IL PROCURATORE CHE INDAGA SUI MORTI DELLA CENTRALE TIRRENO POWER: “HO LA SENSAZIONE
CHE LA VERA CONTROPARTE NELL’INCHIESTA SIANO REGIONE E COMUNI, NON L’A Z I E N DA” TUTTI COINVOLTI
Indagati anche i politici.
Dalle intercettazioni
elementi per aprire
fascicoli sugli appalti
Costa Concordia
e alluvione 2014
di Ferruccio Sansa
L
a vera controparte” nell’inchiesta
“sono diventati la Regione Liguria, i
Comuni, la Provincia. Io non mi meraviglio
che l’amministratore delegato
di Tirreno Power ce la metta tutta per
dimostrare la sua innocenza, ma anche per riaprire
l’azienda. Se, invece, questo lo fanno le
istituzioni, mi crea un certo imbarazzo”. 22
gennaio 2015: davanti alla Commissione Parlamentare
sui rifiuti si presenta il procuratore
di Savona, Francantonio Granero. Comincia
un’audizione che è un macigno nello stagno
della politica ligure. Parla di rifiuti, ma soprattutto
della centrale a carbone di Vado Ligure.
Le parole di Granero chiamano in causa le istituzioni.
Soprattutto la Regione – il presidente
Claudio Burlando è indagato per concorso in
disastro ambientale doloso – e i Comuni della
zona. Granero: “Sono state fatte moltissime intercettazioni,
da cui derivano prove dirette di
condotte che vanno a integrare l’ipotesi di reato
contestato… Ci siamo resi conto che tutto ciò
che veniva architettato e deciso era fatto per
eludere, non per risolvere”. È
noto che tutte le forze politiche
– tranne M5S, parte della
sinistra e Verdi – hanno assunto
posizioni vicine a Tirreno
Power (in passato controllata
dal gruppo di Carlo De
Benedetti). Non solo: Tirreno
Power ha sponsorizzato iniziative
del Comune di Savona
(centrosinistra). Impossibile
sapere, finora, se abbia anche
finanziato partiti e campagne
elettorali. Per non dire, ovviamente,
delle associazioni degli
industriali: sempre a favore
della centrale. Motivo ufficiale era la difesa dei
posti di lavoro. Ma anche su questo Granero ha
una versione diversa: “Insieme alla collega
Chiara Maria Paolucci, avevamo la sensazione
di essere gli unici due che davvero si preoccupassero
dei lavoratori. Questi sembravano
una variabile inesistente”.
AGGIUNGE il procuratore: “Ci risulta dai verbali
del Cda che già nel 2012, o forse addirittura
nel 2011, fosse previsto il licenziamento di quelle
116 persone che sono state poi licenziate nel
2014, dopo il sequestro. Non sono state licenziate
perché c’è stato il sequestro preventivo”.
Ancora Granero: “Ci sono grossissime difficoltà
che emergono dalle scritture contabili
dell’azienda, oltre che dalle intercettazioni, circa
la liquidità del socio italiano, che è Sorgenia –
in realtà Sorgenia e poi Cir – con un’esposizione
bancaria tra 700 e i 900 milioni”.
Ma gli operai oltre ai cittadini dovevano preoccuparsi
anche della propria sopravvivenza:
“Abbiamo un numero di morti che non è inferiore
a 440, riferiti solo alla centrale. Inoltre,
registriamo 1.900 ricoveri per malattie cardiovascolari
e respiratorie, esclusi i tumori. È certo
che il carbone e la sua combustione provocano
il tumore”. Addirittura emerge il dubbio che la
centrale bruciasse anche rifiuti. Granero: “Non
ho ancora avuto modo di accertarlo. È un sospetto”.
La relazione di Granero è un quadro
devastante sulla gestione dei rifiuti in Liguria e
sulle infiltrazioni mafiose: “La mia sensazione è
che non ci sia una sola cava o una sola discarica
che sia completamente in regola. Lei mi dovrebbe
chiedere: «Lei che cosa fa?» Mi creda,
tutto quello che siamo riusciti a fare – noi siamo
sette – lo stiamo facendo”. È un susseguirsi di
allarmi: cave gestite da mafiosi, cokerie con impianti
ottocenteschi.
Il presidente della Regione Claudio Burlando,
anche lui sentito dalla Commissione, ricostruisce
la gestione dei rifiuti in Liguria.
Si sofferma sulla figura
dell’imprenditore Gino Mamone,
arrestato mesi fa per appalti
anche legati all’alluvione.
Mamone era il re degli appalti
pubblici per bonifiche e gestione
rifiuti; mai indagato per
mafia, secondo le informative
della Finanza, era però il “pun -
to di contatto” tra politica e
ambienti ‘ndranghetisti e aveva legami con Burlando e il
presidente del porto di Genova,
Luigi Merlo (marito di Raffaella Paita, candidata
Pd alle regionali): “Alcuni di questi appalti
– spiega Burlando – sono stati vinti da
Eco.ge, che successivamente è stata segnalata
come azienda da monitorare, anche se non ha
mai avuto misure interdittive per la partecipazione
ad appalti pubblici”. Burlando racconta
di aver chiesto un parere al prefetto. Aggiunge
un passaggio che pare quasi difendere Mamone:
“Questa impresa per anni e anni è stata nel
limbo. Nel frattempo, è andata a rotoli e i lavoratori
stanno perdendo il lavoro. Peraltro,
tutti quelli che hanno avuto a che fare con questa
impresa ne sottolineavano la preparazione
tecnica”.
Il governatore nell’audizione non fa cenno al
fatto che Mamone e la sua società hanno finanziato
l’associazione Maestrale dello stesso
Burlando. Così come tace sull’inchiesta della
procura di Genova su un possibile ricatto di
Mamone ai danni di Burlando. Dice Gino Mamone
in un’intercettazione: “Digli a Burlandino
che Gino sta chiudendo, che poi va da
Pinto (il pm, ndr), non ti preoccupare che gli
viene il cagotto”.
E SU VADO? Burlando dichiara: “Il procuratore
ha una perizia che dice bianco e noi abbiamo dei
pareri degli uffici che non dicono beige, ma
nero. Come faccio io, a cuor leggero, a fare un
atto che comporta che 500 persone vadano a
casa con il dato che mi fornisce la struttura?”.
Burlando pare addirittura replicare al pm: “È un
abuso d’ufficio decretare la chiusura della centrale
con uffici che indicano che questa centrale
potrebbe andare avanti”. Ora le intercettazioni
diranno cosa si nasconde dietro i fumi di Vado.
E non solo. Dalle conversazioni registrate la
procura di Genova aprirà altri fascicoli su appalti
miliardari: Costa Concordia, alluvione
2014, Gronda autostradale (una grande opera
molto contestata) e discarica di Scarpino. il fatto quotidiano 1 marzo 2015
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