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martedì 2 aprile 2013
nucleare: Rovello Porro una Chernobyl italiana dimenticata alle porte di Milano
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« inserito:: 01 Apr 13, 21:20:36 »
ROVELLO PORRO: UNA CHERNOBYL ITALIANA DIMENTICATA ALLE PORTE DI MILANO
COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO MONDO IN CAMMINO - AIPRI
A 27 anni di distanza, nelle regioni contaminate dal fallout di Chernobyl, le persone continuano ad ammalarsi e i bambini a morire per cancri e leucemie.
Fra le tante Chernobyl (e adesso Fukushima) dimenticate, ci siamo imbattuti – a distanza di 24 anni - in una Chernobyl tutta italiana.
Nel nostro lavoro di ricerca di classificazione degli incidenti nucleari, siamo soliti ricercare - per formazione e per quanto possibile – i dati di reale incidenza sull’ecosistema e sulla salute dei residenti.
La vicenda di Rovello Porro, però, ci ha colti di sorpresa e non ne abbiamo capito subito la portata, anche perché ci siamo trovati in presenza di una documentazione che ci ha reso attoniti per la sua carenza e per la difficoltà di venirne in possesso, pur essendo avvezzi alle censure in merito.
Scegliendo, però, di non abbandonarci ad una teorica cultura del sospetto o a semplici ragionamenti dietrologici, abbiamo cominciato a volerne sapere di più estrapolando i maggiori dati possibile dalle poche informazioni presenti, facendo calcoli e proiezioni.
E subito si è impossessato di noi un grande senso di apprensione e preoccupazione che ci porta oggi a chiederne spiegazioni e ragioni: è possibile che, in 24 anni e dopo 24 anni, il silenzio sia l’unica giustificazione ad una situazione radiologica che, dall’interpretazione dei dati, sembra ancora oggi di una gravità che confina nel criminale?
Nel 1989 un grave incidente nucleare si è consumato alla Luigi Premoli e figli SPA, fonderia che forgiava i telai dell'Alfa 133 a Rovello Porro in Lombardia, tra Como e Saronno: una fonte radioattiva orfana, contenuta in un carico di alluminio proveniente dall’Est Europa, ed equivalente a una sorgente radioattiva stimata tra i 600 e i 6.000 Curie di Cesio 137 (pertanto da 8 a 80 volte superiore a quella di Algeciras in Spagna) fu inavvertitamente fusa immettendo nell’aria una enorme quantità di particelle radioattive altamente nocive, senza che nessun allarme scattasse.
Questa “fuga” nucleare, di cui non si conosce la data certa, è venuta alla luce - secondo la versione ufficiale - nel 1989, in seguito a un controllo radiologico di routine delle acque del Po eseguito dai tecnici della centrale nucleare di Caorso: le acque risultarono grevi di Cesio 137 al di là di ogni aspettativa e norma e, rispetto alle ricadute di Chernobyl, con un rapporto isotopico anomalo con il Cesio 134. Prima che scattassero indagini approfondite, ovvero prima che vi fosse un’allerta, passarono diversi mesi. Finalmente, nel maggio 1990 e dopo aver risalito - come Pollicino - i fiumi col Geiger, i geologi e i tecnici del P.M.I.P. (Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione) milanese scoprirono che dal bacino di decantazione delle acque reflue della fonderia di Rovello Porro, situata a pochi metri dal torrente Lura, erano percolati dai 60 ai 70 Curie di Cesio 137: 50 sedimentati nel Lura, nell’Olona e nel Lambro e 10 sfociati nel Po, circa 100 km più a valle. Una fuga enorme.
In seguito a questo tardivo riscontro la fonderia di Rovello Porro fu chiusa per quasi un anno e bonificata “alla meno peggio”: varie tonnellate d’asfalto, di terra e di detriti contaminati prelevati in loco furono traslocati nell’attualmente percolante discarica nucleare di Capriano del Colle (Brescia) che, confinando 39 Curie di Cesio 137 dispersi in circa 280 mila metri cubi di materiali, raccoglie i residui radioattivi di varie industrie.
Rapportando i 50 Curie depositati nei corsi d’acqua alla superficie dei fondali che si distendono per 100 km dalla fabbrica alla congiunzione con il Po, si può quantificare un deposito uniforme medio di 1,22 milioni di Becquerel/mq pari a 32,89 Curie/kmq di Cesio 137.
É di fatto un tasso di contaminazione al metro quadro (e al kmq) che, per il Cesio 137, sorpassa di ben 2,19 volte la norma internazionale (555.000 Becquerel/mq ossia 15 Curie/km2) che obbliga a confinare il luogo in quanto zona proibita e che impone, tra l’altro, l’assoluto divieto di pesca e di pompaggio agricolo delle acque. Ma nulla è mai trapelato, nè nessuna mappa dettagliata della contaminazione radioattiva dei corsi d’acqua è stata pubblicata.
A 24 anni di distanza, sebbene l’attività radioattiva si sia ridotta del 42%, la contaminazione atomica risulta ancora di circa 700.000 Becquerel/mq e quindi, a tutt’oggi, 1,26 volte superiore al valore imperativo di evacuazione della zona: si dovrebbe trattare, pertanto, di una zona acquifera proibita. Ma, per quanto ne sappiamo, nessuna misura preventiva a tutela della popolazione è stata presa.
E non è tutto!
Una radioattività ben maggiore dovrebbe essersi sprigionata con i fumi della combustione. Come a Goiânia in Brasile e Algeciras in Spagna, l’incidente di Rovello Porro ha fatalmente liberato grandi quantitativi di Cesio 137 nell’aria: di ciò non c’è riscontro da nessuna parte, anche se, grottescamente, si parla di fallout come fenomeno limitato al perimetro dell’azienda, nonostante gli esperti dell’epoca stimassero trattarsi della fusione di una sorgente dai 600 ai 6.000 Curie. Rovello Porro dista, in linea d’aria, a meno di 30 km. da Milano. Supponendo la brutale fusione di una potente sorgente orfana e facendo un calcolo di tipo conservativo, cioè “stemperato” nella sua ipotetica gravità, significa che 500 Curie uniformemente diluiti nell' aria in una invisibile colonna iniziale di fumo lunga 30 km, larga 2 km e alta 1 km (30.000*2000*1000 = 6E10 mc) equivalgono a 308 Becquerel/mc di Cesio 137 inalato da decine di migliaia di soggetti e 6.000 Curie fanno 3.700 Becquerel/mc di Cesio 137 inalato da altre decine di migliaia di soggetti. Dopotutto 500 Curie di Cesio 137 (5,76 grammi) rappresentano, per inalazione, un potenziale letale acuto (“alla Litvinenko”) per quasi 18.000 soggetti e, per ingestione, per più di 48.000; 6.000 Curie (69,09 grammi) rappresentano più di 210.000 dosi letali per inalazione e più di 510.000 per ingestione. Si sa che una ricaduta perfetta di 500 Curie è in grado di trasformare in zona proibita un’area di 33,3 kmq e 6.000 Curie un’area di 400 kmq.
Vorremmo essere smentiti in questi nostri calcoli teorici e, pertanto, chiediamo, alle autorità competenti che ci certifichino che nessun particolato radioattivo è uscito dai camini dell’altoforno. Ne trarremmo un grande sospiro di sollievo, ma purtroppo nè la logica della fusione metallurgica che fa degli effluenti aerei la principale via di fuga del Cesio, nè i conti d’inventario tornano: è troppo chiedere spiegazioni sul destino dei possibili 600 o 6.000 Curie di Cesio che non si ritrovano sommando la radioattività depositata nei corsi d’acqua (circa 60-70 Curie) a quella dei detriti smaltiti (circa 30 Curie)?
È troppo chiedere se una nube radioattiva, qualora fosse stata originata da un singolo episodio di fusione di Cesio e – fra l’altro - più concentrata di quella pervenuta in zona da Chernobyl, si sia diretta in Svizzera o in Francia oppure se si sia diretta verso la vicinissima Milano? È troppo chiedere la prova se i ratei Cesio 137/Cesio 134 delle radioanalisi eseguite in quella zona dopo il 1989 presentassero valori anomali (deficit di Cesio 134) rispetto a quelli allora attesi di Chernobyl? È troppo chiedere di conoscere lo stato radiologico attuale della zona che dal Lura, all'altezza del bacino di decantazione della fabbrica, e insinuandosi in altri fiumi e navigli, giunge al Po? È troppo chiedere gli indicatori di morbilità e di mortalità della popolazione che in questa area vive? È troppo, alla luce delle ricerche scientifiche del professore Bandazhevsky, sapere l’incidenza delle patologie cardiache, rispetto a questi dati di morbilità e mortalità? È troppo chiedere la certificazione nazionale ed internazionale della “normalità” del fondo radiologico, a fronte delle rilevazioni condotte dallo scienziato A. Paris della CRIIRAD che segnalavano, negli anni 1999/2000, valori di radiocontaminazione decisamente più elevati per la zona svizzera ed italiana del lago di Como rispetto alle zone confinanti (forse un “surplus” legato a Rovello Porro)? È troppo chiedere il rispetto delle norme internazionali di radioprotezione, a cui l’Italia ha aderito, anche qualora il quadro da noi presentato fosse a tinte meno fosche? Un grande interesse (come quello dell’AIEA e dei suoi rappresentati locali) o altri interessi vari (la voluta mancanza di controlli, l’assolutoria autoreferenzialità e convenienza politica/affaristica, gli interessi economici di vario tipo e le connivenze locali o di più alto rango) possono occultare la verità o tacere su rischi, i quali - trattandosi di radiocontaminazione - per quanto piccoli o limitati siano, chiedono e richiedono la presa in carico coerente di rigide misure di controllo e di protezione della salute del cittadino?
Sicuramente queste domande saranno considerate retoriche e cadranno nel silenzio. Ma c’è un’aggravante e un vuoto che nessuno riuscirà a colmare: i mesi (secondo alcuni, un anno) che sono passati dall’incidente alla sua scoperta. Per questa “amnesia”, per questa colpa dolosa nessuno pagherà. Come, sul versante Chernobyl in Bielorussa, per Lukashenko e l’AIEA non esiste nessun rischio radioattivo dopo oltre 20 anni dall’esplosione del reattore numero 4, così e a maggiore ragione, lo è e lo sarà anche per questa popolosa parte d’Italia, ormai a distanza di 24 anni dalla fusione radioattiva a Rovello Porro. La letargica politica in materia di radioattività (vedi anche il recente caso dei cinghiali radioattivi) può continuare…e poi l’incidente di Rovello Porro è addirittura del secolo scorso. Vale la pena preoccuparsene?
Massimo Bonfatti – Mondo in cammino; Paolo Scampa, AIPRI (Associazione Internazionale Protezione Raggi Ionizzanti)
DI SEGUITO LA RELAZIONE COMPLETA
LA NUBE DEI VELENI. ROVELLO PORRO O LA VERITÀ A PERDERE
PREMESSA
Con colpevole ritardo e nonostante l’accaduto fosse in parte documentato anche da interpellanze parlamentari (1) e da pubblicazioni della AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica), a 24 anni di distanza veniamo a conoscenza di un gravissimo incidente nucleare avvenuto nel 1989 in una piccola fonderia a 30 km di Milano. Ci sembra doveroso fare il punto radiologico della situazione ambientale perché la contaminazione conclamata dei corsi d’acqua che ne è scaturita è inquietante e - fino a prova contraria - quella probabile delle terre, in ragione delle immancabili ricadute locali degli effluenti aerei, è preoccupante. Ci sembra doveroso richiamare gli organismi preposti alla radioprotezione al dovere di chiarezza e di trasparenza sull’accaduto.
IL FATTO
Un grave incidente nucleare è avvenuto nel 1989 in una fonderia di alluminio che forgiava i telai dell'Alfa 133 a Rovello Porro in Lombardia, tra Como e Saronno. Secondo un articolo dell’Espresso del 3 luglio 1990 (2), una sorgente radioattiva stimata tra i 600 e i 6.000 Curie (3) di Cesio 137 (da 8 a 80 volte superiore a quella di Algeciras in Spagna) è stata inavvertitamente fusa immettendo fatalmente nell’aria una immane quantità di particelle radioattive, e altamente nocive, senza che scattasse il minimo allarme a tutela della vita nella regione più popolosa dell’Italia
LA RADIOATTIVITÀ NEI FIUMI
Questo incidente nucleare, di cui non si conosce la data certa, è venuto alla luce - secondo la versione ufficiale (4) - nel 1989 a seguito di un controllo radiologico di routine delle acque del Po eseguite dai tecnici della centrale nucleare di Caorso (5): le acque risultarono grevi di Cesio 137 al di là di ogni aspettativa e norma e, rispetto alle ricadute di Chernobyl, con un rapporto isotopico col Cesio 134 anomalo (6).
Prima che scattassero indagini approfondite, ovvero prima che vi fosse un’allerta, il preoccupante fenomeno durò parecchi mesi. Finalmente, nel maggio 1990, dopo aver risalito come Pollicino i fiumi col Geiger, si scoprì che dal bacino di decantazione delle acque reflue della fonderia di Rovello Porro, situato a pochi metri del torrente Lura (7), erano percolati dai 60 ai 70 Curie di Cesio 137 - una fuga enorme - 50 dei quali sedimentati nel Lura, nell’ Olona e nel Lambro e 10 altri Curie invece sfociati nel Po, circa 100 km più a valle della sorgente industriale. A seguito di questo tardivo riscontro, la fonderia di Rovello Porro fu chiusa per quasi un anno e bonificata “alla meno peggio” (nota otto).
Stando alla documentazione della AIEA, varie tonnellate d’asfalto, di terra e di detriti contaminati prelevati in loco furono traslocati nell’attualmente percolante discarica nucleare di Capriano del Colle - BS (9) che, confinando 39 Curie di Cesio 137 dispersi in circa 280.000 metri cubi di materiali, raccoglie i residui radioattivi di varie industrie.
La gravità del danno ambientale provocato da questi riversamenti appare senza veli non appena si rapportano i 50 Curie depositati nei corsi d’acqua alla superficie dei fondali che si distendono per 100 km. dalla fabbrica alla congiunzione con il Po. In effetti, considerando il letto coinvolto di questi 3 corsi d’acqua occupante un’area stimabile di circa 1,52 milioni di mq (1,52 kmq), si può quantificare un deposito uniforme medio di 1,22 milioni di Bq/mq, pari a 32,89 Curie/kmq di Cesio 137. É un dato a dir poco sconvolgente. Anche se a monte nel torrente Lura la contaminazione è probabilmente più elevata che non a valle nel fiume Lambro, questo valore medio rappresentativo sembra alquanto angosciante.
Di fatto un tasso di contaminazione al metro quadro (e al kmq) che, per il Cesio 137, sorpassa di ben 2,19 volte la norma internazionale (555.000 Becquerel/mq ossia 15 Curie/kmq), obbliga a confinare il luogo come zona proibita e impone, tra l’altro, l’assoluto divieto di pesca e di pompaggio agricolo delle acque. Ma nulla è mai trapelato, nè nessuna mappa dettagliata della contaminazione radioattiva dei corsi d’acqua è stata pubblicata. Migliaia di ettari sono stati di conseguenza scientificamente concimati col Cesio e migliaia di tonnellate di prodotti agricoli contaminati sono stati golosamente consumati col benestare delle istituzioni silenti. Diverse falde acquifere sono probabilmente marcate. Le leggi di radioprotezione a tutela dell’ambiente e della vita, alla prova dei fatti, non sono altro che carta straccia.
24 ANNI DOPO
24 anni dopo il disastro, nonostante l’attività radioattiva si sia ridotta del 42% (10), la contaminazione atomica risulta ancora di circa 700.000 Becquerl/mq (supponendo che essa sia uniformemente e saldamente sedimentata nei 100 km. di fondali che, passando per Milano, vanno da Rovello Porro alla giunzione col Po). É pertanto, tutt'ora, 1,26 volte superiore al valore imperativo di evacuazione del luogo. Nulla è purtroppo cambiato. Continua a trattarsi sempre di una zona acquifera proibita. Ma nulla è stato detto e viene detto per la prevenzione della salute della popolazione, a discapito della quale questa tremenda verità rimane secretata.
LA RADIOATTIVITÀ NEI FUMI
La radioattività depositata nei fiumi non deve tuttavia fare dimenticare la radioattività ben maggiore sprigionata con i fumi della combustione. Il Cesio è in effetti un elemento molto volatile che bolle a 671°C. Se fuso, vaporizza in una quantità enorme di particelle sottili e mai più di una porzione ristretta permane nel metallo in fusione e nelle scorie della lavorazione. Come a Goiânia in Brasile e Algeciras in Spagna, l’incidente di Rovello Porro ha, quindi, fatalmente liberato grandi quantitativi di Cesio 137 nell’aria. Di questo gravissimo fatto non vi è tuttavia riscontro nè nelle interpellanze parlamentari, nè negli articoli di stampa, nè nei documenti dell’AIEA. Nessuno sembra essersi preoccupato degli immancabili effluenti aerei e del conseguente temibile fallout, se non per presentarlo, grottesco non senso fisico, come fenomeno atmosferico limitato al perimetro dell’azienda (11). Questa inspiegabile disattenzione ci ha lasciati sconcertati ed allibiti allorché gli esperti all’epoca paventavano pubblicamente la fusione di una sorgente dai 600 ai 6.000 Curie.
A 24 anni dai fatti riteniamo pertanto legittimo esigere, al proposito, dati radiometrici qualificati e non solo risposte metrologiche evasive o generiche rassicurazioni. Riteniamo legittimo attendere dati obiettivi e puntuali. Rovello Porro dista, in linea d’aria, a meno di 30 km da Milano. Supponendo la brutale fusione di una potente sorgente orfana e facendo un calcolo di tipo conservativo, cioè “stemperato” nella sua ipotetica gravità, significa che 500 Curie uniformemente diluiti nell' aria in una invisibile colonna iniziale di fumo lunga 30 km., larga 2 km. e alta 1 km. (30.000*2000*1000 = 6E10 mc) equivalgono a 308 Becquerel/mc di Cesio 137 inalato da decine di migliaia di soggetti e 6.000 Curie fanno 3.700 Becquerel/mc di Cesio 137 inalato da altre decine di migliaia di soggetti. Dopotutto 500 Curie di Cesio 137 (5,76 grammi [12]) rappresentano, per inalazione, un potenziale letale acuto (“alla Litvinenko”) per quasi 18.000 soggetti e, per ingestione, per più di 48.000; 6.000 Curie (69,09 grammi [13]) rappresentano più di 210.000 dosi letali per inalazione e più di 510.000 per ingestione. Si sa che una ricaduta perfetta di 500 Curie è in grado di trasformare in zona proibita un’area di 33,3 kmq e 6.000 Curie un’area di 400 kmq. Dopotutto il Cesio è un ottimo promotore d’infarto in quanto l’organismo, confondendolo col potassio, lo trasporta anche nel muscolo cardiaco. Dopotutto il cancerogeno e teratogeno Cesio137 è temutissimo da tutti, AIEA compresa, che di certo non trasloca la propria sede a Chernobyl o a Fukushima.
CERCASI DATI OBIETTIVI
Di fronte a tutto ciò, non ci resta da chiedere che venga comprovata l’assenza, nel 1989, di pesanti ricadute di Cesio 137 su Milano o su altre parti del territorio italiano. Chiediamo prove che nessun particolato radioattivo sia uscito dai camini dell’ altoforno, perché nè la logica della fusione metallurgica che fa degli effluenti aerei la principale via di fuga del Cesio, nè i conti d’inventario tornano; chiediamo spiegazioni sul destino dei possibili 600 o 6.000 Curie di Cesio che non si ritrovano sommando la radioattività depositata nei corsi d’acqua (60-70 Curie) e quella dei detriti smaltiti (circa 30 Curie); chiediamo se i rilevatori di radioattività atmosferica non fossero spenti per tacito decreto in un periodo così vicino al censurato Chernobyl (come era avvenuto tre anni prima durante il passaggio della nube proveniente dall’Ucraina) e, qualora fossero stati accesi, chiediamo la certificazione nazionale ed internazionale della “normalità” del fondo radiologico; chiediamo se la nube radioattiva, ben più concentrata di quelle giunte in loco da Chernobyl - qualora fosse stata originata da un singolo episodio di fusione di Cesio - si sia diretta in Svizzera o in Francia (poco portate ad allertare, pure loro), oppure se si sia diretta verso la vicinissima Milano. Chiediamo la prova che i ratei Cesio 137/Cesio 134 delle radioanalisi eseguite in quella zona, dopo il 1989, non presentassero valori anomali (deficit di Cesio 134) rispetto a quelli allora attesi di Chernobyl (14). Chiediamo infine di conoscere lo stato radiologico attuale di quella zona proibita che, fluttuando per i navigli, va dal Lura, all'altezza del bacino di decantazione della fabbrica, al Po; chiediamo di conoscere gli indicatori di morbilità e di mortalità della popolazione residente in questa area.
É chiedere troppo ?
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1. X LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 14 MAGGIO 1990. RONCHI, TAMINO, RUSSO FRANCO e RUTELLI . — Ai Ministri dell'ambiente e della sanità.
http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0461/sed0461.pdf
X LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA POMERIDIANA DEL 15 MAGGIO 1990 TAGLIABUE, TESTA ENRICO, MONTANARI FORNARI, BENEVELLI, MOMBELLI, BERNASCONI, BIANCHI BERETTA e PERINEI. — Ai Ministri della sanità e dell'ambiente http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0463/sed0463.pdf
X LEGISLATURA - DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 9 LUGLIO 1990. SALVOLDI, MATTIOLI e RONCHI . Ai Ministri della sanità e dell'ambiente.
http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0493/sed0493.pdf
X LEGISLATURA — DISCUSSIONI — SEDUTA DEL 17 LUGLIO 1990 Ronchi, Tamino, Russo, Franco, Andreani
http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0499/sed0499.pdf
2. Articolo dell’Espresso, pag. 92, qui tradotto in inglese. JPRS Report, 28 AUGUST 1990, Environmental Issues. U S. DEPARTMENT OF COMMERCE NATIONAL TECHNICAL INFORMATION SERVICE SPRINGFIELD, VA. 22161
http://www.dtic.mil/dtic/tr/fulltext/u2/a344182.pdf
Cfr. anche "L’ Unità" del 15 maggio 1990: viene segnalato il rilevamento di una attività di 27.000 Becquerel/kg. nel perimetro dell'azienda, attività che testimonia la gravità del deposito.
http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1990_05/19900514_0010.pdf&query=LUCA%20LANDO
I 27.000 Bq/kg. riferiti nell’articolo dell’Unità, considerati ad una profondità ipotetica di 5 cm. e per una densità media (e conservativa) del suolo di 1.250 kg/mc, corrispondono a 1,69E06 Becquerel/mq. Il rateo Becquerel/mq/ Becquerel/mc è, in questo caso, di 62,5. Inoltre, il Cesio 137 depositatosi, avendo un’attività specifica di 86,84 Curie/gr. ossia di 3,21E12 Becquerel/gr., fa supporre una massa di 8,40E-9 gr/kg., equivalente a 5,25E-7 gr/mq (0,525 microgrammo per mq). A un metro dal suolo quest’attività conduce all’assorbimento di una dose gamma di 5,473 microSv/h. Senza considerare la ben più grave ed ineludibile contaminazione interna dovuta alle particelle radioattive fatalmente sospese e risospese per aria, il limite di dose annuale di 1 milliSievert viene raggiunto, in queste condizioni, in 183 ore di esposizione gamma. In un intero anno lavorativo di 1.700 ore, questa attività condurrebbe all’accumulo di 9,3 milliSievert, 9 volte più del "consentito". Secondo le norme internazionali sarebbe stato uno spazio da evacuare subito. La contaminazione al mq superava di 3 volte il valore d'evacuazione.
Informazioni sul Cesio 137: dal latino “caesius”, cielo blu; Cs; massa at. 136,9070895; n° at. 55; m.p. 28,44°C; b.p. 671°C; sp. gr. 1,873; semi-vita 30,07 anni; 86,84 Ci/gr; β-; 0,514 MeV; range nella materia del β- ~1560 μ; γ; 0,66164 MeV.
In un reattore atomico il Cesio 137 è prodotto durante la fissione dell'Uranio 235 con neutroni lenti a un tasso del 6,22%, ossia 1 atomo ogni 16 fissioni; la sua occorrenza durante la fissione del Plutonio 239, ugualmente con neutroni termici, è di 6,59% ossia 1 atomo ogni 15 fissioni. Le sorgenti industriali e mediche di Cesio 137 sono intenzionalmente prodotte per attivazione (bombardamento neutronico) del Cesio 133 stabile.
Il Cesio 137 ha un periodo radioattivo di 30,07 anni, una costante di disintegrazione s-1 di 7,3096E-10 e in un anno decade del 2,279%, in un decennio del 20,587% ed in un secolo del 90,026%. Ha un'attività specifica di 86,84 Curie/gr. ossia di 3,21E12 Becquerel/gr. Il suo fattore di conversione di esposizione esterna in attività al suolo è dell'ordine di 300.000 Becquerel/mq per µSv/h-1. Secondo le norme internazionali di sicurezza nucleare, un deposito di 15 Curie/kmq (172,73 milligr/kmq), equivalente a 555.000 Becquerel/mq (172,73 nanogr/mq) obbliga all'evacuazione immediata del luogo.
3. Dai 22,2 mille miliardi di Becquerel ai 222 mille miliardi di Becquerel.
Le sorgenti radioattive impiegate nell’industria e nel campo medico. Identification des sources et des dispositifs radioactifs. Manuel de référence. Collection sécurité nucléaire de l’AIEA Nº 5, 2009. http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/Pub1278f_web.pdf
4. Secondo una ricostruzione de “La Repubblica”, l’Enel aveva identificato il luogo dell’ incidente un anno prima (si suppone tramite immediati rilevamenti della radioattività atmosferica) senza dare l'allarme. “E sarebbe stata una confidenza arrivata dall'Enel di Caorso, con un anno di ritardo, a permettere di arrivare alla zona contaminata." Se questa ricostruzione fosse vera, costituirebbe un gravissimo atto di accusa contro le autorità preposte alla radioprotezione.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/05/20/cesio-nel-torrente-enel-gia-sapeva.html
5. During the latter half of 1989, just near the nuclear Power Plant of Caorso (Piacenza, Italy), an increase of Cs137 in the water of Po river was detected during routine controls. …. As the phenomena had been still continuing, in April 1990 a survey on the Po river sediments and some of its affluents started, in order to individuate, by means of a well known geochemical survey method, the origin of that contamination and to locate it. P. 157 http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/te_0865v1.pdf
6. Cfr. APAT, 2003, p. 12
http://www.arpa.umbria.it/au/sinanet/Radiazioni%20Ionizzanti/IR_03/AGF-T-RAP-03-15.pdf
NB. Trattandosi della combustione di una “vecchia” e dismessa sorgente di Cesio 137 impiegata nel campo medico o industriale, il Cesio 134 doveva essere praticamente esausto.
7. Cfr "Google Earth" tramite ripresa aerea.
NB. Le acque convogliate nel bacino di decantazione servivano, molto probabilmente, per lavare/raffreddare i pezzi lavorati ed è durante questo processo che si sono contaminate, raccogliendo parte delle particelle radioattive presenti sulla superficie dell’alluminio mescolato col Cesio durante la fusione.
8. Documento ISPRA/2003, pag. 160. Si legge a proposito della bonifica effettuata: “Gli obiettivi individuati, nello specifico caso, potevano essere raggiunti, garantendo che la concentrazione superficiale di Cs137 fosse compresa nell’intervallo 10 - 100 kBq/mq“. Il luogo è tuttora decisamente contaminato, fautore di irraggiamento esterno ed interno nonostante la bonifica. E non potrebbe esserne altrimenti: non esiste aspirapolvere per nanopolveri.
http://www.isprambiente.gov.it/contentfiles/00003200/3223-rapporti38-2003capitolo3.zip/at_download/file.
9. Cfr. C. Cochi, G. Masting Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente. A PROJECT CARRIED OUT IN ITALY TO SECURE A SITE CONTAMINATED BY CS-137 OF UNKNOWN ORIGIN http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/te_0865v1.pdf
Cfr. anche le inchieste del giornalista Andrea Tornago: sono quelle che hanno indirizzato alla denuncia congiunta MIC/AIPRI. http://bracebracebrace.wordpress.com/2012/11/05/incubo-radioattivo-nei-rubinetti-di-brescia/
10. 1-(EXP(24 * -Ln(2)/30,07)) = 42,4909%
11. Nota ironica: è universalmente risaputo che il particolato sub-micrometrico delle industrie metallurgiche ricade per intero e a velocità supersonica esclusivamente nei parcheggi di queste e non varca, mai e poi mai, i cancelli d'impresa.... Figuriamoci se il particolato si alza in alto per spargersi per via aerea in modo caotico dappertutto nell'atmosfera!!! Gli effluenti d'impresa sono talmente disciplinati e rispettosi dello spazio aereo altrui che, certi che i centri urbani godano di aria pulita e siano esenti di ricadute industriali, potremmo chiedere la pura e semplice demolizione di quegli ostentati quanto costosi camini, oltre che l'abolizione immediata delle leggi a tutela dell'ambiente. Tanto tutto rimane sul posto...
12. Se supponiamo questa massa frammentata in aerosol formata di particelle di 0,1 micron di diametro, allora ce ne sarebbero 5,81 milioni di miliardi. Ognuna di queste particelle avrebbe un'attività di 3,18 mBecquerel, un peso di 991,17 atto-grammi e conterrebbe 4,36 milioni di atomi. In un anno l'attività radioattiva di una sola di queste particelle ammonterebbe a più di 98.000 disintegrazioni β-: meglio non incorporarle perché la piccola zona istologica, irradiata da una di queste particelle immobilizzate, subirebbe gravi danni.
13. Se questa massa fosse suddivisa in particelle di 0,1 micron di diametro, ce ne sarebbero 69,71 milioni di miliardi.
14. La mappa dei depositi al suolo di Cesio 137 post-Chernobyl realizzata da A. Paris, per conto del laboratorio indipendente francese CRIIRAD, nel 1999-2000, mostra valori nettamente più elevati per la parte svizzera ed italiana del lago di Como, rispetto alle zone confinanti (http://www.progettohumus.it/chernobyl.php?name=mappe4). Chi sa dimostrare che questo localizzato surplus radioattivo non sia legato all'incidente di Rovello Porro ?
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