati è il rapporto "Living Forests Report: Saving Forests at Risk" che il Wwf ha rilasciato in occasione del "Tropical Landscapes Summit" in corso a Giacarta, in Indonesia.
I numeri sono tutt'altro che incoraggianti. Tra il 2010 e il 2030 potranno andare persi 170 milioni di ettari di foreste nel globo. E se il trend in atto non viene fermato, entro il 2050 gli ettari persi arriveranno a 230 milioni. L'associazione avverte: entro il 2020 bisogna ridurre a zero questa perdita per evitare cambiamenti climatici pericolosi, nonché perdite economiche. Concentrare gli sforzi sulle aree più a rischio non è però un miraggio, visto che il rapporto individua 11 aree - di cui dieci nei tropici - in cui si concentrerà l'80% della perdita di foreste stimata per il 2030.
I polmoni verdi a rischio sono Amazzonia, Foresta atlantica e Gran Chaco, Borneo, Cerrado, Choco-Darien, Africa Orientale, Australia orientale, Greater Mekong, Nuova Guinea e Sumatra e il Bacino del Congo. In quest'ultimo, tra l'altro, si concentrerà la campagna di raccolta fondi del Wwf Italia a maggio. Sono aree preziose perché custodiscono la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo e sono fondamentali per molte comunità indigene. La principale causa di deforestazione citata dal rapporto è l'agricoltura in espansione: l'allevamento commerciale, la produzione di olio di palma e di soia, l'aumento di pratiche agricole che tagliano e bruciano le foreste.
Il taglio insostenibile e la raccolta della legna possono contribuire al degrado forestale, o la "morte da mille tagli", mentre le miniere, l'energia idroelettrica e altri progetti di infrastrutture portano nuove strade che aprono le foreste ai coloni e all'agricoltura. Le attività agricole, spiegano gli ambientalisti, oggi occupano il 38% della superficie delle terre emerse e costituiscono l'uso più vasto del suolo da parte dell'uomo. Non è un caso se appena ieri - in vista della sfida alimentare di una popolazione in costante crescita - il Wwf ha lanciato un programma ad hoc per Expo 2015, attraverso un'eco-agricoltura integrata nei processi circolari della natura e che elimini gli sprechi alimentari.
Un bosco esteso quanto Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme potrebbe essere spazzato via nel giro di un ventennio, mettendo a rischio aree del globo in cui vivono molte specie in via di estinzione, come oranghi e tigri. L'allarme deforestazione, con nuove e drammatiche proiezioni, arriva dal Wwf che punta il dito in particolare contro l'espansione dell'agricoltura. A scattare la fotografia dei polmoni verdi minacciati è il rapporto "Living Forests Report: Saving Forests at Risk" che il Wwf ha rilasciato in occasione del "Tropical Landscapes Summit" in corso a Giacarta, in Indonesia.
I numeri sono tutt'altro che incoraggianti. Tra il 2010 e il 2030 potranno andare persi 170 milioni di ettari di foreste nel globo. E se il trend in atto non viene fermato, entro il 2050 gli ettari persi arriveranno a 230 milioni. L'associazione avverte: entro il 2020 bisogna ridurre a zero questa perdita per evitare cambiamenti climatici pericolosi, nonché perdite economiche. Concentrare gli sforzi sulle aree più a rischio non è però un miraggio, visto che il rapporto individua 11 aree - di cui dieci nei tropici - in cui si concentrerà l'80% della perdita di foreste stimata per il 2030.
I polmoni verdi a rischio sono Amazzonia, Foresta atlantica e Gran Chaco, Borneo, Cerrado, Choco-Darien, Africa Orientale, Australia orientale, Greater Mekong, Nuova Guinea e Sumatra e il Bacino del Congo. In quest'ultimo, tra l'altro, si concentrerà la campagna di raccolta fondi del Wwf Italia a maggio. Sono aree preziose perché custodiscono la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo e sono fondamentali per molte comunità indigene. La principale causa di deforestazione citata dal rapporto è l'agricoltura in espansione: l'allevamento commerciale, la produzione di olio di palma e di soia, l'aumento di pratiche agricole che tagliano e bruciano le foreste.
Il taglio insostenibile e la raccolta della legna possono contribuire al degrado forestale, o la "morte da mille tagli", mentre le miniere, l'energia idroelettrica e altri progetti di infrastrutture portano nuove strade che aprono le foreste ai coloni e all'agricoltura. Le attività agricole, spiegano gli ambientalisti, oggi occupano il 38% della superficie delle terre emerse e costituiscono l'uso più vasto del suolo da parte dell'uomo. Non è un caso se appena ieri - in vista della sfida alimentare di una popolazione in costante crescita - il Wwf ha lanciato un programma ad hoc per Expo 2015, attraverso un'eco-agricoltura integrata nei processi circolari della natura e che elimini gli sprechi alimentari.
Clima, Papa vede Ban Ki-Moon. Enciclica a giugno Tra i due identità di vedute, intervenire con urgenza
di Manuela TulliUn'alleanza sul clima: ieri il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon è stato in Vaticano per un Summit sull'ambiente e ha incontrato Papa Francesco che sull'ecologia ha pronta un'Enciclica, in uscita a giugno, come ha riferito lo stesso numero uno delle Nazioni Unite. Tra i due una sostanziale identità di vedute sulla questione ambientale rispetto alla quale occorre intervenire con urgenza.
Sottolineando l'attesa per l'Enciclica e per l'intervento di Bergoglio al 'Palazzo di vetro' il 25 settembre, Ban Ki-Moon, ha avuto parole di elogio: "Papa Francesco è una delle voci morali più appassionate" nella difesa della terra e degli ultimi e "io plaudo alla sua leadership". Il pontefice nel documento sottolineerà, ha riferito ancora Ban, che "è necessario cambiare atteggiamenti, stili di vita, per incidere sui cambiamenti climatici". Lo conferma anche il cancelliere dell'Accademia Pontificia delle Scienze, mons. Marcelo Sanchez Sorondo: "La situazione della terra è descritta principalmente dalle scienze naturali e dalle scienze sociali. Quindi noi pensiamo che l'Enciclica toccherà questi due temi".
Al simposio, che si è tenuto alla Casina Pio IV all'interno delle mura vaticane, tantissime personalità, a partire dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Ma tra i partecipanti anche l'economista statunitense Jeffrey Sachs, l'ex premier Romano Prodi e il presidente dell'Ecuador Rafael Correa. Una delle relazioni principali è stata affidata al professor Sachs, direttore del Network Onu sullo sviluppo sostenibile nonché direttore dell'Earth Institute della Columbia University che, in più occasioni, e anche nel suo ultimo libro uscito in questo 2015, ha evidenziato tra i nodi da affrontare la sovrappopolazione del pianeta.
Tra gli interventi del summit in Vaticano anche quello del cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha messo in evidenza come la questione ambientale sia legata a doppio filo con quella morale: "Potremo affrontare questi problemi se, e solo se, il nostro atteggiamento sarà improntato alla questione morale e umana". Il cardinale ha fatto presente infatti che il progresso "ha un lato oscuro e costi inaccettabili". A fronte di una popolazione che sta sempre meglio, "troviamo profonde disparità con un grande numero di persone escluse e scartate, private della loro dignità".
Galletti, grande attesa per l’enciclica ambientale di Papa Francesco, alto viatico per Parigi
Tutto il mondo, di credenti e non credenti, attende la prossima enciclica di Papa Francesco sui temi dell’ambiente. Il Pontefice l’ha preannunciata nei giorni scorsi al segretario dell’Onu Ban Ki-Moon e sovente nei suoi interventi pubblici richiama al dovere della “protezione del Creato”. Lo afferma il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti osservando che "l’altissima autorità morale del Papa, la sua costante attenzione agli 'ultimi', il suo insistere sulla dimensione 'etica' del problema stanno rendendo questa Enciclica un punto di riferimento ancor prima che venga resa pubblica. Credo che, a pochi mesi dalla conferenza sul clima di Parigi, le parole del Pontefice rappresenteranno un impulso decisivo, un invito potente alla responsabilità dei governi del mondo, il più importante viatico a quell’accordo globale che è a portata di mano ma che ancora oggi non è scontato. Solo Papa Bergoglio può spiegare fino in fondo lo spessore morale dell’impegno che ci attende nella capitale francese. Sono convinto che il Pontefice, immenso pastore di anime, più e meglio di tutti gli altri saprà trovare gli argomenti più appropriati per spiegare ciò che tutti sappiamo ma che a volte fingiamo di dimenticare e cioè che salvare il pianeta significa non solo preservare la natura, le specie animali e vegetali, ma soprattutto salvare l’uomo. Significa costruire un futuro equo e sostenibile per tutti gli uomini e le donne della terra" conclude Galletti.
Sottolineando l'attesa per l'Enciclica e per l'intervento di Bergoglio al 'Palazzo di vetro' il 25 settembre, Ban Ki-Moon, ha avuto parole di elogio: "Papa Francesco è una delle voci morali più appassionate" nella difesa della terra e degli ultimi e "io plaudo alla sua leadership". Il pontefice nel documento sottolineerà, ha riferito ancora Ban, che "è necessario cambiare atteggiamenti, stili di vita, per incidere sui cambiamenti climatici". Lo conferma anche il cancelliere dell'Accademia Pontificia delle Scienze, mons. Marcelo Sanchez Sorondo: "La situazione della terra è descritta principalmente dalle scienze naturali e dalle scienze sociali. Quindi noi pensiamo che l'Enciclica toccherà questi due temi".
Al simposio, che si è tenuto alla Casina Pio IV all'interno delle mura vaticane, tantissime personalità, a partire dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Ma tra i partecipanti anche l'economista statunitense Jeffrey Sachs, l'ex premier Romano Prodi e il presidente dell'Ecuador Rafael Correa. Una delle relazioni principali è stata affidata al professor Sachs, direttore del Network Onu sullo sviluppo sostenibile nonché direttore dell'Earth Institute della Columbia University che, in più occasioni, e anche nel suo ultimo libro uscito in questo 2015, ha evidenziato tra i nodi da affrontare la sovrappopolazione del pianeta.
Tra gli interventi del summit in Vaticano anche quello del cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha messo in evidenza come la questione ambientale sia legata a doppio filo con quella morale: "Potremo affrontare questi problemi se, e solo se, il nostro atteggiamento sarà improntato alla questione morale e umana". Il cardinale ha fatto presente infatti che il progresso "ha un lato oscuro e costi inaccettabili". A fronte di una popolazione che sta sempre meglio, "troviamo profonde disparità con un grande numero di persone escluse e scartate, private della loro dignità".
Galletti, grande attesa per l’enciclica ambientale di Papa Francesco, alto viatico per Parigi
Tutto il mondo, di credenti e non credenti, attende la prossima enciclica di Papa Francesco sui temi dell’ambiente. Il Pontefice l’ha preannunciata nei giorni scorsi al segretario dell’Onu Ban Ki-Moon e sovente nei suoi interventi pubblici richiama al dovere della “protezione del Creato”. Lo afferma il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti osservando che "l’altissima autorità morale del Papa, la sua costante attenzione agli 'ultimi', il suo insistere sulla dimensione 'etica' del problema stanno rendendo questa Enciclica un punto di riferimento ancor prima che venga resa pubblica. Credo che, a pochi mesi dalla conferenza sul clima di Parigi, le parole del Pontefice rappresenteranno un impulso decisivo, un invito potente alla responsabilità dei governi del mondo, il più importante viatico a quell’accordo globale che è a portata di mano ma che ancora oggi non è scontato. Solo Papa Bergoglio può spiegare fino in fondo lo spessore morale dell’impegno che ci attende nella capitale francese. Sono convinto che il Pontefice, immenso pastore di anime, più e meglio di tutti gli altri saprà trovare gli argomenti più appropriati per spiegare ciò che tutti sappiamo ma che a volte fingiamo di dimenticare e cioè che salvare il pianeta significa non solo preservare la natura, le specie animali e vegetali, ma soprattutto salvare l’uomo. Significa costruire un futuro equo e sostenibile per tutti gli uomini e le donne della terra" conclude Galletti.
Governo ha approvato progetto gasdotto Tap Vendola, nonostante il no della Regione Puglia
"Il governo ha approvato il progetto del gasdotto Tap con approdo a Melendugno nonostante il diniego della Regione Puglia". Lo ha detto il governatore pugliese Nichi Vendola al termine dell'incontro a Palazzo Chigi. Il presidente della Regione era stato convocato in consiglio dei ministri per parlare del gasdotto.
"Vorrei ribadire però ancora una volta - precisa Vendola - che la nostra posizione non è mai stata una posizione ideologica. Noi non abbiamo mai espresso un diniego preventivo, anzi abbiamo sempre detto di essere favorevoli a contribuire al mix delle fonti energetiche, anche attraverso la realizzazione del gasdotto. La contrarietà è riferita esplicitamente all'approdo a Melendugno che abbiamo sempre considerato il peggiore tra le opzioni possibili. Per noi le grandi opere si possono realizzare a patto che ci sia la validazione democratica, ambientale e tecnico scientifica. Invece – conclude il governatore – questo è un progetto fatto sulla testa dei territori, un progetto che va avanti nonostante il rifiuto dei territori e nonostante anche il tentativo della Regione di favorire il coinvolgimento, da parte del Governo, delle autonomie locali. Mi sembra che rappresenti davvero una punizione enorme per una Regione che ha dato, e continua a dare, un importante contributo alla produzione, alla distribuzione e al trasporto dell'energia all’intero paese”.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
"Il governo ha approvato il progetto del gasdotto Tap con approdo a Melendugno nonostante il diniego della Regione Puglia". Lo ha detto il governatore pugliese Nichi Vendola al termine dell'incontro a Palazzo Chigi. Il presidente della Regione era stato convocato in consiglio dei ministri per parlare del gasdotto.
"Vorrei ribadire però ancora una volta - precisa Vendola - che la nostra posizione non è mai stata una posizione ideologica. Noi non abbiamo mai espresso un diniego preventivo, anzi abbiamo sempre detto di essere favorevoli a contribuire al mix delle fonti energetiche, anche attraverso la realizzazione del gasdotto. La contrarietà è riferita esplicitamente all'approdo a Melendugno che abbiamo sempre considerato il peggiore tra le opzioni possibili. Per noi le grandi opere si possono realizzare a patto che ci sia la validazione democratica, ambientale e tecnico scientifica. Invece – conclude il governatore – questo è un progetto fatto sulla testa dei territori, un progetto che va avanti nonostante il rifiuto dei territori e nonostante anche il tentativo della Regione di favorire il coinvolgimento, da parte del Governo, delle autonomie locali. Mi sembra che rappresenti davvero una punizione enorme per una Regione che ha dato, e continua a dare, un importante contributo alla produzione, alla distribuzione e al trasporto dell'energia all’intero paese”.
"Vorrei ribadire però ancora una volta - precisa Vendola - che la nostra posizione non è mai stata una posizione ideologica. Noi non abbiamo mai espresso un diniego preventivo, anzi abbiamo sempre detto di essere favorevoli a contribuire al mix delle fonti energetiche, anche attraverso la realizzazione del gasdotto. La contrarietà è riferita esplicitamente all'approdo a Melendugno che abbiamo sempre considerato il peggiore tra le opzioni possibili. Per noi le grandi opere si possono realizzare a patto che ci sia la validazione democratica, ambientale e tecnico scientifica. Invece – conclude il governatore – questo è un progetto fatto sulla testa dei territori, un progetto che va avanti nonostante il rifiuto dei territori e nonostante anche il tentativo della Regione di favorire il coinvolgimento, da parte del Governo, delle autonomie locali. Mi sembra che rappresenti davvero una punizione enorme per una Regione che ha dato, e continua a dare, un importante contributo alla produzione, alla distribuzione e al trasporto dell'energia all’intero paese”.
Italicum e governo Renzi: la scandalosa fiducia dei tengo famiglia
Primo via libera dell’aula della Camera all’Italicum. 90 tra bersaniani, lettini e cuperliani mollano la Ditta e passano con Renzi. Bersani, Letta e Cuperlo non votano. Nessuno dice No. Regna il terrore per le liste alle prossime elezioni. Il premier pronto a far risorgere il Patto del Nazareno con Berlusconi
Politica
Il governo incassa il primo sì all’Italicum. La fiducia passa con 352 sì e 207 no. Il fronte dei cosiddetti dissidenti Pd si spacca e 38 deputati, tra cui l’ex segretario Bersani e l’ex capogruppo Speranza scelgono di non votare. Al contrario, 50 dissidenti di Area riformista rientrano nei ranghi e con un documento, annunciato da Matteo Mauri, definiscono la fiducia un “errore” ma aggiungono che “sarebbe da irresponsabili non votarla”
L'assessore Civita che non ha incontrato i cittadini di Borgo Montello e non risponde alle interrogazioni del M5S: rifiuti e urbanistica, accordo in regione Lazio. Fazzone (senatore) stronca il sindaco di Latina Di Giorgi, perchè non sa fare il sindaco: sancita la rottura nella maggioranza di destra con l'amministrazione appesa ad un filo.Tassi fino al 270% condannato un usuraio di Fondi. Luci ad Aprilia mancano i soldi affare da privati
tratto da IL GIORNALE DI LATINA
PRIMA PAGINA DEL 30 APRILE IN EDICOLA https://www.facebook.com/www.ilgiornaledilatina.it/photos/a.603383373072304.1073741828.602561603154481/797011033709536/?type=1&theater
PRIMA PAGINA DEL 30 APRILE IN EDICOLA https://www.facebook.com/www.ilgiornaledilatina.it/photos/a.603383373072304.1073741828.602561603154481/797011033709536/?type=1&theater
la provincia di Latina e la crisi: in 38 mila sono senza lavoro. Da Aprilia a Sermoneta vince l'omertà. Scandalo sezione fallimenti al tribunale di Latina nel caso Lollo contestati gli incarichi. a Terracina clienti truffati con le tasse, gli indagati in tribunale. A Sabaudia una tonnellata di ostriche illegali
tratto da Pagina Ufficiale di LATINA OGGI, il Primo Quotidiano di Latina e Provincia, tutti i giorni in edicola
tratto da https://www.facebook.com/latinaoggieditoriale/photos/a.137264413146362.1073741829.136411303231673/391064407766360/?type=1&theater
tratto da https://www.facebook.com/latinaoggieditoriale/photos/a.137264413146362.1073741829.136411303231673/391064407766360/?type=1&theater
mercoledì 29 aprile 2015
Processo Cerroni, Zingaretti&Co a deporre. Indagato l'accusatore del "supremo"
https://www.facebook.com/andrea.avagliano.9/posts/690036481102881:1?__mref=message_bubble
#monnezzastory. Il dirigente regionale dei Rifiuti, De Filippis chiede di trascrivere le intercettazioni dei colloqui con Nicola Zingaretti, Maurizio Venafro e Michele Civita, nonchè Esterino Montino, per spiegare la volontà politica di far costruire il termovalorizzatore di Albano al gruppo Colari. E questo per scagionarsi dall'accusa di associazione a delinquere. Intanto la Procura di Latina indaga il titolare della Rida, Fabio Altissimi, per truffa. Avrebbe "taroccato" la quantità di rifiuti smaltiti. Dalle sue denunce è partita l'indagine su "monnezzopoli"
Giovedì, 23 aprile 2015 - 17:10:00
#monnezzastory. Il dirigente regionale dei Rifiuti, De Filippis chiede di trascrivere le intercettazioni dei colloqui con Nicola Zingaretti, Maurizio Venafro e Michele Civita, nonchè Esterino Montino, per spiegare la volontà politica di far costruire il termovalorizzatore di Albano al gruppo Colari. E questo per scagionarsi dall'accusa di associazione a delinquere. Intanto la Procura di Latina indaga il titolare della Rida, Fabio Altissimi, per truffa. Avrebbe "taroccato" la quantità di rifiuti smaltiti. Dalle sue denunce è partita l'indagine su "monnezzopoli"
Giovedì, 23 aprile 2015 - 17:10:00
di Valentina Renzopaoli
Colpo di scena nella diciottesima udienza del “processo Cerroni”. Nel giorno della scadenza del termine per la richiesta di trascrizione delle intercettazioni da parte della difesa, l'avvocato Antonio Panella, legale del funzionario regionale del settore Rifiuti, Raniero De Filippis, chiede di poter chiamare al banco dei testimoni addirittura Nicola Zingaretti. La richiesta fa riferimento a fatti avvenuti nel 2008, quando l'attuale presidente della Regione Lazio era presidente della Provincia di Roma e di segretario regionale del Partito Democratico. Insieme a lui, altri tre nomi eccellenti: Michele Civita, allora assessore ai Rifiuti della Provincia, Esterino Montino Vice Presidente della Regione Lazio e Maurizio Venafro, capo di Gabinetto della Regione Lazio, attualmente indagato dalla Procura di Roma per un'inchiesta legata a Mafia Capitale.
Il difensore di De Filippis, accusato insieme al “re” di Malagrotta Manlio Cerroni e ad altri cinque imputati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, ha chiesto la trascrizione di venti nuove telefonate. Dalle conversazioni risulterebbe in modo esplicito la volontà da parte delle allora amministrazioni regionali e provinciali di far realizzare l'impianto di termovalorizzazione di Albano a società del gruppo Cerroni. Nicola Zingaretti, dunque, sarebbe chiamato a riferire sulle attività della Provincia sulle autorizzazioni e i pareri necessari per la realizzazione dell'impianto. Così come Esterino Montino sarebbe chiamato a spiegare in particolare laa proposta del piano rifiuti elaborata dalla Regione. Sulla richiesta dell'avvocato Panella dovrà esprimersi il collegio giudicante presieduto da Giuseppe Mezzofiore.
Quindi il secondo colpo di scena. Tra le richieste di trascrizioni che giovedì lo staff dei legali ha depositato, una buona parte riguarda una serie di intercettazioni telefoniche di Fabio Altissimi, titolare della Rida Ambiente che gestisce l'impianto di Tmb di Aprilia. Conosciuto ormai come “il grande accusatore”, è lui che con le sue denunce ha permesso l'avvio delle indagini e ora rischia ora di finire nel “tritacarne” giudiziario. La Procura di Latina infatti ha aperto un fascicolo proprio sulla Rida Ambiente, per verificare la congruità delle tariffe applicate ai Comuni per conferire spazzatura nell'impianto di Aprilia. La notizia, riportata solo dal Giornale di Latina e coperta da un velo, aprirebbe nuovi e inaspettati scenari.
In sostanza, il sospetto del sostituto procuratore pontino, Cristina Pigozzo è che l'azienda guidata da Fabio Altissimi possa aver dichiarato quantitativi di rifiuti diversi da quelli effettivamente trattati, in modo da garantirsi un extraguadagno. A Latina, quindi è in corso una sorta di inchiesta parallela alla “monnezzastory”, in cui il grande accusatore si potrebbe trasformare nel grande accusato. Anche lui per truffa come Cerroni e i suoi dirigenti.
Altissimi, atteso per le prossime settimane nell'aula di piazzale Clodio, chiamato a testimoniare dal pm Alberto Galanti, potrebbe a questo punto decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il silenzio del "grande accusatore" che con le sue denunce ai carabinieri ha dato il via all'inchiesta, per la Procura sarebbe un vero tsunami.
Il difensore di De Filippis, accusato insieme al “re” di Malagrotta Manlio Cerroni e ad altri cinque imputati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, ha chiesto la trascrizione di venti nuove telefonate. Dalle conversazioni risulterebbe in modo esplicito la volontà da parte delle allora amministrazioni regionali e provinciali di far realizzare l'impianto di termovalorizzazione di Albano a società del gruppo Cerroni. Nicola Zingaretti, dunque, sarebbe chiamato a riferire sulle attività della Provincia sulle autorizzazioni e i pareri necessari per la realizzazione dell'impianto. Così come Esterino Montino sarebbe chiamato a spiegare in particolare laa proposta del piano rifiuti elaborata dalla Regione. Sulla richiesta dell'avvocato Panella dovrà esprimersi il collegio giudicante presieduto da Giuseppe Mezzofiore.
Quindi il secondo colpo di scena. Tra le richieste di trascrizioni che giovedì lo staff dei legali ha depositato, una buona parte riguarda una serie di intercettazioni telefoniche di Fabio Altissimi, titolare della Rida Ambiente che gestisce l'impianto di Tmb di Aprilia. Conosciuto ormai come “il grande accusatore”, è lui che con le sue denunce ha permesso l'avvio delle indagini e ora rischia ora di finire nel “tritacarne” giudiziario. La Procura di Latina infatti ha aperto un fascicolo proprio sulla Rida Ambiente, per verificare la congruità delle tariffe applicate ai Comuni per conferire spazzatura nell'impianto di Aprilia. La notizia, riportata solo dal Giornale di Latina e coperta da un velo, aprirebbe nuovi e inaspettati scenari.
In sostanza, il sospetto del sostituto procuratore pontino, Cristina Pigozzo è che l'azienda guidata da Fabio Altissimi possa aver dichiarato quantitativi di rifiuti diversi da quelli effettivamente trattati, in modo da garantirsi un extraguadagno. A Latina, quindi è in corso una sorta di inchiesta parallela alla “monnezzastory”, in cui il grande accusatore si potrebbe trasformare nel grande accusato. Anche lui per truffa come Cerroni e i suoi dirigenti.
Altissimi, atteso per le prossime settimane nell'aula di piazzale Clodio, chiamato a testimoniare dal pm Alberto Galanti, potrebbe a questo punto decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il silenzio del "grande accusatore" che con le sue denunce ai carabinieri ha dato il via all'inchiesta, per la Procura sarebbe un vero tsunami.
Tap, via libera del governo al gasdotto. Ignorato parere della Regione Puglia
La mega-condotta dalla Turchia all'Italia è stata autorizzata dal Consiglio dei Ministri nonostante il no dell'amministrazione regionale, il cui parere non era vincolante. Il presidente Vendola ha partecipato alla riunione spiegando le ragioni del dissenso Il governo ha dato il via libera alla autorizzazione per la realizzazione del gasdotto TAP (Trans Adriatic Pipeline) di interconnessione delle reti di trasporto del gas dalla Turchiaall’Italia. Nonostante il parere sfavorevole (e non vincolante) espresso dalla Regione Puglia, il progetto si porterà avanti “nel pieno rispetto della tutela ambientale”. Così si legge nel comunicato finale sulla riunione del governo, in cui si sottolinea che il Presidente Nichi Vendola ha partecipato alla riunione e ha illustrato le ragioni del dissenso.
“Con la decisione odierna – evidenzia palazzo Chigi – il Consiglio dei Ministri ha ribadito all’unanimità la rilevanza del gasdotto sotto il profilo della necessità di una diversificazione delle forniture energetiche, anche alla luce dell’esigenza di aprire un nuovo corridoio energetico per importare il gas prodotto nell’area del Mar Caspio in Italia e in Europa, in ottemperanza ad obblighi comunitari e internazionali assunti dall’Italia”.
Il governo assicura che il progetto sarà portato avanti tenendo conto di tutte le prescrizioni previste dalle amministrazioni intervenute nel procedimento e che si provvederà anche ad adottare le misure per massimizzare le ricadute positive sull’economia del territorio e sulla attività tipiche locali. “L’infrastruttura ha conosciuto una lunga elaborazione – si legge nella nota – e un’istruttoria complessa, durata alcuni anni, che ne ha vagliato in maniera approfondita tutti gli aspetti, a partire dalla compatibilità ambientale”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/29/tap-via-libera-del-governo-al-gasdotto-ignorato-parere-della-regione-puglia/1638223/
di F. Q. | 29 aprile 2015