di Stefania Passarella
Un bosco esteso quanto Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme potrebbe essere spazzato via nel giro di un ventennio, mettendo a rischio aree del globo in cui vivono molte specie in via di estinzione, come oranghi e tigri. L'allarme deforestazione, con nuove e drammatiche proiezioni, arriva dal Wwf che punta il dito in particolare contro l'espansione dell'agricoltura. A scattare la fotografia dei polmoni verdi minacciati è il rapporto "Living Forests Report: Saving Forests at Risk" che il Wwf ha rilasciato in occasione del "Tropical Landscapes Summit" in corso a Giacarta, in Indonesia.
I numeri sono tutt'altro che incoraggianti. Tra il 2010 e il 2030 potranno andare persi 170 milioni di ettari di foreste nel globo. E se il trend in atto non viene fermato, entro il 2050 gli ettari persi arriveranno a 230 milioni. L'associazione avverte: entro il 2020 bisogna ridurre a zero questa perdita per evitare cambiamenti climatici pericolosi, nonché perdite economiche. Concentrare gli sforzi sulle aree più a rischio non è però un miraggio, visto che il rapporto individua 11 aree - di cui dieci nei tropici - in cui si concentrerà l'80% della perdita di foreste stimata per il 2030.
I polmoni verdi a rischio sono Amazzonia, Foresta atlantica e Gran Chaco, Borneo, Cerrado, Choco-Darien, Africa Orientale, Australia orientale, Greater Mekong, Nuova Guinea e Sumatra e il Bacino del Congo. In quest'ultimo, tra l'altro, si concentrerà la campagna di raccolta fondi del Wwf Italia a maggio. Sono aree preziose perché custodiscono la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo e sono fondamentali per molte comunità indigene. La principale causa di deforestazione citata dal rapporto è l'agricoltura in espansione: l'allevamento commerciale, la produzione di olio di palma e di soia, l'aumento di pratiche agricole che tagliano e bruciano le foreste.
Il taglio insostenibile e la raccolta della legna possono contribuire al degrado forestale, o la "morte da mille tagli", mentre le miniere, l'energia idroelettrica e altri progetti di infrastrutture portano nuove strade che aprono le foreste ai coloni e all'agricoltura. Le attività agricole, spiegano gli ambientalisti, oggi occupano il 38% della superficie delle terre emerse e costituiscono l'uso più vasto del suolo da parte dell'uomo. Non è un caso se appena ieri - in vista della sfida alimentare di una popolazione in costante crescita - il Wwf ha lanciato un programma ad hoc per Expo 2015, attraverso un'eco-agricoltura integrata nei processi circolari della natura e che elimini gli sprechi alimentari.
Un bosco esteso quanto Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme potrebbe essere spazzato via nel giro di un ventennio, mettendo a rischio aree del globo in cui vivono molte specie in via di estinzione, come oranghi e tigri. L'allarme deforestazione, con nuove e drammatiche proiezioni, arriva dal Wwf che punta il dito in particolare contro l'espansione dell'agricoltura. A scattare la fotografia dei polmoni verdi minacciati è il rapporto "Living Forests Report: Saving Forests at Risk" che il Wwf ha rilasciato in occasione del "Tropical Landscapes Summit" in corso a Giacarta, in Indonesia.
I numeri sono tutt'altro che incoraggianti. Tra il 2010 e il 2030 potranno andare persi 170 milioni di ettari di foreste nel globo. E se il trend in atto non viene fermato, entro il 2050 gli ettari persi arriveranno a 230 milioni. L'associazione avverte: entro il 2020 bisogna ridurre a zero questa perdita per evitare cambiamenti climatici pericolosi, nonché perdite economiche. Concentrare gli sforzi sulle aree più a rischio non è però un miraggio, visto che il rapporto individua 11 aree - di cui dieci nei tropici - in cui si concentrerà l'80% della perdita di foreste stimata per il 2030.
I polmoni verdi a rischio sono Amazzonia, Foresta atlantica e Gran Chaco, Borneo, Cerrado, Choco-Darien, Africa Orientale, Australia orientale, Greater Mekong, Nuova Guinea e Sumatra e il Bacino del Congo. In quest'ultimo, tra l'altro, si concentrerà la campagna di raccolta fondi del Wwf Italia a maggio. Sono aree preziose perché custodiscono la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo e sono fondamentali per molte comunità indigene. La principale causa di deforestazione citata dal rapporto è l'agricoltura in espansione: l'allevamento commerciale, la produzione di olio di palma e di soia, l'aumento di pratiche agricole che tagliano e bruciano le foreste.
Il taglio insostenibile e la raccolta della legna possono contribuire al degrado forestale, o la "morte da mille tagli", mentre le miniere, l'energia idroelettrica e altri progetti di infrastrutture portano nuove strade che aprono le foreste ai coloni e all'agricoltura. Le attività agricole, spiegano gli ambientalisti, oggi occupano il 38% della superficie delle terre emerse e costituiscono l'uso più vasto del suolo da parte dell'uomo. Non è un caso se appena ieri - in vista della sfida alimentare di una popolazione in costante crescita - il Wwf ha lanciato un programma ad hoc per Expo 2015, attraverso un'eco-agricoltura integrata nei processi circolari della natura e che elimini gli sprechi alimentari.
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