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venerdì 24 gennaio 2014
la pista dell'oro bianco tra interessi, spcuelazioni. roghi e paura nella piana di Farneto tra Maenza e Priverno
Sotto tiro la centrale a biomasse, ma non è l’unico bersaglio di interessi
La pista dell’«oro bianco»
Roghi e paura, come si muovono le indagini
su Valle Farneto dopo gli ultimi attentati
NUMERI
OLTRE 3000 CAPI
DI BESTIAME
ALLEVATI
DA AGRICOLTORI
DI QUARTA
GENERAZIONE
E’uno stretto angolo di terra.
Chiuso tra le montagne che lo
circondano, e per questo la
zona di Farneto, alle pendici di
Maenza è considerata quasi un’isola
felice. A memoria d’uomo, un luogo
in cui i suoi abitanti hanno vissuto a
stretto contatto con la terra, da cui
hanno tratto la propria sussistenza ed
il proprio benessere. Agricoltori, in
prevalenza provenienti dalla bassa
Ciociaria che negli anni “50 si sono
trasferiti in questa zona di confine.
Acquistando anno dopo anno lembi
terra e, diventando, loro malgrado,
allevatori dell’unica razza di bovino
già esistente nel territorio: la bufala.
Utilizzata prima come bestia da traino
e poi come animale da latte e da
carne. Qui nel giro di tre mesi tre di
questi hanno subito ingenti danni a
causa di incendi dolosi appiccati a
fienili sormontati da coperture fatte
da pannelli fotovoltaici, unico comune
denominatore; visto che uno su tre
conferisce a diverse aziende campane
che lavorano latte bufalino prodotto
nel Lazio meridionale.
Ora in quest’area vivono più di
3.000 capi di bestiame. Una grande
concentrazione. E per la loro
sopravvivenza ogni azienda, per
produrre fieno, granturco e paglia,
affitta o impegna, in media
oltre 300 ettari di terreno fuori da
questi comuni di montagna.
«Abbiamo pensato - raccontano
- che la soluzione al problema
dello smaltimento del letame prodotto
dai nostri allevamenti, fosse
la centrale del biogas, d’altra parte
altrove ce ne sono e nessuno
solleva questioni - sottolineano -
e poi gli impianti di fotovoltaico
sui nostri capanni, sono una soluzione
innovativa che ci siamo autofinanziati
impegnandoci per
centinaia di migliaia di euro, verso
le banche, proprio per costruire
un ciclo virtuoso. Di energia pulita.
Ma qualcuno non ha capito
».
E qui, quando nemmeno te lo
aspetti, in questo lembo di terra
scoppiano le contraddizioni tipiche
che la politica di questa provincia
si porta dietro. Così se da
una parte ci sono aziende «azzoppate
» dagli incendi la cui matrice
resta ad oggi ignota, l’unico filo
conduttore appare legato alla
scelta della presenza - contestata
- di un’azienda bufalina, che promuove
una scelta verso un’opzio -
ne: quella derivata dall’uso delle
energie rinnovabili. E forse anche
un modo di porsi come antagonista
verso i monopoli del latte bufalino.
Così se da una parte si sollevano
comitati «pro» e «contro» il biogas,
sembra del tutto evidente che
qualcuno trovi un vantaggio diretto
nel rimestare nel torbido. A
partire dalle autorizzazioni concesse
ad un’azienda che promuove
un ciclo integrato della riconversione
del rifiuto in «biogas».
Un processo di lavorazione assai
differente da quello che viene utilizzato
dagli impianti alimentati a
biomasse, che di fatto sono
tutt’altra cosa. Così non promuovendo
un’azione di controllo istituzionale
sui parametri adottati
per l’alimentazione e per le emissioni,
si fa breccia con chi è pronto
a fare fronte comune contro ciò
che invece, alcune economie più
«verdi» delle nostre - e di certo
anche più attente ai problemi di
carattere ambientale - hanno
adottato senza alzare barricate. Il
vizio tipico di quella politica che
prima di comprendere crea avversari
“necessari” alla propria sopravvivenza,
dando l’indecente
spettacolo di un Paese incapace di
autodeterminarsi e di crescere
fuori dal conflitto personale.
Latina Editoriale Oggi 24 gennaio 2014
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