NEGATO PER ANNI L’INQUINAMENTO DELLA FALDA CHE IN ABRUZZO HA MESSO
IN PERICOLO 700 MILA PERSONE FINO AL 2007. UN PROCESSO E NUOVE INDAGINI SA P E VA N O
La Procura sta
valutando se aprire
un nuovo fascicolo
dopo la denuncia
dell’Istituto superiore
di sanità
Il fatto quotidiano 28 marzo 2014
di Melissa Di Sano
e Antonio Massari
Pescara
Era il 1972 e l’a s s e ssore
comunale di
Pescara, Giovanni
Contratti, già denunciava
la Montedison per
“lo scarico dei rifiuti industriali”.
Oggi a Chieti si tiene
la prima udienza di un processo
(quello a Montedison
per la mega discarica di Bussi)
che gli rende giustizia.
Contratti non c’è più, ma
questo processo lo onora soprattutto
dinanzi all’attuale
classe dirigente abruzzese
che, tranne rare eccezioni,
non ha mai seguito il suo
esempio. Anzi. A chi continuava
a denunciare – come il
Wwf e il consigliere regionale
di Rifondazione comunista
Maurizio Acerbo – il direttore
dell’Aca (Azienda consortile
acquedottistica) Bruno
Catena riservava questo
trattamento: esposto in Procura
con richiesta di indagare
ed eventualmente arrestare
chi diffondeva notizie “non
vere” sull’inquinamento e la
potabilità dell’acqua.
ORA L’I ST I T U TO superiore di
sanità ha confermato il grave
tasso d’inquinamento e il pericolo
per 700 mila persone
fino al 2007, aggiungendo che
“la mancanza di qualsiasi informazione…
ha pregiudicato
la possibilità di effettuare
nel tempo trattamenti adeguati
alla rimozione delle
stesse sostanze dalle acque”.
Frasi che suonano come
un’ulteriore notizia di reato,
che la procura sta valutando,
per decidere se aprire un nuovo
fascicolo d’indagine. “A livello
europeo”, dice Augusto
De Sanctis, del Forum abruzzese
Movimenti per l’acqua,
“non risultano casi simili: in
Abruzzo, neonati e malati
hanno bevuto per decenni acqua
ai solventi clorurati”. E in
questi anni molti uomini delle
istituzioni sapevano. Nel 2001
Giancarlo Morelli, della
Montedison/Ausimont, scrive
al suo collega Giuseppe
Quaglia una e-mail sequestrata
dalla Guardia forestale:
“Ho ricevuto i referti analitici…
sono rimasto un po’ sor -
preso: non mi sembrava ci
fossimo accordati per una riduzione
sistematica e sostanziale
di tutte le concentrazioni
rilevate per il mercurio nelle
acque di falda”. Quaglia, anch’egli
indagato, quindi sapeva
già dal 2001. Ex assessore
del Comune di Vittorito
(Pdl), nell’ottobre del 2010 è
eletto presidente del Cogesa,
consorzio per lo smaltimento
rifiuti.
Nel 2004, l’Agenzia regionale
per la tutela dell’ambiente segnala
all’Aca di Catena che tra
maggio e giugno sono stati
superati i valori limite, per le
acque sotterranee, di tetracloroetilene,
cloroformio, composti
alogenati. E l’Aca che fa?
“Tranquillizzava i relativi destinatari
sulla non persistenza
del fenomeno inquinante”, si
legge negli atti, “e garantiva la
potabilità in distribuzione facendo
ricorso però alla non
consentita (e anzi espressamente
vietata) miscelazione
delle acque emunte dai pozzi
con quelle dell’acquedotto”.
Lo stesso Catena che nel 2008
denunciava il procurato allarme
di Wwf e Rc, tra il 2003 e il
2005 “ometteva di monitorare
costantemente la presenza
di composti organo-alogenati
nell’acqua, facendo anzi effettuare
i controlli interni a laboratori
del tutto privi di professionalità
adeguate”. Catena,
uomo del Pd, è stato sindaco
di Città Sant’Angelo per
due mandati.
TRA IL 2006 E IL 2007 il direttore
dell’autorità di bacino
Giorgio D’Ambrosio decide
la riapertura dei pozzi chiusi
nel 2005 perché erano ormai
stati muniti di filtri. “Senza
assicurare”, si legge negli atti,
“un programma effettivo di
manutenzione e sostituzione
dei filtri, benché ne fosse comunque
evidente, in base alle
analisi, la loro inutilità”. Oggi
D’Ambrosio è candidato alle
elezioni regionali per il Pd. E
ieri il deputato Pd Antonio
Castricone, dipendente dell’Aca
dal 2003 e ora in aspettativa,
in un’interrogazione al
ministro della salute parla di
“eventuali” inquinamenti risalenti
al 2007. Insomma è lui
a non fidarsi dell’Istituto superiore
di sanità.
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