Quindici operai morti, almeno 150 malati e un intero quartiere a rischio avvelenamento. È il tragico bilancio portato alla luce dall'inchiesta sull'Isochimica, l'azienda di Avellino dove negli anni '80 i lavoratori erano assunti per rimuovere a mani nude la fibra killer dai treni. Perché oltre allo scandalo Eternit in Italia ci sono ancora centinaia di siti da bonificare e migliaia di persone che rischiano di essere contaminate
Chissà se oggi il titolare dell'Isochimica, l'ormai 82enne Elio Graziano, che sconta da condannato ai domiciliari le sue pene nell'abitazione di contrada Scrofeta alla periferia di Avellino, pensa mai al disastro che ha lasciato alle sue spalle. "Ho sempre solo fatto del bene", ripete ancora oggi al suo avvocato, il penalista Alberico Villani. Tornerà un uomo libero solo il 19 ottobre del 2017, quando finirà il conto delle sentenze che l'hanno colpito per corruzione e omicidio colposo. Ma con lui la giustizia non ha ancora chiuso i conti.
Lo chiamavano "Papà Elio" perché lui, da presidente dell'Avellino ai tempi della serie A, elargiva con grande generosità, come un buon padre di famiglia, banconote da centomila lire a tifosi e operai che lo acclamavano. Era un imprenditore rampante Graziano, che dopo l'Isochimica aprì un altro stabilimento industriale a Fisciano (Salerno) per la produzione del detersivo "Dyal", marchio che sponsorizzava le magliette dell'Avellino. Anche nel piazzale di quella fabbrica sarebbe stato smaltito l'amianto.
Il patron arrivava allo stadio "Partenio" in elicottero prima delle partite e prometteva premi favolosi ai calciatori. Da presidente portò l'Avellino guidato in panchina da Luis Vinicio a sfiorare la qualificazione all'allora Coppa Uefa, lanciando campioni che avrebbero fatto le fortune della Juventus come Tacconi, Favero e Vignola. L'anno dopo, nel campionato '87-'88, ci fu però la retrocessione in B e l'esplosione dello scandalo delle "lenzuola d'oro", storia di mazzette pagate da Graziano ai vertici delle Ferrovie per le forniture di biancheria sui treni notturni. Vicenda che costò la poltrona all'allora presidente delle Fs Ludovico Ligato.
Per l'industriale iniziò così la parabola discendente che non è ancora finita. Perché c'è anche lui tra i 24 iscritti nel registro degli indagati nell'inchiesta della Procura sulla morte di quanti sono stati uccisi dall'amianto dell'Isochimica.
Polvere killer ovunque
ma lo smaltimento è fermo
di ANTONIO CIANCIULLO
Molto amianto e poche discariche attrezzate. Una previsione di 2mila morti all'anno e 22 anni di ritardo sulle misure di sicurezza. Mentre dal punto di vista giudiziario il quadro delle responsabilità è emerso con chiarezza nel primo grado di giudizio che ha visto i proprietari della Eternit condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso permanente, il panorama dell'esposizione alla fibra killer resta sconfortante. Ci sono più di 34mila siti da bonificare e oltre 32 milioni di tonnellate di amianto sparse in giro.
LA MAPPA DELL'AMIANTO IN ITALIA
Non è solo un problema che si declina al passato. Il rischio continua. Anzi si allarga visto che c'è una crescita dei casi di esposizione non professionale: tra le vittime aumentano le persone entrate casualmente in contatto con l'amianto (più di 50mila edifici contengono asbesto).
Mettendo assieme i luoghi più esposti al pericolo si arriverebbe a 75mila ettari, l'equivalente della provincia di Lodi. Questa superficie - formata dalle zone inserite nel programma nazionale di bonifica del ministero dell'Ambiente - comprende Casale Monferrato e i 47 Comuni vicini costruiti usando amianto; Bagnoli e la contrada Targia a Siracusa, con le fabbriche di cemento amianto; Comuni come Broni (Pavia) con i siti produttivi dismessi che lavoravano la fibra killer; le miniere di Balangero (Torino), ed Emarese (Aosta) da dove veniva estratto il minerale; gli edifici che hanno utilizzato asbesto.
Ma i dati sono parziali e sotto stimati perché la legge del 1992, che in Italia ha vietato l'estrazione, l'importazione e l'utilizzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono, obbligava le Regioni ad adottare entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati dalla fibra killer. La disposizione però è rimasta quasi ovunque lettera morta. In molte aree del paese i dati mancano.
"Ancora oggi le Regioni si trovano in forte ritardo negli interventi per ridurre il rischio sanitario da amianto ", si legge nel rapporto firmato da Legambiente. "Un ritardo che in alcuni casi riguarda addirittura l'approvazione del Piano. Ad oggi solo due Regioni hanno previsto una data in cui arriveranno a completare la bonifica e la rimozione dei materiali contenti amianto: la Lombardia (entro il 2016) e la Sardegna (entro il 2023)".
Ecco l'elenco delle aree critiche contenuto nel dossier: 23.816 edifici pubblici (di cui oltre 12 mila in Piemonte) e 24.299 edifici privati (il 99% in Lombardia); 100 milioni di metri quadrati in strutture di cemento amianto (l'81% in Lombardia); 650 mila metri cubi di amianto censiti in Basilicata, Abruzzo e Liguria; in tre regioni (Toscana, Emilia Romagna e Piemonte) la contaminazione da amianto riguarda anche le aree di cava.
"Tra il verdetto scientifico di estrema pericolosità e la reazione è passato un tempo troppo lungo", commenta Stefano Ciafani, responsabile scientifico diLegambiente. "Perciò oggi milioni di italiani, probabilmente un terzo della popolazione, si trovano esposti a un rischio che poteva essere evitato con un intervento tempestivo. Ora bisogna andare veloci: creare un Fondo nazionale per le bonifiche dei siti 'senza più padrone', sul modello del Superfund statunitense; completare le analisi epidemiologiche nelle aree a maggior rischio; organizzare discariche sicure per i materiali ricavati dalle bonifiche, mentre oggi esportiamo il 75% dei rifiuti contenenti amianto e questo incide molto sui costi".
ma lo smaltimento è fermo
di ANTONIO CIANCIULLO
Molto amianto e poche discariche attrezzate. Una previsione di 2mila morti all'anno e 22 anni di ritardo sulle misure di sicurezza. Mentre dal punto di vista giudiziario il quadro delle responsabilità è emerso con chiarezza nel primo grado di giudizio che ha visto i proprietari della Eternit condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso permanente, il panorama dell'esposizione alla fibra killer resta sconfortante. Ci sono più di 34mila siti da bonificare e oltre 32 milioni di tonnellate di amianto sparse in giro.
LA MAPPA DELL'AMIANTO IN ITALIA
Non è solo un problema che si declina al passato. Il rischio continua. Anzi si allarga visto che c'è una crescita dei casi di esposizione non professionale: tra le vittime aumentano le persone entrate casualmente in contatto con l'amianto (più di 50mila edifici contengono asbesto).
Mettendo assieme i luoghi più esposti al pericolo si arriverebbe a 75mila ettari, l'equivalente della provincia di Lodi. Questa superficie - formata dalle zone inserite nel programma nazionale di bonifica del ministero dell'Ambiente - comprende Casale Monferrato e i 47 Comuni vicini costruiti usando amianto; Bagnoli e la contrada Targia a Siracusa, con le fabbriche di cemento amianto; Comuni come Broni (Pavia) con i siti produttivi dismessi che lavoravano la fibra killer; le miniere di Balangero (Torino), ed Emarese (Aosta) da dove veniva estratto il minerale; gli edifici che hanno utilizzato asbesto.
Ma i dati sono parziali e sotto stimati perché la legge del 1992, che in Italia ha vietato l'estrazione, l'importazione e l'utilizzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono, obbligava le Regioni ad adottare entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati dalla fibra killer. La disposizione però è rimasta quasi ovunque lettera morta. In molte aree del paese i dati mancano.
"Ancora oggi le Regioni si trovano in forte ritardo negli interventi per ridurre il rischio sanitario da amianto ", si legge nel rapporto firmato da Legambiente. "Un ritardo che in alcuni casi riguarda addirittura l'approvazione del Piano. Ad oggi solo due Regioni hanno previsto una data in cui arriveranno a completare la bonifica e la rimozione dei materiali contenti amianto: la Lombardia (entro il 2016) e la Sardegna (entro il 2023)".
Ecco l'elenco delle aree critiche contenuto nel dossier: 23.816 edifici pubblici (di cui oltre 12 mila in Piemonte) e 24.299 edifici privati (il 99% in Lombardia); 100 milioni di metri quadrati in strutture di cemento amianto (l'81% in Lombardia); 650 mila metri cubi di amianto censiti in Basilicata, Abruzzo e Liguria; in tre regioni (Toscana, Emilia Romagna e Piemonte) la contaminazione da amianto riguarda anche le aree di cava.
"Tra il verdetto scientifico di estrema pericolosità e la reazione è passato un tempo troppo lungo", commenta Stefano Ciafani, responsabile scientifico diLegambiente. "Perciò oggi milioni di italiani, probabilmente un terzo della popolazione, si trovano esposti a un rischio che poteva essere evitato con un intervento tempestivo. Ora bisogna andare veloci: creare un Fondo nazionale per le bonifiche dei siti 'senza più padrone', sul modello del Superfund statunitense; completare le analisi epidemiologiche nelle aree a maggior rischio; organizzare discariche sicure per i materiali ricavati dalle bonifiche, mentre oggi esportiamo il 75% dei rifiuti contenenti amianto e questo incide molto sui costi".
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